..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

sabato 31 maggio 2008

PER NON DIMENTICARE

La designazione dello stadio Heysel da parte dell'UEFA fu criticata da entrambi i club: la struttura era fatiscente, priva di adeguate uscite di sicurezza e di corridoi di soccorso. Il campo di gioco e le tribune erano mal curati, assi di legno erano sparse per terra, i muretti divisori erano vecchi e fragili e da essi si staccavano pezzi di calcinacci, le tribune di cemento vetuste e sgretolate. Lo scarico dei servizi igienici colava dai muri, contribuendo a renderli ancora più fragili.
Ai molti tifosi italiani, buona parte dei quali proveniva da club organizzati, fu assegnata la tribuna N, nella curva opposta a quella riservata ai tifosi inglesi; molti altri tifosi organizzatisi autonomamente, anche nell'acquisto dei biglietti, si trovavano invece nella tribuna Z, separata da due inadeguate reti metalliche dalla curva dei tifosi del Liverpool, a cui si unirono anche tifosi del Chelsea, noti per la loro violenza (si facevano chiamare headhunters, "cacciatori di teste").



Circa un'ora prima della partita, i tifosi inglesi cominciarono a spingersi verso il settore Z a ondate, cercando iltake an end ("prendi la curva") e sfondando le reti divisorie: memori degli incidenti della finale di Roma di un anno prima, si aspettavano forse una reazione altrettanto violenta da parte dei tifosi juventini. Gli inglesi sostennero di aver caricato a scopo intimidatorio, ma gli spettatori juventini, impauriti, anche dal mancato intervento delle forze dell'ordine belghe, furono costretti ad arretrare ammassandosi contro il muro opposto alla curva dei sostenitori del Liverpool. Nella grande ressa che venne a crearsi alcuni, per evitare di rimanere schiacciati si lanciarono nel vuoto, altri cercarono di scavalcare ed entrare nel settore adiacente, altri si ferirono contro le recinzioni. Il muro crollò per il troppo peso, moltissime persone vennero travolte, schiacciate e calpestate nella corsa verso una via d'uscita, per molti rappresentata da un varco aperto verso il campo da gioco. Dall'altra parte dello stadio i tifosi juventini del settore N e tutti gli altri sportivi accorsi allo stadio sentirono le voci dello speaker e dei capitani delle due squadre che invitavano alla calma e in pochi si resero conto di quello che stava realmente accadendo. Mobilitato, un battaglione mobile della Polizia belga, di stanza ad un chilometro dallo stadio, giunse dopo più di mezz'ora per ristabilire l'ordine, trovando per il campo e gli spalti frange inferocite di tifoseria bianconera.
La diretta televisiva dell'incontro su RAI 2 si apriva con il video volontariamente oscurato con il commento costernato del commentatore Bruno Pizzul che tentava di attribuire l'imprevisto a cause tecniche mentre nel frattempo il telegiornale della prima rete riportava le immagini degli incidenti e degli spettatori che cadevano a frotte nella scalinata, così che i telespettatori in attesa poterono apprendere della tragedia in atto. Pizzul manifestò tutto il suo disappunto per la decisione di disputare comunque l'incontro promettendo al pubblico di commentarlo "nel modo più asettico possibile".
Gli scampati alla tragedia si rivolsero ai giornalisti in tribuna stampa perché telefonassero in Italia, per rassicurare i familiari. I morti furono 39, dei quali 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e 1 irlandese. Centinaia i feriti.
Si decise di giocare ugualmente la partita, poi vinta dalla Juventus; la decisione fu presa dalle forze dell'ordine belghe, per evitare ulteriori tensioni. Solo dieci anni dopo, nel 1995, Stefano Tacconi - portiere della Juventus che giocò la finale - ammise in un'intervista: «Noi della Juventus sapevamo che all'Heysel c'erano stati dei morti laggiù nel settore Z. A dircelo erano stati i tanti, tantissimi tifosi che erano giunti nello spogliatoio per farsi medicare».
Alcuni giocatori della Juventus furono molto criticati per essersi lasciati andare ad esultanze eccessive (in campo e fuori), vista la gravità degli eventi appena accaduti. Il sindaco di Torino espresse a mezzo stampa il suo biasimo verso i tifosi juventini per via dei festeggiamenti in strada a fine partita.

da Wikipedia

BENVENUTO

Calciomercato: Amauri alla Juve, è ufficiale.
Amauri è da oggi ufficialmente un giocatore della Juventus. La società bianconera ha infatti ufficializzato l'acquisto dell'attaccante brasiliano. "La Juventus - si legge in una nota - ha perfezionato i seguenti accordi con il Palermo acquistando a titolo definitivo del diritto alle prestazioni sportive di Carvalho de Oliveira Amauri per un importo di 22,8 milioni di euro, pagabili in tre rate annuali". Juventus e il calciatore hanno sottoscritto un contratto di prestazione sportiva quadriennale. Dell' accordo fa parte la cessione a titolo definitivo del diritto alle prestazioni sportive di Antonio Nocerino per un importo di 7,5 milioni di euro, pagabili in tre rate annuali. L'operazione genererà un effetto economico positivo di circa euro 4,5 milioni.

VALENTINO ROSSI, 50 LA SMORFIA


SCARPERIA (Firenze) - Uno strepitoso Valentino Rossi ha ottenuto la pole position al Gran premio d'Italia al Mugello, pista che lo ha visto sempre vincente. Il pilota della Yamaha ha girato in 1'48"130. Dietro di lui lo spagnolo Dani Pedrosa su Honda, staccato di 167 centesimi. La prima fila è completata da Loris Capirossi che da tempo non si vedeva così avanti: l'italiano della Suzuki ha fatto segnare il tempo di 1'48"313. Quarto il campione del mondo Casey Stoner con la Ducati. Tredicesimo Andrea Dovizioso (Honda) e solo diciottesimo Marco Melandri con l'altra Ducati.
Per Rossi è la cinquatesima pole in carriera, la quarantesima nella MotoGp, conquistata con un casco tutto nuovo. "E' stata dura - commenta il sette volte iridato - perché ieri ha sempre piovuto, e abbiamo avuto dei problemi questa mattina. Un po' ero preoccupato, ma ho cercato di concentrarmi al massimo e devo dire grazie alla squadra perché abbiamo fatto due o tre modifiche alla moto e sono andato subito veloce". "La prima pole con le gomme Bridgestone non è male - continua - ed è bello che sia arrivata al Mugello. Abbiamo lavorato tanto sulle gomme da qualifica e devo dire che partire dalla pole è sempre una bella soddisfazione".
A beneficiare del giro veloce di Rossi è stato anche Loris Capirossi che ha 'seguito' la Yamaha del pesarese ed ha ottenuto il terzo tempo con la sua Suzuki. "Spero che Loris più che pagarmi una pizza domani mi dia una mano - dice il "Dottore" - Ma sicuramente non lo farà, perché vorrà vincere ed è molto veloce su questo circuito". Ottenuta la pole, Rossi è piuttosto ottimista in vista della gara: "Vediamo che temperatura c'è. Ma il nostro setting non è male , e abbiamo sicuramente un buon potenziale per la gara".
LA GRIGLIA
1. Valentino Rossi (ITA) Yamaha 1min 48.130secs
2. Dani Pedrosa (SPA) Honda 1:48.297
3. Loris Capirossi (ITA) Suzuki 1:48.313

mercoledì 28 maggio 2008

UMBERTO AGNELLI


...ciao Presidente!
(Losanna, 1 novembre 1934 – Torino, 27 maggio 2004)

NELLA RETE

Un sondaggio indetto dall’amico Alberto (pucciogoal 87), pubblicato sul sito j1897.it, tenta di far luce sugli attuali sentimenti del popolo juventino, su quali siano i pensieri e le sensazioni dei tifosi della Signora che frequentano il forum in merito all’operato della dirigenza in carica dall’estate 2006.
Un topic nel quale gli utenti stanno dialogando senza scontri di natura "ideologica", senza pregiudizi, senza quelle lacerazioni del tifo, figlie del famoso ritiro del ricorso al TAR, che lo stesso presidente Cobolli rinfocola quando distingue i tifosi della Juve in "tifosi di serie A, B e C".
L’argomento che viene dibattuto si presta a discussioni di una certa rilevanza, vista l’importanza del tema in esame.
Il sondaggio ha come oggetto la questione che da due anni divide i tifosi bianconeri come non si è mai visto. L’avvento dell’attuale dirigenza ha portato situazioni inedite che alcuni hanno interpretato positivamente mentre altri negativamente.
Quel che è certo, e che già in passato ha fatto discutere, è che la Nuova Juventus abbia fatto incetta di riconoscimenti e complimenti da parte degli avversari, che non si sono visti intralciare nei propri interessi, mentre ha ricevuto critiche da una cospicua fetta dei suoi tifosi.
Tifosi ai quali è stato chiesto cosa dovrebbe fare la dirigenza bianconera per convincerli di essere certamente in buone mani.Il titolo del sondaggio è:
Cosa potrebbe farti accettare la Dirigenza? Come chiudere le divisioni tra tifosi.
Queste le opzioni proposte nel sondaggio(tra parentesi le percentuali scaturite dal voto):
1 - Niente, sono soddisfatto già adesso (13,04%)
2 - Una sontuosa campagna acquisti (18,54%)
3 - Vincere una qualunque tra Campionato, Champions League, Coppa Italia (10.07%)
4 - Richiamare Moggi (5,49%)
5 - Rivedere la posizione su Farsopoli, ammettere i propri errori, sostenere fattivamente GiulemanidallaJuve nel prosieguo della battaglia legale (35,93%)
6 - Niente di tutto questo, la ferita aperta è troppo grande, niente potrà rimarginarla, devono solo trovare un barlume di dignità per andarsene (16,93%)
Il risultato, al momento, è indicativo di una diversità di vedute sostanziale che analizziamo:
Il 13,04% dichiara di essere soddisfatto dell’operato della dirigenza.
Si tratta di una fetta di tifosi che seguono come filosofia l’essere aprioristicamente tifosi della Juventus, indipendentemente da chi la guidi e dalla competenza calcistica espressa. La frase più utilizzata per manifestare questa filosofia è: "Se non si sostiene la dirigenza si tifa contro la squadra". A questi tifosi non importano le vicende attraverso le quali si è giunti alla condanna e alla retrocessione della Juve e sostengono la teoria secondo la quale la sciagura più grande della storia juventina sia stato Luciano Moggi, sostanzialmente colpevole di aver avuto più telefoni cellulari e di aver fatto telefonate che, seppur non avessero rilevanza tale da giustificare sanzioni in ambito sportivo, non dovevano essere effettuate in quanto divenute pretesto per condannare la Juventus all’inferno.
Sempre in questa fascia di tifosi è frequente riscontrare un assoluto disinteresse nei confronti delle opposte linee difensive adottate da società più pesantemente coinvolte, alla luce dei documenti emersi, adducendo come motivazione: "Noi siamo la Juve, degli altri non ci importa nulla".
Il 18,54% dichiara di poter accettare la dirigenza nel caso venisse effettuata una sontuosa campagna acquisti che permetta alla squadra di essere competitiva ai massimi livelli, come accadeva fino all’estate del 2006.Sono tifosi che hanno mal digerito lo smantellamento di una squadra straordinaria e che per accettare Blanc e soci pongono come condizione un pronto riscatto nell’attuale campagna acquisti, anche alla luce dei risultati alterni che hanno contraddistinto la scorsa sessione di mercato.
Inutile dire che tutti noi auspicheremmo una grande ed intelligente campagna acquisti; sarebbe il sintomo di una volontà tesa a rifare subito una grande Juventus, una squadra di nuovo appetita dai più grandi campioni a livello mondiale, com’è sempre stato.
Il 10,07% è disponibile ad accettare gli attuali vertici societari se la prossima stagione dovesse portare la Juve a conquistare un "qualunque" trofeo.
E’ chiaro come il conseguimento di un risultato di prestigio rappresenterebbe una grande soddisfazione per tutti i tifosi della Juve, nessuno escluso, felici di ritrovare la propria squadra dove le compete, davanti ai concorrenti come la Storia della società impone.
C’è poi un dato sorprendente, per alcuni, ma non per molti altri. E’ quello relativo alle teorie secondo le quali i contestatori dell’attuale dirigenza siano un gruppo definito da molti personaggi, più o meno famosi, come "vedove di Moggi". Ebbene, solo il 5,49% pone come condizione essenziale per accettare l’attuale dirigenza un eventuale reintegro in società di Moggi. Questo risultato fa cadere molti pregiudizi secondo i quali le suddette "vedove" siano in realtà tifosi dell’ex Direttore Generale più che supporters juventini. La percentuale piuttosto esigua indica nostalgia per un passato dove competenza e abilità dell’uomo di Monticiano han fatto la differenza nel portare a Torino grandi campioni e giocatori di grande prospettiva.
L’opzione numero 5 è quella che ha riscosso il maggior numero di consensi, il 35,93%.
E’ l’opzione di chi ha giudicato strano tutto quello che è successo da quel 7 maggio 2006, giorno del "ripartiremo dal basso" pronunciato da John Elkann nell’intervallo di Juve-Palermo, seguito dalle dimissioni dell’intero CDA sostituito dopo più di un mese in una stagione dove l’emergenza avrebbe dovuto suggerire una presa di posizione chiara e netta in difesa di un patrimonio non solo affettivo ma, soprattutto, economico.
Si imponeva, allora, una tutela dei propri clienti e dei piccoli azionisti che leggevano i giornali e di fronte alle difese delle altre società coinvolte rimanevano allibiti al cospetto del "silenzio assordante" della proprietà Juve. E' l’opzione scelta da chi ha creduto a Cobolli Gigli quando pronunciava la famosa frase "Inostri avvocati ci dicono che non c’è nulla di rilevante", salvo poi sentire l’avvocato Zaccone chiedere la serie B come "pena congrua", mentre altri si difendevano a denti stretti. Questi tifosi ricordano nei loro post il Cobolli Gigli che urla "Il TAR è un tribunale che esiste …da juventino sono incazzato nero … ci faremo valere in tutte le sedi opportune".
Sono tifosi che hanno concesso credito fino al 31 agosto 2006, dopodichè hanno pensato che qualcosa proprio non quadrava. Sono tifosi che hanno continuato a studiare atti e regolamenti, informare, sperare, stringendosi attorno alla squadra e all’allenatore nell’anno di serie B. Sono tifosi che non hanno dimenticato i volti e le parole dell'allenatore e dei giocatori alla notizia del ricorso al TAR ritirato, assistendo ad esercizi di contraddizione pura e di imbarazzante inadeguatezza da parte della dirigenza. Con il passare del tempo questi tifosi hanno messo al loro posto i tasselli di un puzzle che non avrebbero mai voluto finire (e ancora non è finito), perchè lascia intuire scenari poco piacevoli.
Nonostante tutto questo, i tifosi che hanno scelto l’opzione 5, sono disponibili ad accettare gli attuali amministratori bianconeri, per quelle che vengono ritenute vere e proprie colpe, se questi iniziassero a sostenere quelle associazioni che si battono per veder restituito il maltolto al legittimo proprietario, che poi sarebbe la società stessa, e a dare una dimostrazione di attaccamento ai valori più profondi della juventinità senza prendere ad esempio modelli altrui. Per costoro la società dovrebbe ufficialmente reclamare nelle sedi opportune per riavere ciò che il presidente Cobolli Gigli e l’ad Blanc hanno già dichiarato di sentire propri: i due scudetti revocati.
Decisamente più estremista (anche se si fonda sulle stesse basi di chi ha risposto al punto 5) si è rilevata la frangia che rappresenta il 16,93% del campione votante e che condanna in modo inappellabile l’operato della dirigenza auspicandone la sostituzione il più presto possibile per evitare ulteriori danni alla Storia della Juventus.
Sono tifosi che nei loro post non nutrono nessuna speranza sulle capacità dell’attuale management e sulla reale volontà che possano fare qualcosa di importante per la Juve sia nell’immediato che in futuro. Questo è un dato significativo perché testimonia quanto 1 tifoso juventino su 6 sia categorico: per rinascere si deve passare dalla destituzione di questa dirigenza.
I risultati del sondaggio, in definitiva, dicono che solo poco più del 13% dei votanti è pienamente soddisfatto di Blanc&Co. mentre l’86% ritiene che la dirigenza sia in debito nei confronti della tifoseria, chi dichiarandosi esigente in relazione al mercato e a patto di ritornare immediatamente a vincere, chi (un bel 53% circa) esprimendo la richiesta di un netto cambio di rotta in fatto di politica societaria.
Resta l’impressione che una sterzata sia necessaria e che la percentuale di tifosi juventini che valuta i fatti dell'estate 2006 in termini molto critici (di accondiscendenza della proprietà e, conseguentemente, di farsa) sia molto più elevata di quanto comunemente si creda.
Per concludere una semplice constatazione: Tuttosport, che con la sua rubrica "Nella rete" trae spesso spunto da discussioni e sondaggi del forum j1897, sembra non aver notato questo sondaggio, scomodo per i risultati, che anima il forum da giorni, in prima pagina e con un numero rilevante di visite e risposte. Nella rete o autorete nel non voler più auscultare l'opinione dei propri clienti? Lasciamo la risposta all'editore di De Paola e di Tuttosport.

martedì 27 maggio 2008

NON MOLTO ANONIMO

A tutti i tifosi juventini sarà capitato almeno una volta di leggere o di assistere in TV alle stilettate che Marco Travaglio ama riservare a Moggi e, più in generale, alla Juve umbertiana. Per i fans del giornalista, il solo fatto di essere uno dei suoi bersagli preferiti costituirebbe la prova della “colpevolezza” dell’ex DG. Ma per tutti gli altri tifosi bianconeri, e cioè la maggior parte, resta probabilmente la curiosità di capire il perché di tanto accanimento.
L'ipotesi maliziosa è che Lucianone gli faccia vendere più libri. In realtà, probabilmente c’è sotto anche qualcosa di più personale. Una plausibile spiegazione la possiamo ricavare dal pamphlet uscito sotto pseudonimo nel 1998 per le edizioni Kaos, “Lucky Luciano”, che grazie a Farsopoli, dopo anni di muffa nei magazzini, ebbe l’occasione di venire aggiornato e ristampato. In particolare, mi riferisco al capitolo: “Totò, Peppino e Lucianone”, in cui l’anonimo (non molto anonimo) autore cerca di dimostrare il seguente assunto: “Qualunque giornalista rifiuti di baciare le sacre pantofole della Juve moggiana viene bistrattato e intimidito, talvolta impossibilitato a lavorare”.
Ci si aspetterebbe che a supporto di uno scenario così inquietante venissero portati casi di maltrattamento a detrattori di Lippi, di intimidazione a militanti anti-juventini, di vessazione mafiosa a giornalisti sportivi.E invece la vicenda che ne sta alla base è solo una, e riguarda un personaggio che nel 2008 nessuno si immaginerebbe sia mai stato interessato alla cronaca sportiva. Immaginate un po’ chi: “Il primo cronista che entra nel mirino è Marco Travaglio, il quale ha osato pubblicare alcuni commenti critici sulla dirigenza juventina.”E in che modo il boss Luciano gli avrebbe fatto pagare quei “commenti critici”? Teste di cavallo mozzate nel talamo? Bossoli di pallottola nella posta? Cacche sullo zerbino? No, “Il 13 settembre 1996 la Juventus decide che Travaglio, sebbene già autorizzato dall’Ussi, non debba più metter piede allo stadio.”Non avendo letto i suoi pezzi dell’epoca, non ci è dato saperlo, ma se il tono è lo stesso usato dall’anonimo (non molto anonimo) autore del pamphlet in questione, e cioè nemmeno troppo sottilmente diffamatorio, è difficile biasimare chi ai tempi ebbe l’unico torto di perdere la pazienza. Comunque, una volta che avesse pagato il biglietto, credo nessuno avrebbe avuto il potere di escludere Travaglio dagli spalti del Delle Alpi. Ma forse tale prospettiva non gli andò giù e, per usare un’espressione dell’anonimo (non molto anonimo) autore, l’escluso “mise nel mirino” la Juventus F. C. sporgendo querela nei confronti dell’AD juventino Antonio Giraudo. Il motivo? Sempre per usare un’espressione cara all’anonimo (non molto anonimo) autore, in breve, “per aver osato esprimere alcuni commenti critici su Travaglio” durante una cena con altri giornalisti. La querela, evidentemente pretestuosa, oltre che paradossale, venne archiviata. Travaglio ricorse e perse di nuovo, ma l’anonimo (non molto anonimo) autore riciclò i verbali della procura di Torino per imbastire il capitolo in questione.
Ora, a parte che non si capisce che c’entri “Lucky Luciano” con le chiacchiere conviviali di Giraudo. La cosa più triste è che a distanza di dieci anni il risultato è che la gente sia costretta ad assistere a spettacoli come quello del video seguente:



Come potete vedere, mentre tenta di piazzare a una platea bolognese uno dei suoi libelli, Travaglio si dedica alla denigratoria caricatura del Direttore della Juventus umbertiana, dipinto come una sorta di tiranno totalitario novecentesco. La tecnica che usa è molto simile a quella dell’anonimo (non molto anonimo) autore di “Lucky Luciano”: senza alcun contraddittorio, ricorre a iperboli fumettistiche e a ridicoli capovolgimenti logici. Oppure, racconta semplicemente falsità.Ecco alcune chicche:
Iperbole fumettistica 1(22’’) "Quando Luciano Moggi comandava nel mondo del calcio".Certo, i vari Berlusconi Silvio, Montezemolo Luca, Tronchetti Provera Marco, Moratti Massimo, Geronzi Cesare, Della Valle Diego erano letteralmente ai suoi piedi.

Capovolgimento logico 1(55’’) "Moggi aveva capito il pericolo, per un potere illegale, della stampa libera".Non solo l’illegalità delle azioni moggiane in questione non è stata ad oggi sancita da alcun tribunale ordinario, ma soprattutto, l’unico pericolo che in quel senso Moggi aveva dimostrato di temere era proprio quello di una stampa non realmente indipendente, nel senso di controllata da proprietari o “portavoce” di squadre concorrenti. Per anni la Juve è stata massacrata dalla stampa e da certa tivù, finché la farsa del 2006, tutta mediatica, l’ha spedita addirittura in B. E intanto, ad oggi, ribadisco, nessuno dei suoi dirigenti è stato condannato in via definitiva per alcun reato.

Iperbole fumettistica 2:(1’03’) "Curava i giornalisti sportivi con un'attenzione spasmodica, si contavano 400 telefonate al giorno. Come si faccia mangiando, dormendo e andando al bagno, non si sa. La gran parte di queste telefonate erano rivolte a giornalisti."Non solo quel numero non ha senso, se non come immagine iperbolica, ma anche il fatto che gran parte delle sue conversazioni telefoniche riguardasse giornalisti non ha alcun fondamento statistico.

Capovolgimento logico 2:(01’48’’) "C’è una telefonata in cui Damascelli del Giornale di Berlusconi avverte Moggi che il collega Franco Ordine sta scrivendo un pezzo contro di lui data la rottura dei rapporti tra la Juventus ed il Milan".Con un bizzarro capovolgimento logico, Travaglio dipinge come non libero non il giornalista del quotidiano di Berlusconi che, appena rotti i rapporti dei rossoneri con la Juve, si precipita a scrivere un articolo contro i bianconeri; no, il servo sarebbe Damascelli, che pur lavorando per Berlusconi si schiera dalla parte della Juve. Notare anche il tono maccartista con cui Travaglio dà dello “juventino” a Damascelli.

Falsità, stando ai fatti emersi:(03’13’’) "Damascelli segue Bologna Fiorentina, 5-12-2004. De Santis della scuderia Moggi ammonisce tutti i giocatori diffidati del Bologna. La settimana dopo il Bologna giocherà con la difesa decimata dalla scelta scientifica di un arbitro."Non solo “De Santis della scuderia Moggi” è un assioma mai dimostrato, tanto meno dalle intercettazioni (non esistono agli atti telefonate fra i due); non solo l’arbitro ha dichiarato che i suoi interlocutori telefonici ai tempi erano semmai ben altri; ma soprattutto la storia delle ammonizioni mirate è una bufala sia dal punto di vista statistico, sia secondo un’analisi corretta delle conversazioni telefoniche, sia, addirittura, per la ridicola “giustizia” sportiva del 2006. In particolare, l’intercettazione che Travaglio cita è addirittura scagionante, con Moggi che cade palesemente dalle nuvole e si dimostra disinteressato alla questione squalifiche. Senza contare che nemmeno Damascelli sembra sapere bene di cosa parla, poiché annuncia la squalifica di 3 giocatori, che poi, al riscontro dei fatti, sarebbero invece stati solo due (Gamberini non fu squalificato). E’ davvero impressionante la leggerezza con cui Travaglio usa espressioni come “campionato truccato” e “provvedimenti scientifici degli arbitri”, dando per scontati fatti mai provati e spacciando per realtà inconfutabili interpretazioni semplicemente aberranti.

Per chiudere in bellezza, si può sottolineare la comicità del passaggio (7’20’’) in cui Travaglio, dopo aver straparlato di “stampa libera”, messo di fronte al fatto che l’unico giornale che secondo il moderatore della serata in quel momento farebbe riscontrare un rilevante aumento di vendite è proprio quel Libero su cui scrive il “mostro” Moggi, non trova di meglio che attaccare i lettori della testata, e cioè gente colpevole solo di aver scelto LIBERAMENTE cosa leggere.

dallo Ju29ro

LO JU29RO SU DAGOSPIA


Intervista a Gigi Moncalvo tratta da http://www.ju29ro.com/
Fiorani, Consorte, Ricucci... Giraudo. Chi vede un filo conduttore nelle disavventure giudiziario-mediatiche di questi personaggi è un visionario o un assennato che non ha bisogno di entrature nell'universo RCS?"Non è né un visionario né un marziano. Non c'è bisogno di entrature nell'universo RCS (Corriere, Gazzetta) o Fiat (La Stampa) per capire i tratti in comune di quelle vicende. Fiorani (e quindi il Governatore Fazio), Consorte, Ricucci sono stati distrutti da una campagna mediatica del Corriere, dalla potenza di fuoco di via Solferino. Per ragioni legate agli interessi della variegata proprietà del giornale. Fiorani rischiava di creare una banca forte e potente e fuori dal "sistema" (e Banca Intesa, Bazoli e Passera, Geronzi, sono azionisti di primo piano del Corriere, e di Bankitalia). Consorte dava man forte al banchiere di Lodi e andava fatto fuori, anche per mandare un segnale a Fassino e D'Alema, come dire "non difendetelo troppo e state lì buoni e zitti, altrimenti ce n'è anche per voi, come ben sapete. Il "povero" Ricucci (inventore della famosa e fantastica frase "So' capaci tutti de ffa i froci cor culo degl'altri!") stava scalando il Corriere e ha un po' esagerato. Andava fermato perché nel "salotto buono" i Tronchetti Provera & C. erano inorriditi dal pensiero di avere seduto accanto nel Cda uno come lui. Per non parlare di Paolo Mieli: ve la vedete Anna Falchi (l'allora signora Ricucci) salire le scale di via Solferino e andare a parlare "da padrona" con Mieli? Per quanto riguarda Giraudo, le tracce potrebbero portare a LCdM, a Luca. Almeno questo è quanto ha detto Luciano Moggi quando lo intervistai in TV a "Confronti" chiedendogli di fare le percentuali su una serie di nomi che venivano ritenuti, a torto o a ragione (infatti non ci sono nè prove nè certezze) una sorta di "mandanti". Io feci i nomi di Carraro, Galliani e Montezemolo. Su Galliani, Moggi fu benevolo. Su Carraro un po' meno, su LCdM molto ma molto meno e gli attribuì la percentuale maggiore. Il "Corriere", con la Gazzetta (e La Stampa) potrebbe aver completato, ma è impossibile dire se volontariamente o involontariamente, un lavoro iniziato un anno prima non sui giornali ma altrove. La data è quella della morte di Umberto Agnelli, un solo anno dopo la scomparsa del fratello Giovanni. Giraudo, da sempre molto legato e fedele a Umberto, voleva proseguire sulla stessa strada di sempre portando a poco a poco Andrea Agnelli, figlio di Umberto, al vertice societario della Juve.

Giraudo e Moggi avrebbero consentito a Andrea di inserirsi bene, vincendo, mettendosi in luce, diventando un astro di prima grandezza (grazie alla gestione del calcio e della Spa Juve) anche nell'universo Fiat. Non c'è niente di meglio (lo insegna LCdM alla Ferrari) dello sport come " è

Andrea al vertice della Juve avrebbe fatto ombra a John, o meglio a chi aveva pensato a lui come "delfino" per occupare un vuoto, apparente, di potere. E quindi Andrea avrebbe addirittura messo a rischio l'operazione di lanciare in orbita John. Infatti, dopo due anni di vittorie e di successi nella Juve, sarebbe diventata probabile la candidatura di Andrea per i galloni del comando anche in altri settori dell'impero, non solo in quello sportivo. Per frenare o impedire l'ascesa di Andrea, diventava funzionale la caduta dei due uomini, Giraudo in particolare, che lo avrebbero portato al successo e che si sarebbero battuti per lanciarlo e proteggerlo. Ecco quindi che il ramo Gabetti-Grande Stevens, verosimilmente, non può vedere di buon occhio che Andrea vada a offuscare il disegno di puntare su John. Non importa se Andrea si chiama Agnelli! Anzi, come si può concepire che sia il figlio di Umberto e non il nipote di Gianni ad avere il predominio o a rischiare di prendere un giorno il comando? Ecco quindi da dove e come potrebbe nascere l'"operazione", o quantomeno ecco il motivo di tanta accondiscendenza verso l'operazione di affossamento della Juventus perseguita da altri. E' chiaro che Gabetti e Grande Stevens potrebbero smontare questa ricostruzione dicendo che loro non hanno fatto altro che seguire, a proposito di John, i voleri dell'Avvocato, espressi nella famosa "Lettera di Monaco" scritta poco prima che Gianni Agnelli entrasse in sala operatoria per il secondo delicatissimo intervento al cuore nel Luglio 1997. In quella lettera l'Avvocato indicava John come suo successore al vertice Fiat e stabiliva anche l'assegnazione a lui di un 25% delle quote azionarie della "Dicembre Società Semplice" che è la società-cassaforte che custodisce il potere e il controllo di tutti i rami del gruppo. Tornando alla Juve non dimentichiamoci che il presidente della Juve era Grande Stevens. Egli quindi era il "datore di lavoro", il "cliente" che per conto della Juve ha ingaggiato l'avvocato Zaccone, gli ha pagato la parcella e gli ha dato la linea.

Quando ci meravigliamo che un avvocato come Zaccone abbia chiesto la serie B, la condanna della società che lui avrebbe dovuto difendere e tutelare, non dimentichiamo che un legale, comunque e sempre, segue le indicazioni e i voleri del "cliente", cioè di chi gli paga la parcella. Se non gli va, dà le dimissioni e rinuncia alla difesa. Per capire quale sia il potere di Grande Stevens, quanto egli conti nel mondo forense e giudiziario, basta leggere il suo libro autobiografico "Vita d'un avvocato" (Cedam, Padova, 2004). Ve lo immaginate l'avvocato Zaccone che non "ubbidisce" a un cliente come Grande Stevens o non segue i suoi "consigli" giuridico-legali? Ecco, io credo che la colpa di Grande Stevens, del presidente onorario della Juve attuale e presidente di "quella Juve" sia doppia: egli non solo ha dato l'impressione di non aver difeso con decisione e passione la sua società (nell'ambito giuridico, se egli vuole, è ben più potente del professor Guido Rossi), ma forse ha determinato una situazione per cui l'avvocato difensore da lui scelto alla fine non ha difeso la Juve con la necessaria determinazione, e addirittura ne ha chiesto la condanna al massimo, quasi, della pena. Se si valuta ogni avvenimento del passato in questa cornice, si capiscono molte cose e si capisce bene chi sono i "colpevoli". Che cosa volete che significhi la retrocessione della Juve, se si ha di mira il controllo del gruppo Fiat, dell'IFI, dell'IFIL? Che cosa volete che importi, anche oggi, a costoro (John in testa) della Juve? Hanno il 62% delle azioni, possono fare ciò che vogliono. Ma il dato di fondo è e resterà sempre questo: se hanno lasciato mandare in B la Juve, venduto i pezzi pregiati, rinforzato le altre squadre, che cosa volete che gli importi del futuro e del presente della squadra, di noi tifosi, del senso di rispetto andato perduto, dell'onore e dell'orgoglio di tutta la gens bianconera? A questi non gliene frega niente della Juve. Se Marchionne insistesse la venderebbero in cinque minuti…."Cossiga dopo il caso-Mastella ha dichiarato: "I magistrati chiamano il funzionario di turno e gli dicono: "Lei intercetti Tizio e metta da parte i nastri. Se c’è qualcosa di utile per la mia inchiesta, ho già lasciato lo spazio in bianco negli atti. In caso contrario, conserviamo le registrazioni perché possono sempre servire." Nessuno ha smentito Cossiga. Non c'è da essere sconcertati?“Sì, ma accade proprio così. Il Presidente Cossiga se ne intende di queste cose. E se lo dice, vuol dire che lo sa. Avete notato che da tempo cercano di dipingerlo come “uno strano”, “uno che dice cose folli”, “uno da non credere”, “uno che fa sparate”. Credo che abbiano paura di ciò che dice Cossiga, delle sue verità, e vogliano farlo passare per matto soprattutto per togliere credibilità a quanto dice”.
Gigi Moncalvo, che giudizio dai della deontologia dei tuoi colleghi durante Calciopoli? Noi abbiamo contato pochi giornali e giornalisti rispettosi dei vostri codici professionali.“Ahimè, quelli che tu chiami “i codici professionali” non esistono per tutti. Io credo che in ogni campo, specie nel nostro, non ci debbano essere solo codici, disposizioni, norme: ma occorra soprattutto una vera “coscienza” professionale. E’ lei a dettare il tuo comportamento, la tua etica, a connotare la tua morale, la tua dignità, la tua onestà professionale. Gli americani, a proposito della mia categoria dicono: “I giornalisti italiani si dividono in due categorie: quelli che non scrivono ciò che sanno, e quelli che scrivono ciò che non sanno”. Quanti giornalisti saprebbero, dopo anni di attesa prima di entrare in una redazione, ribellarsi al loro direttore, al loro caporedattore, al vento che tira? Quanti sarebbero disposti a mettersi in gioco, magari arrivando anche alle dimissioni, pur di evitare di compiacere i loro superiori invece della loro coscienza? Vedi, oggi un giornalista che segue il vento, capisce che se lo mandano a Napoli a seguire il processo o a Roma per la GEA, deve scrivere ciò che appartiene alla “linea” del giornale. Se va fuori linea e scrive quello che vede, quello che sente, quello che emerge davvero dalle udienze, lo richiamerebbero subito, basta trasferte e note-spese, basta articoli in prima pagina e titoloni tutti per te. Torna a Milano e da ora in avanti ti occuperai di curling, e scriverai solo notizie a una colonna”.Calciopoli scoppia in largo anticipo sulla chiusura delle indagini a causa di una fuga di notizie che i pm di Napoli, scrisse Repubblica, attribuirono al Nucleo Provinciale dei carabinieri di Roma che curava le intercettazioni. Che idea si è fatto riguardo alla dinamica degli avvenimenti?“Ma guarda che strane fughe di notizie! Ma guarda che strane sintesi e “distillazioni” delle intercettazioni, pubblicazione di certe frasi e non di altre, riscontri mai fatti o utilizzati solo in un senso! Ma guarda anche che strani nomi ricorrono in alcune vicende misteriose: l’agenda di Borsellino che viene fatta sparire da qualcuno in divisa appena dopo la strage, un ufficiale messo sotto inchiesta per lo strano uso delle intercettazioni, tutti e due costoro che compaiono in scena anche per Napoli e Roma. Ah, che bello se Cipriani, Tavaroli & C. trovassero qualche magistrato che li ascolta solo su questo tema: il “Dossier Ladroni” della Telecom e l’avvio di “Calciopoli”. Forse si capirebbe che qualche “santo” non è e non è mai stato tale, e nemmeno qualche “beato”, qualcuno di questi che vogliono far credere di essere “onesti”…”

lunedì 26 maggio 2008

SENTENZA TAR DEL LAZIO

Nel nostro messaggio del 7 Maggio avevamo espresso il convincimento su una sentenza già scritta dal TAR Lazio nel procedimento che ci accingevamo a discutere il giorno 15.
I precedenti giurisprudenziali relativi ai fatti di Calciopoli rappresentavano un giusto campanello d'allarme.
In data odierna, dunque, il TAR Lazio ha dichiarato inammissibile il nostro ricorso.
Appena verrà resa nota la motivazione i nostri legali prepareranno l'appello innanzi il Consiglio di Stato.
Da sempre ci consideriamo rispettosi delle leggi e nutriamo fiducia nella magistratura.
È innegabile tuttavia, ed i soci che ci supportano fin dalla nostra nascita ben sanno, che l'obiettivo primario dell'Associazione è quello di adire i Tribunali Europei.
Di fatto, abbiamo sempre pensato che l'ordinamento giuridico italiano non tutelasse adeguatamente i nostri legittimi interessi.
L'iter per giungere alla Corte dei Diritti dell'Uomo ci obbliga tuttavia ad espletare prima i ricorsi nazionali.
Stiamo lavorando, infine, per ottenere il più celermente possibile una sentenza sul ricorso già depositato alla Commissione Europea sul Diritto alla Concorrenza.
I tempi della Giustizia ordinaria certamente non ci aiutano.
Siamo tuttavia convinti che la nostra fermezza verrà un giorno premiata.
Come interpretare, diversamente, l'odierna condanna del TAR Lazio al pagamento dell'importo di 6000 euro (dovremo versare: 2000 euro Coni - 2000 euro FIGC - 2000 Inter) da corrispondere alle controparti? La maggior parte dei processi innanzi alla Giustizia Amministrativa terminano con una compensazione delle spese ed a noi questa sentenza è sembrata un chiaro segnale di insofferenza.
Non sarà questo, tuttavia, il deterrente che fermerà la nostra sete di Giustizia.
Forza GiùlemanidallaJuve, Grazie a tutti i soci di GiùlemanidallaJuve.

L'UOMO CHE SAPEVA TROPPO - (The Man Who Knew Too Much)

Collina: «Arbitri tutti da promuovere»
Il designatore giudica positiva la stagione: «Errori? Mai in malafede»
ROMA, 26 maggio - «Una stagione tutto sommato positiva». Quella degli arbitri secondo il designatore Pierluigi Collina. «Ci sono stati degli episodi negativi, è vero - ha detto a Radio Anch'io Sport - ma lavoreremo su questi per cercare di migliorare. Ci sono state sorprese, conferme e arbitri nuovi che stanno crescendo. Credo che siamo sulla strada giusta per raggiungere l'obiettivo, che è quello di creare una classe arbitrale affidabile nel medio e lungo periodo».
ERRORI UMANI, NON CALCOLATI - «La cosa che mi è piaciuta di più da parte dei direttori di gara - ha aggiunto Collina - è stata la grande voglia di lavorare, di applicarsi davanti a metodologie nuove e abitudini diverse rispetto a quelle del passato. Quello che non vorrò rivedere invece lo dirò a loro». Magari gli involontari 'aiutini' all'Inter... «Si deve avere il diritto di sbagliare senza che questi errori vengano interpretati in una qualche maniera», ha risposto Collina. Che poi ha aggiunto: «Non è facile essere sereni quando tutto intorno ci sono situazioni che sono poco serene. Negli ultimi tempi il lavoro maggiore è stato proprio quello di cercare di fare restare tranquilli gli arbitri, soprattutto in un campionato, mi riferisco alla serie A, che è stato equilibrato come non mai negli ultimi anni. Ognuno deve avere senso di responsabilità».
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Siamo così giunti alla fine di questa stagione, ognuno con le proprie vittorie, ognuno con le proprie sconfitte, chi euforico per aver condotto una stagione ai massimi livelli, chi deluso o rammaricato per non aver centrato gli obbiettivi prefissati ai blocchi di partenza.
Questo discorso naturalmente vale per tutti: presidenti, staff tecnici, giocatori, gli stessi tifosi e naturalmente va ampliato a chi, in questo mondo del calcio, ha un ruolo fondamentale; garantire durante ogni singola partita e di conseguenza sulla classifica finale il giusto risultato.
Gli arbitri.
Ma secondo il designatore arbitrale Pierluigi Collina l'intero organo arbitrale ha disputato una stagione tutto sommato positiva.
Tutti da promuovere, tutti da considerare idonei per il lavoro svolto in questa stagione.
Evidentemente l'ex arbitro viareggino dimentica alcune cose, o meglio, dimentica il numero impressionanti di errori commessi dai suoi sottoposti in molte partite del campionato 2007/08.
Abbiamo più volte ribadito come, in questa stagione, il numero di errori commessi dalle "giacchette nere" è risultato il più alto che la storia calcistica moderna ricordi.
Secondo varie indagini condotte sia dalle testate giornalistiche italiane, sia da organi preposti a valutare in base a cifre e percentuali gli errori comminati dagli arbitri, emergono dati in pieno contrasto con le dichiarazioni di Collina.
Nel mese di febbraio, secondo l'Osservatorio sugli errori arbitrali, il dato clamoroso che veniva messo sotto la lente d'ingrandimento era la percentuale di partite "falsate" dagli stessi arbitri, con sviste clamorose, che inevitabilmente hanno cambiato la classifica di Serie A, rendendola a tre mesi dalla conclusione del campionato deleteria per le squadre che avevano subito torti evidenti e di riflesso oltremodo positiva rispetto a quello dimostrato sul campo per coloro che invece hanno usufruito di "aiutini"
Il dato parla del 52% di gare "falsate", con una classifica che vedeva tra le più penalizzate la Juventus (-13), il Milan (-7), la Roma (-7), la Lazio (-5) e la solita Reggina, punita con il record di -12 punti, dopo i -18 del campionato scorso. Gli arbitri avrebbero invece favorito l'Inter (+6).
Se si osserva attentamente la classifica di quel periodo non si può non notare di come, senza tutti quegli errori, la fisionomia del campionato avrebbe indiscutibilmente avuto un altro percorso per la vittoria finale.
Classifica reale:
Inter 53 punti; Roma 45; Juventus 41; Fiorentina 37; Udinese 33; Milan* 33; Atalanta 29; Sampdoria 28; Genoa 28; Palermo 28; Napoli 27; Catania 23; Lazio 23; Torino 21; Livorno* 21; Siena 20; Parma 19; Reggina 18; Empoli 16; Cagliari 14.
Classifica virtuale:
Juventus 48 punti; Inter e Roma 45; Milan 41; Fiorentina 36; Atalanta 33; Palermo, Sampdoria e Udinese 28; Napoli 27; Genoa 26; Reggina 25; Lazio 24; Livorno 23; Catania e Siena 21; Parma 19; Torino 18; Cagliari 16; Empoli 15.
Questi dati assumo un valore ancora più maggiore se vengono valutati singolarmente e sopratutto se si considera che il dato maggiore su cui sono state stilate queste classifiche è riferito ai calci di rigore.
Indiscutibilmente sotto gli occhi di tutti appare come un campionato che, senza errori, avrebbe permesso a più società, a più squadre, a più staff tecnici, a più tifosi e a più organi di informazione di vivere gli ultimi tre mesi di campionato con le sfumature di un vero e proprio finale trilling di uno dei capolavori di Sir Alfred Joseph Hitchcock.
Ma questo come tutti sappiamo non è potuto accadere, e appare notevolmente inopportuno che chi questa sorta di garantismo avrebbe dovuto farla rispettare, perseveri con l'insistenza di chi è convinto di avere svolto in maniera più che positiva il proprio lavoro e ruolo.
Lo sconcerto si evidenzia nella parte centrale dell'intervita rilasciata dal viareggino Collina; "Si deve avere il diritto di sbagliare senza che questi errori vengano interpretati in una qualche maniera", e su questo punto penso che siamo tutti daccordo, daltronde l'accostamento che spesso e volentieri viene fatto al centravanti che sbaglia a porta vuota un gol calza a pennello. Quello che non appare chiaro e quando Pierluigi Collina dice: "Non è facile essere sereni quando tutto intorno ci sono situazioni che sono poco serene...".
Il contrasto della frase appena riportata appare alquanto evidente con l'avere il diritto di sbagliare senza che niente venga per forza di cose accostato o interpretato nella maniera sbagliata.
Quali sarebbero - verrebbe da chiedere - queste situazioni poco serene, in circostanze in cui non è per niente facile essere sereni?
Ma non siamo di fronte al nuovo calcio?
Ma non siamo finalmente usciti dalle turbative di una banda di truffatori?
A noi di situazioni poco chiare, in questi due lunghi anni, ne sono emerse a fiumi, e per di più a ragion veduta, ma che in questo nuovo mondo del calcio a chi gestisce il controllo delle singole gare, gli arbitri, e della classifica finale cercando di dare la maggiore trasparenza sfugga una frase del genere ci da modo di pensare ancora.
Abbiamo visto gente arrampicarsi sugli specchi per dare un senso a ciò che è emerso dalle varie sentenze sportive di due anni orsono, ma tutto sembra non essere cambiato di una virgola. Quindi stimatissimo Pierluigi Collina, non diamo al popolino le solite frasi di ciorcostanza facendo credere che questa stagione, da un punto di vista arbitrale, è stata positiva, quando in realtà è stata la più disastrosa di sempre e sopratutto, se ha avuto la sensazione di vivere situazioni poco serene, in cui i suoi sottoposti non hanno potuto gestire il loro ruolo nella giusta tranquillità, c'è lo faccia sapere, lo faccia sapere con elementi validi e senza giri di parole, in questo periodo storico avvolto dai giustizialisti, di un po di garantismo che non faccia cadere nel grottesco il termine giustizia ne abbiamo tutti bisogno.

GIGI MONCALVO - PARTE TERZA

IL POST CALCIOPOLI
18. Ti sembra normale che personaggi che hanno promosso azioni di spionaggio industriale a spese dei propri azionisti e, in un caso, dei propri contribuenti, oggi continuino a guidare delle società per azioni o, peggio, delle società sportive?”
Chi è senza vergogna è capace di fare questo ed altro”.
19. Nello scandalo Telecom è saltata fuori una "pratica Como" nella quale risultano spiate e dossierate la Juve e la FIGC. Noi, a differenza dei media silenti, vorremmo sapere quali informazioni furono raccolte e per conto di chi. Ritieni che esista la possibilità di riuscirci o lo scandalo Telecom resterà uno dei tanti misteri italiani?”
Lancio un appello a tutti: cerchiamo l’indirizzo di Tavaroli, Cipriani & C., scriviamo loro una bella lettera e chiediamo di dire, se lo vogliono, quello che sanno limitatamente alla vicenda Telecom e calcio”.
20. Alcuni tifosi credono che ormai quel che stato è stato e che la cosa più giusta da fare sia dimenticare il passato e guardare avanti dando fiducia alla nuova Juve. Sei d’accordo?”
Sì, può essere. Ma a una condizione: che Blanc, Cobolli e la banda spariscano dalla circolazione. Piazza pulita ci sarà solo quando anche loro si toglieranno dai piedi. O tutti o nessuno. Comunque vada, non si può dimenticare, non è un peccato ricordare. La strada sarà lunga e difficile, ci hanno spezzato un sogno, ci hanno tolto certezze e speranze. E questo è delittuoso contro milioni di persone. Pensate a quanti bambini, a quanti ragazzi sono stati presi in giro dai loro coetanei solo perché tifavano Juve, pensate quanti anni ci vorranno prima che qualcuno dell’ultima generazione, nell’acerba età in cui si fa la “scelta” della squadra del cuore, torni a tifare Juve. Sapete quanti tifosi del Milan sono diventati tali grazie al Milan di Sacchi, a Gullit, Van Basten & C. Io temo (ma spero di no) che moltissimi giovani abbiano abbandonato la Juve o non l’abbiano più scelta perché si “vergognavano”. Loro, noi, tutti non abbiamo niente di cui vergognarci. E’ questa la colpa maggiore di chi ha ordito questa vicenda. Ed è rimasto impunito e nascosto nell’ombra”.
21. A distanza di quasi due anni dalla deflagrazione di Calciopoli c'è chi (associazioni, forum su Internet, ecc.) continua a battersi per far emergere la verità sulla regolarità del processo sportivo e sulla fuga di notizie che l'ha generato. Secondo te, a livello legale, è più probabile ottenere giustizia dal TAR o da un giudice in Europa?”
No, la giustizia secondo me non arriva per queste vie. Il potere ha modo di contrastarle, fermarle, disinnescarle. La vicenda Bosman, sfuggita alle mani di chi controllava il calcio mondiale e ha sottovalutato gli effetti di quella storia, ha insegnato ai “parrucconi del calcio” che non bisogna più correre simili pericoli. Se Platini fosse di un’altra pasta e non mirasse al potere, si potrebbe fare appello (e qualcos’altro) alla sua juventinità. Ma io temo invece che sia stato lui a consigliare Blanc e a contribuire a metterlo lì. E quindi non c’è da fidarsi. Occorre, io credo, cercare le carte, i documenti e lentamente, faticosamente, tentare di rompere questo muro che sembra invalicabile ma non lo è. Io sto scrivendo un libro. Sarà composto da quasi 500 pagine. Troppe lo so. Ma la storia va raccontata in modo compiuto. Ho bisogno anche del vostro aiuto per avere documenti, interrogatori, verbali, articoli, interviste. Scriviamolo tutti insieme, facciamo il compendio di tutto ciò che è stato scritto, riordiniamolo e mettiamolo in successione con tutto quello che è avvenuto prima, durante, dopo. Forza, ragazzi, salviamo noi la Juve”.
22. Queste iniziative hanno grosse difficoltà a farsi conoscere dal grande pubblico e in genere sono ignorate dai media. Pensi che a contribuire a questo silenzio ci sia anche la "compostezza", per molti "freddezza", della tifoseria juventina? Come sarebbe stata trattata la materia se avesse riguardato, per esempio, una squadra romana?”
Non ne parliamo. Non vedete che tipo di protezione hanno saputo creare intorno a Totti? Non se ne può parlare male. Mai. Ed è scattata una forma di autocensura dei media. Si tace per paura delle radio romane, delle reazioni dei tifosi, e quindi non si fa più informazione, viene a cadere la libertà di critica e di giudizio. La tifoseria juventina è più composta, ma io non mi preoccupo di questa caratteristica. Mi fa più paura la rassegnazione, la voglia di dimenticare, l’amore della Juve che prevale su tutto il resto e porta ad accettare tutto e tutti, le bufale che ci propinano sulla campagna acquisti, l’assenza di conoscenze tecniche dei dirigenti, un allenatore e alcuni giocatori che non sono da Juve. La mia paura è che noi che stiamo all’opposizione tra un po’ veniamo considerati come dei rompicoglioni e veniamo chiusi in una “riserva indiana”. E questo è l’obiettivo di Cobolli & C. Ma io nella vita ho sempre preferito stare con chi è all’opposizione, mai con chi è al governo. Sono, siamo dei “disubbidienti” che ragionano con la propria testa”.
23. Moncalvo, nelle redazioni le notizie "girano" prima che arrivino al pubblico o ai diretti interessati. Cosa prevedi possa accadere nel breve periodo?“
Hanno bisogno di completare l’opera di demolizione di Moggi, lo vogliono vedere lapidato, distrutto, piegato e vinto. Provano un fastidio enorme che egli sia vivo e vegeto, che scriva su “Libero”, che non stia zitto, che si difenda, che contrattacchi, che controbatta. Non vedete che cosa capita a chi, come me, è andato a presentare il suo libro e lo ha invitato nella trasmissione che avevo su Raidue? Ho dovuto andarmene. La Gazzetta ha perfino fatto scendere in campo il portavoce di Fassino (quando costui contava qualcosa), il capo del sindacato giornalisti Rai (che ha parlato di me anche se io non sono iscritto al suo sindacato, e quindi lui che vuole?), hanno cercato perfino l’on. Lusetti e attivato la Commissione Parlamentare di Vigilanza. Ho preferito andarmene. Non avete visto che cosa hanno messo in piedi per alcune recenti telefonate fatte a Moggi e che non avevano alcun rilievo di indagine? Vogliono fargli il vuoto intorno. Nessuno lo deve più chiamare, va isolato e messo in un ghetto. Rileggetevi poco più sopra le frasi del vicedirettore del Corriere della Sera, Di Vico.”
24. Nuovo Governo, secondo te cambierà qualcosa? Quali sono le tue previsioni?
“No, non cambierà niente. Ma quale governo ha la forza e la determinazione per mandare a casa Matarrese, Carraro, Petrucci, Abete, Gussoni. Costoro fanno comodo a tutti. In questi anni hanno fatto (o fatto credere di aver fatto) talmente tanti favori che ci sarà sempre chi gli deve qualcosa e sarà disposto a salvarli. Anni fa Gianfranco Fini, che era al governo, fece una terribile battaglia contro Carraro. Persa.”
25. A livello di giustizia sportiva, è ammissibile, a tuo parere, un superpotere decisionale concentrato in un solo uomo, Palazzi, senza nessun contrappeso alle sue decisioni?”
No, questa è dittatura. Ci vogliono sempre dei bilanciamenti, degli organi di controllo. Altrimenti è il caos. E’ vero che quelli di adesso non controllano nulla, poiché sono stati nominati da chi dovrebbe essere controllato, ma un uomo solo avrebbe nelle sue mani troppo potere e potrebbe abusarne”.
LA NUOVA JUVE
26. Sono passati già due anni del piano quinquennale descritto da Blanc. Vedi segnali che fanno sperare nel pronto ritorno ad una società e una squadra competitiva ai massimi livelli italiani ed europei? Vedi le competenze necessarie?”
No, purtroppo. Non ho speranze. Vedo incapacità tecnica, confusione di ruoli, indecisione, titubanze. I nodi da sciogliere sono due: anche la Juve ha bisogno di un “padrone” che alla fine della stagione firmi l’assegno come fanno Berlusconi, Moratti, Sensi, Garrone e altri. Noi non ce l’abbiamo. Secondo: ci vuole un direttore sportivo o direttore generale, e potrebbe anche essere lo stesso allenatore a racchiudere queste due figure (ma se ci fosse un Lippi o un Capello), che diriga le operazioni dal punto di vista tecnico e di raccordo tra la squadra e la società. E’ un po’ il motivo per cui Mancini ogni tanto batte in testa e minaccia le dimissioni. Insomma ci vuole un nuovo Moggi. O forse quello di prima, il mio amico Luciano. Marotta? Può essere ma gli manca il Garrone della situazione e rischierebbe di essere stritolato dal sistema torinese. E’ bravo, intelligente, non so se cadrà in tentazione. Voi le vedete queste due figure, l’uomo dell’assegno e il nuovo Moggi, sulla piazza, e all’orizzonte?”
27. Cobolli è rientrato in Lega dalla finestra quando prima, a settembre 2007, gli avevano sbarrato la porta bocciandolo. Cosa pensasti allora? Chi detiene il potere ora?
“Quella sconfitta di Cobolli è una pagina tutta da ridere. Pensava di andare in Lega, raccontare due balle, fare il figo e si illudeva che i voti si prendessero così. Ci vuole il metodo Matarrese: corridoi, telefonate, incontri, promesse, alleanze, qualche balla, un pò di aiuti di quà e di là. La Juve di Cobolli nel palazzo non conta e non conterà niente. Il palazzo non è grato alla Juve per essere stata di esempio, ma a chi l’ha giustiziata (a cominciare da Moratti e dalle intercettazioni) e a chi non ha mosso un dito. Pensate che qualcuno sia “passato all’incasso” o abbia “trattato” con la Federazione quando avevamo in mano l’arma del ricorso al TAR? Era quello il momento in cui bisognava portare a casa qualcosa. Il ragionamento da fare era: “Noi non ricorriamo al Tar se voi…”. E invece avete visto gli arbitraggi? Ormai un arbitro che dirige la Juve ha una sola preoccupazione: non favorirci, non fischiare il giusto, non sembrare che egli faccia o abbia fatto parte di quel sistema, mostrarsi “onesto” fischiandoci sempre contro. Tutto il contrario di ciò che gli arbitri fanno con i nuovi padroni dell’Inter”.
28. Pensi di aver pagato in Rai la scelta di dare spazio a Moggi? In Rai si paga se si va controcorrente?
”Sì, l’ho detto. E vi invito a rileggere le mie precedenti risposte su questo punto. Ma io ho la coscienza a posto, non devo giustificare nulla (ci mancherebbe altro che devo spiegare le ragioni per cui ho invitato Moggi: faceva e fa notizia!), e vado a testa alta. Sempre e comunque. Trovatemi un altro che si è dimesso dalla Rai senza avere in tasca un altro contratto. Non sono mica come Santoro, io: ha fatto credere che era stato cacciato, che era disoccupato, ma quando mai? Continuava a prendere uno stipendio d’oro”.
29. Per ultimo, da vero juventino pensi che rivivremo di nuovo le emozioni a cui la squadra ci aveva abituati oppure dovremo dire definitivamente addio alla Juve che eravamo abituati ad amare?
“Non fatemi sembrare rassegnato e privo di speranze. Le speranze io le ho, ma alle condizioni che dicevo prima: che questi se ne vadano. Ci hanno distrutto un sogno, la cosa più bella che potesse esistere, il gusto della vittoria, l’orgoglio dell’appartenenza, la nostra forza, la nostra compattezza. Come si possono perdonare i “colpevoli” che hanno distrutto tutto questo e che hanno consentito agli altri di deriderci, umiliarci, schiacciarci. Si possono perdonare a una sola condizione: che ci spieghino, chiaro e in modo convincente, perché hanno fatto tutto questo e come sono andate davvero le cose. Ma non lo faranno mai. Altrimenti, se dicessero la verità chiuderemmo le porte della sala e gli daremmo una lezione. Comunque sia, we’ll never walk alone, anche noi non cammineremo mai soli!
Forza Juve, e scrivetemi: http://www.gigimoncalvo.it/
leggi l'intervista completa su http://www.ju29ro.com/

domenica 25 maggio 2008

EXPLOIT CAF

ELITLOPP 2008

EXPLOIT CAF

1.09.8

NUOVO RECORD DELLA CORSA

di Cirdan

LANA DEL RIO

PR.CARLO CACCIARI FILLY Premio: E 110.000 Distanza: mt. 1600

1 LEFIRST 1600 R.Andreghetti
2 LOVELY BI 1600 A.Guzzinati
3 LINDA DI CASEI 1600 A.Gocciadoro
4 LOBELIA 1600 Gio.Fulici
5 LEPTIS MAGNA EST 1600 L.Orlandi
6 LOVER POWER 1600 E.Bellei
7 LA ROCHELLE 1600 G.Lombardo jr
8 LENA DI AZZURRA 1600 R.Vecchione
9 LITTLE GIRL BI 1600 A.Farolfi
10 LIBERTE 1600 Mollo Santo
11 LOLAMAR 1600 L.Baldi
12 LIVIAN GRIF 1600 Mas.Castaldo
13 LA DANY BAR 1600 M.Smorgon
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1 6 LOVER POWER 1.13.5
2 1 LEFIRST 1.13.6
3 11 LOLAMAR 1.13.9
4 4 LOBELIA 1.13.9
5 8 LENA DI AZZURRA 1.14.0
6 5 LEPTIS MAGNA EST 1.14.1
7 7 LA ROCHELLE 1.14.1
8 12 LIVIAN GRIF 1.14.2
9 10 LIBERTE 1.14.3
10 3 LINDA DI CASEI RP
11 13 LA DANY BAR RP
12 2 LOVELY BI RP
13 9 LITTLE GIRL BI RIT.IN CORSA


In queto CARLO CACCIARI direi bene, molto bene LOVE POWER: partenza veloce, in posizione alla corda e ottimo finisch, al pari di LEFIRST.Ottima LOLAMAR dalla seconda fila che ha fornito prestazione maiuscola come nella precedente uscita sulla pista.Regolarissimo il percorso di LOBELIA, che magari non sarà mai un fenomeno, ma ha duttilità, praticita e serietà dalla sua, e l'ascesa potrebbe non finire qui.LENA DI AZZURRA ci ha provato, sbagliatissima la quota al tot (oltre il 40 contro 1), per corsie esterne raccogliendo molto meno di quel che in corsa ha mostrato.Passo indietro per LA ROCHELLE, attesa dopo il record milanese e arresasi a traguardo lontano.Le altre, chi più chi meno, a partire da LINDA DI CASEI hanno sostanzialmente deluso.


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PR.T.GIOVANARDI-MEM.G.GHITTONI Premio: E 294.800 Distanza: mt. 2060


1 LETTER FROM OM 2060 P.Romanelli
2 LEONER OF BROWN 2060 R.Andreghetti
3 LORENZ DEL RONCO 2060 M.Minopoli jr
4 LIGHT KRONOS 2060 A.Guzzinati
5 LEONIDA GRIF 2060 M.Smorgon
6 LANA DEL RIO 2060 Mollo Santo
7 LAGAS BI 2060 D.Nobili
8 LEONARDO GRIF 2060 R.Vecchione
9 LE ROI GAR 2060 E.Bellei
10 LANDO CORREVO 2060 G.Lombardo jr
11 LONG DRINK LUCY 2060 F.Ciulla
12 LITTLE GAMES 2060 A.Gocciadoro
13 LARRY BIRD 2060 L.Baldi
14 LEX BIEFFE 2060 Mau.Visco
15 LEWIS OM 2060 A.Farolfi
16 LEROY BAR 2060 L.Becchetti
17 LUXOR DELLE BADIE 2060 Fr.Facci
-------------------------------------------
1 6 LANA DEL RIO 1.14.3
2 1 LETTER FROM OM 1.14.6
3 5 LEONIDA GRIF 1.14.8
4 10 LANDO CORREVO 1.15.0
5 3 LORENZ DEL RONCO 1.15.1
6 16 LEROY BAR 1.15.3
7 7 LAGAS BI 1.15.4
8 11 LONG DRINK LUCY 1.15.
9 9 12 LITTLE GAMES 1.17.1
10 17 LUXOR DELLE BADIE 1.17.7
11 13 LARRY BIRD 1.17.7
12 2 LEONER OF BROWN RP
13 9 LE ROI GAR RP
14 4 LIGHT KRONOS RP
15 8 LEONARDO GRIF RP
16 14 LEX BIEFFE RP
17 15 LEWIS OM RP


Che dire...........è stato un assolo di LANA DEL RIO, partita come sempre veloce ha dovuto spendere nei primi 200 di gara per poi andare a chiedere, ed ottenere, strada all'iniziale battistrada LORENZ DEL RONCO (28 e qualcosa se non erro il primo parziale).

Poi ha cominciato a decellerare (15 e virgole il paletto che l'ha portata ai primi 600) portando il cronometro dalla sua parte.

l Km iniziale se ne andato comunque in uno svelto 1.15.0 da lì in poi LANA ha sempre controllato tutto e tutti fino ai 400 finali.

In piegata ha cominciato ad accellerare in maniera evidente e con chiusa in 28.7 ha lasciato tutti a lottare solo per le piazze, dimostrando al momento attuale una superiorità netta ed evidente.

Questa figlia di Varenne ha qualità notevoli e una duttilità tattica che potrebbe consentirgli di ambiere al bersaglio grosso di Ottobre.

Sa partire, sa correre sotto, sa impostare da battistrada, ha una chiusa di una violenza che ha questi livelli e con i propri coetanei non ha eguali, e non ha nessun tipo di problema a girare di fuori con percorsi anche onerosi.

Insomma un vero gioiello, che Santo Mollo dovrà gestire al meglio per togliersi molte soddisfazioni.

Questo TITO GIOVANARDI parla comunque in "rosa", viste le altre due posizioni più importanti occupate da altre due femmine terribili: LETTER FROM OM che ha comunque confermato quello che di buono ha finora fatto e LEONIDA GRIF (altra Varenne), che ha confermato l'ottima prestazione di Padova.

Primo dei maschietti è stato LANDO CORREVO, che pian piano sta dimostrando ai più di saper correre anche da dietro, nonostante la prima fila rimanga comunque una sua prerogativa.

LORENZ DEL RONCO ha strappato in avvio e nonostante il quinto posto ha corso in maniera più che dignitosa.

LE ROY GAR ci ha provato ai fianchi di LANA DEL RIO dopo il passaggio davanti alle tribune, ma alla LANA odierna si è dovuto arrendere al primo vero cambio di ritmo imposto dalla leader.

LAGAS BI ha pagato la posizione di partenza con il numero 7, quindi solamente rimandato, alla prima occasione che avrà nuovamente a disposizione un buon numero lo rivedremo sicuramente protagonista.

LONG DRINK LUCY ha completato il percorso in maniera più che onesta e dopo il quinto posto del Premio Veneto oggi ha raccolto un confortante ottavo, ma le per le sue catteristriche il miglio sembra la distanza in cui potrà dare molte soddisfazioni a Cristian Rizzo.

Degli altri più attesi LARRY BIRD ha concluso ancora lontano, mentre per il vincitore del Veneto, LEONER OF BROWN, si può tranquillamente parlare di una giornata storta e non di una bocciatura, così come per LEONARDO GRIF.

Insomma un TITO GIOVANARDI che ha parlato al femminile, con tre giumente nei primi tre posti e maschietti tutti rimandati al prossimo appuntamento. Quello che si è evidenziato oggi è la netta superiorità di LANA DEL RIO dal resto della compagnia, e non stupirebbe vederla protagonista per i restanti impegni della stagione fino all'apice del Derby capitolino.
di Cirdan

sabato 24 maggio 2008

SI PARTE

Domenica a Modena andrà in scena uno degli appuntamenti cardine per i tre anni, il Gran Premio Tito Giovanardi, primo Gruppo I della stagione sulla distanza del doppio chilometro. La corsa si presenta quanto mai aperta ed incerta, considerando il fatto che la generazione 2005 non ha ancora stabilito una vera e propria gerarchia, con i migliori ad avvicendarsi di volta in volta in vetta alla graduatoria. In diciassette hanno accettato la sfida del Ghirlandina, con le due file a ranghi compatti ed il solo Luxor delle Badie al via in terza fila. Proprio il fatto che Luxor, vincitore del Berardelli, non abbia i parametri per rientrare nei migliori sedici, la dice lunga sull’estrema omogeneità dei valori in campo. Il pronostico non può prescindere tuttavia da Lana del Rio (foto in alto). La femmina di Santo Mollo, alla prima esperienza contro i maschi, presenta curriculum di primissimo livello, sei primi ed un secondo posto nelle ultime sette uscite. Tale score, unito all’impressione destata in occasione degli ultimi due risalti a Milano, uno in un invito a media di 1.13.9 affrontato in costruzione esterna, l’altro nel GP Emilia, siglato in 1.14.3 sui 2000 metri dopo strappo veemente nella prima frazione e chiuso con fresco scatto nel tratto finale, collocano la figlia di Varenne nel ruolo di sicura protagonista. Il numero poi sembra ottimale per andare al comando nel giro di 2-300 metri, e una volta in testa, la portacolori di Francesca Lo Bue diventerebbe dura da battere. I più veloci al suo interno sembrano Lorez del Ronco, un vero proiettile allo stacco, e Leoner of Brown. Il pupillo di Monopoli potrebbe dunque rivestire ruolo determinante nell’economia della prova, visto che una volta al comando sicuramente concederebbe via libera a Lana, aumentando nel qual caso anche le possibilità di entrare nel marcatore. Leoner, al contrario, potrebbe legittimamente puntare ad una corsa di testa. Il cavallo di Edy Moni, interpretato anche in questa occasione da Roberto Andreghetti, visto che il suo creatore sembra essere fedele al motto di squadra che vince non si cambia, ha messo in mostra durante la pur breve carriera di possedere oltre che mezzi importanti anche un notevole scatto iniziale. Il secondo posto nell’ormai lontano ma pur sempre basilare Gran Criterium è giunto proprio grazie ad una oculata tattica di rimessa. La vittoria ottenuta nel Veneto a Milano, in percorso esterno, ne ribadisce la forma ed il potenziale. Arroccata in corda troviamo Letter From Om. La cavalla di Paolo Romanelli, che ne sarà l’interprete visto che i problemi alla schiena sono stati risolti, ha subìto una severa quanto inaspettata battuta d’arresto nell’Elwood Medium Filly, quando da salda leader è stata battuta di precisione da Lefirst, ma le vittorie ottenute precedentemente a Roma e a Bologna contro i maschi, la pongono sicuramente tra i pretendenti al successo. Il numero uno inoltre le permetterà di restare alla finestra per poi mettere in campo il suo violento allungo da distanza ravvicinata. Altro probabile protagonista è Light Kronos, vincitore in dicembre a Roma dell’Allevatori. Certo la forma attuale non è molto indicativa, visto che dopo aver trascorso l’inverno in Belgio, ha fatto ritorno in Italia pochi giorni prima del rientro nel Premio Veneto, dove è apparso decisamente lontano dalla migliore condizione sbagliando in partenza. Il lavoro di Ehlert lo avrà portato avanti, quindi legittime sono le sue aspirazioni per cercare un risultato di rilievo. Leonardo Grif deve affrontare un complesso numero otto, ma il pupillo di casa Cariello è apparso in costante crescita, come dimostra il secondo posto in 1.12.8 nell’ultimo ingaggio milanese, dove ha rifinito la condizione. Restando in casa Baldi, Lorenzo sarà il driver di Larry Bird, mentre Leonardo avrà in sediolo Roberto Vecchione. Larry apre la lunga lista di quei cavalli che rappresentano più di una sorpresa. Il cambio di allenatore ha contrassegnato un netto miglioramento di rendimento del figlio di Ganymede, capace di vincere ben sei delle nove corse disputate in carriera, e dopo lo svarione nel Veneto finito ancor prima di iniziare, è arrivata la vittoria sui 2000 a Bologna alla media ufficiale di 1.15.5 che nasconde un rotolo personale in meno di 2.29. Long Drink Lucy, recorder della generazione per un breve periodo, cerca il riscatto dopo l’abulica prestazione nel GP Veneto. Leonida Grif ha palesato doti di coraggio e generosità, piazzato nel Berardelli e nell’Italia, prima di vincere in 1.13.7 l’Elwood Medium a Padova, sempre con percorsi esterni. Little Games, dopo il secondo posto nell’Allevatori, ha trascorso una lunga pausa rigenerante, rientrando con un prudente terzo posto. Le Roi Gar presenta curriculum di tutto rispetto, ma ha fallito le uniche due corse in cui ha affrontato i primi della classe, a Bologna e Padova. Lewis Om ha mostrato all’ultima di possedere parziale devastante, dominando i rivali grazie ad una bordata nell’ordine del 27.5. Il velocissimo Lagas Bi, trovando un posto lungo la corda, può centrare il marcatore, mentre compito più complesso attende Lex Bieffe e Leroy Bar. Le femmine saranno protagoniste sul miglio del Carlo Cacciari. Anche qui al via un elevato numero di partenti, ben tredici. Favori del pronostico indirizzati su La Rochelle, la cavalla di Cesare Meli che ha ottenuto il record della generazione con un perfetto coast to coast all’ultima uscita, riscattando così l’opaca prestazione fornita a Padova. Il numero in verità non sembra dei più semplici, ma La Rochelle ha dimostrato di sapersela cavare in contesti più complicati. Anche Lovely Bi, terza nell’Emilia di Lana del Rio, sembra nelle condizioni tattiche per ambire alla vittoria. Al suo interno parte Lefirst, la vincitrice dell’Elwood Medium Filly. Anche per la portacolori della Torre, preparata da Massimo Trevellin ed interpretata da Roberto Andreghetti, la corda e la velocità al via sono una solida base da cui partire. Tante altre partecipanti, legittimamente, ambiscono ad un ruolo di primo piano. In particolare suscita interesse Lover Pover, restante su vittoria in 1.14.5 a Montecatini, così come Linda di Casei, ottima seconda nell’Emilia prima di finire squalificata per un banale errore l’ultima volta. Lena di Azzurra deve fare i conti con una meccanica non sempre precisa che ne limita talvolta il potenziale. Liberte gode della fiducia del suo entourage, al pari della veloce Lobelia, terza di posizione a Padova . Lolamar ha vinto in bello stile le ultime due corse, mentre Little Girl Bi e Livian Grif hanno dalla loro la griffe dei rispettivi team, Baroncini e Bellei, che inducono a non trascurarle. In definitiva, una prova omogenea, aperta a più soluzioni, con tante che puntano al successo.

venerdì 23 maggio 2008

MEMORIE


« Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana. »
(Giovanni Falcone)
« Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola. »
(Giovanni Falcone)
« La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. »
(Giovanni Falcone)

Gli inizi in Magistratura e gli anni del Pool
Falcone vinse il concorso in Magistratura nel 1964 e per breve tempo fu pretore a Lentini e poi sostituto procuratore a Trapani per dodici anni. Qui, a poco a poco nacque in lui la passione per il diritto penale.
Arrivò a Palermo e dopo l'omicidio del giudice Cesare Terranova cominciò a lavorare all'Ufficio istruzione, che sotto la successiva guida di Rocco Chinnici diviene un esempio innovativo di organizzazione giudiziaria. Chinnici chiamò al suo fianco anche Paolo Borsellino e Falcone, al quale affida, nel maggio 1980, le indagini contro Rosario Spatola: un lavoro che coinvolgeva anche criminali negli Stati Uniti e all'epoca osteggiato da alcuni altri magistrati.
Alle prese con questo caso, Falcone comprese che per indagare con successo le associazioni mafiose era necessario basarsi anche su indagini patrimoniali e bancarie, per ricostruire il percorso del denaro che accompagnava i traffici ed un quadro complessivo del fenomeno, per evitare la serie di assoluzioni con cui si erano conclusi i precedenti processi contro la mafia.
Sono anni tumultuosi che vedono la prepotente ascesa dei Corleonesi, i quali impongono il proprio feudo criminale insanguinando le strade a colpi di omicidi. Emblematici i titoli del quotidiano palermitano L'Ora, che arriverà a titolare le sue prime pagine enumerando le vittime della drammatica guerra di mafia. Tra queste vittime anche svariati e valorosi servitori dello Stato come Pio La Torre, principale artefice della legge Rognoni-La Torre (che introdusse nel codice penale il reato di associazione mafiosa), e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Infine lo stesso Chinnici, al quale succedette Antonino Caponnetto.
Caponnetto si insedia concependo la creazione di un "pool" di pochi magistrati che, così come sperimentato contro il terrorismo, potessero occuparsi dei processi di mafia, esclusivamente e a tempo pieno, col vantaggio sia di favorire la condivisione delle informazioni tra tutti i componenti e minimizzare così i rischi personali, che per garantire in ogni momento una visione più ampia ed esaustiva possibile di tutte le componenti del fenomeno mafioso.
Nello scegliere i suoi uomini, Caponnetto pensa subito a Falcone per l'esperienza ed il prestigio già da lui acquisiti, ed a Giuseppe Di Lello, pupillo di Chinnici. Lo stesso Falcone suggerì poi l'introduzione di Borsellino, mentre la scelta dell'ultimo membro ricadde sul giudice più anziano, Leonardo Guarnotta. La validità del nuovo sistema investigativo si dimostra da subito indiscutibile, e sarà fondamentale per ogni successiva indagine, negli anni a venire.
Ma una vera e propria svolta epocale alla lotta alla mafia sarebbe stata impressa con l'arresto di Tommaso Buscetta, il quale, dopo una drammatica sequenza di eventi, decise di collaborare con la Giustizia. Il suo interrogatorio, iniziato a Roma nel luglio 1984 in presenza del sostituto procuratore Vincenzo Geraci e di Gianni De Gennaro del Nucleo operativo della Criminalpol, si rivelerà determinante per la conoscenza non solo di determinati fatti, ma specialmente della struttura e delle chiavi di lettura dell'organizzazione definita Cosa nostra.
Il Maxiprocesso di Palermo
Le inchieste avviate da Chinnici e portate avanti dalle brillanti indagini di Falcone e di tutto il pool portarono così ad istruire il primo grande processo contro la mafia.
Questa reagì bruciando il terreno attorno ai giudici: dopo l'omicidio di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà nell'estate 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, si cominciò a temere per l'incolumità anche dei due magistrati, che furono indotti per motivi di sicurezza a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell'Asinara (incredibilmente dovettero pagarsi le spese di soggiorno e consumo bevande), dove gettarono le basi dell'istruttoria.
Sotto la scure della minaccia mafiosa, i magistrati lavorano con encomiabile dedizione, spesso senza sosta, tributando forti ed inevitabili restrizioni alle proprie vite personali.
Nel dicembre 1986, Borsellino viene nominato Procuratore della Repubblica di Marsala e lascia il pool. Come ricorderà Caponnetto, a quel punto gli sviluppi dell'istruttoria includono ormai quasi un milione di fogli processuali, rendendo necessaria l'integrazione di nuovi elementi per seguire l'accresciuta mole di lavoro. Entrarono così a far parte del pool altri tre giudici istruttori: Ignazio De Francisci, Gioacchino Natoli e Giacomo Conte.
E' in questa fase che va registrata una prima clamorosa polemica che scaturisce da un articolo dello scrittore Leonardo Sciascia, il quale su un articolo del Corriere della Sera del gennaio 1987 parla infelicemente di "professionisti dell'antimafia", cosa che verrà interpretata strumentalmente, e, sebbene chiarita da un successivo incontro tra Sciascia e Borsellino, anticiperà la prossima stagione dei veleni, tanto che parte dell’opinione pubblica inizia a criticare la figura dei magistrati e le loro stesse scorte.
Ma il 16 novembre 1987 diventa una data storica e insieme un momento fondamentale per il Paese, che per la prima volta inchioda la mafia traducendola alla Giustizia. Il Maxiprocesso sentenzia 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere segnando un grande successo per il lavoro svolto da tutto il pool antimafia.
La fine del Pool Antimafia
Se lo Stato aveva conseguito una vittoria memorabile, la partita era lungi da considerarsi conclusa. Inoltre, Caponnetto si apprestava a lasciare l'incarico per ragioni di salute, e raggiunti limiti di età. Alla sua sostituzione vennero candidati Falcone, ed Antonino Meli. Nel settembre 1987, dopo una discussa votazione, il Consiglio Superiore della Magistratura nominò Meli. A favore di Falcone, votò anche il futuro Procuratore della Repubblica di Palermo, Giancarlo Caselli.
La scelta di Meli, generalmente motivata in base alla mera anzianità di servizio, piuttosto che alla maggiore competenza effettivamente maturata da Falcone, innescò amare polemiche, e venne interpretata come una possibile rottura dell'azione investigativa; Borsellino stesso aveva lanciato a più riprese l'allarme a mezzo stampa, rischiando conseguenze disciplinari; esternazioni che di fatto non sortirono alcun effetto.
Meli si insedia nel gennaio 1988 e finisce con lo smantellare il metodo di lavoro intrapreso, riportandolo indietro di un decennio. Da qui in poi Falcone e i suoi dovettero fronteggiare un numero sempre crescente di ostacoli alla loro attività. La mafia intanto non ha abbassato la guardia, ed uccide l'ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, che aveva denunciato le pressioni subite da Vito Ciancimino durante il suo mandato. Tempo dopo, i due membri del pool Di Lello e Conte si dimisero polemicamente. Non ultimo, persino la Cassazione sconfessò l'unitarietà delle indagini in fatto di mafia affermata da Falcone.
Il 30 luglio Falcone richiese addirittura di essere destinato a un altro ufficio, ma Meli, ormai in aperto contrasto con Falcone, e, come premonizzato da Borsellino, sciolse ufficialmente il pool. Un mese dopo, Falcone ebbe l'ulteriore amarezza di vedersi preferito Domenico Sica alla guida dell'Alto Commissariato per la lotta alla Mafia. Nonostante gli avvenimenti, tuttavia, Falcone proseguì ancora una volta il suo straordinario lavoro, realizzando una importante operazione antidroga in collaborazione con Rudolph Giuliani, allora procuratore distrettuale di New York.
Il fallito attentato dell'Addaura e la vicenda del "corvo
Il 21 giugno 1989, Falcone divenne obiettivo di un attentato presso la sua villa al mare, comunemente detto attentato dell'Addaura e sul quale ancor oggi non è stata fatta piena luce.
I sicari di Totò Riina e di altri mafiosi ritenuti mandanti, piazzarono un borsone con cinquantotto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli, a pochi metri dalla villa del giudice, che stava per ospitare i colleghi Carla del Ponte e Claudio Lehmann. Il piano era probabilmente quella di assassinare il giudice allorché fosse sceso dalla villa sulla spiaggia per prendere il bagno, ma l'attentato fallì, probabilmente perché i killer non riuscirono a far esplodere l'ordigno a causa di un detonatore difettoso, dandosi quindi alla fuga e abbandonando il borsone.
Falcone dichiarò a riguardo che a volere la sua morte si trattava probabilmente di qualcuno che intendeva bloccarne l’inchiesta sul riciclaggio in corso, parlando inoltre di "menti raffinatissime", e teorizzando la collusione tra soggetti occulti e criminalità organizzata, come avvenuto per l'omicidio Dalla Chiesa. Espressioni in cui molti lessero i servizi segreti deviati. Il giudice, in privato, si manifestò alludendo a Bruno Contrada, funzionario del Sisde che aveva costruito la sua carriera al fianco di Boris Giuliano. Per tale circostanza, Contrada verrà poi arrestato e condannato in primo grado a dieci anni di carcere per associazione mafiosa.
Ma al Palazzo di Giustizia di Palermo aveva preso corpo anche la nota vicenda del "corvo": una serie di lettere anonime (di cui un paio addirittura composte su carta intestata della Criminalpol), che diffamarono il giudice ed i colleghi Giuseppe Ayala, Giammanco, Prinzivalli più altri come il Capo della Polizia di Stato, Vincenzo Parisi, ed importanti investigatori come De Gennaro e Antonio Manganelli.
I contenuti, particolarmente ben dettagliati, furono alimentati ad arte sino a destare notevole inquietudine negli ambienti giudiziari: in esse Falcone veniva millantato soprattutto di avere "pilotato" il ritorno di un pentito, Totuccio Contorno, al fine di sterminare i corleonesi. Si arrivò a presumere che tali missive dovessero servire per spiegare la sua morte come vendetta di quest'ultimi nel poi fallito attentato, ma gli accertamenti per individuare gli effettivi responsabili delle missive non ebbero esito, e l'unico indagato, il giudice Alberto Di Pisa, verrà poi assolto in Appello per non aver commesso il fatto.
Una settimana dopo il fallito attentato il C.S.M. decise la nomina di Falcone a procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica.
La stagione dei veleni
Nell'agosto 1989 iniziò a collaborare coi magistrati anche il mafioso Giuseppe Pellegriti, fornendo preziose informazioni sull’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, e rivelando al pubblico ministero Libero Mancuso di essere venuto a conoscenza, tramite il boss Nitto Santapaola, di fatti inediti sul ruolo del politico Salvo Lima negli omicidi di Piersanti Mattarella e Pio La Torre. Mancuso informò subito Falcone, che interrogò il pentito a sua volta, e, dopo due mesi di indagini, lo incrimina insieme ad Angelo Izzo, spiccando nei loro confronti due mandati di cattura per calunnia (poi annullati dal Tribunale della libertà in quanto essi erano già in carcere). Pellegriti, dopo l’incriminazione, ritrattò, attribuendo a Izzo di essere l’ispiratore delle accuse.
Lima e la corrente di Giulio Andreotti, erano spregiati dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e tutto il movimento antimafia, e l’incriminazione di Pellegriti venne vista come una sorta di cambiamento di rotta del giudice dopo il fallito attentato, tanto che ricevette nuove e dure critiche al suo operato da parte di esponenti come Carmine Mancuso, Alfredo Galasso e in maniera minore anche da Nando Dalla Chiesa, figlio del compianto generale. Gerardo Chiaromonte, presidente della Commissione Antimafia, scriverà poi, in riferimento al fallito attentato all'Addaura contro Falcone: «I seguaci di Orlando sostennero che era stato lo stesso Falcone a organizzare il tutto per farsi pubblicità».
Nel gennaio '90, Falcone coordina un'altra importante inchiesta che porta all'arresto di trafficanti di droga colombiani e siciliani. Ma a maggio riesplose, violentissima, la polemica, allorquando Orlando interviene alla seguitissima trasmissione televisiva di Rai 3, Samarcanda dedicata all'omicidio di Giovanni Bonsignore, scagliandosi contro Falcone, che, a suo dire, avrebbe "tenuto chiusi nei cassetti" una serie di documenti riguardanti i delitti eccellenti della mafia. Le accuse erano indirizzate anche verso il giudice Roberto Scarpinato, oltre al procuratore Pietro Giammanco, ritenuto vicino ad Andreotti. Si asseriscono responsabilità politiche alle azioni della cupola mafiosa (il cosiddetto "terzo livello") ma Falcone dissente sostanzialmente da queste conclusioni, sostenendo, come sempre, la necessità di prove certe e bollando simili affermazioni come "cinismo politico".
La polemica sancì la rottura del fronte antimafia, e da allora in poi Cosa Nostra si avvantaggerà della tensione strisciante nelle istituzioni, cosa che avvelenò sempre più il clima attorno a Falcone, isolandolo. Alle seguenti elezioni dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura del 1990, Falcone venne candidato per le liste collegate "Movimento per la giustizia" e "Proposta 88", ma non viene eletto. Fattisi poi via via sempre più aspri i dissensi con Giammanco, Falcone optò per accettare la proposta di Claudio Martelli, allora vicepresidente del Consiglio e ministro di Grazia e Giustizia ad interim, a dirigere la sezione Affari Penali del ministero.
L'ultima battaglia
In questo periodo, che va dal 1991 alla sua morte, Falcone fu molto attivo, cercando in ogni modo di rendere più incisiva l'azione della magistratura contro il crimine. Tuttavia, la vicinanza di Giovanni Falcone al socialista Claudio Martelli costò al magistrato siciliano violenti attacchi da parte del PCI/PDS, di Leoluca Orlando e di parte della stampa.
Falcone in realtà profuse tutta la propria professionalità nel preparare leggi che il Parlamento avrebbe successivamente approvato, ed in particolare sulla procura nazionale antimafia. Mentre si discuteva di quest'ultima presso la Camera dei Deputati, un esponente del gruppo degli indipendenti di sinistra presentò un emendamento ad hoc per escludere Falcone da una simile carica, votato dal gruppo del PCI/PDS.
Alcuni magistrati avversarono poi il progetto della Superprocura, denunciando il rischio che essa costituisse paradossalmente un elemento strategico nell'allontanamento di Falcone dal territorio siciliano e nella neutralizzazione reale delle sue indagini. [2]
Il 15 ottobre 1991 Giovanni Falcone è costretto a difendersi davanti al CSM in seguito all'esposto presentato il mese prima (l'11 settembre) da Leoluca Orlando. L'esposto contro Falcone era il punto di arrivo della serie di accuse mosse da Orlando al magistrato palermitano, il quale ribatté ancora alle accuse definendole «eresie, insinuazioni» e «un modo di far politica attraverso il sistema giudiziario». Sempre davanti al CSM Falcone, commentando il clima di sospetto creatosi a Palermo, affermò che «non si può investire nella cultura del sospetto tutto e tutti. La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità, è l’anticamera del khomeinismo».
In questo contesto fortemente negativo, nel marzo 1992 viene assassinato Salvo Lima, omicidio che rappresenta un importante segnale dell'inasprimento della strategia mafiosa la quale rompe così gli equilibri consolidati ed alza il tiro verso lo Stato per ridefinire alleanze e possibili collusioni. Falcone era stato informato poco più di un anno prima con un dossier dei Carabinieri del Ros che analizzava l'imminente neo-equilibrio tra mafia, politica ed imprenditoria, ma il nuovo incarico non gli aveva permesso di ottemperare ad ulteriori approfondimenti.
Il ruolo di "Superprocuratore" a cui stava lavorando avrebbe consentito di realizzare un potere di contrasto alle organizzazioni mafiose sin lì impensabile. Ma ancor prima che egli vi venisse formalmente indicato, si riaprirono ennesime polemiche sul timore di una riduzione dell'autonomia della Magistratura ed una subordinazione della stessa al potere politico. Esse sfociarono per lo più in uno sciopero dell'Associazione Nazionale Magistrati e nella decisione del Consiglio Superiore della Magistratura che per la carica gli oppose inizialmente Agostino Cordova.
Sostenuto da Martelli, Falcone rispose sempre con lucidità di analisi e limpidezza di argomentazioni, intravedendo, presumibilmente, che il coronamento della propria esperienza professionale avrebbe definito nuovi e più efficaci strumenti al servizio dello Stato. Eppure, nonostante la sua determinazione, egli fu sempre più solo all'interno delle istituzioni, condizione questa che prefigurerà tristemente la sua fine. Emblematicamente, Falcone ottenne la nomina a Superprocuratore il giorno prima della sua morte.
Nell'intervista rilasciata a Marcelle Padovani per "Cose di Cosa Nostra", Falcone attesta la sua stessa profezia: "Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere."
La strage di Capaci
Giovanni Falcone muore nella c.d. strage di Capaci, il 23 maggio 1992[3]. Stava tornando, come era solito fare nei fine settimana, da Roma. Il jet di servizio partito dall'aeroporto di Ciampino intorno alle 16:45 arriva a Punta Raisi dopo un viaggio di 53 minuti. Lo attendono tre autovetture del tipo Fiat Croma, gruppo di scorta sotto comando del capo della squadra mobile della Polizia di Stato, Arnaldo La Barbera.
Appena sceso dall'aereo, Falcone si sistema alla guida della vettura bianca, ed accanto prende posto la moglie Francesca Morvillo mentre l'autista giudiziario Giuseppe Costanza occupa il sedile posteriore. Nella Croma marrone, c'è alla guida Vito Schifani, con accanto l'agente scelto Antonio Montinaro e sul retro Rocco Di Cillo, mentre nella vettura azzurra ci sono Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Al gruppo è in testa la Croma marrone, poi la Croma bianca guidata da Falcone, e in coda la Croma azzurra.
Le auto lasciano l'aeroporto imboccando l'autostrada in direzione Palermo. La situazione appare tranquilla, tanto che non vengono attivate neppure le sirene. Ma qualcuno, nell'ombra, ha già tramato. Sa dell'arrivo del giudice: particolari che dovrebbero essere coperti dal più rigido riserbo. Su una strada parallela, una macchina si affianca agli spostamenti delle tre Croma blindate, per darne segnalazione ai killer in agguato sulle alture sovrastanti il litorale; sono gli ultimi secondi prima della strage.
Otto minuti dopo, alle ore 17:58, presso il Km.5 della A29, una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in un tunnel scavato sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine viene azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina. Pochissimi istanti prima della detonazione, Falcone si era accorto che le chiavi di casa erano nel mazzo assieme alle chiavi della macchina, e le aveva tolte dal cruscotto, provocando un rallentamento improvviso del mezzo. Brusca, rimasto spiazzato, premette il pulsante in ritardo, sicché l'esplosione investe in pieno solo La Croma marrone, prima auto del gruppo, scaraventandone i resti oltre la carreggiata opposta di marcia, sin su un piano di alberi; i tre agenti di scorta muoiono sul colpo.
La seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, si schianta invece contro il muro di cemento e detriti improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio. Falcone e la moglie, che non indossano le cinture di sicurezza, vengono proiettati violentemente contro il parabrezza. Costanza, fortunosamente, sopravvive, accusando poi solo delle lievi ferite. Così come rimangono feriti anche gli agenti della terza auto, la Croma azzurra, che infine resiste, e si salvano miracolosamente anche un'altra ventina di persone che al momento dell'attentato si trovano a transitare con le proprie autovetture sul luogo dell'eccidio.
La deflagrazione provoca un'esplosione immane ed una voragine enorme sulla strada.[4]. In un clima irreale e di iniziale disorientamento, altri automobilisti ed abitanti dalle villette vicine danno l'allarme alle autorità e prestano i primi soccorsi tra la strada sventrata ed una coltre di polveri.
Venti minuti dopo circa, Giovanni Falcone viene trasportato sotto stretta scorta di un corteo di vetture e di un un elicottero dell'Arma dei Carabinieri presso l'ospedale Civico di Palermo. Francesca Morvillo viene prima trasportata al pronto soccorso dell'ospedale Cervello, e poi trasferita anch'essa al Civico, presso il reparto di Neurochirurgia. Gli altri agenti e i civili coinvolti vengono anch'essi trasportati in ospedale mentre La Polizia Scientifica esegue i primi rilievi ed i Vigili del Fuoco espletano il triste compito di estrarre i cadaveri irriconoscibili di Schifani, Montinaro e Di Cillo.
Intanto i media iniziano a diffondere la notizia di un attentato a Palermo, ed il nome del giudice Falcone trova via via conferma. L'Italia intera, sgomenta, trattiene il fiato per la sorte delle vittime con tensione sempre più viva e contrastante, sinché alle 19:05, un'ora e sette minuti dall'attentato, Giovanni Falcone muore dopo alcuni disperati tentativi di rianimazione, a causa della gravità del trauma cranico e delle lesioni interne. Francesca Morvillo morirà anch'essa, poche ore dopo.
Due giorni dopo, mentre a Roma viene eletto Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, a Palermo si svolgono i funerali delle vittime ai quali partecipa l'intera città, assieme a colleghi e familiari e personalità come Giuseppe Ayala e Tano Grasso. I più alti rappresentanti del mondo politico, come Giovanni Spadolini, Claudio Martelli, Vincenzo Scotti, Giovanni Galloni, vengono duramente contestati dalla cittadinanza; e le immagini televisive delle parole e del pianto straziante della vedova Schifani susciteranno particolare emozione nell'opinione pubblica.
Il giudice Ilda Boccassini urlerà la sua rabbia rivolgendosi ai colleghi nell'aula magna del Tribunale di Milano: «Voi avete fatto morire Giovanni, con la vostra indifferenza e le vostre critiche; voi diffidavate di lui; adesso qualcuno ha pure il coraggio di andare ai suoi funerali».
All'esecrazione dell'assassinio, il 4 giugno si unisce anche il Senato degli Stati Uniti, con una risoluzione (la n. 308) intesa a rafforzare l'impegno del gruppo di lavoro italo-americano, di cui Falcone era componente[5]. Intanto, Paolo Borsellino, intraprenderà la sua ultima lotta contro il tempo, che durerà appena altri cinquantotto giorni, indagando nel tentativo di dare giustizia all'amico Giovanni.