
Arduino Paniccia, autore de “la pace armata”, sul messaggio terrorista
Al Qaeda invita gli “infedeli” neoinquilini alla Casa Bianca a convertirsi all’Islam e a cambiare politica. “Ritiratevi, ritirate le vostre truppe dai nostri Paesi e non entrate più nei nostri affari” ammonisce l’emiro dello Stato Islamico dell’Iraq Abu Omar al Baghdadi. “Se continuerete a perseverare nei vostri errori sarete puniti come lo siete stati in passato”. Al Qaeda ci osserva e aspetta le prime mosse della nuova amministrazione Usa. “E come in tutte le operazioni militari, le prime mosse sono fondamentali”. Ne è convinto il professor Arduino Paniccia, autore de “La pace armata”, che trova logico anche il silenzio di Osama bin Laden e di Ayman al Zawahiri prima e dopo le elezioni: “Come in tutte le vicende negoziali, al capo supremo spetta l’ultima parola. Quello di al Baghdadi è solo il primo assaggio nei confronti del nuovo presidente”. Quindi di negoziato si tratta? “Se si può usare questo linguaggio per un gruppo terrorista, è un messaggio da trattativa, anche se i termini sono ancora molto aggressivi. Sembrerebbe quasi che il tavolo negoziale in Afghanistan sia diventato l’obiettivo principale, anche per Al Qaeda”.
Questo parziale cambiamento di rotta è dovuto soprattutto alla nuova amministrazione negli Usa: “Con un presidente più politico, anche Al Qaeda assume un atteggiamento più diplomatico. Naturalmente non è detto che le cose vadano così: questa è solo la prima mossa”. Sembra strano, però, che la rete del terrorismo consideri Obama come un presidente più propenso al dialogo, considerando che, quando era candidato, ha cavalcato molto la retorica del “concentriamo gli sforzi contro Al Qaeda, anche colpendola in Pakistan”: “Anche qui – spiega il professor Paniccia - ”il proclama vuol dire: non dimenticare che gli Usa sono ancora in Iraq con tutte le truppe. La rete terrorista vuole ricordare alla nuova Casa Bianca che la questione irachena non è affatto risolta. A questo segue il messaggio negoziale, indirizzati alla possibile trattativa in Afghanistan. Il Pakistan non viene citato, perché quel Paese è il luogo di rifugio dello stato maggiore qaedista. E su quello non si tratta“.
Questo vuol dire che Al Qaeda si sente più forte? ”Al contrario: con messaggi come questi, la rete del terrore non dà affatto la sensazione di essere pronta a una nuova offensiva. E quindi si può leggere come un indebolimento generale della confederazione internazionale del terrore. C’è da dire che, se oggi può anche prevalere la linea della trattativa, è perché, in cinque anni di guerra, è stato ucciso il 70% dei terroristi“. Un disimpegno in 16 mesi degli Stati Uniti dall’Iraq può essere interpretato ”...nell’intero mondo islamico, come l’inizio dell’uscita della coalizione occidentale dalle vicende del Medio Oriente. Sarà dunque il segnale che molti dei loro problemi dovranno essere risolti dall’interno. Sarà sulla base di questa svolta che si misurerà poi la risposta dei terroristi, che potrebbe essere anche politica. E non è affatto detto che questo sia un bene, perché dobbiamo sempre ricordare che il vero grande obiettivo dei terroristi islamici è quello di rifondare il Califfato, lo Stato islamico universale. Non è detto, dunque, che la propensione alla trattativa non sia soltanto un modo per guadagnare tempo“.
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