La manifestazione serve a far ritrovare i militanti, a rincuorarli, a dimostrare che l’organizzazione è ancora in piedi, che il partito non è stato smantellato e che le sue bandiere non sono state ammainate. Persegue un obbiettivo di natura psicologica particolarmente importante per un aggregato umano come quello di sinistra che è stato talmente abituato a scendere periodicamente in piazza da scambiare la forma per sostanza ed essere convinto che solo la liturgia delle grandi adunate costituisce la linfa indispensabile della propria vitalità. Ma è privo di conseguenze politiche precise. O meglio, potrebbe rappresentare il momento di rilancio del Partito Democratico in vista delle prossime elezioni amministrative e di quelle europee di primavera. Ma solo se il gruppo dirigente del maggiore partito della sinistra avesse nel frattempo risolto la questione dei rapporti di forza tra gruppi e leader all’interno ed avesse scelto se la futura linea del partito dovrà essere quella della rincorsa di Antonio Di Pietro o quella dell’accentuazione del riformismo. Invece il chiarimento dentro il Pd è ancora da avviare.
E, conseguentemente, la strategia politica è tutta da definire. In queste condizioni il 26 ottobre rischia di segnare per Walter Veltroni non il punto di partenza della “reconquista” del proprio partito ma il via ad una resa dei conti che, essendo necessariamente finale, non potrà non essere anche particolarmente dolorosa. C’è un modo per il segretario del Pd di evitare che la manifestazione segni l’inizio della propria fine? L’unico possibile passa attraverso una operazione apparentemente impossibile. Quella di cambiare il senso della manifestazione. E di chiamare a raccolta i militanti ed i simpatizzanti non a salvare l’Italia dalla presunta deriva autoritaria di Silvio Berlusconi ma a salvare la sinistra dalla minaccia di essere risucchiata dal gorgo giustizialista ed avventurista di Antonio Di Pietro. Ma, come Don Abbondio insegna, è possibile che chi fino ad ora non ha mostrato di avere particolare coraggio possa improvvisamente sfiorare la temerarietà?
di Arturo Diaconale
di Arturo Diaconale
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