"Non siamo qui per ridurre lo spread, non è la funzione della Bce, e al tempo stesso la Banca centrale europea, per far fronte all'emergenza Coronavirus, non taglierà i tassi" Parole, espresse della presidente della Bce Christine Lagarde, che hanno prima fatto volare lo spread (251) e sprofondare le borse europee (Milano -16,92%, Londra -9,81%, Francoforte -12,21%, Parigi -12,28%) fino a mandare in fumo 825 miliardi, 68 solo sul paniere milanese, e successivamente riaperto lo scontro politico nazionale, fino a far incazzare un uomo appartato, calmo, certo, distaccato, disteso, fiducioso, imparziale, imperturbabile, obiettivo, ordinato, pacato, pacifico, rilassato, riparato, sereno, sicuro, silenzioso come Sergio Mattarella, che istituzionalmente e con una nota del Quirinale abbastanza irrituale (il Capo dello Stato non si è mai esposto apertamente in segno di dissenso contro le istituzioni Europee) ha così espresso il suo personale disappunto: "L'Europa sia solidale e non ostacoli l'Italia, la nostra azione di contrasto sarà utile a tutti".
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venerdì 13 marzo 2020
S'è incazzato Mattarella
"Non siamo qui per ridurre lo spread, non è la funzione della Bce, e al tempo stesso la Banca centrale europea, per far fronte all'emergenza Coronavirus, non taglierà i tassi" Parole, espresse della presidente della Bce Christine Lagarde, che hanno prima fatto volare lo spread (251) e sprofondare le borse europee (Milano -16,92%, Londra -9,81%, Francoforte -12,21%, Parigi -12,28%) fino a mandare in fumo 825 miliardi, 68 solo sul paniere milanese, e successivamente riaperto lo scontro politico nazionale, fino a far incazzare un uomo appartato, calmo, certo, distaccato, disteso, fiducioso, imparziale, imperturbabile, obiettivo, ordinato, pacato, pacifico, rilassato, riparato, sereno, sicuro, silenzioso come Sergio Mattarella, che istituzionalmente e con una nota del Quirinale abbastanza irrituale (il Capo dello Stato non si è mai esposto apertamente in segno di dissenso contro le istituzioni Europee) ha così espresso il suo personale disappunto: "L'Europa sia solidale e non ostacoli l'Italia, la nostra azione di contrasto sarà utile a tutti".
giovedì 29 agosto 2019
Offese quirinalizie
Bene non l'ha presa, e di questo a prescindere dalla crisi l'avevamo compreso al termine del primo giro di consultazioni. L'aver visto usare il luogo istituzionale per definizione per scopi prettamente personali e propagandistici è stata, agli occhi di Mattarella in primis, l'unica vera e reale ferita ad una democrazia che negli ultimi sedici mesi ha subito l'imbarbarimento da parte dei molti protagonisti (se non tutti) dell'attuale politica italiana.
Nella giornata di ieri, nel secondo e conclusivo giro di consultazioni, due degli attori protagonisti di una pellicola surreale e grottesca hanno perseverato sulla linea intrapresa la settimana scorsa calpestando la storia, la democrazia, la Costituzione.
Da una parte la leader di Fratelli d'Italia ha invocato la chiamata delle piazze nel giorno dell'eventuale giuramento di un governo a trazione Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, un insulto istituzionale che ha creato una querelle con uno dei giornalisti presenti nella sala delle conferenze e l'imbarazzo, a partire da Giovanni Grasso, di tutti i presenti.
Dall'altra le dichiarazioni propagandistiche in pieno stile comizio elettorale da parte del numero uno del Carroccio, reo di aver messo in discussione dal podio del Quirinale le scelte e le decisioni dello stesso Capo dello Stato, parlando esplicitamente di manovre oscure e ferite alla democrazia e inoltrandosi in slogan dal tenore becero che ha purtroppo accompagnato la recente storia della politica italiana: "spettacolo indecoroso", "patto delle poltrone", "giochi di palazzo".
Ennesime offese quirinalizie, istituzionali e democratiche di cui avremmo decisamente e nuovamente voluto fare a meno.
giovedì 22 agosto 2019
Sondaggi e Costituzione
"...la Costituzione prevede che gli elettori vengano chiamati al voto per eleggere il Parlamento ogni cinque anni".
(Sergio Mattarella, Quirinale)
Presa di coscienza
Dopo oltre 500 giorni il Movimento 5 Stelle ha compreso, capito, preso coscienza di avere vinto le elezioni politiche del Marzo 2018. Dieci punti programmatici per chi vuole il bene dell'Italia, da sottoscrivere per chi, dopo essersi riempito la bocca con parole come orgoglio, rispetto e responsabilità e aver messo nuovamente al centro la Costituzione della Repubblica Italiana, ha davvero il desiderio di fare il bene del Paese. Palla al centro.
Avere Maradona e tenerlo in panchina per volontà altrui
E' passata la nottata e a tirare riga la ragione porta senza dubbio alcuno al volere di andare a elezioni. Un suicidio? Un favore a Salvini? Un assist a tutto il centro-destra? Quesiti a cui daranno una risposta solo gli italiani dentro alle urne e non certo i sondaggi o le visioni di chi oggi, e in base alle Europee (che storicamente niente c'azzeccano con le politiche), crede di avere già messo il gatto nel sacco.
Andare a elezioni, con l'idea ipotetica di un trionfo destrorso, sarebbe la scelta più idonea per due principali ragioni: a) mettere davanti al fatto compiuto il Cazzaro Verde, quello della manovra in deficit da 50 miliardi (a stare stretti) che nemmeno la Fata Turchina riuscirebbe a realizzare; b) fare implodere un centro-destra che da mesi fa volare stracci tra i propri leader e presunti tali.
Un successo che però non sarebbe per nulla scontato, soprattutto se i 5 Stelle proponessero come candidato premier Giuseppe Conte, attualmente il politico più amato e stimato del Paese. Perché diciamocelo chiaro: avere Maradona e tenerlo in panchina per volontà altrui sarebbe, non solo un favore a Salvini e un assist a tutto il centro-destra, ma un suicidio assistito.
mercoledì 21 agosto 2019
Adesso facciamo i seri
Tra le menzogne propalate al termine della campale giornata al Senato dal guappo di cartone, e le lezioni di politica, democrazia, diritto parlamentare e costituzionale, ma anche di dignità e di stile impartite dall'Avvocato del Popolo, si è finalmente arrivati alla fine dell'era giallo-verde. Una conclusione che da questo pomeriggio farà avviare le consultazioni tra il Presidente della Repubblica e i vari esponenti delle forze politiche.
Consultazioni che, come già pronunciato dallo stesso Sergio Mattarella, si snoderanno su due punti fondamentali: 1) o un Governo forte; 2) o elezioni subito. Nessuna altra strada, nessun altro compromesso.
E se dai rappresentanti di centro-destra il dialogo con l'inquilino del Quirinale si baserà solo ed esclusivamente sulla volontà di tornare il più presto alle urne, l'intera area di centro-sinistra, a partire dal Partito Democratico, proveranno a verificare l'esistenza di nuova maggioranza.
Dalla direzione di partito dei Dem è stato votato all'unanimità il mandato esplorativo con cui Zingaretti esporrà ai 5 Stelle i punti su cui dovrà basarsi l'eventuale nuovo esecutivo: a) appartenenza leale all'Unione europea; b) pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa; c) sviluppo vasto della sostenibilità ambientale; d) cambio nella gestione di flussi migratori; e) svolta delle ricette economiche e sociali.
Insomma, cinque aspetti nelle corde dei grillini e che con molta probabilità non troveranno ostacoli.
Il nodo che dovrà essere sciolto nelle prossime ore riguarderà invece il nome che dovrà ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio.
Le indiscrezioni rilevano che i democratici non vorrebbero la soluzione Conte-bis, giusto per rimanere in tema di discontinuità, mentre dal quartier generale dei 5 Stelle, al momento, non sono trapelate notizie.
Dal Quirinale la sensazione è che Mattarella vorrebbe continuare con il cinquantacinquenne da Volturara Appula. Vuoi per gli ottimi risultati portati a casa in chiave europea nell'ultimo anno, vuoi per dare continuità agli accordi presi con le varie autorità dei paesi europei e vuoi, aspetto non secondario, per averne apprezzato in un momento delicato della vita politica l'attaccamento e la difesa delle istituzioni.
Su queste basi non rimane altro che fare i seri, che con repubblicani, liberali, re e duchi abbiamo già dato.
martedì 20 agosto 2019
Il coraggio delle responsabilità
In un variabile martedì post ferragostano l'unico che è riuscito, con trasparenza, lealtà e una spiccata vena battagliera, a mantenere quanto promesso nei giorni intercorsi dal dopo crisi di Governo in poi è stato ancora lui, il Presidente del Consiglio, al secolo Giuseppe Conte.
Con una comunicazione che ha superato i quarantacinque minuti ha snocciolato i come, i perché e soprattutto chi ha fatto cadere, chiedendone la sfiducia, l'esecutivo giallo-verde. Un'arringa da vero avvocato del popolo che ha messo a nudo tutto il bipolarismo mostrato nelle ultime settimane dal capo politico della Lega, e soprattutto quel fare politica dello stesso da cui l'inquilino di Palazzo Chigi ha sempre preso le distanze: nessun inciucio, nessuna interlocuzione nelle camere oscure, nessuna decisione o scelta fatta nell'ombra. Solo lealtà istituzionale, questa sconosciuta.
Tutti coloro che sono succeduti a Giuseppe Conte, a partire dal senatore della propaganda, non è fregato niente di quanto propalato dal cinquantacinquenne di Volturara Appula, non è importato niente delle difficoltà del Paese, dell'Iva, della legge di bilancio, di tutte le misure disattese, della pessima, pagliaccesca figura fatta dalla politica italiana nella pazza e folle estate del 2019.
Non è importato niente delle responsabilità istituzionali, della lealtà collaborativa, del coraggio delle proprie azioni. Tutti a fare comizi elettorali, tutti a fare propaganda politica. Al punto che sul finire della seduta un comunicato fatto pervenire dalla Lega ha reso noto il retromarsh sulla mozione di sfiducia nei confronti del Presidente del Consiglio.
Ennesimo ridicolo, miserabile e pavido passaggio da parte del ministro del Papeete in una vicenda che ha portato il politico italiano più amato del Paese a dichiarare: "Se ti manca il coraggio politico di assumerti le responsabilità delle azioni prese allora quel coraggio me lo assumo io. Vado da Mattarella a rassegnare le dimissioni".
lunedì 12 agosto 2019
Mattarella, l'Europa e le "strane" coppie
Cosa succederà nelle prossime ore sul fronte Governo italiano rimane allo stato attuale un rebus. Lo è per gli opinionisti, lo è per la carta stampata, lo è, visti i continui cambi di idee, di prospettive e di alleanze, anche per i protagonisti in campo. Gli unici che al momento sembrano essere quantomeno tranquilli all'interno della crisi scatenata da Matteo Salvini sono Sergio Mattarella, Giuseppe Conte e i 5 Stelle.
Il primo, in attesa delle discussioni in aula, si è preso un week-end di black-out, occupandosi principalmente di relax e famiglia. Il secondo, dopo aver delineato senza troppi peli sulla lingua ciò che esporrà in aula il giorno della sfiducia, si è eclissato, lasciando agli altri il cerino in mano. I grillini, dopo il tradimento di Trenta Denari, hanno posto il veto del taglio dei parlamentari prima di tornare alle urne, condizione che inevitabilmente metterà a nudo le volontà delle altre forze politiche.
Esposti e nemmeno poco sono dunque rimasti i mercati, lo spread e quelle "strane" coppie che tra sabato e domenica si sono nuovamente messe a discutere e flirtare.
Dal quartier generale del centro-sinistra sono emerse quelle spaccature che hanno scritto la storia ultima del partito. La coppia Renzi-Zingaretti, in un continuo botta e risposta, non ha fatto altro che litigare sull'opportunità, da una parte, quella renziana, di sposare l'idea dei 5 Stelle nel votare la legge Fraccaro e prendere tempo prima di recarsi alle urne, dall'altra di non prendere assolutamente in considerazione tale opportunità andando direttamente, e con tempi celeri, al voto. Se a questi aggiungiamo un Calenda tendenzialmente in crisi d'identità e di idee e un Grasso che spinge l'uscita dall'aula da parte dell'intero centro-sinistra il giorno della sfiducia a Conte ecco che la confusione regna sovrana.
Sul fronte centro-destra, dove tutto sembrava apparire più chiaro e tranquillo, la perdita totale della bussola da parte del ministro del Papeetee ha rimescolato nell'arco di ventiquattrore le carte. Da: "io corro da solo", a: "vedrò presto gli alleati" per finire con: "ritorno dal Caimano", ampliando il tutto con la proposta del patto per l’Italia del sì senza nemmeno escludere l'ingresso di qualche grillino (???).
Esposti e nemmeno poco sono dunque rimasti i mercati, lo spread e quelle "strane" coppie che tra sabato e domenica si sono nuovamente messe a discutere e flirtare.
Dal quartier generale del centro-sinistra sono emerse quelle spaccature che hanno scritto la storia ultima del partito. La coppia Renzi-Zingaretti, in un continuo botta e risposta, non ha fatto altro che litigare sull'opportunità, da una parte, quella renziana, di sposare l'idea dei 5 Stelle nel votare la legge Fraccaro e prendere tempo prima di recarsi alle urne, dall'altra di non prendere assolutamente in considerazione tale opportunità andando direttamente, e con tempi celeri, al voto. Se a questi aggiungiamo un Calenda tendenzialmente in crisi d'identità e di idee e un Grasso che spinge l'uscita dall'aula da parte dell'intero centro-sinistra il giorno della sfiducia a Conte ecco che la confusione regna sovrana.
Sul fronte centro-destra, dove tutto sembrava apparire più chiaro e tranquillo, la perdita totale della bussola da parte del ministro del Papeetee ha rimescolato nell'arco di ventiquattrore le carte. Da: "io corro da solo", a: "vedrò presto gli alleati" per finire con: "ritorno dal Caimano", ampliando il tutto con la proposta del patto per l’Italia del sì senza nemmeno escludere l'ingresso di qualche grillino (???).
Rimane ora da capire cosa farà il duo Toti-Meloni, che si ritrova a che fare, dopo aver boicottato Forza Italia, con un leader che ha improvvisamente ricominciato a mettere la lingua in bocca al padre del centro-destra.
Da tutta questa confusione e dando per scontato che tra poche ore andrà ad aumentare, il Presidente della Repubblica dovrà gioco-forza guardare fuori dai confini nazionali, valutando in serie: 1) l'umore dei mercati; 2) lo spread; 3) la manovra di bilancio; 4) i sentori provenienti dalle stanze di Bruxelles e Strasburgo; 5) le promesse e gli accordi presi con il gotha europeo; 6) l'inserimento del commissario europeo italiano nella Commissione.
Insomma una camera con vista sull'Europa dove ordine e disciplina (qui reali e non dittatoriali) dovranno tranquillizzare partner, investitori e politica.
Per farlo l'inquilino del Quirinale avrà necessariamente bisogno della coppia, questa per fortuna normale e affiatata, Conte-Tria, in grado nei quattordici mesi di Governo di relazionarsi con l'Europa, sventando due procedure d'infrazione, facendo approvare una legge di bilancio in deficit e votato, con l'appoggio dei 5 Stelle, l'attuale presidente della Commissione.
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giovedì 8 agosto 2019
Rilevanti perplessità
Nonostante l’approvazione e la promulgazione del dl Sicurezza bis, rimane in vigore l’obbligo di salvataggio dei naufraghi. La limitazione o il divieto di ingresso di navi, previsto dal decreto, può essere disposto ma, come prevede lo stesso "nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia". La Convenzione di Montego Bay, richiamata dallo stesso articolo 1 del decreto, prescrive che "ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo".
Le sanzioni amministrative di un milione di euro e della confisca dell’imbarcazione, previste dal decreto legge sicurezza bis, non appaiono ragionevoli, in quanto "non è stato introdotto alcun criterio che distingua quanto alla tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere, alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate" e quindi viene affidato "alla discrezionalità di un atto amministrativo la valutazione di un comportamento che conduce a sanzioni di tale gravità".
La vera perplessità è il comprendere come un partito politico abbia raggiunto il 40% del consenso popolare dopo aver prodotto in 14 mesi di co-governo due decreti legislativi di cui l'uno si vergogna dell'esistenza dell'altro, e viceversa.
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