..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 28 luglio 2008

L'ESTATE DEL '68


Istinti blues, cavalcate psichedeliche e ruvidezze hard rock: sono questi i colori dell'estate musicale 1968. Almeno considerando le tavolozze di istituzioni come Doors, Cream e Pink Floyd, che in questi giorni hanno pubblicato alcuni dei loro album più importanti.
Pink Floyd, «A saucerful of secrets»
«Roger Waters» aveva una discreta gatta da pelare. Un nuovo disco era in cantiere da diversi mesi, ma l'amico e chitarrista Keith Barrett detto Syd, lo stesso che aveva conosciuto ai tempi della scuola e con cui aveva fondato i Pink Floyd, cominciava a dare segni di squilibrio. In alcuni momenti era come bloccato, perso a rincorrere il filo di pensieri troppo ingarbugliati: l'indole schizofrenica, unita alla passione per l'lsd, non l'aveva aiutato a reggere l'urto di quegli anni psichedelici. Era del resto frutto delle sue allucinazioni drogate il primo album del gruppo, «The piper at the gates of dawn», che nel 1967 aveva puntato sui Pink Floyd i riflettori della critica e s'era piazzato al sesto posto della classifica britannica. Adesso bisognava replicare, ma Syd non ci stava più con la testa. Doveva essere sostituito. Anche gli altri - il batterista Nick Mason e il tastierista Rick Wright non vedevano altra soluzione. La scelta cadde sul 22enne David Gilmour, che già da qualche mese aveva affiancato Barrett alla chitarra e che all'inizio del 1968 entrò ufficialmente a far parte del gruppo (tre mesi dopo Syd uscì di scena). Finalmente si poteva ultimare l'album. «A saucerful of secrets» segna così un passaggio di consegne: dalla atmosfere schizzate e pazzoidi di Barrett, che qui firma soltanto la stralunata «Jugband blues», alle malinconiche introversioni di un Waters supportato da Wright, cui le chitarre di Gilmour donano inaspettate fughe rockeggianti (si vede l'attacco di «Let there be more light»). L'album uscì in Gran Bretagna il 29 giugno e negli Stati Uniti il 27 luglio. Non un grande successo (si piazzò nono nella chart inglese e fece fiasco negli States), ma l'inizio dei Pink Floyd così come sono conosciuti dal grande pubblico. La strada verso «The dark side of the moon», con la progressiva ascesa di Waters a leader, era stata imboccata.
Doors, «Waiting for the sun»
Se il secondo album, come si suol dire, è quello della conferma, il terzo presuppone una svolta. Nel senso che, d'accordo, la band si è fatta conoscere e ha mostrato quello che sa fare, ma non può limitarsi a replicare la formuletta vincente. Per la terza prova di studio, Jim Morrison aveva pensato di puntare con decisione sulla strada «poetica». Non che i precedenti lavori del gruppo, l'omonino «The Doors» e il successivo «Strange days», non fossero infarciti di sbocchi lirichi e teatrali (si veda, per esempio, i riferimenti all'«Edipo Re» presenti in «The end»). Del resto, Morrison era ragazzo di buone letture: Nietzsche, Rimbaud, Baudelaire… Lo stesso nome della band, The Doors, era preso da un verso di William Blake. Per il terzo album, «Waiting for the sun», voleva però fare di più. Il fulcro del disco sarebbe dovuto essere «Celebration of the Lizard», poemetto musicato scritto da un Morrison in vena di teatro. Eppure, quando si trattò di chiudersi in studio insieme ai compagni Ray Manzarek (tastiere), Robbie Krieger (chitarra) e John Densmore (batteria)… beh, niente, non c'era verso. L'ispirazione non voleva saperne di arrivare. Senza contare che un recital psichedelico di oltre 17 minuti su disco sarebbe stato davvero troppo «pesante». Non tutti gli sforzi furono accantonati. Un passaggio musicale del poemetto, l'ipnotica «Not to touch the earth», venne recuperata come terza traccia, mentre l'integrale «Celebration of the Lizard» fece spesso la sua comparsa nei live (la si può ascoltare come bonus nella ristampa per il 40esimo anniversario dell'album), tanto che restò appiccicato a Morrison il soprannome di Re Lucertola («Lizard», appunto). Nonostante guizzi notevoli («Spanish caravan» su tutti), l'album però in alcuni punti suona stanco. Basti ricordare che il singolo «Hello, I love you», seconda hit dei Doors a piazzarsi in cima alle classifiche Usa (solo «Light my fire» aveva fatto altrettanto), suona molto simile, per molti pure troppo, a «All day and all of the night» degli inglesi Kinks. Il disco, uscito l'11 luglio, rappresenta il maggiore successo commerciale dei Doors, certo, ma anche l'inizio della discesa artistica. D'ora in avanti, complici le sempre più eccessive provocazioni di Morrison - che di lì a poco sarebbe stato citato in giudizio per oltraggio al pudore la vena d'oro andò rapidamente esaurendosi.
Cream, «Wheels of fire»
«Non abbiamo copiato i Kinks, piuttosto, ci siamo ispirati a "Sunshine of your love" dei Cream». Robbie Krieger ha respinto così le accuse di plagio. Facile da credere. Protagonista assoluto di quel blues revival che ha visto i bianchi prendere possesso della musica nera, il supergruppo inglese formato da Jack Bruce (basso e voce), Eric Clapton (chitarra) e Ginger Baker (batteria) era qualcosa di imprescindibile. Non solo perché musicalmente erano dei mostri («Clapton è dio», si scriveva in quegli anni sui muri di Londra), ma anche perché erano riusciti a innovare una tradizione percepita già come antica a colpi di psichedelìa e hard rock, sdoganando l'improvvisazione di matrice jazzistica anche in sala di registrazione. Il loro secondo album, «Disraeli gears» (1967), fu un successo mondiale (con la già citata «Sunshine of your love») ed è considerato un classico del rock. Così come l'lp successivo, il doppio «Wheels of fire», pubblicato nell'agosto del 1968 e subito balzato in vetta alla classifica Usa. Un disco che è un po' una summa del mondo Cream: il blues e gli «waa waa» della chitarra di Clapton, il basso virtuoso di Bruce e i ritmi d'indole jazz di Baker. Il tutto impreziosito dagli archi e dai fiati inseriti qua e là dal produttore Felix Pappalardi. Sfumature da vendere, insomma. Capolavori come l'energica «White room» o l'intensa «As you said» sono lì a testimoniarlo. Il secondo disco, intitolato «Live at the Fillmore», contiene invece quattro semi-improvvisazioni dal vivo. Tra cui la celebre «Toad», entusiasmante cavalcata di batteria lunga 16 minuti, nonché unico pezzo del disco effettivamente registrato al celebre Fillmore West di San Francisco. Quel che si dice il massimo. E in effetti, i tre non sarebbero andati molto oltre. Vuoi per le (inevitabili) rivalità sorte fin dall'inizio tra questi tre egocentrici purosangue; vuoi perché i continui tour avevano finito con lo sfibrarli (e nel live un poco si sente); vuoi infine perché, quanto a droghe, non ci andavano certo leggeri. Si sciolsero il 26 novembre 1968, al termine di un concerto alla Royal Albert Hall di Londra. Quattro giorni prima era uscito il (così detto) «White album» dei Beatles.

lunedì 21 luglio 2008

VALENTINO ROSSI, IL RE DELLA LAGUNA

Era il 1991, quando ad Hockenheim Kevin Schwantz e Wayne Rainey diedero vita ad uno dei testa a testa più entusiasmanti che gli appasionati di motociclismo tengono ancora nei loro occhi.
E di testa a testa, Valentino Rossi, nella sua straordinaria carriera, ne ha vinti molti, tanti, dimostrando sempre di avere il miglior pacchetto pilota-moto.
Ma ieri sera (in Italia, nel pomeriggio in America), è andata in onda "la gara".
Forse è ancora troppo presto, forse non ci si rende ancora perfettamente conto di quello che tutti noi appasionati abbiamo visto e ammirato ieri sera sul circuito di Laguna Seca.
Durante tutto il week-end americano, il canguro ducatista Casey Stoner aveva sbaragliato la concorrenza sia nelle libere del venerdi che nella pole position del sabato, rifilando ad ogni intermedio almeno un decimo al secondo classificato in griglia di partenza.
Infatti sulla griglia di partenza della domenica, Valentino Rossi partiva alle spalle dell'australiano con quasi mezzo secondo di distacco.
Il passo gara dimostrato dalla Ducati (si aggirava intorno al 21 basso) lasciava presagire una fuga in solitaria fin dalle prime battute per Casey, il che lo avrebbe portato alla quarta vittoria consecutive nella stagione e a mangiare ancora 5 pesanti punti in classifica al leader della stessa Valentino Rossi.
Ma le gare sono altra roba.
Le gare non sono il passo gara, le gare non sono pista libera e via tempi su tempi, le gare sono bagarre, staccate, sorpassi, inerzia, psicologia nel voler dimostrare sempre e comunque al proprio avversario astuzia, malizia, muscoli.
Nel warm-up che precedeva la gara, in casa Yamaha, sono state apportate alcune modifiche per limare ancora qualche decimo al passo devastante della Ducati, il resto lo ha messo in pista il Re.
Per due terzi gara lo spettacolo è stato entusiasmante, con Valentino che avviatosi benissimo dalla seconda posizione ha fin da subito aggredito la Ducati di Stoner, partito come sempre davanti, e dopo un solo giro gli era già davanti.
Nel T1 e nel T2 Valentino aveva qualcosa in più, quel qualcosa in più che solo i numeri uno possono avere; grinta, coraggio, classe, doti che gli hanno permesso di stare costantemente davanti, nelle staccate non ha mai perso un duello.
Solo nella prima parte di rettilineo, dove la Ducati in uscita di curva era più performante, aveva le uniche difficoltà, altrimenti, giri veloci su giri veloci, non ha mai avuto il benchè minimo problema a tenere Stoner attacato ai tubi di scarico.
Al quarto giro la gara ha vissuto il suo momento migliore, e proprio nel famoso "cavatappi", dove Valentino ha mostrato ancora una volta il suo immenso talento, rischiando l'impossibile fino ad arrivare a chiudere la curva nella terra (a fine gara, ironizzando, definirà la terra di Laguna Seca come la terra che ha il grip migliore dei circuti mondiali) per rimanere davanti a Stoner.
A otto giri dal termine la gara si decide.
Nell'ultima staccata prima del rettilineo, un errore di Stoner lascia il via libero a Valentino, che concluderà con 13 secondi di vantaggio sullo stesso, che a fine gara dichiarerà il suo errore, non lasciandosi sfuggire qualche frecciata nei confronti del campione di Tavullia.
Che replicherà da par suo...

Il mondiale, come sentito dalle parole di Valentino, rimane sempre più aperto e combattuto, e da appassionati vogliamo che sia così, di sicuro, da stamane, Casey Stoner appartiene a quella schiera di piloti che hanno saputo cosa significhi lottare al fianco de "dottore", e a livello mentale, una "bastonata" del genere non passerà certo con una vacanza.
Prossimo appuntamento a Brno.
Da segnalare ancora una grandissima prestazione del forlivese Andrea Dovizioso, primo gommato Michelin, primo delle Honda e quarto nella classifica finale, il che conferma, dopo la sesta gara consecutiva nei top 5, i grandi passi in avanti fatti da debuttante pilota italiano, oramai pronto, nella stagione che verrà, a salire in sella ad una moto ufficiale per dimostrare il suo immenso talento.
Di seguito il filmato della corsa.



di Cirdan

venerdì 11 luglio 2008

MINA INTERVISTA VASCO


Un'anticipazione, dal sito del Blasco ( http://www.vascorossi.it/ ), dell'intervista che la grande Mina farà a Vasco, dalle pagine di Vanity Fair.

mercoledì 9 luglio 2008

PIERO OSTELLINO - PARTE SECONDA

Dopo la prima parte, continua la nostra intervista a Piero Ostellino:
19. Luca Cordero di Montezemolo nei giorni caldi di calciopoli rispondeva infastidito "Non mi occupo della Juventus". Perché poi se ne sarebbe occupato, stando a quanto dichiarato dal Presidente della Fifa Blatter, che ha pubblicamente ringraziato Montezemolo per aver convinto la Juventus a ritirare il ricorso al TAR nell'agosto del 2006?
Montezemolo è un uomo di straordinarie capacità relazionali, un grande uomo di comunicazione, uno straordinario uomo di comunicazione. Però, essendo uno straordinario uomo di comunicazione, tende a privilegiare più l'apparenza che la sostanza ... e quindi ho l'impressione che nella circostanza si sia comportato esattamente allo stesso modo. Poi, se dovessi fare il maligno, e me ne scuso (non voglio certo accreditare questa tesi, ma faccio un'ipotesi dell'assurdo), ho l'impressione che ci fossero anche degli interessi della Fiat, magari interessi a tenersi buono il governo, e di conseguenza la federazione, che in qualche modo è espressione del governo, e quindi che siano stati sacrificati gli interessi della Juventus a favore degli interessi della Fiat.
20. Lei avrebbe affidato la difesa ad un penalista, pur quotato, come Zaccone, e non ad un avvocato specializzato in diritto sportivo? E quella difesa con richiesta di serie B, quel patteggiamento con Ruperto, la considerò un'astuzia processuale?
Innanzitutto dipende dal mandato che si dà all'avvocato. L'avvocato della Juventus è sicuramente un grande avvocato: gli si è dato il mandato di consentire di mandare la Juventus in serie B, perché evidentemente c'erano degli interessi, anche dal punto di vista societario, che questo avvenisse. Per lo meno, questa è l'ipotesi diffusa, e l'avvocato si è comportato di conseguenza: io non darei la colpa all'avvocato, lui fa quello che gli dice il cliente. Se il cliente gli dice "Non ti opporre al fatto che la Juventus vada in serie B, anzi, dì addirittura che è ancora una punizione minore, perché forse meriterebbe ancora di più" ..., beh, l'avvocato lo dice.D'altra parte questa è una cosa che succedeva solo nella Cina Popolare, dove l'avvocato difensore, se il pubblico ministero chiedeva trent'anni, chiedeva la pena di morte ... ma era la Cina di Mao Tse-Tung: che sia successo in Italia, da parte di un avvocato torinese, è abbastanza paradossale.
21. All'assemblea degli azionisti di aprile 2007, Zaccone disse "Le carte erano da serie C, c'erano almeno quattro illeciti". Recentemente, il presidente Cobolli Gigli ha dichiarato "C'è il rischio che tutto si risolva in una bolla di sapone, siamo stati puniti per una serie di peccati veniali". Cosa è cambiato secondo lei?
Cobolli è un galantuomo, ed è un funzionario Fiat, come mentalità, e quindi un soldato dell'esercito.C'è stato qualche generale che ha detto all'avvocato di comportarsi in qualche modo, in “quel certo” modo, e oggi c'è probabilmente qualche generale che, non dico che abbia suggerito a Cobolli di dare la risposta che ha dato, ma che ha creato un clima che consente a Cobolli di dire quello che dice.Sotto quest'aspetto, bisogna tenere conto di due cose: io sono piemontese, sono torinese, quindi credo di poterlo dire legittimamente: noi piemontesi siamo stati governati da sempre dai militari, ed educati dai gesuiti. È sufficiente questa risposta per capire?
22. Per anni Guido Rossi è stato considerato vicino alla famiglia Agnelli. Ora svolge il ruolo di "garante" nella Giovanni Agnelli & C. Sapa, quindi, è nuovamente vicino alla Famiglia. Nel 2006 il vero conflitto d'interesse di Rossi era quello con l'Inter o quello con il Gruppo Fiat?
Guido Rossi è uomo che ha scritto dei magnifici libri contro il conflitto di interessi; come teorico della giurisprudenza, come professore della filosofia del diritto, è un grande analista del conflitto di interessi. Come persona, cioè come avvocato societario, e come partecipe dell'establishment costituito in Italia, è inevitabile che anche lui cada sotto la mannaia del conflitto di interessi: non ne farei una questione morale, né tanto meno moralistica. Sono le contraddizioni di questo nostro paese, e lui, probabilmente, rispecchiando queste due figure, di grande studioso e contemporaneamente di grande avvocato, riflette questa contraddizione.
23. Uno degli effetti post-calciopoli è l'allontanamento dal calcio di molti tifosi. Crede che il calcio possa in futuro continuare a rappresentare quell’importante veicolo di aggregazione e crescita sociale che è stato in passato per il nostro paese, oppure si sta trasformando in qualcosa di radicalmente diverso?
Io non dò delle valenze di tipo sociologico così importanti al calcio. Dico semplicemente che...

continua sul sito dello Ju29ro

martedì 8 luglio 2008

PIERO OSTELLINO RISPONDE - PRIMA PARTE


Piero Ostellino, editorialista di punta del Corriere della Sera e penna tra le più apprezzate del panorama giornalistico odierno, è stato direttore del celebre quotidiano milanese tra il 1984 e il 1987.Scrive per il Corriere da ormai 41 anni: corrispondente da Mosca e Pechino, durante gli anni della Guerra Fredda, è un profondo conoscitore dei sistemi politici comunisti. Di orientamento liberale, ha fondato nel 1963 il Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino, di cui è ora presidente onorario. Ha diretto dal 1990 al 1995 l’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) di Milano. Autore di numerose pubblicazioni, è stato insignito del premio Campione d'Italia e del premio Saint-Vincent.
1. Cosa significa per lei la Juve?
Diciamo che è il primo amore, perché sono diventato Juventino quando avevo sei o sette anni, quando nella Juventus giocavano ancora Vycpalek, Depetrini, Rava, Korostolev, il primo Boniperti, Parola, insomma, diciamo così, la vecchia Juventus.Quindi, è stato per me il primo amore, prima ancora di avere, come dire, un amore di natura affettiva e sentimentale.
2. Ricorda perché è diventato Juventino e può rievocare il primo ricordo bianconero?
Io credo che Juventini si nasca, credo che lo dicano persino San Tommaso o Sant'Agostino, dicendo che l'uomo è toccato dalla grazia divina: ha la fede se è toccato dalla grazia divina. Io sono Juventino, perché sono stato toccato dalla grazia divina.
3. Qual è la gioia più grande che le ha regalato la Juve e quale la maggiore tristezza?
La gioia più grande: tutti gli scudetti, uno dopo l'altro.La più grande tristezza è l'ingiustizia perpetrata da una giuria creata ad hoc, che ha emesso una sentenza che interpretava un diffuso sentimento popolare, cioè una sentenza fatta al bar sport invece che in un tribunale. Una cosa che può succedere solo in questo paese.
4. Lei che ha conosciuto da vicino l'Avvocato e suo fratello, cosa ci può raccontare della loro passione per la Juventus?
Era veramente così profonda ed esclusiva come appariva a noi tifosi?Era una passione vera, profonda, forte, esattamente come la mia, con la sola differenza che loro ci mettevano i soldi ed io soltanto il tifo.Ma era una passione vera e profonda: l'Avvocato Agnelli era un autentico tifoso, ma non solo un tifoso, e così il Dottor Umberto. Dei grandi conoscitori del calcio, amavano il calcio, e per questo erano tifosi della Juventus.
5. Qual è, invece, il grado di Juventinità di John Elkann, l'erede designato dall'avvocato, al quale vanno l'onore e l'onere di gestire anche la squadra più amata dagli italiani?
Beh, io ho simpatia per questo ragazzo, perché nei suoi confronti tendo ad adottare, almeno per quello che riguarda la Juventus, quel famoso detto napoletano, "a fessa in man’ a 'e creature" ... Io ho l'impressione che la Juventus sia una cosa troppo grande, nella sua storia, nelle sue dimensioni popolari, nella sua forza, per essere gestita da un ragazzo intelligente, per bene, ma sicuramente "una creatura", come direbbero i napoletani.
6. Quando ha letto e ascoltato le intercettazioni di Luciano Moggi, cosa ha provato?
In quei nastri c'era solo quello che c'era da aspettarsi intercettando un alto dirigente di una squadra di serie A, o altro?Moggi faceva quello che io ho poi scritto anche sul Corriere della Sera, era un uomo di relazioni.Lei crede che il capo delle relazioni esterne della Fiat, della Vodafone, o di qualche altro grande gruppo internazionale, non si comporti allo stesso modo?Cioè, crea una rete di relazioni. Questa rete di relazioni, e questo modo di fare relazioni, è persino studiato nelle università americane. Io Moggi l'avrei fatto presidente della FIGC: così, al successo dei Campionati del Mondo di due anni fa, Blatter sarebbe venuto a premiare gli italiani, invece di non venire.
7. Allo scoppio di Calciopoli, poche voci di Juventini autorevoli, tra cui la sua, si levarono a difesa della Juventus. Per contro, nessun non-Juventino ha avvertito l'esigenza morale di dissociarsi dal clima di linciaggio di quei giorni. Qual è il motivo?
Perché siamo un popolo di conformisti, perché ci adagiamo sul conformismo, sul politicamente corretto (si diceva questo) e, siccome il moralismo prevale sulle regole del gioco, tutti hanno aderito ad una formula moralistica, in funzione anti-Juventina, per odio viscerale nei confronti della Juventus o anche soltanto per imbecillità.
8. Più in generale, cosa pensa dell'atteggiamento della stampa italiana nel trattare l'argomento calciopoli, sia quella "amica", legata alla famiglia Agnelli, che quella legata ad altri gruppi editoriali? Perché tutti si son trovati d'accordo nel bersagliare la Juve?
Si sono trovati d'accordo a bersagliare la Juve, perché la stampa italiana, almeno sotto questo profilo, ma troppo spesso (purtroppo) non solo sotto questo profilo, è semplicemente oscena, cioè non fa il suo mestiere, non va a cercare le cose, ma reagisce emotivamente e sul piano di un moralismo d'accatto che non ha nessun senso.Lo vediamo quotidianamente sul piano della politica, l'abbiamo visto in occasione di calciopoli nei confronti della Juventus ... la stampa italiana, comportandosi come si è comportata, ha semplicemente confermato che noi siamo un popolo di cialtroni.
9. Le intercettazioni non vengono mai divulgate per caso. Si è mai chiesto quale interesse, se sportivo o altro, ha mosso la mano che ha passato, violando il segreto istruttorio, quelle di Calciopoli ai media?
Io non saprei chi e perché abbia mosso la mano, però...



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lunedì 7 luglio 2008

WIMBLEDON: SVOLTA EPOCALE


Wimbledon: svolta epocale, Nadal spodesta Federer
Lo spagnolo batte Roger Federer in cinque set: 6-4, 6-4, 6-7, 6-7, 9-7
Svolta epocale a Wimbledon, Rafael Nadal ha battuto Roger Federer in finale. E' finita un'era. Il 're' ha perso la corona dopo aver vinto cinque edizioni consecutive sull'erba dell'All England Club, il maiorchino ha conquistato anche lo Slam sull'erba, divenendo il secondo spagnolo della storia a riuscire nell'impresa. A Wimbledon, infatti, solo Manolo Santana nel 1966 era riuscito a fare altrettanto. E, dal 1980 in poi, nessuno era piu' riuscito a vincere a Parigi e poi a Londra nello stesso anno. Prima di Nadal ci era riuscito soltanto Bjorn Borg, in tre occasioni a partire dal 1978. Una vittoria storica, in parole povere. Anche perche' Nadal aveva si' battuto Federer in altre 11 occasioni (3 solo nel 2008, anno in cui l'elvetico non ha mai battuto l'avversario numero uno), ma mai era riuscito nell'impresa sull'erba. Se questa volta ce l'ha fatta e' anche per due motivi. Il perfezionamento del proprio tennis sulla superficie in questione e la mancanza di gioco nei primi due set da parte dell'avversario. Federer ha puntato tutto sul dritto, non utilizzando quasi mai il rovescio tagliato e la discesa a rete. Quasi un suicidio, che ha permesso a Nadal di portarsi avanti di due set. Un vantaggio che non e' bastato per sbrigare la pratica in fretta, dato che il match si e' chiuso dopo 4 ore e 40 minuti con tanto di due interruzioni per pioggia. Wimbledon mantiene intatto un record. Nessuno a parte il britannico William Renshaw (tra il 1881 e il 1886) ha mai vinto il torneo per sei volte di fila. Federer, come Borg, si e' fermato a cinque.
Il re, pero', per cedere il proprio trono ce ne ha messo di tempo. Cinque anni interi ai quali si aggiunge un pomeriggio lunghissimo come quello di domenica. La sfida, innanzitutto, e' cominciata con 40' di ritardo rispetto al previsto a causa della pioggia. Una volta che i due sono scesi in campo si e' capito subito che per Federer non sarebbe stata una sfida semplice. Al secondo turno di servizio lo svizzero subisce il break e vede Nadal passare sul 2-1. Rimontare diviene presto impossibile perche' a tenere le redini del gioco e' lo spagnolo, che si impone 6-4 al termine di un ultimo game tiratissimo. Il numero uno al mondo ha perso il primo set del suo torneo. Non sara' l'ultimo. Nel secondo, infatti, la partita si fa intensa ma Federer cade ancora. Si parte con un break a favore dell'elvetico, che tiene i giochi sino al 3-3. A quel punto, pero', cede il servizio. Nadal si carica e con quattro giochi consecutivi riesce a vincere il secondo set con un altro 6-4. Memorabile l'ultimo game, durante il quale Nadal si salva miracolosamente su una palla break.
Il terzo lancia lo spagnolo verso il successo finale. Nadal riesce ad avere la meglio su un problema al ginocchio avvertito in uno spostamento laterale durante il terzo game, non riesce nel break ma pare tenere le redini della gara. Sino alle 17.51 italiane, le 16.51 londinesi. Quando sul 5-4 per Federer la gara viene sospesa per pioggia. Non si giochera' sino alle 19.13 italiane. Resta il tempo per andare al tie break. E la gara si allunga. Federer porta a casa il tie break di pura rabbia, con un 7-5 deciso da un ace esterno finale giunto dopo due palle set non sfruttate. Dopo la pioggia e la sospensione inizia una nuova partita. Perche' il vento non c'e' piu'. Federer torna Federer, Nadal non smette di giocare. E la sfida si innalza di livello. Senza remore, i due giocano a viso aperto. Lo spettacolo e' buono, ma di break non se ne vedono sino al 5-4 per Nadal, quando Federer vede lo spagnolo andare a due punti dal match (0-30 sul servizio dell'elvetico) e recupera di pura classe. Si va di nuovo al tie break, situazione alla quale Federer si presenta con un servizio meno affidabile rispetto a quello visto tra fine del terzo set e inizio del quarto. Poco male. Ne esce un tie break epico, nel quale Nadal va a due punti dal match (per la seconda volta nell'incontro) e si fa tradire dall'emozione con un il terzo doppio fallo della sua partita. Lo spagnolo annulla un set point a Federer, che annulla all'avversario il primo match point dell'incontro. Il maiorchino se ne guadagna un'altro con un passante di dritto memorabile, ma il numero uno al mondo risponde con un rovescio fantastico che vale l'8-8. Federer vince uno scambio meraviglioso con un dritto da urlo e fa 9-8, mentre una prima vincente vale il set, vinto per 10-8.
Si va al quinto set, il tennis ha gia' vinto grazie a due protagonisti che forse mai si erano sfidati ai livelli di questo tie break, nel quale entrambi hanno giocato al meglio. E alle 20.53 italiane (sul servizio di Federer, 40-40 per un 2-2 complessivo) ricomincia a piovere, con nuova interruzione. La ripresa e' alle 21.24, ma questa volta la sosta non ha influito tanto sugli equilibri. Si gioca punto su punto. Federer conquista una palla break sul 4-3 a proprio favore e non la sfrutta. Nadal ne spreca due sul 6-5 avversario. E si cosi' via sino al 7-7, quando Nadal riesce nel break che gli mancava dal secondo set. Un game giocato in modo perfetto dallo spagnolo, che si permette cosi' di andare a servire per il match in un centrale ormai al buio. Servono due match point per far cadere la corona di Federer. Il primo viene salvato da un clamoroso rovescio dell'elvetico. Ma e' l'ultimo guizzo. Alla fine Federer sbaglia e mette da solo i titoli di coda alla fine del proprio impero. Dopo cinque anni e 288 minuti di gioco (e che gioco). Per mano dell'avversario di sempre. Un Nadal semplicemente perfetto per vincere a Wimbledon ed entrare nei libri di storia dalla porta principale. Nessuno gli ha dato la chiave, quella se l'e' trovata da solo, non aiutato dal meteo e da un Federer ritrovatosi appieno dopo la prima sospensione. Il 6 luglio 2008 rimarra' una data da ricordare per sempre. La finale piu' lunga nella storia di Wimbledon e' stata semplicemente qualcosa di magico.

sabato 5 luglio 2008

LANA DEL RIO FENOMENALE

Giovedì sera a San Siro si è disputato il Gran Premio Nazionale, Gruppo I per indigeni di tre anni sul doppio chilometro. Il risultato è stato pari alle attese con Lana del Rio, netta favorita, che ha dominato la scena. La figlia di Varenne, dopo le vittorie nel Giovanardi e nel Città di Napoli ha ulteriormente allungato la serie di Gruppi Uno, tre di fila, realizzando una impresa storica visto che nessuna cavalla era riuscita a fare altrettanto nel corso della carriera. La cronaca in verità è risultata avara di emozioni, con Lana presto a chiedere ed ottenere strada al momentaneo leader Lorenz del Ronco e sfilare al comando nel giro di meno di 400 metri. Una volta in testa Santo Mollo ha così badato al sodo, evitando di strafare, trascurando misure parziali e distacchi, unico obbiettivo la vittoria. Vittoria che è arrivata in modo netto e sicuro, visto che sul traguardo sono state almeno tre le lunghezze di vantaggio sul resto del gruppo, e non deve ingannare l’uso della frusta in retta d’arrivo, probabilmente l’andatura turistica nella prima parte della gara ha inciso sulla concentrazione della portacolori di Francesca Lo Bue. Quindi Lana del Rio ha ulteriormente ribadito di essere la Regina della generazione e viste le modalità con cui ha vinto sembra veramente difficile per gli altri riuscire a spodestarla. Lotta aperta invece per le piazze, con Lorenz del Ronco infine secondo, capitalizzando al massimo il numero avuto in sorte ed il secco ed incisivo scatto iniziale, risultato determinante per l’allievo di Mario Monopoli che, una volta in testa, ha poi dato strada a Lana del Rio . In retta, sulla leggera dormita di Lana, Minopoli ha anche provato l’allungo ma nel tratto finale, pur chiudendo ancora in piena spinta, non è riuscito a mantenere il contatto. Terza moneta per Lisa America. La femmina di JJ Riordan ha ottenuto meno di quanto avrebbe meritato. Partita il giusto, è stata obbligata a prendere la corsia esterna, così quando dopo 800 metri si è profilata a destra la sagoma del compagno di training Lisieux; Andrea Guzzinati ha concesso via libera. In realtà quella che sembrava una scelta giusta si è rivelata una trappola visto che Lisieux ha accusato nel giro di 200 metri evidenti problemi di respirazione, obbligando così Lisa a scoprirsi nuovamente. Il lungo e laborioso schema tattico ha portato la femmina nella posizione peggiore possibile, scoperta all’esterno, ma nonostante tutte le difficoltà Lisa ha difeso con coraggio e caparbietà il terzo posto. Risultato che la ripaga solo in parte rispetto alle energie profuse in corsa, ma che comunque consente di guardare al futuro con tanto ottimismo. Quarto posto per l’appostato Lando Correvo. Il pupillo di Cesare e Laura Meli ha provato al via a reggere l’attacco di Lorenz ma ha dovuto gioco forza adeguarsi in terza posizione. In retta Lando ha chiuso a ridosso dei primi fornendo come sempre la sua linea, che certamente potrà essere sinonimo di vittoria in contesti meno “cattivi”. A Light Kronos l’ultimo compenso. Partito il giusto, è filtrato in seconda pariglia esterna, posizione tattica ideale, ma in retta non ha prodotto il cambio di passo finendo quinto più per la classe innata che per l’incisività mostrata nel contesto. Va così in archivio un Nazionale con poche emozioni, tranne quella della rottura al via di Le Touquet, considerato come l’unica concreta alternativa alla favorita Lana del Rio. L’allievo di Gubellini ha confuso il passo ancor prima dello stacco della macchina, vanificando così ogni possibilità di giocarsi la partita. Una citazione per Leonida Grif, vitale nell’allungo finale e per Last Minute di No, ben progredito dalle posizioni di coda.
http://www.ippica.biz/

venerdì 4 luglio 2008

NAZIONALE 2008 - MILANO

di Cirdan

LANA DEL RIO - E SONO 3 SU 3

Ancora "Lei", la regina incontrastata di questa estate 2008, si è portata a casa il terzo Gruppo I consecutivo, e dopo aver conquistato con il piglio della migliore rispettivamente Giovanardi (Modena) e Città di Napoli, ieri sera ha ancora una volta vinto e convinto sul percorso dei 2100 metri dell'anello milanese di San Siro a Milano.
E per la terza volta consecutiva, la sua duttilità tattica, le ha permesso di prendere la testa dopo 300 metri, per poi controllare tutto e tutti lungo il percorso.
Adesso si comincerà a dire che se una femmina di una generazione, vince in questa maniera è perchè non ci sono cavalli "buoni" che la possano contrastare, che non c'è un vero rivale degno almeno di tale nome.
Al Giovanardi fu un'altra femmina a finire seconda sul palo, Letter From Om, e addirittura il podio fu completato da un'altra femmina ancora, Leonida Grif, mentre al Città di Napoli le piazze furono occupate rispettivamente da Lino Om e Le Touquet (finiti ieri sera nel tabbellone dei ritirati).
Lisa America, altra femmina, è terminata, ieri sera, dopo percorso oneroso al terzo posto dietro l'appostato e ottimo secondo Lorenz del Ronco, pluripiazzato classico.
E se si considera il record di 1.12.4 con il quale Lover Power ha vinto e convinto la prova Filly, si può tranquillamente dire che questa della lettera "L" è una generazione che ha visto, e sta vedendo, nel sesso debole un vero e proprio cambio della guardia.
Un caso? Forse, io alle coincidenze non credo molto, e se negli ultimi due anni, parlando di "Nazionale", le vincitrici sono proprio state due "ragazze", Giulia Grif anno 2006 e Ilaria Jet anno 2007, beh evidentemente qualcosa sta cambiando.
E ben vengano questi cambiamenti se fanno parte del trotto nostrano, se fanno parte di un allevamento che rimane, allo stato attuale delle cose, il vero fiore all'occhiello di quest'ippica italiana.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti e le richieste e gli ingaggi anche da oltr'alpe (vedere Souloy che continua a fare incetta di campioncini di casa per trasformarli in autentici bancomat da Gruppo I) non devono considerarsi un altro caso.
Quindi onore a Lana del Rio, che non solo ha vinto, ma ha convinto, confermando (ed è la cosa che sostanzialmente nell'ippica moderna rimane la più difficile) l'attuale stato di forma fisica e psicologica.
Il ragguaglio cronometrico è stato più che buono, daltronde dopo il 14.3 del premio Emilia (per la cronaca sono 4 le corse consecutive di Gruppo che l'allieva di proprietà di Francesca Lo Bue mette in carniere, tanto per ribadire la costanza), ancora il 14.3 del Giovanardi e il 13.5 del Città di Napoli, ieri sera si è permessa un primo giro nell'ordine del 16 e virgole per poi chiudere con un ultimo "chilo" nell'ordine del 12 e spiccioli per un complessivo 1.14 spaccato.
Gli avversari? Lontani, tanto lontani, tra conferme (Lorenz e Lisa), delusioni (Larry, Light) e rimandati (Lino e Le Touquet).
Concludo con una considerazione.
Semplice, a volte, considerare la mancanza di avversari come scusa plausibile per il dominio incontrastato di un elemento che sta facendo incetta di vittorie, forse è la cultura di questo Paese, che non ribadisce quasi mai la superiorità di chi, sul campo, la merita, ma è sempre prodigo nel trovare nei "se" e nei "ma" la soluzione a tale mancanza del cosidetto spettacolo.
Varenne non faceva tutto sommato spettacolo, o meglio, non c'era obbiettivamente parlando chi poteva contrastarlo, salvo qualcuno che successivamente ad uno scontro testa a testa con il Capitano ha dovuto subire l'onta di un regresso di condizione che ne ha segnato inevitabilmente la carriera, Varenne "era" lo spettacolo, vederlo trottare, leggerne i parziale, la fluidità di azione, insomma il "trotto".
Lana del Rio non sarà mai Varenne, e ci manca, porta in dote i geni del campionissimo e questo già basta e avanza e anzi si vede e si nota benissimo, ma fa spettacolo da se, con quella sua leggiadria nel muoversi, con quel cambio di passo devastante, con quella duttilità tattica che la vista vincere in qualunque schema, e sopratutto con quella testa che sa che c'è "papà" che, pur non presente, la guarda e la osserva come la sua principessina.
In molti aspettano Lord Capar, unico avversario non ancora affrontato in pista che vale i migliori della generazione, ma a forza di aspettare questo o quello Lana si avvicina al Derby, e sulla sua strada, fin'ora, ha già lasciato un segno incacellabile, 3 Gruppi I di fila.
di Cirdan

martedì 1 luglio 2008

01/07/1957

Sai che quando posto questo video è per qualcosa di importante che ti riguarda,
e oggi, per te, sarebbe stato qualcosa di saliente.
E ancora una volta mi sei venuto a trovare
anche oggi.
Ho aperto gli occhi
ed ero felice,
contento,
rilassato,
libero.
Sei sempre presente
e per questo ti dico ancora una volta
grazie...
.....ciao.