..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 30 agosto 2019

Pestare (ancora una volta) una merda

Lo ha fatto ancora, tradito probabilmente da un carattere che ad un certo punto disinnesca la logica e la ragione. 
Era successo più di un anno fa con la richiesta di impeachment al Capo dello Stato. Richiesta poi rientrata con tanto di scuse a Sergio Mattarella. 
Era successo nell'ottobre scorso all'interno degli studi di Porta a Porta con la volontà di bloccare il decreto fiscale. Una manipolazione (l'ormai famosa "manina") smentita da tutte le persone e gli enti coinvolti. 
E' successo questo pomeriggio al termine del colloquio con il Presidente del Consiglio incaricato. Un atteggiamento durante la conferenza stampa post-consultazione, perché sui temi l'accordo tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico sembra non conoscere ostacoli (compreso quel Sicurezza Bis dove entrambe le parti hanno confermato la verifica sulle osservazioni del capo dello Stato), che ha lasciati interdetti addetti ai lavori, cittadini e naturalmente i futuri alleati di governo. 
Al termine di un pomeriggio trasformatosi in un pandemonio Giuseppe Conte ha riunito a Palazzo Chigi una delegazione del Movimento 5 Stelle composta da Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli e una delegazione del Pd composta da Dario Franceschini e Andrea Orlando. 
Il tutto per garantire, dichiarare e chiarire, come richiesto dal segretario del Partito Democratico, l'esistenza di un percorso per un programma condiviso, a prescindere dall'ennesimo calpestio escrementizio del capo politico dei 5 Stelle.

giovedì 29 agosto 2019

Lo scappato

E' scappato davanti al tribunale dei ministri di Catania e alla richiesta di autorizzazione a procedere per il caso della nave della Guardia Costiera italiana Diciotti. 
E' scappato davanti ad un contratto di governo da lui stesso firmato e sottoscritto dopo aver più e più volte affermato di volerlo portare a termine. 
E' scappato davanti alla futura legge di bilancio rendendosi conto che la novella propagandistica da 50 miliardi gli avrebbe fatto perdere la faccia e parte dell'elettorato conquistato. 
E scapperà per l'ennesima volta di fronte alle consultazioni indette da Giuseppe Conte per la formazione del nuovo governo, non guidando la delegazione leghista e anzi, in pieno delirio, convocando una marcia su Roma per il 19 ottobre dove il motto sarà: "Prima o poi torneremo al voto e vinceremo". Sempre che anche allora non troverà un'altra scusa per scappare.

Offese quirinalizie


Bene non l'ha presa, e di questo a prescindere dalla crisi l'avevamo compreso al termine del primo giro di consultazioni. L'aver visto usare il luogo istituzionale per definizione per scopi prettamente personali e propagandistici è stata, agli occhi di Mattarella in primis, l'unica vera e reale ferita ad una democrazia che negli ultimi sedici mesi ha subito l'imbarbarimento da parte dei molti protagonisti (se non tutti) dell'attuale politica italiana. 
Nella giornata di ieri, nel secondo e conclusivo giro di consultazioni, due degli attori protagonisti di una pellicola surreale e grottesca hanno perseverato sulla linea intrapresa la settimana scorsa calpestando la storia, la democrazia, la Costituzione. 
Da una parte la leader di Fratelli d'Italia ha invocato la chiamata delle piazze nel giorno dell'eventuale giuramento di un governo a trazione Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, un insulto istituzionale che ha creato una querelle con uno dei giornalisti presenti nella sala delle conferenze e l'imbarazzo, a partire da Giovanni Grasso, di tutti i presenti. Dall'altra le dichiarazioni propagandistiche in pieno stile comizio elettorale da parte del numero uno del Carroccio, reo di aver messo in discussione dal podio del Quirinale le scelte e le decisioni dello stesso Capo dello Stato, parlando esplicitamente di manovre oscure e ferite alla democrazia e inoltrandosi in slogan dal tenore becero che ha purtroppo accompagnato la recente storia della politica italiana: "spettacolo indecoroso", "patto delle poltrone", "giochi di palazzo". 
Ennesime offese quirinalizie, istituzionali e democratiche di cui avremmo decisamente e nuovamente voluto fare a meno.

mercoledì 28 agosto 2019

Indebito vantaggio


Ci ha voluto far credere che la crisi di governo emersa nell'agosto politico più caldo degli ultimi lustri era figlia degli innumerevoli "no" fatti pervenire nei palazzi governativi dagli alleati di governo. 
Ci ha voluto far credere che la crisi di governo emersa nell'agosto politico più caldo degli ultimi lustri era figlia della voglia, del desiderio (anche legittimo) di andare ad incassare all'interno delle urne l'enorme consenso popolare attribuitogli da sondaggi e elezioni europee. 
Ci ha voluto far credere che la crisi di governo emersa nell'agosto politico più caldo degli ultimi lustri era figlia di un gioco di palazzo iniziato ancor prima delle europee e messo in piedi dall'Avvocato del Popolo, al secolo Giuseppe Conte. 
Ci ha voluto far credere tutto questo, trasmettendocelo una volta dal Papeete Beach e un'altra dalle piazze della penisola, omettendo la telefonata a Nicola Zingaretti per cercare, in accordo con quel Partito Democratico tanto osteggiato, di staccare la spina dal governo giallo-verde e andare il prima possibile al voto; rifiutata dallo stesso Zingaretti. 
Ci ha voluto far credere tutto questo, trasmettendocelo una volta dal Papeete Beach e un'altra dalle piazze della penisola, omettendo che, una volta vistosi escluso da quel governo che dominava a mani basse, ha fatto pervenire a Luigi Di Maio l'offerta di poter occupare in una ri-edizione dell'esecutivo giallo-verde la poltrona di Palazzo Chigi; rifiutata dallo stesso Di Maio: "a me interessa il bene del Paese non quello personale"
Pietro Nenni, quello che "il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro", una volta esternò: "In politica ci sono sempre due categorie di persone: quelli che la fanno e quelli che ne approfittano".

martedì 27 agosto 2019

Ci siamo persi qualcosa?

A poche ore dalla probabile nascita del nuovo esecutivo prosegue (quasi) indisturbata la narrazione da parte di tutto il centro-destra unito (???) sull'ennesimo ribaltone made in italy. Dalle scatolette di tonno di Giorgia Meloni, alle paure comuniste di Silvio Berlusconi fino alle ultime dichiarazioni di Matteo Salvini dalle stanze del Senato, la parola d'ordine che il centro-destra continua a ripetere senza esclusione di colpi è sempre la stessa: ribaltone. Escludendo per manifesta inferiorità la leader di Fratelli d'Italia e mettendo sulla panchina (di un giardino di una casa di cura) colui che non meno di un anno fa diede il suo benestare alla nascita del governo giallo-verde (li i comunisti non c'erano?), rimane la conferenza stampa andata in onda nella serata di ieri convocata dal ministro della propaganda. Parole testuali: "Sta nascendo un governo per un gioco di palazzo."
Ma ci siamo persi qualcosa?

lunedì 26 agosto 2019

La "pacchia" (dov')è finita?

Lo hanno messo dietro ad una lavagna impartendogli, davanti all'intera classe politica italiana e ad un Paese intero, lezioni di politica, democrazia, diritto parlamentare e costituzionale, dignità e stile. (l'Avvocato del Popolo, al secolo Giuseppe Conte). 
Lo hanno tacciato di analfabetismo istituzionale, spiegando didascalicamente, a seguito del comizio propalato (anche) all'interno dell'aula del Senato, che la crisi di Governo è stata aperta per ambizioni politiche, rivendicazione di pieni poteri e interessi personali e di partito. (giornalisti vari). 
Lo hanno definitivamente escluso da qualsivoglia ritorno a quel Governo che lui stesso ha voluto far cadere mettendone in evidenza l'inaffidabilità. (Grillo, Di Maio, Fico, Taverna, Di Battista e i capigruppo in Parlamento del Movimento 5 Stelle). 
Lo hanno sputtanato davanti all'opinione pubblica e alle parti sociali sottolineando l'ennesima bugia annunciata nell'aula del Senato nel giorno delle comunicazioni del Presidente del Consiglio. (Maurizio Landini). 
E ora? E ora al ministro della propaganda non è rimasto altro che postare, su quei social che gli hanno portato un vasto consenso elettorale, una coppa di zabaione, una fetta di anguria, i soliti due link inerenti gli immigrati e un triste, patetico comunicato di risposta ad un ipotetico consigliere comunale del Pd.
Insomma, quell'onniprensenza ossessiva che da un anno e più occupava prime pagine, titoli di telegiornale, dibattiti da talk, conversazioni in famiglia e tra amici prima, durante e dopo i pasti, osannata, attaccata, come se fosse l’ombelico del mondo, manco facesse capoluogo di provincia, sembra essersi sciolta come neve al sole, dissolta (quasi) silenziosamente nel nulla. 
E allora la domanda sorge spontanea: ma la "pacchia" (dov')è finita?

domenica 25 agosto 2019

Sputtanato anche da Landini

Dal G7 di Biarritz, dove è arrivato sabato pomeriggio, Giuseppe Conte è tornato a parlare dopo tre giorni di assoluto silenzio del fu Governo giallo-verde. Un Presidente del Consiglio che supportato dagli innumerevoli endorsement giunti da tutte le forze politiche del Vecchio Continente ha ribadito a chiare lettere, e spegnendo definitivamente quel forno tra 5 Stelle e Lega tenuto accesso principalmente dai mezzi d'informazioni che dalle parti interessate, la chiusura con il recente passato: "L’esperienza di governo con la Lega per me è chiusa, e non si potrà mai più riaprire"
Ma in fatto di endorsement ecco giungerne un altro anche all'interno dei confini nazionali; in pratica manca solo quello di Zingaretti e di una piccola parte del Partito Democratico.
A farlo il segretario della Cgil Maurizio Landini, intervistato dal Corriere della Sera. Per il sindacalista il nome di Giuseppe Conte sarebbe il profilo istituzionale ideale per proseguire il lavoro intrapreso nel giugno scorso a Palazzo Chigi, precisando che "non è compito del sindacato discutere di nomi, ma è oggettivo che in Parlamento ha dimostrato coraggio politico e profilo istituzionale importante, mettendo il Paese nella condizione di sapere con trasparenza le ragioni della crisi e i problemi da affrontare. Inoltre ha avuto il merito di riaprire i tavoli con le parti sociali"
E qui torna alle cronache l'intervento del ministro della propaganda nel giorno della chiusura dell'esecutivo 5Stelle-Lega, quando, replicando  alle comunicazioni dispensate da Giuseppe Conte nell'aula del Senato, ha voluto toccare il rapporto con le parti sociali e quel vergognoso, propagandistico, provocatorio tavolo del 6 agosto (convocato al Viminale) dove Cisl e Cgil non pensarono minimamente di sedersi (a differenza di quanto fecero il giorno precedente a Palazzo Chigi con il Presidente del Consiglio): "Ho convocato le parti sociali perché non lo faceva nessuno".

sabato 24 agosto 2019

Opportunità politica

"Il presidente Giuseppe Conte è stato uno dei migliori esempi di lealtà in Europa. È sempre difficile difendere gli interessi nazionali e trovare soluzioni europee ma su di lui posso dire soltanto cose positive. E poi ha un gran senso dell'umorismo
Donald Tusk, Presidente del Consiglio europeo, in una conferenza stampa a Biarritz, in Francia, prima dell’apertura del G7. 
Oltre a mettere un punto fermo all'interno dei confini nazionali e contrastare seriamente le opposizioni di destra, abbiamo la grandissima occasione di andare a contrattare una manovra economica espansiva all'interno dei palazzi europei. Il riconoscimento del presidente del Consiglio europeo, le parole spese nelle ultime ore da Macron e dalla Merkel, fonti diplomatiche che hanno ribadito l'apprezzamento dell'intervento del professore al Senato e l'ottimo rapporto instaurato con Ursula von der Leyen (peraltro votata da Movimento 5 Stelle e Pd) i segnali che non si può buttare al cesso un'opportunità politica come questa.

venerdì 23 agosto 2019

Gli Elevati

Sembra che nessuno voglia perdonare a Conte la sua levatura ed il fatto che ci abbia restituito una parte della dignità persa di fronte al mondo intero. 
Ha reso possibili delle riforme che questo paese aspettava dai tempi dell’Antica Roma. Ci ha ricordato il senso e l’importanza delle parole (quando hanno importanza e senso) e allora? 
Se dimostreremo la capacità di perdonare le sue virtù sarà un passo in avanti per il paese, qualsiasi cosa che preveda di scambiare lui, come facesse parte di un mazzo di figurine del circo mediatico-politico, sarebbe una disgrazia. Ora ha pure un valore aggiunto… l’esperienza di avere governato questo strano paese… benvenuto tra gli Elevati. 

Stato comatoso

Il volto scuro, la voce infastidita, quell'atteggiamento adirato del Presidente della Repubblica nella Loggia alla Vetrata del Quirinale lo abbiamo notato tutti. Nella crisi di Governo più alienata della storia repubblicana, Sergio Mattarella ha dovuto subire nella seconda giornata di consultazioni le richieste più disparate (e disperate) delle forze politiche succedutesi nelle stanze del Quirinale, a partire da quelle di Silvio Berlusconi, che in preda agli ormai soliti deliri ha ufficialmente chiesto al Capo dello Stato la verifica dell'esistenza in Parlamento di una maggioranza di centrodestra (???), a vocazione atlantica (magari della Lega) ed europeista (magari di Fratelli d'Italia). Ma il colpo di grazia è giunto con l'arrivo nel primo pomeriggio del trio formato da un cazzaro e due condannati: Salvini, Romeo e Molinari. Un incontro durato ben oltre il tempo previsto e che ha portato il ministro della propaganda a proporre al Presidente della Repubblica la nascita di un governo uguale a quello che ha appena affossato. Non sazio dei mojito ingurgitati nella settimana pre-ferragostana e del vittimismo messo in scena la settimana scorsa all'interno dell'aula del Senato, il bipolare si è spinto a dichiarare nei venti minuti da comizio post-consultazioni che Luigi Di Maio ha lavorato bene (detto da colui che ha denunciato i "no" dei 5 Stelle) e che l'Italia non può avere un governo che litiga (detto da colui che ha aperto la lite). E' giunto seriamente il momento che Movimento 5 Stelle e Partito Democratico approfittino dell'attuale stato comatoso e confusionale dell'intero centro-destra.

giovedì 22 agosto 2019

Sondaggi e Costituzione

"...la Costituzione prevede che gli elettori vengano chiamati al voto per eleggere il Parlamento ogni cinque anni"
(Sergio Mattarella, Quirinale)

Scacco Matto

Con i dieci punti programmatici messi sul tavolo della crisi di governo più folle della storia della Repubblica italiana, il Movimento 5 Stelle ha messo a nudo tutte le forze politiche del paese. Se la Lega accetterà la proposta pentastellata farà crollare il castello di sabbia messo in piedi dal proprio leader negli ultimi quindici giorni: voto, voto, voto. Se il Partito Democratico rinuncerà alla sfida pentastellata metterà in evidenza la discontinuità con se stesso, più che quella tanto reclamizzata negli ultimi giorni: dalla politica immigratoria al taglio dei parlamentari. Fratelli d'Italia e Forza Italia si commenterebbero da soli. A mal parata si andrà al voto, con tutti i partiti messi sul patibolo dell'irresponsabilità.

Presa di coscienza

Dopo oltre 500 giorni il Movimento 5 Stelle ha compreso, capito, preso coscienza di avere vinto le elezioni politiche del Marzo 2018. Dieci punti programmatici per chi vuole il bene dell'Italia, da sottoscrivere per chi, dopo essersi riempito la bocca con parole come orgoglio, rispetto e responsabilità e aver messo nuovamente al centro la Costituzione della Repubblica Italiana, ha davvero il desiderio di fare il bene del Paese. Palla al centro.

Avere Maradona e tenerlo in panchina per volontà altrui


E' passata la nottata e a tirare riga la ragione porta senza dubbio alcuno al volere di andare a elezioni. Un suicidio? Un favore a Salvini? Un assist a tutto il centro-destra? Quesiti a cui daranno una risposta solo gli italiani dentro alle urne e non certo i sondaggi o le visioni di chi oggi, e in base alle Europee (che storicamente niente c'azzeccano con le politiche), crede di avere già messo il gatto nel sacco. Andare a elezioni, con l'idea ipotetica di un trionfo destrorso, sarebbe la scelta più idonea per due principali ragioni: a) mettere davanti al fatto compiuto il Cazzaro Verde, quello della manovra in deficit da 50 miliardi (a stare stretti) che nemmeno la Fata Turchina riuscirebbe a realizzare; b) fare implodere un centro-destra che da mesi fa volare stracci tra i propri leader e presunti tali. Un successo che però non sarebbe per nulla scontato, soprattutto se i 5 Stelle proponessero come candidato premier Giuseppe Conte, attualmente il politico più amato e stimato del Paese. Perché diciamocelo chiaro: avere Maradona e tenerlo in panchina per volontà altrui sarebbe, non solo un favore a Salvini e un assist a tutto il centro-destra, ma un suicidio assistito.

mercoledì 21 agosto 2019

Bivio 5 Stelle: o Conte a Palazzo Chigi o elezioni.

Sarà il bivio della storia presente e futura del Movimento 5 Stelle. Scegliere, nel momento in cui sarà richiesto, il nome del Presidente del Consiglio da proporre a Sergio Mattarella e al Partito Democratico per la formazione dell'eventuale nuovo esecutivo. Passi la discontinuità programmatica (a capirla poi) proposta dai democratici, ma non mettere sul piatto il nome di Giuseppe Conte come prossimo Presidente del Consiglio, o peggio ancora avallare la non scelta dello stesso da parte dei Democratici, minerebbe seriamente il domani elettorale dei pentastellati. A questo punto: o Conte nuovamente a Palazzo Chigi, attualmente il politico più amato d'Italia, o elezioni, magari con lo stesso cinquantacinquenne da Volturara Appula candidato Premier. La storia è lì che attende.

Matteo l’analfabeta (istituzionale)

Forse più che politologi servirebbero scienziati cognitivi, per spiegare quello che è successo ieri al Senato. L’uomo che ha rovinato le ferie a tutti fuorché a sé stesso, fino all’ultimo garrulo e minaccioso dalle spiagge, è entrato suonatore e è uscito suonato, e nel momento solenne deputato alla spiegazione del perché abbia aperto la crisi ha fatto cilecca, ripiegando sulla reiterazione delle sue note ossessioni e lasciando la Nazione all’oscuro dei motivi del folle gesto. 

Adesso facciamo i seri


Tra le menzogne propalate al termine della campale giornata al Senato dal guappo di cartone, e le lezioni di politica, democrazia, diritto parlamentare e costituzionale, ma anche di dignità e di stile impartite dall'Avvocato del Popolo, si è finalmente arrivati alla fine dell'era giallo-verde. Una conclusione che da questo pomeriggio farà avviare le consultazioni tra il Presidente della Repubblica e i vari esponenti delle forze politiche. Consultazioni che, come già pronunciato dallo stesso Sergio Mattarella, si snoderanno su due punti fondamentali: 1) o un Governo forte; 2) o elezioni subito. Nessuna altra strada, nessun altro compromesso. E se dai rappresentanti di centro-destra il dialogo con l'inquilino del Quirinale si baserà solo ed esclusivamente sulla volontà di tornare il più presto alle urne, l'intera area di centro-sinistra, a partire dal Partito Democratico, proveranno a verificare l'esistenza di nuova maggioranza. Dalla direzione di partito dei Dem è stato votato all'unanimità il mandato esplorativo con cui Zingaretti esporrà ai 5 Stelle i punti su cui dovrà basarsi l'eventuale nuovo esecutivo: a) appartenenza leale all'Unione europea; b) pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa; c) sviluppo vasto della sostenibilità ambientale; d) cambio nella gestione di flussi migratori; e) svolta delle ricette economiche e sociali. Insomma, cinque aspetti nelle corde dei grillini e che con molta probabilità non troveranno ostacoli. Il nodo che dovrà essere sciolto nelle prossime ore riguarderà invece il nome che dovrà ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio. Le indiscrezioni rilevano che i democratici non vorrebbero la soluzione Conte-bis, giusto per rimanere in tema di discontinuità, mentre dal quartier generale dei 5 Stelle, al momento, non sono trapelate notizie. Dal Quirinale la sensazione è che Mattarella vorrebbe continuare con il cinquantacinquenne da Volturara Appula. Vuoi per gli ottimi risultati portati a casa in chiave europea nell'ultimo anno, vuoi per dare continuità agli accordi presi con le varie autorità dei paesi europei e vuoi, aspetto non secondario, per averne apprezzato in un momento delicato della vita politica l'attaccamento e la difesa delle istituzioni. Su queste basi non rimane altro che fare i seri, che con repubblicani, liberali, re e duchi abbiamo già dato.

martedì 20 agosto 2019

Il coraggio delle responsabilità


In un variabile martedì post ferragostano l'unico che è riuscito, con trasparenza, lealtà e una spiccata vena battagliera, a mantenere quanto promesso nei giorni intercorsi dal dopo crisi di Governo in poi è stato ancora lui, il Presidente del Consiglio, al secolo Giuseppe Conte. Con una comunicazione che ha superato i quarantacinque minuti ha snocciolato i come, i perché e soprattutto chi ha fatto cadere, chiedendone la sfiducia, l'esecutivo giallo-verde. Un'arringa da vero avvocato del popolo che ha messo a nudo tutto il bipolarismo mostrato nelle ultime settimane dal capo politico della Lega, e soprattutto quel fare politica dello stesso da cui l'inquilino di Palazzo Chigi ha sempre preso le distanze: nessun inciucio, nessuna interlocuzione nelle camere oscure, nessuna decisione o scelta fatta nell'ombra. Solo lealtà istituzionale, questa sconosciuta. Tutti coloro che sono succeduti a Giuseppe Conte, a partire dal senatore della propaganda, non è fregato niente di quanto propalato dal cinquantacinquenne di Volturara Appula, non è importato niente delle difficoltà del Paese, dell'Iva, della legge di bilancio, di tutte le misure disattese, della pessima, pagliaccesca figura fatta dalla politica italiana nella pazza e folle estate del 2019. Non è importato niente delle responsabilità istituzionali, della lealtà collaborativa, del coraggio delle proprie azioni. Tutti a fare comizi elettorali, tutti a fare propaganda politica. Al punto che sul finire della seduta un comunicato fatto pervenire dalla Lega ha reso noto il retromarsh sulla mozione di sfiducia nei confronti del Presidente del Consiglio. Ennesimo ridicolo, miserabile e pavido passaggio da parte del ministro del Papeete in una vicenda che ha portato il politico italiano più amato del Paese a dichiarare: "Se ti manca il coraggio politico di assumerti le responsabilità delle azioni prese allora quel coraggio me lo assumo io. Vado da Mattarella a rassegnare le dimissioni".

Emozioni fanciullesche


Che sia diventato un fruitore decisamente moderato del giuoco più popolare del globo terracqueo è condizione di cui me ne sono reso conto con il passare del tempo. Non che la passione nei confronti dei miei club del cuore sia andata ad affievolire, anzi. Solo una sana presa di coscienza per godere a pieno di una manifestazione, di un evento dopo essere sceso al compromesso della sportività. Federico Buffa docet. Una pacatezza esaltata a dismisura (scusate l'ossimoro) nel Gameweek appena trascorso al di sopra della Manica nel match consumato tra il mio Arsenal e il Burnley Football Club, grazie alla prestazione sopra le righe di Dani Ceballos. Il ragazzo di Utrera, ammirato in modalità venerazione nel campionato Europeo under 21 disputatosi questa estate nel Bel Paese, è riuscito nuovamente ad entrare nel mio personalissimo immaginario, facendomi vivere emozioni fanciullesche. E la stagione è appena all'inizio.

lunedì 19 agosto 2019

Bipolarismo

Ha chiesto di voler essere processato dopo l'avviso di garanzia fatto pervenire dai magistrati palermitani sul caso Diciotti, salvo successivamente fare esplicita richiesta al Senato di evitare l'autorizzazione a procedere. 
Ha fatto presente al Presidente del Consiglio di voler chiudere l'esperienza di Governo per concretizzare il consenso raggiunto, salvo successivamente convincersi di non averlo fatto. 
Ha accusato di alto tradimento gli ormai ex alleati di Governo, salvo successivamente dimenticare che il primo a tradire (caduta del Governo, ricerca di Berlusconi) è stato proprio lui. 
Ha presentato davanti all'Italia intera una mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio, salvo successivamente essersi detto pronto a votargli la fiducia. 
Ha annunciato a reti unificate le dimissioni dei ministri leghisti incluso se stesso, salvo successivamente comunicare che resterà barricato al Viminale (dove peraltro non c’è mai) finché ne avrà la forza, con le unghie e con i denti. 
Ha proposto per giorni e giorni su Facebook, su Twitter, dal Papeete Beach, sopra un motoscooter blu, il ritorno alle urne, salvo successivamente andare in giro piagnucolando e offrendo agli "amici" dei 5 Stelle presidenze del consiglio, commissari europei, un incontro o una telefonata, in pieno stile "Vinci Salvini", con se stesso medesimo.

domenica 18 agosto 2019

Narrativa cancellata

Da alcuni giorni la narrativa del quadro politico italiano è mutata, cambiata, stravolta dallo stesso personaggio che come scrive questa mattina Marco Travaglio "aveva in pugno l’Italia e ora non controlla neppure il Papeete Beach". Di lui, da destra a sinistra si parla e si scrive decisamente meno; d'altronde quando si passa da bastonatore a mendicante i like diminuiscono e l'appeal mediatico non produce quei numeri che schizzavano alle stelle con la storiella dei porti chiusi; suo malgrado. Porti che, rimanendo all'attualità, ora non sono più comandati dall'ancora inquilino del Viminale ma da un distinto signore di mezza età che nel rispetto del proprio ruolo ha saputo attraversare il mare dell'invidia e far approdare il Paese, all'apice di una crisi che avrebbe potuto portarci a fondo, nel porto più sicuro. Non a caso, non per caso, è stato proprio Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, ad avere occupato nell'ultima settimana la scena politica, e non solo, del Paese. Lo ha fatto con la ricetta più semplice, lo ha detto con lo stile e la trasparenza con cui il primo giugno del 2018 si impegnò davanti agli italiani: "sarò l'avvocato del popolo". Oggi, a distanza di un anno e mezzo dal giorno dell'incarico, riecheggiano gli editoriali schiumanti indignazione appiccicati ad un uomo che ha saputo farsi scivolare addosso "lo smidollato politico", "la marionetta", "il vicepremier dei suoi vicepremier". L'avvocato non solo ha saputo ribaltare senza alzare mai i toni l'intera narrazione, ma è riuscito ad elevare una qualità che la politica, la politica degli ultimi venticinque anni aveva smarrito: dire sempre la verità, con trasparenza e lealtà. Su questa base si è imposto, ha rispedito ai vari mittenti ingiurie e offese, ha fatto capire chiaramente la sua totale indifferenza alle poltrone, ha ricondotto, come evidenziato da Antonio Padellaro, "nel pieno rispetto della democrazia parlamentare una rissa da angiporto", accendendo la luce e, sorpresa sorpresa, beccandoli tutti quanti col sorcio in bocca. Ma soprattutto rimettendo in riga un guappo di cartone. Perché se l'uomo che una settimana fa o giù di lì chiedeva "pieni poteri”, adesso vaga piagnucolando pentito, cancellato da quella stessa narrativa che lo aveva idolatrato.

mercoledì 14 agosto 2019

Squallore istituzionale interno

Egle Possetti, presidente del comitato dei familiari delle vittime del Ponte Morandi, in un colloquio con il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, durante la cerimonia di commemorazione del primo anniversario della tragedia ha espresso dissenso per il fatto che Autostrade continui ad avere le concessioni sulla gestione della rete. Un dissenso, sfociato nella richiesta di allontanare i manager di Autostrade e Atlantia presenti alla commemorazione, che ha puntato il dito direttamente sul ministro della propaganda: "All’indomani del disastro aveva promesso che avrebbe punito i responsabili. Ma dopo un anno adesso difende la concessione ad Autostrade. È vero che le persone si giudicano a processo compiuto, ma comunque sono persone indagate. Ci sentiamo traditi. Abbiamo paura che questa tragedia e il nostro dolore siano strumentalizzati dalla politica per fini che non ci riguardano". Anche il presidente Sergio Mattarella ha voluto ricordare la strage con una lettera al Secolo XIX in cui ha definito la tragedia del ponte Morandi causata "dall'incuria, dall'omesso controllo, dalla consapevole superficialità e dalla brama di profitto"
L'indossatore di felpe altrui ha così commentato: "È squallido che in una giornata come questa ci sia qualcuno che parla ancora di Autostrade, di Benetton."

L'individualismo

L'individualismo non dà tregua. Opprime, soffoca, ingabbia.
Da quando l'individuo si è messo al centro del mondo la solitudine lo ha abbracciato.
Si è creato una propria ideologia, ha disegnato lo stile della propria esistenza, ha giocato con le idee a seconda delle convenienze e delle connivenze.
L'amare se stesso ha prevalso sul culto dei sentimenti, della spontaneità, della libertà, della consapevolezza, dell'altruismo.
Ora disprezzo e odio stringono da ogni lato, senza possibilità di tornare indietro. E' troppo tardi.
Ora non c'è più nulla da dire, da fare, da sperare.
Il desiderio, il sogno, l'illusione, il miraggio, la fantasia non hanno più potere, forza.
Le voci sono spente, i calici abbassati, la notte ha portato ad una malinconica meditazione sulla storia.
Il cinismo si è nutre di carogne.
Mentre l'alba spunta sulla linea dell'orizzonte l'individuo ha perso la possibilità di scegliere, sbranato dal suo stesso individualismo.

Superba

14 agosto 2019, Genova

...a me piace pensare

...a me piace pensare che sia stato proprio tu, andandotene, a restituirmi la capacità di credere in me stesso. Con un sorriso accompagnerò ogni mio giorno, ogni mio movimento, ogni mia gioia, ogni mia delusione, ogni momento in cui avrei voluto stare accanto a te. 
A modo mio ho imparato da te il lavoro, il sudore, la fatica, i sacrifici, l’onestà, la vita. Ci sono molte, troppe cose che da quel giorno sono rimaste sole con me e senza di te, ma le continuo a vivere, perché loro erano parte di noi e ancora oggi sono parte di me.
Le abbiamo respirate, vissute, condivise, combattute, a volte le abbiamo vinte altre perse, a volte ci hanno regalato un istante di felicità altre meno, facendo parte della nostra vita, e per sempre vivranno dentro di me, accanto a te. 
Nessun rimpianto, nessun rancore accompagnerà i miei giorni lontano da te. Solo rabbia per non potere più sentire addosso la tua carnalità. Ho saputo cogliere l’importanza della dignità, dell’orgoglio, di quello che oggi sono grazie al tuo nome. Mi hai donato il regalo più bello, la vita. Una vita che ho vissuto a volte lontana da come la intendevi tu, una vita forse troppo spericolata da come la volevi tu. Ma la fiducia che ci eravamo costruiti ha fatto si che questa mia vita non ci allontanasse mai, non fosse poi così diversa da come tu avresti voluto. Rimarrai per sempre un esempio. Con i tuoi limiti, i tuoi sbagli, i tuoi difetti. Ma con un cuore che non ha mai avuto confini…

martedì 13 agosto 2019

Gara di rutti

C'è seriamente da capire se l'abbiamo più propagandistico noi, oppure loro.

Il bevitore di Mojito ha raggiunto il capolinea

La notizia politica del giorno, quella vera, è che il bevitore di Mojito ha definitivamente raggiunto il capolinea. Il Senato della Repubblica ha dato parere negativo alla proposta di votare il 14 agosto la mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio presentata da tutto il "nuovo" centro-destra, Lega in testa. Giuseppe Conte, per volere di Pd, M5s e Leu, comunicherà in Aula nella giornata del 20 agosto. Stop. Questa la notizia.
La non notizia, l'ennesimo tentativo di depistare quanto realmente accaduto nel panorama politico italiano, l'ha offerta, presentandosi tronfio in un'Aula che poche volte lo aveva visto presente, colui che ha deciso di staccare la spina all'esecutivo del cambiamento: "Votiamo il taglio dei parlamentari e il giorno dopo andiamo a votare".
C'ha provato, credendo di spiazzare nell'ordine:
1) gli ex alleati;
2) Renzi e i suoi compari;
3) carta stampata et similari;
4) opinione pubblica.
A conti fatti non c'è cascato (quasi) nessuno. Di Maio attraverso Facebook, Patuanelli direttamente in Aula e altri pentastellati seguendo a ruota, hanno evidenziato nell'ordine: a) è il Presidente della Repubblica ad indicare la strada per le elezioni; b) se non ritiri la sfiducia al Presidente del Consiglio (calendarizzata il 20 agosto) non puoi votare il taglio dei parlamentari (calendarizzato il 22).
Ora. Il ministro del Papeetee ha già fatto sapere che si può votare la riforma, andare a elezioni e lasciare a nuova legislatura il compito di attuare la legge. Dimenticando una questione fondamentale: come può essere votato un nuovo Governo se non viene modificata una legge elettorale che comprende allo stato attuale un numero diverso di senatori e parlamentari rispetto alla riforma? Ah la Costituzione, questa sconosciuta.
Insomma, un grande bluff che in breve si è trasformato in una gabbia, evidenziando come il bevitore di Mojito ha definitivamente raggiunto il capolinea.

lunedì 12 agosto 2019

Calcio di rigore (a porta vuota)

Penso che nessuno, nemmeno quel genio politico facente capo a quello che viene considerato dai sondaggi il primo partito italiano, poteva credere che la sinistra si trovasse nella insperata posizione di calciare, a porta vuota, il calcio di rigore più importante degli ultimi anni. I dati emersi nel pomeriggio trascorso al Senato lo dicono chiaramente: Pd, Leu e Gruppo Misto, insieme ai 5 Stelle, hanno deciso, nella riunione dei capigruppo, di far illustrare a Giuseppe Conte le comunicazioni sulla crisi il 20 agosto prossimo, lasciando in minoranza Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, vogliosi di lavorare già nella giornata del 14. E poco importa che la scelta di Maria Elisabetta Alberti Casellati, rigida nell'interpretazione delle regole, farà forzatamente votare l’Aula nella giornata di domani per confermare o meno la scelta della data (i numeri attuali dicono 159 a 137 per l'asse M5s, Dem, Leu più altri del Misto), perché l'evidenza emersa, dalle parole di Andrea Marcucci fino a quelle di Emanuele Fiano, dice chiaramente che la possibilità di una visione comune tra democratici e grillini garantirebbe, a Mattarella in primis, un governo di legislatura che si sobbarchi una delle manovre economiche più complicate dell'ultimo lustro. Condizione che evidenzierebbe: a) la fuga del Cazzaro Verde dalla legge di bilancio; b) la responsabilità da parte del Partito Democratico di fronte all'Italia intera. Un rischio, evidente e palese, ma sicuramente inferiore al far andare nel breve termine al voto un Paese che negli ultimi quattordici mesi ha gettato i neuroni in pasto all'indossatore di felpe altrui. Quel genio politico del ministro della propaganda, buttandosi clamorosamente e contro ogni pronostico nelle braccia di Berlusconi, ha provocato inevitabilmente il fallo da rigore. I 5 Stelle, votando insieme a Dem, Leu più Gruppo Misto, hanno palesemente deciso di lasciare sguarnita la porta. Ai Dem non rimane altro che posizionare la sfera sul dischetto e quasi ad occhi chiusi spingere in fondo alla rete il pallone più importante della loro storia recente.

D’equilibrismo si può anche morire

"L’unica cosa che non ci interessa è scaldare le poltrone, per andare al voto siamo disposti a tutto e lo vedrete nelle prossime ore." (indossatore di felpe altrui) 
Capacità di destreggiarsi con spregiudicatezza in situazioni difficili o delicate, cercando di utilizzare ai propri fini circostanze, condizioni, tendenze anche in contrasto fra loro.

Mattarella, l'Europa e le "strane" coppie

Cosa succederà nelle prossime ore sul fronte Governo italiano rimane allo stato attuale un rebus. Lo è per gli opinionisti, lo è per la carta stampata, lo è, visti i continui cambi di idee, di prospettive e di alleanze, anche per i protagonisti in campo. Gli unici che al momento sembrano essere quantomeno tranquilli all'interno della crisi scatenata da Matteo Salvini sono Sergio Mattarella, Giuseppe Conte e i 5 Stelle. Il primo, in attesa delle discussioni in aula, si è preso un week-end di black-out, occupandosi principalmente di relax e famiglia. Il secondo, dopo aver delineato senza troppi peli sulla lingua ciò che esporrà in aula il giorno della sfiducia, si è eclissato, lasciando agli altri il cerino in mano. I grillini, dopo il tradimento di Trenta Denari, hanno posto il veto del taglio dei parlamentari prima di tornare alle urne, condizione che inevitabilmente metterà a nudo le volontà delle altre forze politiche.
Esposti e nemmeno poco sono dunque rimasti i mercati, lo spread e quelle "strane" coppie che tra sabato e domenica si sono nuovamente messe a discutere e flirtare.
Dal quartier generale del centro-sinistra sono emerse quelle spaccature che hanno scritto la storia ultima del partito. La coppia Renzi-Zingaretti, in un continuo botta e risposta, non ha fatto altro che litigare sull'opportunità, da una parte, quella renziana, di sposare l'idea dei 5 Stelle nel votare la legge Fraccaro e prendere tempo prima di recarsi alle urne, dall'altra di non prendere assolutamente in considerazione tale opportunità andando direttamente, e con tempi celeri, al voto. Se a questi aggiungiamo un Calenda tendenzialmente in crisi d'identità e di idee e un Grasso che spinge l'uscita dall'aula da parte dell'intero centro-sinistra il giorno della sfiducia a Conte ecco che la confusione regna sovrana.
Sul fronte centro-destra, dove tutto sembrava apparire più chiaro e tranquillo, la perdita totale della bussola da parte del ministro del Papeetee ha rimescolato nell'arco di ventiquattrore le carte. Da: "io corro da solo", a: "vedrò presto gli alleati" per finire con: "ritorno dal Caimano", ampliando il tutto con la proposta del patto per l’Italia del sì senza nemmeno escludere l'ingresso di qualche grillino (???).
Rimane ora da capire cosa farà il duo Toti-Meloni, che si ritrova a che fare, dopo aver boicottato Forza Italia, con un leader che ha improvvisamente ricominciato a mettere la lingua in bocca al padre del centro-destra. 
Da tutta questa confusione e dando per scontato che tra poche ore andrà ad aumentare, il Presidente della Repubblica dovrà gioco-forza guardare fuori dai confini nazionali, valutando in serie: 1) l'umore dei mercati; 2) lo spread; 3) la manovra di bilancio; 4) i sentori provenienti dalle stanze di Bruxelles e Strasburgo; 5) le promesse e gli accordi presi con il gotha europeo; 6) l'inserimento del commissario europeo italiano nella Commissione.
Insomma una camera con vista sull'Europa dove ordine e disciplina (qui reali e non dittatoriali) dovranno tranquillizzare partner, investitori e politica. Per farlo l'inquilino del Quirinale avrà necessariamente bisogno della coppia, questa per fortuna normale e affiatata, Conte-Tria, in grado nei quattordici mesi di Governo di relazionarsi con l'Europa, sventando due procedure d'infrazione, facendo approvare una legge di bilancio in deficit e votato, con l'appoggio dei 5 Stelle, l'attuale presidente della Commissione.

domenica 11 agosto 2019

Trenta Denari

Passate settantadue ore dall'annuncio della fine anticipata del governo del cambiamento voluta dal ministro della propaganda, le piazze di Soverato, Catania e Siracusa e le spiagge del Sud Italia protagoniste del tour estivo del numero uno della Lega hanno emesso i primi verdetti. All'unanimità l'urlo dei più ha vestito l'inquilino del Viminale con i panni di "Trenta Denari". Anche e soprattutto i social network, da Twitter a Facebook, campo di battaglia che ha elevato la "Bestia" ad autentico mattatore dei quattordici mesi di governo, si sono clamorosamente rivoltati. I sostantivi traditore e bugiardo sono stati di gran lunga i più cliccati per identificare e specificare la condotta politica di chi, in barba a tutte le promesse e i proclami fatti in questi mesi, ha disatteso le speranze di un Paese che aveva creduto ad una svolta epocale della politica italiana.

Il Partito del bloccare

La riforma della Giustizia che avrebbe accorciato i tempi dei processi e imposto una stretta anche alla durata delle indagini preliminari è finita nel cestino e difficilmente, con l'elezione di un nuovo governo, verrà confermata la riforma della prescrizione e salvaguardate la separazione delle carriere e il bavaglio alle intercettazioni. La Commissione d’inchiesta sui crac bancari non è nemmeno mai nata. Il Dl impresa con le norme a tutela dei rider e quelle per garantire l’occupazione negli stabilimenti dell’ex Ilva di Taranto, l’ex Alcoa in Sardegna, la Blutec di Termini Imerese e la Whirpool in Campania rischia di finire su un binario morto. La lista dei provvedimenti bloccati prosegue con lo stop al salario minimo e al taglio dei 345 parlamentari (che ora i Cinquestelle chiedono di approvare in extremis), il blocco alla procedura di revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia e alla nuova legge a favore della polizia locale. A riassumere. In 14 mesi il Cazzaro Verde, quello che a gran voce sostiene che i 5 Stelle abbiano coi loro "no" bloccato l'Italia, ha: 1) messo in piedi due decreti (uno e la brutta copia dell'altro) che nulla mutano sul mera tematica giudiziaria (nel Sicurezza e Sicurezza Bis rimane l'obbligo di salvataggio e nel Legittima Difesa rimane la proporzione fra l’aggressione e la difesa, stabilita da un giudice che mette su una bilancia i pro e i contro); 2) bloccato, con la sfiducia a Conte e staccando la spina all'esecutivo, molte delle misure cruciali e attese da anni da un Paese intero. Per i possessori di neuroni sani le considerazioni possono essere tratte.

venerdì 9 agosto 2019

Con più d'un perché

Con le parole espresse ieri sera dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella conferenza stampa indetta poco prima le 23, all'esecutivo del cambiamento composto da Movimento 5 Stelle e Lega è stata definitivamente staccata la spina. Il macchinario che per quattordici mesi ha portato avanti l'idea di cambiamento, di onestà, di voglia di dare un senso compiuto alle politiche del Paese è stato spento, tra la sera di mercoledì e il pomeriggio di ieri, da Matteo Salvini. Inequivocabili le parole con cui il titolare di Palazzo Chigi ha aperto il discorso alla stampa nella Sala delle Galere: "Ieri e questo pomeriggio è venuto a parlarmi Salvini il quale mi ha anticipato l’intenzione di interrompere questa esperienza di governo e di andare a votare per capitalizzare il consenso di cui la Lega gode attualmente". Parole chiare, cristalline e trasparenti che hanno fatto da prologo a quelle decisamente più incisive e senza peli sulla lingua che nei 7 minuti successivi hanno toccato nel vivo il numero uno del Carroccio, al punto da metterlo a nudo davanti al Paese intero: "Spetterà a Salvini, nella sua veste di senatore, spiegare al Paese e giustificare agli elettori che hanno creduto nella prospettiva del cambiamento le ragioni che lo portano a interrompere bruscamente l’azione di governo". Da ieri sera, inevitabilmente, è iniziata la caccia ai perché, alle ragioni, oltre alla palese e confermata voglia di capitalizzare il consenso, per cui il Cazzaro Verde ha deciso, in barba alla parola data ("questo esecutivo dura 5 anni"), di interrompere l'esperienza di governo. Un'analisi che ha trovato risposta sulla riforma del processo penale, dalla prescrizione alla separazione delle carriere e sul taglio dei parlamentari (ritenuto da Salvini non più calendarizzabile), peraltro tutte tematiche scritte nero su bianco sul contratto di governo, vergognosamente e subdolamente coperte con la scusa del No Tav (altro tema nel contratto di governo), con le continue offese (le uniche effettivamente fatte) ai vari Bonafede, Toninelli, Trenta e Tria, per la nomina della Ursula von der Leyen a Presidente della Commissione Europea (prima concordata e successivamente bocciata dalla Lega) e non ultima, cavallo di battaglia di queste ultime ore, con i "no" su tutto da parte della maggioranza pentastellata (magari l'avessero fatto quando era il momento), denunciata e respinta al mittente in presa diretta dal Presidente del Consiglio: "Non permetterò più la narrativa di un governo dei no: questo governo ha sempre parlato poco e lavorato molto. Non era in spiaggia". Con più d'un perché l'ennesimo pupo della politica italiana ha svolto il suo ruolo rimanendo, come altri prima di lui, con il cerino in mano, ma riuscendo, come altri prima di lui, a bloccare nel momento più importante quei provvedimenti che avrebbero potuto cambiare per davvero la storia di questo Paese.

giovedì 8 agosto 2019

Sputtanato

Sentenza motivata

Il 9 di settembre, fra meno di un mese, il Parlamento avrebbe dovuto discutere e votare (per la quarta ed ultima volta) la riforma del taglio dei parlamentari, portando a 230 deputati e 115 senatori il numero delle poltrone all'interno degli emicicli. Entro gennaio 2020 il dicastero facente capo ad Alfonso Bonafede avrebbe dovuto trasformare in legge la riforma del processo penale per far diventare applicativo l'annullamento della prescrizione (approvata nella legge Spazzacorrotti) dopo il primo grado di giudizio, oltre, per contratto di governo, non far entrare nel decreto legislativo la separazione delle carriere, l’abuso d’ufficio e il danno erariale. A molti, troppi questo non stava bene, e per questo, con la scusa della votazione sul TAV, si è motivata la sentenza della caduta del Governo.

Rilevanti perplessità

Nonostante l’approvazione e la promulgazione del dl Sicurezza bis, rimane in vigore l’obbligo di salvataggio dei naufraghi. La limitazione o il divieto di ingresso di navi, previsto dal decreto, può essere disposto ma, come prevede lo stesso "nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia". La Convenzione di Montego Bay, richiamata dallo stesso articolo 1 del decreto, prescrive che "ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo". Le sanzioni amministrative di un milione di euro e della confisca dell’imbarcazione, previste dal decreto legge sicurezza bis, non appaiono ragionevoli, in quanto "non è stato introdotto alcun criterio che distingua quanto alla tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere, alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate" e quindi viene affidato "alla discrezionalità di un atto amministrativo la valutazione di un comportamento che conduce a sanzioni di tale gravità". 
La vera perplessità è il comprendere come un partito politico abbia raggiunto il 40% del consenso popolare dopo aver prodotto in 14 mesi di co-governo due decreti legislativi di cui l'uno si vergogna dell'esistenza dell'altro, e viceversa.

Il ducìsmo

Il nostro è un popolo fatto così, una radice che nel corso della storia ha spianato la strada al ducetto di turno, eleggendo nell'ultimo secolo personaggi che hanno segnato indelebilmente l'intero Paese, producendo, a prescindere dall'appartenenza, danni che ci porteremo dietro per sempre. Dal 1922 ad oggi la storia non ci ha insegnato niente. Se dalla tragedia del ventennio, passando per gobbi, nani e star hollywoodiane, si è giunti alle pagliacciate odierne l'evidenza e l'oggettività ci raccontano una cosa sola: tutti rappresentano (hanno rappresentato) quell'Italia come gl'italiani vorrebbero che fosse. L'ha rappresentata il Duce, quello con la "d" maiuscola, la DC di Giulio Andreotti, il Caimano nell'altro ventennio, Matteo I da Firenze prima di passare il testimone a Matteo II da Milano. Tutti idolatrati, votati, resi intoccabili da un popolo che generazione dopo generazione ha visto in queste figure la soluzione a tutti i mali, la difesa dai nemici che ci hanno fatto credere di voler combattere. La fotografia di una nazione che pur cambiando i protagonisti ha voluto mettere al centro una filosofia, una cultura, un modus vivendi e operandi di chi ci ha poi governato e usato per i personali scopi dittatoriali. Tutto questo mi riconduce al monologo di Claudio Gioè nel capolavoro di Marco Tullio Giordana, I cento passi. Una citazione che mi è parsa inevitabile, d'obbligo. Un passaggio che nel film dedicato alla vita e all'omicidio di Peppino Impastato, impegnato nella lotta alla mafia, ha voluto mettere in evidenza come i paventati cambiamenti, in Sicilia nello specifico ma in Italia nella sua complessità, spesso si siano scontrati e si scontrino con i proclami e con le parole espresse da questo o da quell'altro personaggio. Sicuramente con il pensiero di un popolo che nel corso dell'ultimo secolo, nonostante battaglie ed evidenze continua a ripetere ossessivamente gli stessi errori, per poi, vittimisticamente, rivendicare mancanze, assenze, negligenze, scandali e vergogne. Il ducìsmo è una malattia che ci portiamo dietro perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. 

mercoledì 7 agosto 2019

Il teatrino dell’assurdo

Tutto è finito ad ammuina, a sceneggiata, come purtroppo stava nelle premesse. Tutto però ha chiarito a caratteri cubitali l'essenza e l'essere dei partiti e dei loro rappresentanti. Random. Il Partito Democratico, quello che da domani non potrà più raccontare a nessuno di allarmi democratici, di vesti stracciate, di militanze antifasciste, di proclami contro il nuovo Duce, di mobilitazioni estive, di manifestazioni autunnali, di svolte ambientaliste e altre amenità per non possessori di neuroni sani ha votato a favore tutte le mozioni si Tav, compresa naturalmente la sua, e peggio ancora non è uscito dall'aula del Senato quando è entrata in votazione la mozione dei 5Stelle, dichiarando all'Italia intera di essere il principale fan della Lega, del "nemico" Salvini (quello a cui gli stessi hanno presentato in Parlamento la mozione di sfiducia), salvando gli affaristi del Tav, evitando le elezioni e proteggendo le poltrone. Unica voce fuori dal coro quella di Tommaso Cerno: "Al Pd dico, ripensateci finché siete in tempo, state facendo un errore madornale". La Lega, non presentando mozioni ma votando a favore delle quattro presentate a favore del Tav e soprattutto votando contro quella dei 5Stelle, ha violato platealmente il Contratto di governo, che impegna a ridiscutere integralmente il Tav e rende nullo il patto di governo se uno dei due contraenti vota contro l’altro su un tema previsto dal testo. Fi e Fdi hanno votato a vicenda i rispettivi testi, in una tarda mattinata dove il teatrino dell'assurdo ha una volta per tutte raccontato la verità: Partito degli Affari comanda e picciotti rispondono.

martedì 6 agosto 2019

Glielo chiedono le parti sociali

Messo in cantiere e da parte un decreto (il Bis della Sicurezza) che è come un nuddu ammiscatu cu nente: inapplicabile (nessuno mai lo farà), anticostituzionale (il 10 lo vìola da capo a coda: La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali) e con conseguenze meno preoccupanti di quelle del primo, il Cazzaro Verde, nella giornata in cui ha incontrato le parti sociali (???), è tornato a parlare di riforma della giustizia. Secondo l'abbronzatissimo ministro della propaganda, almeno per quanto afferma di aver capito, nella conferenza spiaggia Bis ha affermato che gli è stato chiesto il superamento dell’abuso d’ufficio e del danno erariale. Al che, almeno coloro dotati di una testa e di qualche neurone ancora funzionate, ci si è immediatamente domandati se le parti sociali incontrate (Landini, messo in funzione il neurone, ha preferito disertare) avessero a capo personaggi del calibro di Attilio Fontana, indagato dalla Procura di Milano per abuso d’ufficio nell'ambito dell’inchiesta sulle tangenti in Lombardia, il leghista Edoardo Rixi, che si era dovuto dimettere da viceministro ai Trasporti dopo essere stato condannato a 3 anni e 5 mesi per peculato, oppure Antonio Potenza, sindaco leghista di Apricena finito ai domiciliari per peculato, concussione e abuso d’ufficio e ancora l’ex sindaco di Visso e senatore della Lega, Giuliano Pazzaglini, contestato dalla procura di Macerata di ben cinque casi di abuso d’ufficio. Tutti reati che, tra una chiacchiera sulla manovra economica e una sul settore penale (???), lo spiaggiato vorrebbe superare. Glielo chiedono le parti sociali.

lunedì 5 agosto 2019

La colpa è un po' anche la nostra. O no?

Che si parli di giustizia, che si tratti di lavoro o che, come asserito dal Ministro Costa nell'ultima intervista rilasciata al Corriere della Sera, il tema sia rivolto all'ambiente, al centro di ogni discussione il protagonista è sempre il medesimo: il Ministro spiaggiato, che infatti non tratta mai argomenti relativi al proprio dicastero. Ma ormai è chiaro che in questo paese chi lavora perde voti, punti e copertine, mentre chi cazzeggia stravince. La settimana appena trascorsa, in fatto di voti, punti e copertine, l'ha nuovamente dominata il Ministro del Papeete Beach, riuscendo in sole 72 ore a mettere insieme: 1) far salire il suo Trota sull’acquascooter della Polizia; 2) condizionare le forze dell'ordine a minacciare Valerio Lo Muzio; 3) irridere lo stesso videomaker di Repubblica con una frase al limite della diffamazione ("Vada a riprendere i bambini in spiaggia visto che le piace tanto"); 4) dare della "zingaraccia" a una rom che gli ha augurato un proiettile in capo; 5) spiaggiarsi con la bavetta agli angoli della bocca, l’ascella pezzata e la panza di fuori sul bagnasciuga del Papeete Beach mentre a Bologna, in fatto di Politica Interna, si commemorava l'attentato commesso il 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria. Insomma, le ennesime minchiate del Cazzaro Verde hanno di fatto messo fuori informazione i casi Nicastri-Arata-Siri, l'affaire Savoini (Salvini non ha risposto al giornalista di Report insultandolo: "Sei un maleducato"), il costo di circa 3 miliardi in più di quel che ci avevano raccontato del Tav e l'ennesima inefficienza denunciata dal Ministro Costa su quanto sta avvenendo nella Terra dei Fuochi. Le colpe di tutto questo? Sicuramente e non da oggi dei mezzi d'informazione, impegnati dalle prime ore di ogni alba a raccontare le nuove peripezie del ministro della propaganda. Altrettanto oggettivamente di un popolo che ritiene più importante un selfie gossipparo che un'informazione fatta di notizie. E non ultima la continua pubblicità al politico più 'mbriaco d'Italia da parte dei Blog come questo, che seppur cercando di fare e dare un minimo d'informazione lo mettono sempre al centro della notizia. Ma poi, escludendo servi e tappetini, sarà davvero una colpa mettere in chiaro, senza differite, le genialate di un personaggio sommerso dai suoi Tweet e ormai destinato fisiologicamente ad estinguersi?

sabato 3 agosto 2019

450 giorni di nulla

Il periodo di tempo che il Ministro Giulia Bongiorno, titolare del dicastero della Pubblica amministrazione, ha usato per propagandare le impronte digitali e l’idea di un corso di laurea per chi voglia diventare dipendente della Pa. C'è chi l'ha definita "peggio di Brunetta", il segretario della Cgil Funzione pubblica, Serena Sorrentino, e chi ha impietosamente affermato che ci sono stati "450 giorni di nulla", Nicola Turco della Uil Pa, sintetizzando il bilancio in uno "zero sui contratti pubblici e sulle assunzioni" con un indietreggiamento "di vent’anni sulle relazioni sindacali" E c'è chi, mandando bacioni, tuona un giorno sì e l’altro pure sull’efficienza dei ministri pentastellati.

venerdì 2 agosto 2019

Olimpiadi, TAV e l'idiosincrasia alla "Spazzacorrotti"

Ora si è tuffato (senza nemmeno prendere la moto d'acqua) sulla tematica Giustizia. Un immersione che più di altre ha già messo in grande evidenza due aspetti: 1) l'ignoranza sconfinata sul tema; 2) la preparazione diabolica al quinquennio 2020-2025. Il primo aspetto, ripreso in diretta da Milano Marittima, non ha fatto altro che legittimare l'unico lavoro a cui il Cazzaro Verde timbra il cartellino ogni santissimo giorno: rompere i coglioni. Le seccature questa volta sono toccate al Guardasigilli, che bontà sua in questi giorni ha evitato lo scontro salvo aver domandato alla ministra Bongiorno (che dovrebbe occuparsi di PA) eventuali aggiornamenti leghisti da inserire nella riforma della Giustizia. Peccato poi che negli ultimi 6 mesi (sei mesi) la Lega non ha prodotto uno straccio di emendamento al testo Bonafede. Quelli che... abbiamo il testo pronto. Ma il propalare parole al vento e slogan sentiti da qualche parte in un’altra vita non solo stanno cercando di coprire le gesta di Savoini, Siri, Arata, Fontana e altri personaggi appartenenti alla Piramide di Fango, ma soprattutto per forzare due linee guida che potrebbero scompigliare i piani e il futuro del Partito Unico degli Affari. Intercettazioni e prescrizione (sulla separazione delle carriere stendiamo un velo pietoso e cerchiamo nel nostro piccolo di non sparare sulla Croce Rossa). Sulle prime, per fortuna, c'è un contratto di Governo che scrive a chiare lettere: "In materia di intercettazioni è opportuno intervenire per potenziarne l’utilizzo, soprattutto per i reati di corruzione". Sulla seconda, uno snodo fondamentale su cui si basa l'intero testo Bonafede, la paura fa 90. Un terrore che colpisce Lega, Forza Italia, Partito Democratico e tutti coloro che, per i reati commessi dal 1° gennaio 2020, si vedrebbero bloccati la prescrizione alla sentenza di primo grado. Una miccia che potrebbe far deflagrare tutte le aspettative legate alle mazzette del quinquennio 2020-2025, quelle che tra Olimpiadi invernali, TAV e tutti gli appalti futuri condannerebbero i corrotti e i corruttori della seconda decade del nuovo millennio.

giovedì 1 agosto 2019

Greta e la piramide di fango / 2

Se la settimana scorsa avevamo voluto mettere in evidenza il mettersi in prima fila quando c'è da raccogliere il consenso spellandosi le mani e applaudendo a più non posso lo sbarco in Italia della 16enne svedese Greta Thunbeg, quest'oggi, dopo aver visionato il sito della "Costituente delle Idee" e aver appreso che gli strateghi del Pd devono essersi accorti che le pochissime sinistre vincenti in Europa sono quelle ambientaliste, possiamo tranquillamente mettere nero su bianco che il GreenZinga e i fossili dei suoi "compagni" vogliono farci credere che, come scritto nel paragrafo dedicato "È possibile un modello di sviluppo che rispetti l’ambiente?", il futuro di questo Paese, con una spesa di bilancio pari a 50 miliardi, si baserà su di un green new deal italiano. Infatti, come scritto stamane da Marco Travaglio nel suo editoriale, la svolta ambientalista dell’ala sinistra del Partito Trasversale del Cemento ha già dichiarato che voterà contro la mozione No Tav del M5S esattamente come la Lega. Una "novità" che fa il paio con il voto a favore per gli inceneritori, le trivelle petrolifere per terra e per mare, il Tap, il Terzo Valico, le Pedemontane e altre opere tanto inutili e costose quanto inquinanti previste dal mitico Sblocca-Italia di Renzi&Delrio. Senza contare il blocco sul decreto sulle energie rinnovabili, lo stop al referendum sulle trivelle in mare, e l'approvazione degli ultimi decreti Salva-Ilva per neutralizzare le indagini della magistratura e garantire l’impunità ai vertici e ai commissari dell’acciaieria avvelenatrice. Insomma, di Greta e la piramide di fango siamo ancora alla prefazione.