Non importa di chi è la colpa in una determinata piccolissima situazione.
Aldilà delle solite chiacchiere, aldilà dei soliti inutili moralismi finti e di circostanza....
Siamo di nuovo punto e a capo.
Il calcio negli ultimi 25 anni ha offerto innumerevoli circostanze in cui i tifosi e le forze dell'ordine si sono viste private di amici e colleghi.
Mentre questa guerra silenziosa viene rateizzata e spalmata su un periodo oggettivamente lunghissimo, gli organi preposti alla direzione dello sport, sonnecchiano amabilmente.
In alcuni casi addirittura, la guerra non è nemmeno poi tanto silenziosa e viene messa a ferro e fuoco la capitale, oppure una città di provincia.
Ogni tanto scoppia persino qualche scandalo, calciopoli, passaportopoli, intercettazioni illegali, doping o simili, ma gli organi di giustizia sportiva in tutti i casi prendono decisioni poco credibili.
I tifosi non hanno più a che fare con un sistema che con autorevolezza prende decisioni giuste, magari anche impopolari, ma credibili almeno per ciò che riguarda la limpidezza.
Il sospetto dilaga come le connivenze e gli interessi del mondo pallonaro. I giornali e le televisioni montano scandali con disinvoltura, stravolgendo la realtà e la relativa interpretazione della stessa, mentre sotto sotto il tifoso si rode il fegato.
Gli ultimi 2 campionati poi, sono quanto di peggio si sia mai visto per ciò che riguarda i sospetti.
Errori grossolani e quasi sempre a senso unico.
Errori dove la malafede ti sembra quasi di poterla toccare con le mani.
E allora il tifo si divide in base ai propri interessi.
Non importa più qual'è la verità, non importa più cosa è giusto e cosa non lo è, non importa quali sono le regole da seguire, non importa quali sono le cose che ci accomunano ad altre persone che vivono in un'altra parte del paese, ma conta solo ciò che ci divide.
E così i tifosi ogni tanto si incontrano in un luogo o in un altro, e sfogano tutta la rabbia e l'odio che hanno dentro.
Qualcuno dirà che spesso si tratta di incidenti. Si è vero.
Ed è vero che Dio sembra indispettito, e le fatalità sono puntuali come un orologio.
Ed è vero che gli incidenti possono avvenire anche in circostanze molto lontane dal mondo del pallone.
Però, mentre in un incidente comune, tutti sanno che si tratta di fatalità (più o meno arginabili), nel calcio l'elemento comune è l'odio.
Quando un tifoso vuole suonarle di santa ragione ad un altro tifoso, il calcio è già finito.
Quando un tifoso che sta per entrare allo stadio si scoccia per il lutto e per la partita rinviata, il calcio è già finito.
Quando un dirigente di sport si improvvisa Freddy Mercury, e ci canta il ritornello secondo cui "lo spettacolo deve continuare", il calcio è già finito.
E' inutile accampare scuse.
Non si può andare da una moglie e due figli di un tutore delle forze dell'ordine e dirgli: "Ci dispiace per l'incidente avvenuto"...
Non si può andare dalla madre di un giovane tifoso e dirgli: "Ci dispiace, ma si è trattato di un proiettile vagante..."
E si potrebbe continuare all'infinito, ovviamente senza dimenticare le volte che i coltelli o le armi contundenti similari, riescono a fare quello per cui sono stati costruiti, ossia bucare un altro individuo.
Tutti sanno chi è il contadino che ha messo il seme dell'odio nel campo da calcio.
E allora facciamo così. Domani mattina andiamo tutti nel primo ospedale oncologico che abbiamo vicino a casa nostra.
Andiamo a visitare i reparti più "duri".
Andiamo a vedere come si fa a morire pur avendo tanta voglia di vivere.
Andiamoci tutti, e dopo, quando abbiamo capito che sofferenza può esserci dietro un lutto....
Chiudiamo il calcio e non se ne parla più.
Va bene, il seme si è trasformato in una sequoia che ha radici profonde nel nostro modo di pensare "di tifoso"...
ma forse è arrivato il momento di tagliare l'albero e di bruciare tutti i suoi frutti marci.
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