..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 31 marzo 2008

GUAI A CHI SPARGE L'ODIO!

di Crazeology dallo Ju29ro

Non importa di chi è la colpa in una determinata piccolissima situazione.
Aldilà delle solite chiacchiere, aldilà dei soliti inutili moralismi finti e di circostanza....
Siamo di nuovo punto e a capo.
Il calcio negli ultimi 25 anni ha offerto innumerevoli circostanze in cui i tifosi e le forze dell'ordine si sono viste private di amici e colleghi.
Mentre questa guerra silenziosa viene rateizzata e spalmata su un periodo oggettivamente lunghissimo, gli organi preposti alla direzione dello sport, sonnecchiano amabilmente.
In alcuni casi addirittura, la guerra non è nemmeno poi tanto silenziosa e viene messa a ferro e fuoco la capitale, oppure una città di provincia.
Ogni tanto scoppia persino qualche scandalo, calciopoli, passaportopoli, intercettazioni illegali, doping o simili, ma gli organi di giustizia sportiva in tutti i casi prendono decisioni poco credibili.
I tifosi non hanno più a che fare con un sistema che con autorevolezza prende decisioni giuste, magari anche impopolari, ma credibili almeno per ciò che riguarda la limpidezza.
Il sospetto dilaga come le connivenze e gli interessi del mondo pallonaro. I giornali e le televisioni montano scandali con disinvoltura, stravolgendo la realtà e la relativa interpretazione della stessa, mentre sotto sotto il tifoso si rode il fegato.
Gli ultimi 2 campionati poi, sono quanto di peggio si sia mai visto per ciò che riguarda i sospetti.
Errori grossolani e quasi sempre a senso unico.
Errori dove la malafede ti sembra quasi di poterla toccare con le mani.
E allora il tifo si divide in base ai propri interessi.
Non importa più qual'è la verità, non importa più cosa è giusto e cosa non lo è, non importa quali sono le regole da seguire, non importa quali sono le cose che ci accomunano ad altre persone che vivono in un'altra parte del paese, ma conta solo ciò che ci divide.
E così i tifosi ogni tanto si incontrano in un luogo o in un altro, e sfogano tutta la rabbia e l'odio che hanno dentro.
Qualcuno dirà che spesso si tratta di incidenti. Si è vero.
Ed è vero che Dio sembra indispettito, e le fatalità sono puntuali come un orologio.
Ed è vero che gli incidenti possono avvenire anche in circostanze molto lontane dal mondo del pallone.
Però, mentre in un incidente comune, tutti sanno che si tratta di fatalità (più o meno arginabili), nel calcio l'elemento comune è l'odio.
Quando un tifoso vuole suonarle di santa ragione ad un altro tifoso, il calcio è già finito.
Quando un tifoso che sta per entrare allo stadio si scoccia per il lutto e per la partita rinviata, il calcio è già finito.
Quando un dirigente di sport si improvvisa Freddy Mercury, e ci canta il ritornello secondo cui "lo spettacolo deve continuare", il calcio è già finito.
E' inutile accampare scuse.
Non si può andare da una moglie e due figli di un tutore delle forze dell'ordine e dirgli: "Ci dispiace per l'incidente avvenuto"...
Non si può andare dalla madre di un giovane tifoso e dirgli: "Ci dispiace, ma si è trattato di un proiettile vagante..."
E si potrebbe continuare all'infinito, ovviamente senza dimenticare le volte che i coltelli o le armi contundenti similari, riescono a fare quello per cui sono stati costruiti, ossia bucare un altro individuo.
Tutti sanno chi è il contadino che ha messo il seme dell'odio nel campo da calcio.
E allora facciamo così. Domani mattina andiamo tutti nel primo ospedale oncologico che abbiamo vicino a casa nostra.
Andiamo a visitare i reparti più "duri".
Andiamo a vedere come si fa a morire pur avendo tanta voglia di vivere.
Andiamoci tutti, e dopo, quando abbiamo capito che sofferenza può esserci dietro un lutto....
Chiudiamo il calcio e non se ne parla più.
Va bene, il seme si è trasformato in una sequoia che ha radici profonde nel nostro modo di pensare "di tifoso"...
ma forse è arrivato il momento di tagliare l'albero e di bruciare tutti i suoi frutti marci.

domenica 30 marzo 2008

TIFOSO PARMA MORTO, RINVIATA GARA CON JUVE


Rinviata Juventus-Parma, dopo la morte di un tifoso emiliano travolto da un pullman di juventini e ucciso nell'area di servizio 'Crocetta' vicino Torino. Il mezzo era vuoto e l'autista stava facendo manovra quando è avvenuto l'incidente. Secondo le prime notizie prima dell'incidente in cui è morto il giovane tifoso del Parma, 28 anni, tra le due tifoserie nell'area di servizio al chilometro 48 dell'A21 Piacenza-Torino ci sarebbero stati degli degli 'sfotto'', ma non scontri. L'autista del pullman non si era accorto di avere investito una persona. E' quanto l'uomo ha raccontato agli agenti della Polizia stradale che l'hanno fermato sulla A21 qualche chilometro ad ovest rispetto all'area di servizio 'Crocetta Nord'. Il giovane investito è stato soccorso dai sanitari del 118 e trasferito con l'eliambulanza all'ospedale di Alessandria, dove però è giunto privo di vita.
Sempre secondo informazioni apprese nella città emiliana, l' autista dopo l'incidente avrebbe percorso un tratto di autostrada, chiamando poi la polizia dopo un paio di chilometri. Subito dopo aver appreso la notizia dell'investimento, il sindaco di Parma Pietro Vignali aveva rivolto un appello per chiedere l'annullamento della partita con la Juventus, esprimendo "cordoglio e vicinanza alla famiglia del giovane e a tutta la tifoseria crociata", e "in attesa di conoscere l' esatta dinamica dell'incidente".
La morte del tifoso del Parma è avvenuta nella stessa giornata di campionato in cui, nel girone di andata, fu ucciso nell'area di servizio Badia al Pino, il tifoso della Lazio Gabriele Sandri.
Sui campi di calcio di Serie A oggi verrà osservato prima delle partite un minuto di raccoglimento in memoria del tifoso del Parma morto questa mattina in un autogrill. La decisione è stata presa dalla federcalcio d'intesa con la Lega professionisti.
Torino - Un tifoso del Parma, Matteo Bagnaresi, 28 anni il prossimo settembre, residente a Parma e figlio unico, è stato travolto e ucciso nell'area di servizio 'Crocetta Nord' vicino Torino da un pullman di tifosi della Juventus. Secondo le prime notizie prima dell'incidente in cui è morto il giovane tifoso del Parma, ci sarebbero stati sfottò tra le due tifoserie nell'area di servizio al chilometro 48 dell'A21 Piacenza-Torino. Ma la dinamica della vicenda è ancora tutta da chiarire. L'autista del pullman facendo manovra in retromarcia non si sarebbe accorto di niente. L'autobus che ha investito il tifoso del Parma era partito da Crema. La vittima è stata colpita vicino alle colonnine di rifornimento di carburanti. A dare l'allarme è stato il personale della stazione di servizio. Sul posto è arrivato il questore di Asti, Antonio Nanni, poiché l'area di servizio si trova in territorio astigiano, al confine con l'alessandrino.
Soccorsi inutili Il giovane è stato soccorso dai sanitari del 118 e trasferito con l'eliambulanza all'ospedale di Alessandria, dove però è giunto privo di vita. Secondo le prime informazioni l' autista dopo l'incidente avrebbe percorso un tratto di autostrada, chiamando poi la polizia dopo un paio di chilometri. L'autista sostiene di non essersi non si è accorto di avere investito una persona, come ha detto agli agenti della Polizia stradale che l'hanno fermato sulla A21 qualche chilometro ad ovest rispetto all'area di servizio.Subito dopo aver appreso la notizia dell'investimento, il sindaco di Parma Pietro Vignali aveva rivolto un appello per chiedere l'annullamento della partita con la Juventus, esprimendo "cordoglio e vicinanza alla famiglia del giovane e a tutta la tifoseria crociata", e "in attesa di conoscere l' esatta dinamica dell'incidente".
La testimonianza Un tifoso del Parma ha confermato telefonicamente a un giornalista, che lo ha contattato dalla città emiliana, la versione riferita dall'autista del pullman dei tifosi juventini alla Polizia stradale, secondo la quale non si sarebbe accorto di aver investito Matteo Bagnaresi, e per questo avrebbe proseguito la marcia. "Matteo era vicino alle ruote del bus - ha raccontato il tifoso - e in retromarcia il mezzo lo ha travolto, poi è ripartito. L'autista non lo ha visto e non si è accorto di quello che era successo. Qualcuno di noi si è invece accorto subito dell'investimento e ha urlato all'autista di fermarsi, ma lui, forse impaurito e pensando che fossero minacce, ha proseguito". Secondo alcune testimonianze di tifosi parmigiani, appena il pullman juventino era giunto nell'area di servizio Crocetta Nord c'era stato qualche sfottò da parte dei tifosi 'rivali', e per questo l'autista avrebbe deciso di riprendere la marcia, con l' intenzione forse di fermarsi poi in un successivo grill sull' autostrada. Matteo Bagnaresi, a quanto si è appreso, era un tifoso dei 'Boys' del Parma. Laureato, lavorava per una cooperativa e viveva nella città emiliana con i genitori.
Lo stesso giorno della morte di Sandri La morte del tifoso del Parma è avvenuta nella stessa giornata di campionato in cui, nel girone di andata, fu ucciso nell'area di servizio Badia al Pino, il tifoso della Lazio Gabriele Sandri.
Partita rinviata in segno di lutto La Federazione italiana gioco calcio ha diramato un comunicato in cui spiega che, "pur trattandosi di una tragica fatalità, d'intesa con la Lega nazionale professionisti, le società Juventus e Parma, ha deciso di rinviare a data da destinarsi la partita Juventus-Parma, in segno di lutto, per la scomparsa del tifoso del Parma, rimasto vittima di un incidente avvenuto in un'area di servizio dell'autostrada poche prima della partita".
Lo stadio si è svuotato in silenzio Lo stadio di Torino si è svuotato, in silenzio, appena il pubblico ha avuto, dallo speaker, la notizia del rinvio. Nell'Olimpico per un pò sono rimasti soltanto, sul terreno di gioco, i ragazzini delle scuole calcio che avrebbero dovuto assistere ad una premiazione di Alessandro Del Piero. Al di fuori dello stadio il deflusso dei tifosi è stato regolare, i pullman di sostenitori del Parma non sono arrivati a Torino. Secondo quanto si è appreso ne erano in viaggio due verso Torino, entrambi fermi alla stazione di servizio Crocetta nord quando è avvenuto l'investimento, alle 12:45. San Siro, un minuto di silenzio I giocatori di Milan e Atalanta e la terna arbitrale si sono schierati al centro del campo per un minuto di silenzio in ricordo del tifoso del Parma. Il pubblico di San Siro ha sottolineato il gesto dei giocatori in campo con un caloroso applauso. Un minuto di silenzio anche allo stadio di Livorno dove gli amaranto giocano il derby con il Siena.Una "domenica triste per la morte di un tifoso". Queste le parole, apparse sul sito della Fiorentina, dell'amministratore delegato viola Sandro Mencucci, per la morte del tifoso del Parma. "Siamo naturalmente dispiaciuti" ha detto Mencucci aggiungendo che "qui a Udine abbiamo saputo poco di quel che è successo".I tifosi dell' Empoli, gemellati con quelli del Parma, hanno reso omaggio a Matteo Bagnaresi, togliendo tutti gli striscioni dallo stadio. I sostenitori azzurri hanno esposto solo un grande lenzuolo bianco con la scritta 'Ciao Matteo'. Gli ultras della squadra toscana hanno deciso di non tifare. Durante il minuto di raccoglimento nello stadio c'é stato il silenzio assoluto, solo al termine il pubblico ha applaudito.

BERARDELLI POULE

Sabato 29/03/08 -
Le due poule di sabato a Tor di Valle sono state come si pensava combattute e incerte, tra le femmine la favorita Letter From Om ha dato dimostrazione di essere in progresso e con doti di combattente. Nel finale ha preso la meglio su Leonida Grif e Laetitia, un bel successo dell’allieva di Paolo Romanelli, in testa dall’inizio Liric Ans ha ceduto nel finale. Ottimo il tempo di Letter From Om, 1.13.8 record del Berardelli filly.Incerto fino agli ultimi metri anche il miglio per maschi con più errori anche nella fase iniziale, subito Lando Correvo, lento nelle retrovie Leonard Grif, ancora deludente e di galoppo sull’ultima curva, quando tentava il recupero. Piacevole e sicuro al comando Le Touquet, mentre sbaglia anche Little Devil e Lester Piggot si sistema nella scia del leader. Recuperano gradualmente Langdon Grif e Luxor delel Badie, i due figli di Varenne entrambi con un bel “tamburo”. In retta duro attacco a Le Touqet da parte di Longdon Grif e Luxor delle Badie, sul quale Andrea Guzzinati coglie l’attimo… fuggente e sul palo sigla una bella vittoria, training di Bjorn Lindblom in 1.14.6 sul duttile Le Touquet.
di Cirdan

IN SVEZIA UN......GOING

Secondo… Going in favore del forte allievo di Lufti Kolgjini che ribadisce di essere tornato in gran forma e vince la qualificazione all’Olympiatravet, la grande corsa svedese che ha nell’albo d’oro anche il nome di Varenne. Il figlio di Viking Kronos aveva vinto il 18 marzo scorso al rientro sulla pista di casa a Jagersro. Su questo anello Going Kronos disputerà la Finale dell’Olympiatravet il prossimo 19 aprile.Vittoria da… padrone sabato con un percorso in seconda ruota, appostato sui primi e un allungo perentorio in retta a centro pista, facile al traguardo, anche se avvicinato dal francese Kito di Vivier, che si qualifica. Ma Going ormai quasi rallentato da Lufti Kolgjini, un brillante 1.12.9 al km sui 2140 metri. E sfida lanciata allo stesso Kito du Vivier ed al forte Acclaim e anche a Finders Keepers, vincitori delle altre 2 qualificazioni.

di Cirdan

sabato 29 marzo 2008

IL SIGNOR "C"

dal BLOG dello Ju29ro
Tornato a casa ieri sera dopo una dura giornata di lavoro, accendo il PC e scopro che il signor C ha parlato. E al solito ha scatenato un putiferio, con il suo solito stile da finto signore, più che altro degno di un elefante in una cristalleria. Andiamo con ordine, prima i fatti e le parole.
(Da Nero su Bianco)Durante una speciale serata organizzata ieri al Circolo Sporting di Torino, il presidente bianconero Cobolli Gigli ha affrontato a 360 gradi il tema Juve è tornato pure su Calciopoli, spiegando i motivi per i quali la società decise di non presentare più il ricorso al Tar."In tanti ci rimproverarono di non aver difeso a sufficienza la Juve e di aver addirittura ritirato il ricorso precedentemente presentato al Tar. Lo facemmo proprio per evitare guai peggiori alla Juventus, a cominciare da una quasi scontata squalifica dalle future competizioni internazionali che la Uefa avrebbe certamente decretato nei nostri confronti. Inoltre, molti accusano l’avvocato Zaccone di aver praticamente patteggiato la nostra retrocessione, ma non è così: Zaccone fu talmente abile da scongiurare il quasi certo fallimento della Juve, poiché ciò che la Giustizia Sportiva voleva inizialmente era la retrocessione in Serie C e questo ci avrebbe inevitabilmente costretto a portare i libri in Tribunale in quanto la società sarebbe sicuramente fallita.""La tifoseria juventina conta, solo in Italia, 13 milioni di tifosi i quali si ripartiscono poi ripartiti in tifosi di serie A, B e C. Chiaro che io vorrei fossero tutti di serie A, ma non è possibile. Confidiamo comunque, col tempo, che tanti si ravvedano e lo possano diventare. Dico solo che tutti i retroscena che si raccontano in giro sul nostro conto, che non ci terremmo alla Juve e avremmo concordato la sua retrocessione per nostri interessi personali, sono false, nessuno di essi corrisponde al vero."Ieri sera un utente del forum J1897 ha definito questo sproloquio "il peggiore Cobolli di sempre". Non si può che essere d'accordo con questa affermazione. In un solo intervento, il signor C riesce a condensare tutto il peggio del suo repertorio, partendo dall'esclusione dall'Europa minacciata da Blatter (una pistola ad acqua, come anche i bambini sanno), passando per la santificazione dell'avvocato Zaccone, fino ad arrivare alle patenti di juventinità per i tifosi, che sarebbero da dividere in tre categorie, di serie A, B e C. In base a quale criterio, caro signor C? I tifosi di serie B e C sono forse quelli che non si sono bevuti tutte le panzane che sono state raccontate (anche e soprattutto da Lei) in questi due anni? Se la classificazione da Lei proposta si basa su questo criterio, penso di poter dire che i membri dello Ju29ro Team sono FIERI di essere tifosi di serie C.Piuttosto, caro signor C, lei si è mai chiesto se il suo operato come presidente della Juventus sia da serie A, B o C? Forse capire questo è molto più importante della sua bizzarra classificazione dei tifosi bianconeri. Per aiutare i lettori del Blog a trovare una risposta a questa domanda, ho pensato di ripostare uno dei capolavori del signor C, e cioé l'intervista al direttore del Corriere dello Sport Stadio in cui dice tutto e il contrario di tutto. Silenzio, parla il signor C...

SARA' INFINITIF

Venerdì 28/03/08 -
Il caso Infinitif, come era nella logica delle cose, per il clamore e gli interessi suscitati dopo la vittoria nel Derby 2007, finisce in tribunale. L’Allevamento Marco Folli, chiamato direttamente in causa dagli articoli pubblicati a più riperse dalla Gazzetta dello Sport a firma di Michele Ferrante, con l’accusa anche di aver falsato documenti sulla nascita di Infinitif, è passato a vie legali. Citazione presentata dagli avvocati Gianni Scagliarini, Francesco Moruzzi e Giorgio Alpeggiani, al tribunale di Milano contro il giornalista, Direttore ed Editore della Gazzetta dello Sport, per danni morali, commerciali e che ledono l’onorabilità e la reputazione di Marco Folli e della sua importante attività allevatoria. La richiesta di danni ammonterebbe ad alcuni milioni di euro e l’udienza è prevista all'inizio di ottobre presso il tribunale di Milano. E’ probabile (ma ancora nessuna notizia ufficiale in merito) che anche l’Anact, coinvolta dai servizi della “Gazzetta” sulle eventuali irregolarità del caso Infinitif e della sua iscrizione allo stud book nazionale, intraprenda un’azione simile alla citazione di Marco Folli, contro il quotidiano sportivo.

ALTRIMENTI CI ARRABBIAMO

Dal sito web NEROSUBIANCOWEB.COM

Durante una speciale serata organizzata ieri al Circolo Sporting di Torino, il presidente bianconero Cobolli Gigli ha affrontato a 360 gradi il tema Juve è tornato pure su Calciopoli, spiegando i motivi per i quali la società decise di non presentare più il ricorso al Tar: “Ci stavano stritolando ed erano pronti a farci fallire. L’avvocato Zaccone, seppur poi subissato da critiche ingiuste, fu talmente bravo da evitarci la retrocessione in Serie C”. Una stoccata Cobolli l’ha poi riservata pure ai tifosi della Juve perennemente critici verso l’attuale dirigenza: “Non esistono affatto i retroscena che mettono in giro sul nostro conto, ma che ci volete fare: la Juve ha 13 milioni di tifosi solo in Italia e tra loro esistono tifosi di serie A, B e C”.

È stato un Cobolli Gigli a cuore aperto quello presentatosi ieri al circolo Sporting di Torino per partecipare – insieme al presidente torinista Cairo – ad una speciale serata organizzata dal Gruppo Subalpino “Ruggero Radice”. Un paio d’ore nelle quali Cobolli ha parlato di tutto, dal futuro della squadra alla realizzazione del nuovo stadio, ma non si è sottratto nemmeno di fronte al tema più scottante e che continua ancora a tenere banco su forum e blog juventini: quello di Calciopoli.
In tanti – ha continuato Cobolli – ci rimproverarono di non aver difeso a sufficienza la Juve e di aver addirittura ritirato il ricorso precedentemente presentato al Tar. Lo facemmo proprio per evitare guai peggiori alla Juventus, a cominciare da una quasi scontata squalifica dalle future competizioni internazionali che la Uefa avrebbe certamente decretato nei nostri confronti. Inoltre, molti accusano l’avvocato Zaccone di aver praticamente patteggiato la nostra retrocessione, ma non è così: Zaccone fu talmente abile da scongiurare il quasi certo fallimento della Juve, poiché ciò che la Giustizia Sportiva voleva inizialmente era la retrocessione in Serie C e questo ci avrebbe inevitabilmente costretto a portare i libri in Tribunale in quanto la società sarebbe sicuramente fallita. Dobbiamo inoltre ringraziare tutti i grandi campioni che, a differenza di tanti loro ex compagni, decisero di restare alla Juventus: fossero andati via pure loro sarebbe stato ancora più difficile ricostruire una squadra sufficientemente competitiva per risalire subito in Serie A e lottare, come stiamo facendo, per i primi posti in classifica nell’attuale campionato”
Cobolli non ha risparmiato nemmeno una stoccata nei confronti dei tanti tifosi critici nei confronti dell’attuale dirigenza: “La tifoseria juventina conta, solo in Italia, 13 milioni di tifosi i quali si ripartiscono poi ripartiti in tifosi di serie A, B e C. Chiaro che io vorrei fossero tutti di serie A, ma non è possibile. Confidiamo comunque, col tempo, che tanti si ravvedano e lo possano diventare. Dico solo che tutti i retroscena che si raccontano in giro sul nostro conto, che non ci terremmo alla Juve e avremmo concordato la sua retrocessione per nostri interessi personali, sono false, nessuno di essi corrisponde al vero”.

Con queste parole l'attuale presidente della Juventus, certo Giovanni Cobolli Gigli, è intervenuto, come avete avuto modo di leggere, ad una serata speciale indetta al Circolo Sporting di Torino.

Partiamo immediatamente da una considerazione: sono abbastanza incazzato!

Dunque, leggendo le parole espresse dal presidente, mi dovrei sentire un tifoso da serie C della Juventus? Probabilmente l'attuale presidente bianconero non sa nemmeno cosa significhi essere un tifoso, figuriamoci se poi sa cosa significhi esserlo della Juventus.

Ma costui lo sa quanta acqua mi sono preso? Ma costui lo sa quanti chilometri mi sono fatto? Ma costui lo sa quante nazioni, europee e continentali, ho toccato? Ma costui lo sa quanti soldi ho speso? Ma costui lo sa quante volte ho pianto e quante volte ho gioito? Evidentemente NO! Perchè se costui pensa che ci sono tifosi di varie categorie, lasciatemelo dire, non ci ha capito proprio nulla!

Ma partiamo dall'inizio. Secondo costui, molti tifosi bianconeri, me compreso, sono convinti che l'attuale dirigenza e di conseguenza la proprietà, non abbia difeso in maniera congrua la JUVENTUS, e che quel ricorso ritirato al TAR, precedentemente presentato, giusto per la cronaca, sia stata una scelta a dir poco sbagliata. Risposta esatta, la "NOSTRA" Juventus non è stata difesa, la "NOSTRA" Juventus è stata messa in piazza come la peggior "baldracca", la "NOSTRA" Juventus avrebbe meritato una strenua difesa, perchè, se qualcuno ancora non ne fosse al corrente, non è mai stato trovato un solo straccio di prova che potesse condarre la "vecchia Signora" alla serie B, figuriamoci alla serie C.

Ma analizziamo con pareri illustri:

CORRADO DE BIASE
Corrado De Biase, il capo dell'ufficio indagini all'epoca dello scandalo scommesse del 1980, risponde ad uno spettatore tifoso della Juventus che telefona a Rete37, emittente privata fiorentina, dove l'ex giudice era ospite, a proposito della Juventus e dell'operato di Zaccone, legale della stessa: "Non posso sapere perchè la proprietà della Juventus si sia mossa in un certo modo, ma mi sento di dire, al 99%, che la vicenda è stata abilmente pilotata dai vertici della squadra torinese, a cominciare dalla richiesta di Zaccone, che ha lasciato tutti di stucco. Zaccone non è un incompetente, come molti credono, ma è stato solo un attore di questa vicenda.
Bisogna avere, innanzitutto, il coraggio di affermare una realtà: il procedimento di questa estate ha partorito un autentico aborto giuridico. Quando parlo di "aborto giuridico" mi prendo la piena responsabilità di ciò che dico. Quando si vuole espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno 6 mesi solo per un corretto iter investigativo, non può che venir fuori un aborto giuridico.
Quando si cassa, per motivi di tempo, un grado di giudizio, quando si impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro discolpa, ma gli si concede solo 15 minuti per una arringa difensiva, non si può che parlare di aborto giuridico.
Quando non si concedono agli avvocati difensori degli imputati i testi integrali delle intercettazioni, adducendo che non sono pertinenti, si può solo parlare di aborto giuridico. Quando, infine, si disassegna un titolo ad una squadra, la Juventus, per assegnarlo ad un'altra, l'Internazionale, prima che sia pronunciato il verdetto del primo iter istruttorio, allora siamo ben oltre l'aborto giuridico. Non è un problema di giustizia ordinaria o sportiva: in ogni paese che si definisca civile eventuali pene e sanzioni devono essere comminate dopo che sia stato verbalizzato un verdetto di colpevolezza, mai prima. E non venitemi a parlare di normative UEFA o di liste da dare alla stessa per le coppe europee: i diritti degli imputati, tra cui quello di potersi difendere con i mezzi che l'ordinamento mette loro a disposizione, vengono prima di una partita di calcio. Il punto che mi fa pensare che Zaccone abbia agito su input della proprietà è un altro, e cioè il modo in cui si sono mossi i vertici dirigenziali della Juventus, con quel finto ricorso al TAR. Come, mi chiedo, tu allontani i dirigenti, praticamente dichiarandoti colpevole, poi assisti inerte ed impassibile ad uno scempio mediatico e giudiziario ai danni della tua squadra e poi minacci di ricorrere al TAR? E' il concetto di chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti, se ci pensate bene. Prima ti fai massacrare senza muovere un dito, ti fai disassegnare il titolo, fai stilare i calendari per i campionati e le coppe europee e poi minacci di andare al TAR, strombazzando il tutto sui giornali? Sa tanto di mossa politica per placare l'ira dei tifosi, mi pare. Se Zaccone, che è uomo di valore ed esperienza, avesse avuto il mandato di evitare il disastro si sarebbe mosso in maniera diversa, nel senso che avrebbe fatto notare queste "anomalie" nel tempo intercorso tra la fine del dibattimento e l'annuncio dei verdetti. Quello, infatti, era il momento buono per minacciare di ricorrere al TAR, quando le sentenze non erano ancora state scritte, ma andava fatto in camera caritatis, chiedendo un incontro con Ruperto, Sandulli e Palazzi, e non di fronte ai giornalisti della Gazzetta. Vi prego di notare che non sto discettando di alta strategia dell'arte forense, ma dei principi basici, dell'ABC della professione, di cose che si insegnano ai ragazzi che vengono in studio a fare praticantato: se tu, avvocato difensore, ritieni di avere delle armi da giocare, chiedi un incontro con il giudice e il PM, nel periodo che intercorre tra il processo ed il verdetto, e gli fai notare che, se il responso sarà giudicato troppo severo, le userai. E qua di armi ce ne erano in quantità industriale. Poi, di fronte al fatto compiuto, chi si prende la responsabilità di fermare una macchina che macina miliardi di euro, tanto da essere la sesta industria del paese?

GIULIANO PISAPIA (avvocato)
«Nessuno ha sottolineato che qui i giudici decidono solo sugli atti portati in aula dalla pubblica accusa. Leggo l'articolo 37 del codice: "Il dibattimento si svolge in contraddittorio tra la procura federale e le parti... Al termine del dibattimento il rappresentante della procura formula le proprie richieste". Bene, qui il dibattimento non c'è stato. Perché il dibattimento è il luogo dove si verifica la tesi accusatoria e si forma la prova». Alle difese non è stato consentito di produrre prove, di citare testimoni (come anche ammetterebbe lo stesso art. 37). E la pubblica accusa ha formulato le sue richieste di condanna ancor prima che iniziava il dibattimento! Come succedeva in Unione Sovietica...

FRANCESCO COSSIGA (senatore)
Cossiga ha avuto parole durissime per la Caf. "L'altro giorno – ha detto - mi sono vergognato per quella parodia della giustizia che è la commissione di appello federale: mi ha molto meravigliato che un serio giurista sia sceso così in basso da andare a presiederla. Il che vuol dire che lo pagano bene perché altra giustificazione non l'avrebbe".

ENZO BIAGI (giornalista)
"Una sentenza pazzesca, e non perchè il calcio sia un ambiente pulito.
Una sentenza pazzesca perchè costruita sul nulla, su intercettazioni difficilmente interpretabili e non proponibili in un procedimento degno di tal nome, una sentenza pazzesca perchè punisce chi era colpevole solo di vivere in un certo ambiente, il tutto condito da un processo che era una riedizione della Santa Inquisizione in chiave moderna.
E mi chiedo: cui prodest? A chi giova il tutto? Perchè tutto è uscito fuori in un determinato momento? Proprio quando, tra Laziogate di Storace, la lista nera di Telecom, poi Calciopoli, poi l'ex Re d'Italia ed ora, ultimo ma non ultimo, la compagnia telefonica Vodafone che ha denunciato Telecom per aver messo sotto controllo i suoi clienti.
Vuoi vedere che per coprire uno scandalo di dimensioni ciclopiche hanno individuato in Luciano Moggi il cattivo da dare in pasto al popolino?"
Enzo Biagi, tratta da un'intervista al Tirreno del 16 agosto.

CRISTIAN ROCCA (giornalista)
Al Bar dello Sport sotto casa non avrebbero saputo fare di meglio. La Juventus è stata condannata per non aver commesso il fatto, cioè per non aver comprato o aggiustato o taroccato nessuna partita, nemmeno una (pagina 76). La Caf guidata da Cesare Ruperto ha spiegato che nel calcio italiano non c’era nessuna cupola (pag. 74), che il sistema Moggi è un’invenzione della Gazzetta dello sport (pag. 74), che i sorteggi non erano truccati (pag. 83), che la balla delle ammonizioni mirate per favorire preventivamente la Juventus era, appunto, una balla grande così (pag. 103). Cinque, praticamente sei, arbitri su otto sono stati assolti e i due condannati non sono stati puniti per le partite della Juventus. Ma se è così, ed è così, come mai la Juventus e le altre (tranne il Milan) sono state condannate a uno, due o forse quattro anni di B? La tesi colpevolista è questa: i rapporti stretti tra i dirigenti della Juventus e i designatori arbitrali, anzi uno solo: Paolo Bergamo, hanno creato “un’atmosfera inquinata, una insana temperie avvolgente il campionato di serie A” per cui è stata lesa la terzietà, l’autonomia e l’indipendenza del settore arbitrale.
Come e dove e con quali arbitri, per i giudici non è importante, perché si tratta di una specie di concorso esterno in campionato di calcio, per cui è sufficiente provare il rapporto di contiguità tra Moggi e un designatore per essere certi che gli arbitri fossero comunque condizionati, anche se non ce n’è prova di alcun tipo. Il problema è che questo reato nel codice sportivo non esiste.

Tirando qualche conclusione, anche un certo Senatore dal nome Francesco Cossiga si deve sentire un uomo da serie C, anche un giornalista di fama nazionale come Cristian Rocca si deve sentire un uomo da serie C, anche un giornalista di fama mondiale come Enzo Biagi si deve sentire un uomo da serie C, anche un avvocato di fama nazionale come Giuliano Pisapia si deve sentire un uomo da serie C, anche un ex capo ufficio indagini come Corrado De Biase si deve sentire un uomo da serie C?

Presidente, facciamo una bella cosa, quando si sentirà pronto, ci faccia una cortesia, ritiri quelle dichiarazioni con un comunicato ufficiale, perchè deve sapere che per noi JUVENTINIVERI (che siamo tutti quanti tifosi, e senza categorie) gli scudetti rimangono sempre 29, perchè per noi JUVENTINIVERI quel ricorso andava portato avanti, perchè per noi JUVENTINIVERI la "NOSTRA" Juventus andava difesa e non abbandonata, perchè per noi JUVENTINIVERI le categorie di serie A, B e C le abbiamo sempre individuate nelle persone che hanno resa gloriosa questa società, e se l'AVVOCATO GIANNI AGNELLI e il DOTTORE UMBERTO AGNELLI, per noi sono sempre stati fuori categoria, beh Lei...................

venerdì 28 marzo 2008

E ADESSO ROCK AND ROLL



IL MONDO CHE VORREI
(T.Ferro - V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Vinnie Colaiuta
Basso: Paul Bushnell
Chitarre elettriche: Michael Landau, Tim Pierce
Chitarra solo: Michael Landau
Chitarre acustiche: Dean Parrks
Filicorno solista, programmazione e tastiere: Frank Memola
Cori: Silvio Pozzoli, Moreno Ferrari
Chitarre addizionali e cembalo: Guido Elmi
Archi scritti da Frank Memola, diretti da Celso Valli

VIENI QUI
(T.Ferro - V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Vinnie Colaiuta
Basso: Paul Bushnell
Chitarre elettriche: Michael Landau, Tim Pierce
Chitarra solo: Tim Pierce
Programmazione e tastiere: Frank Memola
Cori: Silvio Pozzoli, Moreno Ferrari
Cembalo: Guido Elmi
Archi scritti da Frank Memola, diretti da Celso Valli

GIOCA CON ME
(T.Ferro, G.Elmi - V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Matt Laugh
Basso: Tony Franklin
Chitarre: Slash
Tastiere: Alessandro Cortini
Cori: Simone Sello e Luciano Palermo

E ADESSO TOCCA A ME
(V.Rossi, G.Curreri, A.Fornili - V.Rossi, G.Curreri, A.Fornili)
Arrangiato da Celso Valli
Batteria: Paolo Valli
Basso e programmazzione elettronica: Luca Bignardi
Chitarre: Massimo Varini
Pianoforte e tastiere: Celso Valli
Archi scritti e diretti da Celso Valli

DIMMELO TE
(T.Ferro, G.Elmi - V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Vinnie Colaiuta
Basso: Tony Franklin
Chitarre elettriche: Tim Pierce
Programmazione e tastiere: Frank Memola
Cori: Silvio Pozzoli, Moreno Ferrari
Cembalo: Guido Elmi

COSA IMPORTA A ME
(T.Ferro, G.Elmi - V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Joey K
Basso: Corey C
Chitarre elettriche: Rafael Moreira, Tim Pierce
Chitarra solo: Rafael Moreira
Programmazione e tastiere: Frank Memola
Cori: Silvio Pozzoli, Moreno Ferrari

NON VIVO SENZA TE
(V.Rossi, G.Curreri, A.Fornili - V.Rossi, G.Curreri, A.Fornili)
Arrangiato da Celso Valli
Batteria: Vinnie Colaiuta
Basso e programmazzione elettronica: Luca Bignardi
Chitarre: Massimo Varini
Pianoforte e tastiere: Celso Valli
Cori: Antonella Pepe, Alessia Raisi, Gaetano Curreri e Giordano Mazzi

QUI SI FA LA STORIA
(T.Ferro, G.Elmi - V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Vinnie Colaiuta
Basso: Tony Franklin
Chitarre elettriche: Tim Pierce, Stef Burns
Programmazione e tastiere: Frank Memola
Cori: Silvio Pozzoli, Moreno Ferrari

COLPA DEL WHISKY
(V.Rossi, R.Casini, - V.Rossi, R.Casini)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Vinnie Colaiuta
Basso: Lee Sklar
Chitarre elettriche e solo finale: Michael Landau
Programmazione e tastiere: Frank Memola

NON SOPPORTO
(V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Joey K
Basso: Corey C
Chitarre elettriche: Rafael Moreira, Tim Pierce
Programmazione e tastiere: Frank Memola

HO BISOGNO DI TE
(V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Vinnie Colaiuta
Basso: Lee Sklar
Chitarre elettriche e acustiche: Michael Landau
Programmazione e tastiere: Frank Memola

BASTA POCO
(V.Rossi)
Arrangiato da Guido Elmi
Batteria: Lele Melotti
Basso: Max Gelsi
Chitarre: Stef Burns
Programmazione e tastiere: Frank Memola

di Cirdan

giovedì 27 marzo 2008

VASCO IN USCITA

Dodici canzoni in «Il mondo che vorrei» Richiamo alla spiritualità nel brano «E adesso che tocca a me»
Vasco «rinnega» la vita spericolata

«Bisogna anche saper frenare... Rivaluto le illusioni che aiutano a vivere»


MILANO — «Non si può spingere solo l'acceleratore, bisogna anche frenare... ci si deve accontentare», dichiara Vasco Rossi affidando a una registrazione la presentazione del suo nuovo album «Il mondo che vorrei», 12 canzoni tutte nuove (tranne «Basta poco») in uscita domani. Rispetto ai concetti di «Vita spericolata » una svolta assoluta, ribadita sin dal primo brano «Il mondo che vorrei».

«Vita spericolata» spiazzata da «Vita tranquilla» come quella ipotizzata recentemente da Tricarico? Non esageriamo. Non è una scelta, ma una resa alla realtà della vita e delle cose. Dice Vasco: «La realtà che vedo mi fa schifo, è triste e odiosa. Per questo ho rivalutato i sogni e le illusioni che aiutano a vivere meglio: credere in un amore, una donna, un rapporto, avere una fede, magari non vera o sbagliata. L'importante è crederci. Vivi meglio».

Rassegnato? «Per carità, più inquieto che mai. La realtà è veramente pessima: non solo mortifica moltissimo le aspirazioni umane, ma non pone limiti alla sofferenza. Lo so, è una presa di coscienza un po' amara. Bisogna accontentarsi. A me la cosa non piace per niente. L'uomo normale non ha scelta, soffre, l'artista si ribella all'idea di non poter spiccare il volo. Io spero solo che alla fine della corsa ci sia un angelo o un rock and roll ben riuscito».

Da cosa era nato il sogno di una «Vita spericolata»? «Dall'idea di volare sempre senza tempi morti come nei film, dove si vedono solo cose belle e importanti e mai banali. I miei genitori sognavano per me una vita sicura, il posto in banca o in comune o statale. Io sognavo invece un avventuroso precariato, una esistenza non garantita. Però neppure io posso vivere come un cartone animato, ma d'altra parte sono insofferente ai limiti che la natura dà all'uomo. E allora ecco che ritorniamo alla rivalutazione dei sogni, i protagonisti di questo disco».

C'è una canzone, «E adesso che tocca a me», che sembra un richiamo alla spiritualità. «In verità mi accorgo che non abbiamo bisogno di cose, oggetti, ma di situazioni "dentro". Ed eccomi qui a ringraziare il cielo e le chitarre. Se stai bene dentro è ok anche una modesta capanna, ma se vivi in una villa grandissima e il tuo riferimento è Bill Gates, sei finito».

Altra canzone fortemente concettuale è «Cosa importa a me» «Dimenticare non è facile, ma perdonare, almeno per me, è impossibile. Gesù Cristo proclamava la necessità del perdono. Ma è qualcosa che sono costretto a lasciare agli uomini grandi. Quelli piccoli come me si sforzano di dimenticare perché a perdonare non ce la fanno».

C'è una canzone, «Ho bisogno di te», che ripete all'infinito queste uniche quattro parole affidando il resto del messaggio a diverse intonazioni e alla musica.
«Si, ogni tanto — confessa Vasco — cerco di fare testi minimalisti, usando meno parole. In realtà mi accorgo che nella vita non sono capace di chiedere aiuto quando ne ho veramente bisogno. Perché mi sento prigioniero. Le principali prigioni sono le dipendenze. Da un amore, da una persona, da un vizio, dal fatto di voler essere più ricco e potente.
I politici sono dei tossicodipendenti da potere. Però a loro non li arresta nessuno, ai drogati sì».
Vasco, che cos'è in sostanza «Il mondo che vorrei»? «Una bella pietrona piantata qui per la vostra primavera».
M. L. F.
27 marzo 2008

L'ALTRA VERITA'

Dubbi sui proiettili: cinque in più di quelli che stavano nel caricatore del killer
Omicidio di Robert Kennedy, l'altra verità
Si riapre il dibattito sull'assassinio del fratello di Jfk: la balistica smentisce la ricostruzione ufficiale



WASHINGTON – C’è un’altra verità, come tanti sospettano, dietro l’uccisione di Robert F.Kennedy, avvenuta in un hotel di Los Angeles nel giugno del 1968? Alcuni periti balistici pensano di sì. Kennedy, sostengono, sarebbe stato colpito da una seconda persona appostata alle sue spalle e non da Shiran Shiran, l’uomo condannato all’ergastolo per il delitto.
La teoria – non nuova - è stata illustrata durante un congresso svoltosi nel Connecticut. Un perito balistico, Robert Joling, che ha indagato per 40 anni sull’attentato, è giunto alla conclusione che il colpo fatale non poteva venire dalla pistola di Shiran che si trovava davanti al bersaglio e che, stando alle testimonianze, non si sarebbe mai avvicinato alla vittima. E’ invece più probabile che un secondo tiratore abbia sorpreso il senatore sparando da una posizione defilata e alle spalle. L’autopsia ha infatti confermato che tre colpi hanno raggiunto Kennedy da dietro con una traiettoria dal basso verso l’alto e da destra verso sinistra. Inoltre il proiettile fatale sarebbe stato esploso vicino all’orecchio: infatti ha lasciato una traccia di bruciatura.

Un altro esperto, Philip Van Praag, esaminando un nastro registrato da un giornalista canadese al momento dell’agguato, ha determinato che sarebbero stati esplosi almeno 13 colpi mentre l’arma di Shiran ne poteva contenere solo otto. Van Praag ha aggiunto che la seconda arma poteva appartenere ad un agente della scorta, il quale interrogato aveva fornito una versione poco plausibile. Le ricostruzioni dei due «tecnici» potrebbero riaccendere le polemiche sull’indagine. La tesi ufficiale del coinvolgimento del solo Shiran non ha mai convinto del tutto e ciò ha alimentato molte teorie su chi avesse organizzato il complotto: dalla mafia agli avversari politici. Un mistero fitto quanto quello dell’assassinio del fratello John a Dallas. Anche nell’uccisione del presidente è probabile che i killer fossero diversi, appostati in modo da poter aprire il fuoco su ogni lato del corteo.
Guido Olimpio


27 marzo 2008

martedì 25 marzo 2008

PREMIO PADOVANELLE

Nel Padovanelle era nell’aria un exploit e la prima grande vittoria di Genarelay Like (la seconda volta invece in questa corsa del bravo Fabrizio Ciulla, dopo Alma Roc). Sempre più forte allievo di Holger Ehlert e vincitore dopo un giro all’esterno della leader Alexia As. Successo netto e con record di 1.12.3, dunque 4 decimi in meno del campione svedese Smashing Victory, che aveva avuto una corsa più comoda nell’edizione 2007. Clamorosa delusione del favorito Improve As, lo svedese con alle redini Jean-Michéle Bazire, irriconoscibile, battuto dopo 600 metri e finito in coda rallentato. Algiers Hall, invece, protagonista di un clamoroso inseguimento (1.12.9 quinto) dopo un errore sulla prima curva. I due favoriti, per motivi diversi, esclusi dalla lotta per il successo. Gorniz, in sensibile ascesa, piazza un pregevole allungo nel finale e conquista il secondo posto mentre Galantez (secondo nell’lEncat a San Siro davanti a Generaly Like) si conferma di un’esemplare regolarità Il trionfo dei 5 anni indigeni è completato da Guendalina Bar in linea con Algiers Hall. Lenta più del… consueto in partenza Glamour Effe, non entra nel vivo di una corsa che corona l’escalation di un cavallo completo, un bel soggetto Genarelay Like…

domenica 23 marzo 2008

DOVE ERAVAMO RIMASTI?

Di simile a quel febbraio 2006 quando Alex Del Piero mostrò la lingua allo stadio stracolmo di baùscia, dopo che Luciano Moggi aveva teleguidato con il telefonino il suo calcio di punizione all'incrocio dei pali, stavolta c'è stato ben poco.
Anche questa è una delle tante cose che non perdonerò mai a calciopoli: l'avermi tolto il piacere del prima, del durante e del dopo di serate come quella di sabato sera, che quasi sempre equivalevano a scrivere la parola fine sul campionato, destinazione paradiso.
Se c'è una ragione per la quale spero che questo exploit sia servito a qualcosa, è solo la speranza che gli esauriti di Onestòpoli finiscano col perdere un campionato che soltanto loro, nello stato in cui versa attualmente il calcio italiano, potrebbero riuscire a non vincere.
A questa vittoria non riesco ad attribuire un significato che vada più in là di questo. Perché del gol di Camoranesi in fuorigioco di mezzo metro avrei goduto solo prima, oggi no. Oggi, se ho capito bene l'antifona, è stato solo un errore, un incidente di percorso del guardalineee, quindi che gusto c'è?
Del gol clamorosamente mancato da Del Piero, con il quale si sarebbe chiusa a chiave la partita con un punteggio imbarazzante e che invece ha rischiato di compromettere tutto, sarei rimasto deluso solo prima. Oggi che gusto c'è?
Lasciamo perdere la retorica dell'onore e dell'orgoglio, per carità. Non erano certo i novanta minuti di S. Siro il luogo e il tempo dove, casomai, si sarebbero dovuti riconquistare l'uno e mostrare l'altro al mondo intero. Lasciamo perdere la retorica del valore simbolico di un qualcosa che tutto quel valore, in fondo, non ce l'ha. Perché è inutile voler cercare dei simboli laddove non si è fatto nulla per difendere e proteggere "il" simbolo.
Rispetto a quel febbraio 2006 è cambiato quasi tutto, tranne il punteggio finale: 1-2 allora, 1-2 sabato sera. Almeno per noi.Per loro, invece, non è cambiato quasi nulla. Chi nasce tondo, non muore quadrato.
Hanno approfittato della collaborazione di tutti, compresi i nostri esilaranti nuovi gestori col sorriso, per debellare il male che li affliggeva. Hanno cominciato a vivere, liberi finalmente di potersi prendere ciò che spettava loro da sempre. Poi, dopo due anni, è bastato rivedere la fotografia di quel male (perché questa Juve non è altro che l'immagine statica e sbiadita di quella che li aveva sempre terrorizzati), per ammalarsi di nuovo.
Mi domando a cosa sia servito, nelle loro teste almeno, lo sconquasso immane di quell'estate, se non a spegnere la passione di chi non meritava di perderla. Ogni tanto mi rileggo il sottotitolo del mio blog, Ciò che resta di un'estate che non ho capito. Anzi, sì.Quella frase è la sintesi di un anno di pensieri (dal 2006 al luglio 2007, quando nacque venti9), durante il quale passai faticosamente dal disorientamento alla confusione alla consapevolezza, perlomeno nei confronti di certi omuncoli. E' un concentrato di emozioni che abbiamo vissuto in tanti, e di altre che mi tengo per me. Ma a pensarci bene, tra quei pensieri che la ispirarono, non ce n'era nemmeno uno che riguardasse il campo, le partite, i novanta minuti.
Dopo aver visto e sentito i commenti alla partita di sabato sera, mi risulta un po' più facile da capire - ma ancora più difficile da accettare - a cosa diavolo sia servita quella dannata estate.
Pochi minuti dopo il fischio finale, sul telefono di un mio amico è arrivato un messaggio. Era di un interista il quale, grazie ad un regalo del destino, non ha potuto assistere alla partita: "Ho appena saputo del furto che avete commesso. Bravi, complimenti!"
Praticamente la versione hard di quanto avrebbe dichiarato, pochi minuti dopo, il raccomandato col ciuffo ai giornalisti.
Chi nasce tondo, non muore quadrato.
da VENTI9

LA CORAZZATA MANCINI E' UNA..............




« Sabato 22 marzo 2008, alle ore 20 e 30, in telecronaca diretta da Milano, Inter-Juventus, valevole per l'undicesima giornata di ritorno del campionato italiano di Serie A, Fabio aveva un programma formidabile: Calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto davanti al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero! »


............................ma non è andata proprio così!


Come il ragionier Fantozzi Ugo, un impegno improrogabile, non ha consentito a Fabio di vivere in pieno tifo da stadio quel formidabile programma. E allora via agli espedienti. In tempi moderni e con le nuove tecnologie un cellulare con la sola vibrazione in linea diretta con amici e tifosi e un auricolare collegato ad una micro radiolina super professionale, sono diventati gli amici, parenti, compagni di una notte che difficilmente si potrà dimenticare. Tutto studiato, tutto programmato per non poter perdere nella maniera più assoluta una partita che comunque sia non si può considerare come le altre.


Il luogo "sacro" e silenzioso nel quale è stato trascinato Fabio, non poteva consentirgli di vivere quell'evento con la tranquillità dovuta (se mai eventi del genere possono essere vissuti in tranquillità). Il primo tempo scivolava via, con poche emozioni, almeno questo era il racconto che veniva vissuto attraverso la "mitica" radiolina (ad un certo punto a Fabio, sembrava di essere tornato bambino, quando la domenica pomeriggio, "tutto il calcio minuto per minuto" era un compagnio imprescindibile) se non una conclusione del capitano Alex Del Piero, che nella serata pre-pasquale festeggiava il record di presenze (in concomitanza con il compianto Gaetano Scirea) toccando quota 552 gare, che lo faceva sospirare nell'indifferenza generale dei presenti.


Una breve pausa, qualche minuto per ritornare con la testa nel luogo dove era presente, e poi giù, di nuovo nella scala del calcio, immaginando colori, ascoltando cori, vivendo con passione la trasferta "possibile" di quelle maglie. Pochi secondi e un primo brivido, con l'immaginazione quel tiro del "biondo" (così lo chiamava il padre di Fabio) era ancora più bello di quello che le immagini mostravano, parato! Si va avanti. Ancora qualche minuto e ............ Mauro German Camoranesi, colui che aveva ristabilito il risultato all'andata, porta in vantaggio la Juventus sulla verticalizzazione di Molinaro. Una statua, una pietra, Fabio rimaneva immobile, goduto ma immobile. Lo stile Juventus gli aveva insegnato questo (gli aveva, perchè la Juventus di Gianni e Umberto era uno stile), sapeva che mancava ancora molto, che il calcio è strano, e che prima di saper vincere bisogna saper perdere, ingoiare cocenti delusioni, avere rispetto e stima degli avversari, pur sempre consapevoli della propria forza. Il commento radiofonico raccontava di un fuorigioco sul passaggio in verticale, ma questa è un'altra storia.


L'Inter provava una reazione, ma con poca convinzione, e nella mente di Fabio i minuti passavano con moderata sofferenza. Ventesimo minuto del secondo tempo, le parole del radiocronista citavano una verticalizzazione di Camoranesi nel cuore dell'area di rigore, Del Piero di prima faceva giungere un assist a David Trezeguet, che di sinistro, al volo, gonfiava ancora una volta la rete. 0-2! A quel punto Fabio avrebbe voluto esplodere tutta la sua gioia (e in un certo senso lo ha fatto), gridando al mondo intero che i campioni dell'Italia erano loro.


Un brivido silenzioso è corso lungo tutto il suo corpo, ha pensato a suo padre, che con lui aveva vissuto trent'anni di bianconero, ha pensato agli abbracci, alle lacrime, agli urli di gioia che per decenni quelle maglie gli avevano fatto vivere. E poi ancora compostezza, le partite finiscono sempre quando arbitro fischia, citava un tecnico che ai tempi allenava in terra di Liguria. Le possibilità di dilagare continuavano ad essere molteplici, le parate del portiere della squadra di Onestopoli continuavano a tenere a galla un risultato che poteva assumere dimensioni ciclopiche. Ed infatti a pochi minuti dal termine la partita veniva riaperta, ma nella mente di Fabio tutto rimaneva sotto controllo, conosceva quegli uomini, conosceva il loro carattere, sapeva benissimo che erano abituati a sopportare le pressioni, sapeva benissimo, che chi aveva vinto giocando sul campo e non in una stanza federale, sapeva come arrivare in fondo portando a casa il risultato.


Triplice fischio finale, 1-2, vittoria alla scala del calcio, vittoria contro l'Inter, quella squadra e quella società che aveva indossato lo scudetto della Juventus di Fabio.


Il ragionier Fantozzi Ugo, quella notte del 14 novembre 1973, aveva dovuto rinunciare alla gara che per la prima volta aveva visto vincere la Nazionale italiana di calcio nel tempio del calcio, Wembley, gara giocata in memoria del trentanovesimo anniversario della battaglia di Highbury, contro i rivali eterni dell'Inghilterra, e a segnare, a pochi minuti dal termine fu proprio un Fabio, Fabio Capello, colui che il 12 febbraio del 2006 aveva espugnato, con la Juventus, per l'ultima volta il campo di San Siro, risultato?...............1-2! Coincidenze? Questo Fabio non lo sa, ma mentre si accingeva alla sua auto, finita la partita e la serata a cui non avrebbe potuto non essere presente, ha rivisto il ragionier Fantozzi, in quella sala di proiezione in cui aveva dovuto assistere alla "Corazzata Potemkin", e con un urlo liberatorio ha esclamato: LA CORAZZATA MANCINI E' UNA................................

MANIFESTA SUPERIORITA'





























SIGNORI SI NASCE

Mancini amaro dopo la sconfitta
"Non diranno più che siamo aiutati"

MILANO - "Il gol di Camoranesi era in fuorigioco, capita e oramai non ci possiamo fare più nulla: così almeno smetteranno di dire che in questo campionato siamo aiutati". E' un Roberto Mancini scuro in volto quello che parla dopo la sconfitta con la Juve. Il tecnico dell'Inter, comunque, dimostra sicurezza nonostante la Roma, che ha battuto l'Empoli, sia ormai a soli quattro punti dalla vetta.
da Repubblica.it

Con questa dichiarazione, l'allenatore della squadra degli onesti, degli indossatori di scudetti altrui, ha analizzato il match di cartello dell'undicesima giornata di ritorno che è andata in scena alla scala del calcio tra Inter e Juventus.
E proprio come diceva il compianto Totò: "Signori si nasce e io lo naccqui". Dimenticandosi, probabilmente, il "mancio" di una partita dominata in lungo e in largo dai bianconeri (chiedere a Julio Cesar), con una supremazia di gioco e di atleticità che hanno steso un'Inter tornata ai livelli che da sempre le competono. Il gol in fuorigioco? Stendiamo un velo pietoso, è meglio.

Sono passati oramai 2 anni da quel 12 febbraio 2006...
...eppure per una notte tutto è sembrato non essere cambiato, come se il tempo non si fosse mai fermato.
Invece questo tempo, qualcosa, qualcuno, lo ha voluto fermare, hanno voluto interrompere la più grande favola che stava per cominciare, un favola composta da uomini prima di tutto, da progetti, da un futuro che avrebbe proiettato in una dimensione tutta sua la squadra più famosa del mondo, la Juventus.
E questa sera, coloro che di quel progetto facevano ancora parte, coloro che hanno calcato da vincitori e vinti la notte di Berlino ai mondiali di Germania, hanno voluto dare ancora un segno, hanno voluto dimostrare, se mai c'è nè fosse stato bisogno, chi è che era diventato campione d'Italia sul campo e non in un ufficio federale in una squallida giornata afosa di luglio.
Stasera la gioia si confonde all'amarezza, per uno juventinovero è sottile la linea di demarcazione tra l'essere felice per una vittoria in casa di chi ha indossato indegnamente per una stagione intera uno scudetto lottato, giocato, sudato e vinto sul campo dalla propria squadra, o l'amarezza per avere, per l'ennesima volta, essersi reso conto di cosa questa squadra sarebbe potuta diventare senza l'ausilo di quell'aborto giuridico-mediatico e interno di due anni orsono.
Stasera mi piacerebbe entrare nelle coscienze di chi, all'interno della proprietà, ha voluto tutto questo, abbassandosi al bieco linciaggio che è stato perpetrato per le volontà di un sistema che ha condannato SENZA LO STRACCIO DI UNA PROVA, società, squadra e tifosi. Forse i soldi, gli investimenti, il potere, se mai un potere esiste veramente, fanno passare questi discorsi nostalgici e morali in secondo piano, ma penso a quando da piccolino, rubai un giornalino da un'edicola, e oggi, che sono dalla parte di chi lavora, mi rendo conto, seppur non avessi scatenato l'attacco alle "torri gemelle", di quanto la mia coscienza abbia e continua a ripudiare quel gesto, e mi domando cosa possano provare nipoti, nipotini e nipotastri ad avere fatto ciò che i loro nonni mai avrebbero permesso.
Ah, giusto, dimenticavo, come diceva il grande Totò De Curtis: "SIGNORI SI NASCE"!

sabato 22 marzo 2008

Il deserto dei TARtari

Fonte: Libero del 21.03.08
Pubblichiamo un intervento dell’avvocato e docente di diritto sportivo, Paco D’Onofrio, a proposito della decisione del Tar di rigettare il ricorso presentato da Luciano Moggi contro la squalifica decisa nell’ambito del processo Calciopoli.
La sentenza pronunciata dal Tar del Lazio nei confronti di Luciano Moggi risulta singolare per alcuni aspetti e manchevole per altri. Innanzitutto i giudici amministrativi sono istituzionalmente investiti del potere di esprimersi sulla legittimità dell’azione delle pubbliche amministrazioni, nel nostro caso della Figc, vale a dire di censurare ed annullare gli atti ed i provvedimenti assunti in violazione della legge oppure nei casi si eccessi di potere.
Nel caso della recedente sentenza, invece, il Tar finisce per diventare giudice di merito, vale a dire di interessarsi della fondatezza e della completezza delle intercettazioni telefoniche, nonché della presunta sudditanza psicologica degli arbitri, addirittura arrivando a considerare i “falli” compiuti sul campo da giocatori della società protetta”, quasi come si volesse ulteriormente celebrare un ennesimo processo sulla colpevolezza di Moggi.
Il giudizio davanti al Tar, per legge, è finalizzato solo ed esclusivamente a verificare l’irregolarità e l’illegittimità delle decisioni federali, mentre in questo caso si è sottoposto a nuovo giudizio chi chiedeva giustizia!
Nella sentenza si specifica che le intercettazioni erano assolutamente idonee a formare prova a carico di Moggi, benché palesemente parziali ed incomplete, poiché, anche se la Figc avesse avuto tutte le intercettazioni disposte, la posizione dello stesso ex dg della Juventus non sarebbe cambiata: non importa che, forse, molti altri adottavano la stessa modalità con i designatori arbitrali e che, quindi, non si dovrebbe parlare di “metodo Moggi” ma, semmai di “metodo federale”. Tuttavia, ciò di cui proprio i giudici del Tar non riescono a dar conto è la non giudicabilità in ambito federale di chi, dimissionario prima dell’inizio del processo, non fa più parte dell’ordinamento sportivo.
Se durante calciopoli si è deciso di procedere contro ogni logica giuridica, poiché chi si voleva condannare era da tempo già dimissionario, la stessa Federazione, in un procedimento successivo, correttamente considerava la impossibilità di procedere nei confronti di Moggi, poiché oramai estraneo al sistema sportivo. Questa evidente contraddittorietà è stata sollevata all’attenzione del Tar del lazio che, tuttavia ha deciso di non decidere!
Ancora, nella sentenza, tentando di dare legittimazione allo straripamento federale, si paragona Moggi ad un pubblico dipendente, che risulta passibile di procedimento disciplinare anche se è cessato dal servizio. In sostanza , con questo accostamento si ignora che un Ds non presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e che, forse, l’interesse nazionale al buon andamento della Pubblica Amministrazione sia difficilmente rinvenibile in una partita di calcio.
Risponde Luciano Moggi:
Lette le considerazioni dell’avvocato D’Onofrio, vi dico la mia punto per punto.
1) La sentenza mi dà ragione su un punto fondamentale: quello della sussistenza della giurisdizione amministrativa sulle sanzioni disciplinari comminate dal giudice sportivo, così respingendo il tentativo pregiudiziale della Figc.
2) Mi viene invece dato torto su un altro punto: quella della caduta del potere disciplinare della stessa Figc dopo le mie dimissioni e quindi in un momento successivo alla caduta del vincolo associativo. Su questo è già pronto l’appello al Consiglio di Stato.
3) In tale appello si provvederà a censurare alcune affermazioni di questi giudici palesemente erronee, visto che sono assolutamente in grado di dimostrare che – con riferimento alla “questione intercettazioni” – non è vero che i miei avvocati hanno omesso di notificare il ricorso alla Telecom e tantomeno che negli atti prodotti dagli stessi si sisa omesso di indicare e documentare gli episodi di disparità di trattamento su cui fondano la censura di eccesso di potere , sbrigativamente liquidata come inammissibile dal Tar.
4) Nella sentenza c’è un paragrafo da cui emerge la sostanziale disparità di trattamento con gli altri soggetti giudicati dalla Figc e dalla Camera Arbitrale del Coni: è la parte dedicata ad un’ulteriore rivisitazione del concetto di illecito sportivo che, per il Tar, solo per il sottoscritto, torna ad essere reato di semplice pericolo a consumazione anticipata, mentre tutti gli altri (Società e tesserati)si sono tranquillamente potuti avvalere delle sostanziali modifiche dottrinarie di Rupero e Sandulli che, invece, hanno fondato le loro decisioni andando a valutare in concreto gli effetti delle varie condotte incriminate.
5) E poi, ancora in tema di intercettazioni, è incredibile che il Tar abbia ritenuto, oltre che utilizzabili, quelle contro di me, “sufficienti a supportare l’intero impianto probatorio”. Mi sembra di cogliere una mancanza di rispetto dei miei diritti nel momento in cui viene formulato un giudizio di così grave portata, poiché legittima solo certe frasi estrapolate da un numero limitatissimo di intercettazioni che è facile leggere, con diversa chiave, addirittura come favorevoli alle mie tesi. A queste conclusioni non saremo mai arrivati se, dopo aver esaminato tutte quelle raccolte, se ne fosse verificata l’autenticità confrontando il contenuto dei primi brogliacci con quello effettivo, allo scopo di andare a vedere cosa era effettivamente accaduto anche in danno alla Juve. Si tratta di un giudizio assolutamente parziale in quanto è impensabile che il Tar non si sia posto il problema di esaminare le classifiche finali dei vari campionati, di quel periodo, che si erano conclusi con le vittorie di Milan, Roma e Lazio. E’ credibile che il sottoscritto faticasse tanto per instillare la sudditanza e poi fossero altri a vincere?
6) In conclusione: nessuna partita taroccata, nessun arbitro corrotto e colpe assegnate in un’unica direzione. Cui prodest?
Luciano Moggi

PINNE, FUCILE ED OCCHIALI



ROBERTO BECCANTINI
Guido Rossi consulente Ifil è uno schiaffo ai tifosi juventini. Fra tutti gli avvocati d’affari c’era proprio bisogno di scegliere l’ex commissario straordinario di Calciopoli? John Elkann poteva evitare lo sfregio. I complottisti hanno ripreso vigore: scommettiamo che la consulenza era in atto già dal maggio 2006? Sciocchezze. A ognuno il suo referente: il professore per Gabetti, Lucianone per Alessio Secco. Altro che sindrome di Stoccolma. Siamo decisamente oltre il ritorno d’affetto (ed effetto) tra la finta vittima e il simil carnefice. Siamo di fronte a un’operazione di chirurgia plastica che ha soddisfatto il paziente e indisposto i parenti stretti, che saremmo poi noi.
Al di là dell’opinione che ognuno coltiva sulle sentenze dello scandalo, la mossa si commenta da sola. Non l’avrei compiuta neppure a verdetti capovolti, con la Juve assolta e Rossi braccato dagli interisti (buona, questa). Un briciolo di rispetto, suvvia. Lo giustificano tanto coloro che considerano la Biade un banale call center sabotato dai bruti di Telecom quanto i giacobini che, viceversa, non considerano innocenti i fili, e i pissi-pissi, di quei cellulari.
E dal momento che i Rossi non vengono mai soli, ecco Paolo, il nostro amatissimo Pablito, gratificare Roberto Mancini di due scudetti vinti. Letteralmente. Il Mancio era ospite di «Attenti a quei due». Veniva dal balletto morattiano «vado-non vado» e aveva di fronte (meglio, al suo fianco) anche Gianluca Vialli. Capisco metterlo a suo agio, e lenirne i sensi di colpa, ma così mi è sembrato francamente troppo. Due scudetti Mancini? Quando mai? A maggio, probabilmente. Non ora. Adesso siamo in perfetta parità: uno lui, sul campo, e uno il consulente Ifil, a tavolino. Strano che Pablito abbia fatto di ogni titolo un fascio. Così va il mondo. L’erba dell’ospite ha scalzato quella del vicino: è lei la più verde. Soprattutto se piace e conviene a chi la bruca.
CIRDAN
Che la consulenza fosse in atto o meno, ahimè, questo rimarrà uno dei misteri della seconda o terza o quella che volete, Repubblica del calcio italiano.
Sta di fatto che quel "commissariamento" apparve strano prima e lo diventa ancora di più oggi, con l'ex consigliere del CDA dell'Inter, nonchè ex Presidente di Telecom, che diventa a tutti gli effetti un consulente dell'Ifil.
Quale bianconero, un po "sobbillatore", un po "squadrista", me compreso, non ricorda la data del 26 luglio 2006, quando dopo aver delegato lo studio dell’argomento a un comitato di tre saggi (Gerhard Aigner, Massimo Coccia e Roberto Pardolesiassegna), Guido Rossi decide di assegnare il titolo di Campione d’Italia per la stagione 2005/2006 all’Inter, stagione che per altro non venne coinvolta nello scandalo di Calciopoli.
Chi non ricorda, sempre da juventinovero, e non, i gradi di giudizio di quell'aborto giuridico, ridotti da tre a due dallo stesso Guido Rossi, e per concludere, anche se non ci sarebbe mai una fine, allo sciacallaggio mediatico-giuridico che fu espletato in quell'estate, chi non ricorda chi fu a "salvare" dal profondo rosso dei bilanci che imperversava l'Inter in quella stagione, facendola iscrivere al campionato successivo passando da prima dalla COVISOC (la quale successivamente, su richiesta della procura di Milano, invio documentanzione secondo la quale l'Inter in quella stagione non avrebbe avuto i parametri necessari per l'iscrizione) e successivamente dalla COAVISOC?
Ebbene si, proprio lui, colui che oggi affianca chi, in un giorno di Maggio (il 7 per la precisione, perchè se qualcuno se lo fosse dimenticato c'è chi non dimenticherà mai, e non per rancore o odio, ma per una semplice presa di posizione nei confronti della giustizia e delle persone che tutto questo mai e poi mai l'avrebbero permesso) disse all'Italia intera, sotto forma di dichiarazione e parlando tra le righe: "loro sono colpevoli e noi non vogliamo avere nulla a che fare".
Peccato che, già da allora (perchè ancora oggi di colpevoli, pregiudicati e farabbutti affiliati a bande di truffatori non c'è nè nemmeno l'ombra), di prove, capi d'accusa, dibattimenti e sentenze non si era nemmeno parlato, ma erano solo voci e parole, guarda caso, che uscivano come lava da un vulcano incazzato da anni di freddi polari, su quattro fogli di giornale appoggiati, oramai da tempo immemore, sul fatidico frigo gelato di un qualunque bar di periferia; insomma per dirla spiccia: chiacchere da Bar.
Ah, dimenticavo, stasera c'è Inter-Juventus, io non la guarderò perchè ho un impegno improrogabile, ma se dagli studi di Sky, qualche ex calciatore, che magari è stato anche una bandiera della Juventus, in tempi più o meno recenti, facesse un piccolo passo indietro per ricordare che l'Internazionale Milano è ferma a 14 scudetti, anzi sarebbe più giusto dire 13, visto che quello successivo alla farsa di Calciopoli è stato vinto, si sul campo, ma contro il nulla, farebbe nient'altro che raccontare la cronaca di una verità.
Gli scudetti da che tempo è tempo si vincono da settembre a maggio, contro le migliori squadre che partecipano alla massima competizione nazionale, e senza punti di penalizzazione e ancor meno "togliendo" pedine di fondamentale importanza ad avversari "mandati" in serie B, e non in mesi dove sarebbe meglio armarsi di secchielli, palette, canotti e coccodrilli gonfiati a forma di ciambella.
di Cirdan

100 VOLTE DAGUET RAPIDE

Daguet Rapide é il sire "macinatore" di vittorie e protagonista di una marcia trionfale, dal luglio scorso fino a metà marzo, con un numero eccezionale di successi che non crediamo abbia eguali nell’allevamento italiano. Con il ertice raggiunto da Long Drinl Lucy un miglio vincente percorso in 1.12.6 a San Siro, record della generazione 2006. Giorno 13 a Bologna, per Daguet Rapide è un giorno comunque da ricordare: suo figlio Liberte vince in 1.17.8 a Bologna e raggiunge quota 100. Tante sono le affermazioni della famiglia Daguet Rapide, soglia che comunque è già stata superata e si viaggia in direzione di altri traguardi. Le 200 vittorie? Il sire di Marco Folli è un patrimonio per il made in Italy, anche se l’eco delle sue molte vittorie sta compiendo a gran velocità il giro del mondo. Nessuna meraviglia, dunque, se nel suo box sta scritto: "stagione 2008, siamo al completo. Rivolgersi… accanto."A proposito di "tutto esaurito" Ganymède è off limits, un altro pregevole sire della lista Folli, in cima alle quotazioni d’Europa. .Da sottolineare la convincente vittoria di Incredibile Barb in 1.16.5 sui 2040 metri e dopo lotta finale, dove necessita la grinta, questa famiglia con pedigree franco americano, non si tira mai indietro.. Dopo essere stato il primatista per numero di successi (mancava la concorrenza di Daguet Rapide?) in Italia per quanto riguarda la generazione 2004; Ganymède piazza anche un "uppercut" da stendere un… toro. Iglesias è in questo momento il 4 anni più forte e ammirato e domenica 14 marzo a Padova, scaraventa ko gli avversari, con un impressionante volo al mezzo giro finale. Vittoria nel Città di Padova, in 1.12.2 e frantumando il record della corsa. Cresce a vista d’occhio il figlio di Ganymède per il momento vincitore del Firenze e Città di Padova, le due prime classiche della generazione con il suggello di Ganymède & figli.Muscles Yankee (In lista Marco Folli) uno dei "grandi" del Nord America con una super produzione di campioni e vincitori elitari. Nell’ultima stagione in Stati Uniti e Canada, memorabile le imprese di Deweycheatumnhowe, che sfiora il milione di dollari vinti nella straordinaria annata 2007 sulle piste del Nord America. Record 1.54.2 (1.11.1) 10 corse e 10 vittorie la scorsa stagione. Per l’allievo di Steve Jones il titolo, assai meritato, di "2 anni dell’anno".. Anncora in Usa nella stagione 2007, il record mondiale dei 2 anni stabilito da Muscle Mass in 1.53.4 (1.10.7) a Springfield. Muscle Yankee sta "sentendo" la primavera e lo comunica mediante i suoi eredi, che in Italia sono in un momento brillante. Luna degli Dei al posto d’onore nel premio Beatrice, la poule d’inizio stagione alle Mulina. Seguono le vittorie di Lothar Allmar in 1.17.4 a Bologna. Pochi giorni prima aveva centrato il successo Love Inside (14.6) a San Siro. Ma anche i meno giovani Fastidio 15.8 sul doppio chilometro a Torino e Fruscio, in 1.14.5 a Foggia, hanno dimostrato che sono capaci di vincere anche se non in più tenera età. Avanza "sgomitando" e si fa largo nella florida generazione italiana 2005, la novità Luther d’Asolo, che celebra la prima vittoria dell’ancora breve carriera (4 corse) con un altisonante 1.13.9 al km sulla pista di San Siro. Come velocità il figlio di Muscles Yankee s’inserisce ai piani alti nella classifica dei 3 anni.Primavera classica, siamo alla resa dei conti, l’inverno è passato e si "scaldano" i figli di Muscles Yankee sempre più richiesti (anche le femmine per l’allevamento) dal turf mondiale.
(Nella foto Muscles Yankee)

venerdì 21 marzo 2008

SCACCO AL "RE"

Vittorio Malagutti per “L’espresso”

Si è mai vista una società che ne scala un'altra partecipare alla scelta dei consulenti della controparte? E che dire di un manager impegnato in un'offerta pubblica di acquisto (Opa) che dà consigli ai colleghi sul fronte opposto? Eppure, secondo quanto hanno ricostruito gli ispettori della Consob dopo un'indagine durata sei mesi, proprio questo sarebbe successo l'estate scorsa alla Borsa di Milano. Protagonista la Pirelli Real Estate, che a giugno del 2007 lanciò una doppia Opa sui fondi immobiliari Tecla e Berenice, entrambi quotati in Borsa e gestiti dalla stessa Pirelli Re tramite una propria controllata, la Pirelli Re sgr. Cose mai viste. Almeno sul mercato italiano.
Studiata in gran segreto con la fattiva partecipazione della banca d'affari Morgan Stanley, l'operazione aveva un nome in codice che sembrava uscito da un film di 007: 'Project Invisible'. Solo che quel progetto, in gran parte sfumato strada facendo, adesso rischia di costare al gruppo guidato da Carlo Puri Negri una pesante sanzione amministrativa da parte della Consob. Con lo strascico di un'inchiesta penale per reati come falso in prospetto, gestione infedele e ostacolo agli organi di vigilanza.Il corposo dossier sul caso, da un mese circa inviato per competenza alla Procura di Milano, racconta la complicata storia della doppia scalata immobiliare. A partire dalle convulse fasi della preparazione delle offerte. Secondo la ricostruzione degli ispettori della Commissione, in quei giorni decisivi del maggio 2007 alcuni manager giocavano contemporaneamente su due tavoli. Da una parte studiavano tempi e modi per mettere le mani sul patrimonio di Tecla e Berenice, all'epoca valutato complessivamente oltre 1,6 miliardi di euro. D'altra parte gli stessi manager influenzavano anche le decisioni del consiglio di amministrazione di Pirelli Re sgr, cioè la società di gestione che, in base alla legge, avrebbe dovuto agire nell'esclusivo interesse delle migliaia di sottoscrittori dei due fondi. A dare sostanza a questi sospetti c'è un gran numero di messaggi di posta elettronica finiti agli atti dell'inchiesta Consob insieme a decine di verbali delle riunioni tra dirigenti e amministratori. Si è così scoperto, per esempio, che Paola Delmonte, vicedirettore generale di Pirelli Re, è intervenuta nella scelta dei consulenti della controparte, di cui arrivò a discutere perfino il compenso. Alla fine, la società di gestione dei fondi affidò l'incarico a Deutsche Bank e Lazard. Un incarico a dir poco delicato, perché le due banche d'affari dovevano valutare la congruità dell'offerta avanzata da Gamma re, una finanziaria olandese partecipata al 51 per cento da Morgan Stanley e per il restante 49 per cento dal gruppo guidato da Puri Negri. Eppure, a leggere i testi delle mail, sembra davvero che gli scalatori venissero costantemente informati del lavoro svolto dai consulenti ingaggiati da Pirelli Re sgr. A quanto pare, insomma, compratori e venditori si scambiavano le parti tra loro. Tanto che, accusa la Consob, a volte finiva per scomparire il confine tra scalatori e scalati, tra attaccanti e difensori. Del resto, fin da principio, la doppia Opa è rimasta in bilico sul filo del conflitto d'interessi. Tutto, infatti, si è svolto sotto le stesso tetto, quello di Pirelli Re. Quest'ultima, insieme a Morgan Stanley, ha lanciato l'offerta su Tecla e Berenice, ma è anche l'azionista unico della società di gestione dei due fondi.
Non per niente Puri Negri affianca all'incarico di amministratore delegato della holding quello di presidente di Pirelli Re sgr. Come dire: i conti vengono regolati in famiglia. Per evitare corto circuiti la legge fissa una serie di regole a tutela degli investitori. Ad esempio, un comitato consultivo, composto da esperti del settore indipendenti dai soci di controllo, deve esprimere un parere preventivo su tutte le operazioni rilevanti. A cominciare, ovviamente, da quelle in potenziale conflitto d'interessi.La documentazione raccolta dalla Consob non segnala stop o perplessità sulla doppia Opa da parte dei comitati consultivi di Tecla e Berenice, forti di cinque membri ciascuno. Tra questi troviamo l'ex rettore dell'Università Bocconi, Roberto Ruozi (Berenice) e Giovanna Trazza, già direttore della Consob (Tecla). I tre consiglieri indipendenti (su cinque amministratori) di Pirelli Re sgr (Giulio Lanciotti, Nicholas Van Ommen e Alberto Giovannini) si sono invece limitati ad alcune richieste di chiarimenti.Via libera, dunque. E a fine maggio diedero l'ok anche Deutsche Bank e Lazard, i due advisor scelti, come detto, con la fattiva collaborazione di alcuni manager della controparte. "Il prezzo è congruo", stabilirono gli esperti delle banche d'affari. Gamma re era pronta a sborsare 590 euro per ogni quota di Berenice e 540 per quelle di Tecla. Offerte di gran lunga inferiori al valore netto degli immobili in portafoglio ai fondi. Come dire, c'erano ampi margini per un rilancio. Che infatti puntualmente arriva. Tempo tre settimane ed ecco il colpo di scena. Il primo di una lunga serie. Il gruppo Caltagirone, alleato con gli americani di Goldman Sachs, mette sul piatto 650 euro per entrambi i fondi. Si apre un'asta al rialzo che si chiude nel pieno dell'estate. Gamma re vince su Tecla a 690 euro lasciando Berenice ai rivali che però, prima di festeggiare, sono costretti a un nuovo rilancio per battere la concorrenza di un terzo incomodo, la finanziaria Usa Merrill Lynch. L'offerta vincente tocca addirittura i 913 euro. Ovvero il 55 per cento in più del prezzo che poche settimane prima era stato ritenuto congruo dagli advisor Deutsche Bank e Lazard. Per Tecla invece il rialzo rispetto alla valutazione di partenza supera il 25 per cento. Alla fine quindi, grazie all'Opa, i risparmiatori guadagnarono alla grande. Per i quotisti fu un affare doppiamente fortunato, visto che di lì a poco, trascinato al ribasso dalla crack dei mutui subprime americani, anche il mercato immobiliare italiano ha subito un brusco stop.Alla Consob, però, interessano poco i dati di mercato. L'authority di Borsa punta il dito contro quella che viene definita "una sistematica e pervasiva ingerenza di esponenti di Pirelli Re nelle attività di pertinenza di Pirelli Re sgr". L'iter del procedimento amministrativo è ancora lungo. Messo di fronte a queste contestazioni, il gruppo guidato da Puri Negri cercherà di far valere le proprie ragioni. Nel frattempo la Procura di Milano, che ha aperto un fascicolo contro ignoti, dovrà valutare se ci sono gli estremi per un'inchiesta penale. Strada facendo, però, alcuni manager di Pirelli re sono già scivolati su una buccia di banana. Rispondendo alle domande degli ispettori Consob hanno negato con decisione una serie di circostanze per poi essere contraddetti dalle loro stesse email finite agli atti dell'indagine. Nasce da qui una nuova accusa: ostacolo all'attività di vigilanza.

LONG DRINK LUCY

Rientrava Leonardo Grif, uno dei migliori della generazione 2005 lo scorso anno, martedì a San Siro e dopo un breve riposo. Si presentava per la prima volta nella stagione sul velocissimo miglio milanese anche Long Drink Lucy, vincitore a 3 anni del Criterium Toscano al Sesana. In sulky Pietro Gubellini, il figlio di Daguet Rapide scatta come una folgore al comando. Quando si presenta al largo Leonardo Grif, seguito da Leonida Grif, i due figli di Varenne favoriti, non batte ciglio. Long Drink Lucy continua a tirare a tutto vapore, si va forte e Leonardo Grif e Leonida Gir ai 350 finali cedono di schianto. In quota rimane Lando Correvo con Lena di Azzurra che ha il coraggio di recuperare al largo. Imprendibile il battistrada e si capisce il motivo: tempo al chilometro 1.12.6, record dei 3 anni ampiamente battuto. Brillanti anche Lando Correvo e Lena di Azzurra, a ciascuno il record personale. Il figlio di Daguet Rapide martedì pomeriggio scatta al comando e non si fa raggiungere dagli avversari. Il rientrante Leonardo Grif, all’esterno, cede alla distanza. Vince facilmente Long Drink Luci in 1.12.6, record dei 3 anni. Lando Correvo e Lena d’Azzurra seguono lo scatenato 3 anni, con rispettivi primati personali.
di Cirdan

AHI AHI AHI ALITALIA

ECONOMIA
Il Cavaliere insiste su una nuova ipotetica cordata di imprenditoriLa compagnia lo gela: "Air France unica offerta. Dove sono le altre?"
Alitalia, Berlusconi chiama Prodi:"Serve un prestito per comprarla"
Padoa Schioppa: "I tempi sono stretti, chi vuole si faccia avanti"Banca Intesa nega interesse. Martedì un nuovo incontro con i sindacati.

ROMA - "L'unica offerta è quella di Air France, le altre non esistono". Il presidente della compagnia aerea italiana, Maurizio Prato, non usa mezzi termini per descrivere la situazione dell'Alitalia. Davanti ai sindacati Prato spiega come l'offerta francese sia l'unica 'chance' per la compagnia aerea italiana. Una proposta del tipo "prendere o lasciare". Ma, al contrario delle altre, "industrialmente solida". Parole che stoppano, nei fatti, la proposta di Silvio Berlusconi di un prestito ponte (chiesto al governo) per appoggiare una cordata di imprenditori-banche pronta a offrire un'alternativa alla scelta Air France. "Quella sul tavolo è un'offerta irricevibile. Ci sono imprenditori pronti a scendere in campo. Compresi i miei figli" argomenta il leader del Pdl aggiungendo che quella vinta da Air France è stata "un'asta opaca e senza trasparenze addirittura con alcuni aspetti contro la legge". Palazzo Chigi non ha del tutto chiuso la porta "ad altre soluzioni" purchè però le offerte reali e immediate. Cioè subito. Non tra-un-po' perchè tra- ancora-meno nel destino di Alitalia c'è il fallimento. Piaccia o no, cinismo o meno, la vendita di Alitalia è stata "buttata" nel tritacarne della campagna elettorale. Con buona pace di chi sta rischiando il posto di lavoro. Berlusconi oggi ha parlato della questione al telefono con Prodi. "Se ci sono nuove offerte devono essere serie e rapide" ha replicato il premier. Ma Prato taglia corto: "Ma dove sono queste cordate strillate sulla stampa ma mai pervenute in azienda?".
La telefonata tra il Professore e il Cavaliere. Ci voleva Alitalia per far riparlare tra loro Prodi e Berlusconi. E con toni, dicono sia da palazzo Chigi che da palazzo Grazioli, "di cortesia" nonostante le pesanti allusioni riportate dai giornali stamani circa la cattiva gestione della trattativa. Berlusconi ha insistito per difendere l'italianità della compagnia di bandiera ed evitare quella che considera "una svendita con condizioni da colonialismo". Prodi non ha chiuso le porte ma ha ripetuto la condizione da cui nessuno può prescindere: "Caro Silvio, non ci sono problemi per nuove offerte su Alitalia, ma devono essere serie e arrivare in tempi brevissimi", cioè entro il 31 marzo. Berlusconi, che ha detto molto di più ai cronisti che non al premier, ha indicato anche la ricetta passeggera del prestito-ponte per far partire la cordata degli imprenditori italiani con quel margine minimo di tempo per evitare che Alitalia, con i soldi contati in cassa, rischi il fallimento. Prodi ha ripetuto che la possibilità del prestito è vincolata, da parte dell'Unione europea, alla concretezza della nuova offerta. A molti quella del prestito-ponte è sembrata la prova che le nuove cordate e le altre possibili soluzioni sarebbero solo trovate elettorali. Il governo. Nel frattempo il governo fa quadrato con Prato: "Quella dell'Air France è una proposta seria: l'unica alternativa è il commissariamento. Chi è interessato ad Alitalia si faccia avanti con atti formali e atti concreti. I tempi sono ormai strettissimi" afferma il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa. "Da un anno e mezzo abbiamo cercato in ogni modo per Alitalia offerte migliorative rispetto a quelle che sono oggi sul tavolo - attacca il ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani. - Per salvare Alitalia le parole non bastano". Banca Intesa si sfila. Il piano B di Berlusconi prevede alcuni soggetti protagonisti tra cui la vecchia ncordata Air One-Banca Intesa, il gruppo Ligresti e quello Marcegaglia. "Qualche arabo in quote piccole, perchè no, pure i miei figli - arriva a dire il Cavaliere preso dal sacro furore del salvataggio della compagnia di bandiera - , insomma si tratta di salvare un pezzo di questo paese e nessun imprenditore italiano può tirarsi indietro. Che figura farebbe?". Appunto. Ma Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa, fa sapere nel pomeriggio "non c'è nulla sul tavolo". Berlusconi lo sa e la racconta in un altro modo nella passeggiatina serale per le vie di Roma: "A me risulta che banca Intesa stia aspettando il materiale per poter fare una due diligence su Alitalia, un'analisi approfondita dello stato dell'azienda". I sindacati. Intanto i sindacati restano distanti dalla proposta Air France e, dopo tre ore e mezzo di riunione si sono aggiornati a un nuovo incontro con Spinetta martedì 25 marzo. Per tutti comunque il commissariamento di Alitalia è da evitare. Sea: "Non rinunciamo alla causa". "Un abbandono tout court della causa contro Alitalia per noi non è pensabile e immaginabile" dice Bonomi. "Se ci dovesse pervenire una proposta transattiva la valuteremo", continua Bonomi ribadendo che "l'azione giudiziaria contro Alitalia è per noi un atto dovuto a tutela dell'integrità dell'azienda, dei lavoratori e degli azionisti".