..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

sabato 30 maggio 2020

C'è

C'è sempre un motivo quando le nuvole attraversano il cielo. 
Una ragione che le fa fermare impedendo di vedere il sole e le stelle. 
Quello stesso movente che dopo averle messe tra noi e il celeste le fa lacrimare, lasciandoci soltanto una voglia di pioggia. 
C'è sempre un motivo quando il mare si infrange sugli scogli. 
Una ragione che lo porta a non fermare la sua azione dirompente. 
Quello stesso movente che impedisce all'onda di avere la meglio sui faraglioni, e a questi ultimi di contrastare lo schiumoso impeto del mare. 
C'è sempre un motivo quando due anime si incontrano. 
Una ragione che fa comprendere come il loro avvicinarsi non sia stato voluto dal caso. 
Quello stesso movente che le ha portate ad amarsi, lasciandole finalmente libere di viversi.

venerdì 29 maggio 2020

Quella lacrima che per sempre accompagnerà il ricordo


La notte precedente la partita non chiusi occhio. 
L'orario del treno che ci avrebbe portato nella capitale Belga era previsto alle 5 del mattino, e l'unico mio pensiero era quello di non dimenticare proprio nulla: sciarpa, maglietta "Ariston" con il numero 10 sulla schiena, bandierone donatomi un anno prima da un amico di mio padre assiduo frequentatore della curva Filadelfia. 
Quando il treno si mosse dalla stazione avevo solo 13 anni (14 da compiere) e dopo la cocente sconfitta di soli 24 mesi prima ad Atene, alla quale presenziai, ero più che mai convinto che la Juventus mi avrebbe regalato la gioia più bella, nonostante i soliti rosiconi compagni di scuola mi avessero augurato, nel modo più sarcastico possibile, una "buona partita". 
Giungemmo finalmente a Bruxelles nel mezzo pomeriggio, e la prima tappa fu la Grand Place, immensa piazza nel centro cittadino. Da buon adolescente ero rapito da un luogo completamente nuovo ai canoni soliti della piccola città di provincia in cui abitavo, e feci fatica a capire in quale situazione gravavano le centinaia di tifosi inglesi riversi sul ciotolato, ricordo però oggi come allora la "pila" di lattine e di bottiglie vuote che giacevano in mezzo alla piazza. 
Ci spostammo in direzione ovest, per raggiungere il ristorante di una famiglia di emigrati pugliesi parenti di un nostro compagno di viaggio a depositare le valige e gli oggetti personali. Lungo la strada i segni evidenti del passaggio degli inglesi era sotto gli occhi di tutti: vetrine spaccate, bidoni della nettezza urbana scoperchiati e buttati a terra, e come cornice a tutto questo scempio nemmeno un agente delle forze dell'ordine. 
Posati i bagagli ci accingemmo verso lo stadio. Saliti sul tram che ci avrebbe portato verso l'impianto sportivo, i grandi cominciarono a consigliare a tutti, sopratutto a noi giovani, di togliere qualunque vessillo che facesse capire i colori di appartenenza. Rimasi quasi incredulo a tale richiesta, sopratutto quando mio padre mi disse di togliermi sciarpa e capello e di metterli subito all'interno del piccolo zainetto che conteneva qualche panino e una bottiglietta d'acqua. Il dialogo intercorso tra i compagni di viaggio assunse in me un timore sempre più forte, nel momento in cui iniziarono a parlare in lingua francese, un metodo che consentì di mischiarsi tra la gente del luogo, senza dar modo agli inglesi che man mano salivano sul mezzo pubblico di inveire contro tifosi della fazione opposta. 
Giunti in prossimità dello stadio la polvere che si alzava dal movimento degli zoccoli dei cavalli era inverosimile, la temperatura aveva sopravanzato i 25 gradi, e i pochi agenti sparsi lungo gli ingressi avevano un'aria incredula nel vedere giungere una così vasta mole di persone, come se non fossero pronti ad un simile scenario. 
Finalmente dentro, dentro lo stadio, nella curva opposta a quella tribuna "z" che da li a poco sarebbe diventata un inferno. Ma in quel momento tutte le paure avute prima e durante il tragitto erano scomparse, ero tornato bambino, con la mia sciarpa al collo, il mio cappellino e quegli occhi grandi di chi, da adolescente, vede e dovrebbe vedere il mondo, sopratutto quello sportivo, come qualcosa in cui credere, per cui gioire, da raccontare per tutta la propria esistenza prima agli amici, poi ai figli e infine anche ai nipotini. 
Ma...ad un certo punto, saranno state le 19:30 minuto più minuto meno, cominciai a vedere nella curva opposta un fitto lancio di qualcosa che non riuscivo a definire, forse bottigliette vuote, e in un primo momento pensai a qualcosa di divertente, qualcosa che intratteneva il pubblico pagante ad un'ora dall'inizio dell'incontro. I miei occhi non riuscivano a distogliere lo sguardo da quel settore, nonostante la nostra curva fosse un tripudio di cori e colori. Nel momento in cui cominciai a vedere un continuo movimento ondulatorio da parte della gente qualcosa in me comincio a non quadrare, così chiesi a mio padre che cosa stesse succedendo. Lui, esperto, maturo e sicuramente più consapevole di me, mi disse di non preoccuparmi, che non stava succedendo nulla, ma così non era. 
Un boato scosse quella parte di stadio in cui ero assiepato. 
Crollò quel muro. 
Un rumore che oggi è diventato inevitabilmente sordo, ma che mi porto ancora dentro. 
Nella nostra curva i più si accorsero della tragedia che si stava consumando, e i più esagitati cominciarono a sfondare le reti di recinzione per riversarsi ad aiutare i nostri connazionali, la paura a quel punto prese il sopravvento. 
Di quei momenti ricordo solo una cosa, dissi a mio padre: "Andiamo via!". 
Se ci ripenso oggi a quella frase trovo quasi irreale che un bambino di 13 anni, dopo essere giunto in una città straniera a vedere i suoi idoli giocarsi la finale di Coppa dei Campioni abbia voglia di andare via, scappare. 
Ma è altresì vero che quel bambino, in quel luogo, in quella circostanza, aveva perso tutti i punti di orientamento, tutte le ragioni e i motivi per cui era giunto fino lì. Quel bambino di 13 anni voleva vedere una partita, voleva vedere Platini, Boniek, Tardelli, Cabrini, voleva gioire per una vittoria e probabilmente anche piangere per una sconfitta, ma mai e poi mai avrebbe voluto vedere la paura, lo sgomento, la urla, il dolore per una semplice partita di calcio. 
Usciti dallo stadio il fuggi fuggi fu generale: gente che scappava in ogni direzione, il servizio d'ordine fuori controllo, se mai un controllo lo avesse avuto. Ho visto persone lanciarsi dentro ai tram in corsa pur di andare via, ho visto i proprietari delle bancarelle che vendevano bandiere e sciarpe chiudere di corsa e scappare. Ho visto cose che mai avrei voluto vedere. 
Giungemmo finalmente in quel ristorante di emigranti pugliesi, la partita era già cominciata, mio padre per non darmi ancora preoccupazioni mi mise seduto a guardarla, ma il mio primo pensiero fu rivolto a mia madre, volevo sentire la mamma, volevo parlare con lei, volevo dirgli che io e papà stavamo bene. 
Le notizie erano già di pubblico dominio, ricordo adesso come ieri i volti di quei signori che ci ospitarono, ricordo i loro occhi mentre guardavano noi bambini. Non c'erano i cellulari, e le linee erano intasate, non si riusciva a chiamare casa, mio padre riuscii solo a prendere la linea con mio zio, rassicurandolo che stavamo bene, che eravamo al sicuro, di chiamare immediatamente mia madre per rassicurarla che ci aveva sentito e che stavamo bene. 
Mia madre, in seguito, mi raccontò che non credette ad una sola parola del fratello di papà, pensando invece che era successo qualcosa, che era impossibile che eravamo riusciti a parlare con lui e non con lei. Mi raccontò che nel momento in cui Bruno Pizzul iniziò a diffondere le prime tragiche notizie non riuscì più a parlare. 
Le ultime immagini che ricordo di quel giorno sono quelle della stazione dei treni, ricordo inglesi ubriachi con la testa piena di sangue giungere alla spicciolata ad aspettare un treno che li avrebbe riportati a casa, ricordo mio padre e con lui altri compagni di viaggio che si misero davanti a noi bambini per proteggerci da qualunque tipo di aggressione che si sarebbe potuta ancora consumare. 
Ricordo che arrivò un treno, ricordo che ci salii sopra, ricordo che ero stanco, tanto stanco, ricordo che mi addormentai, credendo di lasciarmi alle spalle una giornata che invece non potrò mai dimenticare. 
Arrivammo a casa, alla stazione di Ventimiglia c'erano i giornalisti del Secolo XIX che ci aspettavano per domandarci notizie, impressioni, come stavamo e cosa avevamo visto e vissuto. Nessuno parlò, nessuno ebbe la voglia di dichiarare nulla. Il venerdì quando tornai a scuola tutti mi accolsero come un reduce di guerra. Mi rimarranno impressi per sempre i loro volti, mi rimarrà impressa per sempre quella mattinata a parlare di cosa accadde, di vedere la mia foto, quella di mio padre, e di molti altri compagni di avventura impresse sul giornale. 
Non misi piede in uno stadio di calcio per oltre un anno. 
Quel giorno in me morirono 39 persone e con loro morì anche la mia voglia di un certo calcio. 
Quello delle radioline, quello dei mercoledì sera con le partite di Coppa dei Campioni, quel calcio che un adolescente vive nella sua vita una volta sola, quel calcio che in quel maledetto 29 maggio ha tolto la semplicità e lo stupore di una partita di pallone ad un bambino di 13 anni. 
Ora mi è scesa una lacrima, quella lacrima che per sempre accompagnerà il ricordo. 
I nomi delle persone cadute a Bruxelles, i tifosi che volevano festeggiare una partita di calcio: Rocco Acerra Bruno Balli Alfons Bos Giancarlo Bruschera Andrea Casula Giovanni Casula Nino Cerrullo Willy Chielens Giuseppina Conto Dirk Daenicky Dionisio Fabbro Jaques Francois Eugenio Gagliano Francesco Galli Giancarlo Gonnelli Alberto Guarini Giavacchino Landinni Roberto Lorenzini Barbara in Margiotta Lusci Franco Martelli Loris Massore Gianni Mastroiaca Sergio Bastino Mazzino Luciano Rocco Papaluca Bento Pistalato Patrick Radcliffe Demenico Ragazzi Antonio Ragnanese Claude Robert Mario Ronchi Domencio Russo Tarcisio Salvi Gianfranco Sarto Mario Spanu Amedeo Giuseppe Spolaore Tarcisio Venturin Jean Michel Walla Claudio Zavaroni

mercoledì 27 maggio 2020

E se alla fine avesse avuto ragione Schuman


Recovery Fund, von der Leyen presenta piano di aiuti da 750 miliardi. Il pacchetto sarà composto da 500 miliardi di trasferimenti e 250 miliardi di euro di prestiti. All'Italia spetterebbero 172,7 miliardi, la fetta più corposa in termini assoluti: 81,807 sarebbero versati come aiuti e 90,938 miliardi come prestiti. Conte: "Ottimo segnale da Bruxelles".
E’ tornata (forse) la solidarietà europea, lo spirito di Robert Schuman.

lunedì 25 maggio 2020

Esiste ancora, e non è morto

Maledetta sia l'ipocrisia, maledetto questo mondo che ci vorrebbe stereotipati, cancellando sogni, identità, valori. 
Maledetto sia l'accettare condizioni di comodo: quel modo di pensare e di essere verso il quale vogliono farci propendere, perché possiede un potere magnetico di falsa rassicurazione, salvo portare tutti nel burrone.
Io credo ancora nel valore delle distinzioni, nelle specificità, nei pensieri di coloro che sono capaci di darsi una voce, anche critica e conflittuale se serve, ma permettono di tenere alta la vigilanza e di sostenere che non siamo tutti uguali.
Io credo ancora nella fiducia, nella sincerità, nella veridicità delle parole, dette con il cuore e con la testa e non perché dettate dal dire e sentire comune.
Non perché ci siano dei buoni e dei cattivi.
Non si tratta di fare moralismo o di pretendere di affermare modelli di vita o, peggio, imporli.
Più umilmente si tratta di sostenere che l'amore esiste ancora, e non è morto.

Il tempo Migliore della Nostra Vita


...nel febbraio del 1933, Leone inizia il suo libero insegnamento con il corso su Puškin. La propulsione verte su Puškin e la cultura europea del suo tempo. La lezione inaugurale è un evento: "Non molti professori presenti", ricorderà Barbara Allason, "ma l'aula grandissima che trabocca dei suoi amici e ammiratori, di tutta la Torino antifascista accorsa lì ad assistere a questa celebrazione del suo giovane leader e i cuori di tutti che lo seguono, l'attenzione di tutti sospesa alle sue parole."
Nemmeno un anno più tardi, Leone pronuncia il suo "no" a quell'insegnamento non più libero.
Ha scelto per sé vie più difficili. Puškin, Herzen, Mazzini, Dante Alighieri, tutti loro in questo momento sono esistiti per una sola ragione e la ragione è il giovane Leone Ginzburg.
Il Romanticismo russo, il Risorgimento italiano, l'Umanesimo europeo, l'eco dei secoli trascorsi giunge fino a lui come una vibrazione sorda della terra.
Ora si tratta di applicare a una linea vissuta quella cosa venuta da lontano.

domenica 24 maggio 2020

Nel mio mondo ideale / 9

Nel mio mondo ideale, gioco a nascondino con Aldo, Giovanni e Giacomo e dopo aver contato fino a 100 li trovo nascosti sotto il tavolino di un Autogrill, e tutti e tre mi chiedono: sei felice? Gli rispondo: Così è la vita!

sabato 23 maggio 2020

Simili

L'adagio degli opposti che si attraggono è suggestiva, ma in realtà gli amori calamita finiscono per funzionare male, per tollerarsi, al più comprendersi. 
L'essere simili vuol invece dire stare dalla stessa parte: cosa meravigliosa e soprattutto rara.

Dispersi

Il 2020 rimarrà nella memoria collettiva come l'anno in cui non siamo stati da nessuna parte: dispersi. 
Occorre dunque rimettersi in gioco, cambiare strategia, modelli, condotte, ragionare in modo alternativo, pensare che la resa non debba appartenerci. Chi non può vincere la guerra si adopera a combattere le battaglie: ci si adatta, scoprendo nuovi percorsi, ricercandone alcuni preesistenti, recuperando quelli abbandonati. 
Funziona così: al cospetto di una strada chiusa non si prova a forzare il blocco, meglio cercare l'alternativa, il sentiero che possa aggirare l'ostacolo. 
Sarà più lunga, ci vorrà più tempo, si procederà a piccoli passi. Sarà un po' come viaggiare da fermi, sarà come viaggiare meno, sarà come usare la fantasia come mezzo di trasporto. Un po' come accadeva nell'infanzia, nella solitudine, un po' come accaduto in questi ultimi mesi di segregazione. 
Sfogliare pagine ha il potere di portarci ovunque non siamo mai stati, osando. A volte nei limiti, consapevoli che i limiti possono essere una risorsa, e non un limite. 
Il viaggio assumerà criteri che valichino il compimento del tempo tra l'arrivo a destinazione e ritorno, ma assumendo invece il principio di andare dal luogo di partenza a quello di arrivo, come un'impresa. Avventura, immaginazione, incertezza sull'esito. Un rapporto completamente ribaltato, che torna all'origine. 
Andare insieme da un punto di partenza a una destinazione qualsiasi ridiventa emozione, stupore, senso dell'avventura. Occorre superare limitazioni, rinunciare alle ansie, accettando ritmi lenti. 
Sarà come riscoprire l'idea di andare a piedi, riattraversando spazi ormai sconosciuti, riscoprendo paesaggi. Sarà come farsi lasciare da qualche parte e da li proseguire verso un luogo scelto e voluto, e soprattutto significativo. 
Un percorso da affrontare insieme, rimettendosi in gioco, cambiando strategia, modelli, condotte, pensando in modo alternativo, consapevoli che la resa non debba appartenerci. 
Il passato diverrà un posto in cui non torneremo più, il futuro la nostra terra promessa. Dove disperderci per sempre.

Mattarella ai giovani: "Siete gli eredi del sacrificio di Falcone e Borsellino"


giovedì 21 maggio 2020

Serve coraggio

Serve coraggio per avviare una storia con la frase: "Non mi spaventa niente". 
I romanzi, quelli che vivono protetti dalla realtà, non possono comprendere cosa sia il coraggio. 
La realtà, quella che vive costantemente a contatto con il battere i piedi per terra, trasuda di paure, dubbi. 
E allora serve coraggio per avviare una storia con la frase: "Non mi spaventa niente". 
Perché alla fine l'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, se ha dubbi o meno, ma il saperci convivere, con la propria paura, i propri dubbi, e non farsi condizionare dagli stessi. 
Ecco, il coraggio è questo.

Nel mio mondo ideale / 8

Nel mio mondo ideale, dopo aver letto Il sentiero dei nidi di ragno esco di casa insieme a Italo Calvino e con passo importante ce ne andiamo fino a Bajardo. E lassù gridiamo a squarciagola: Santiago!!!

martedì 19 maggio 2020

L'orizzonte

Cambiare direzione è specifico universale dell'umano. 
Io mi sono convertito molte volte nel corso della vita e a ragione di ciò so che ho avuto una vita grande e fortunata. 
Di fatto mi sono convertito a ogni incrocio che ho incontrato sulla mia strada, anche quando ero certo di sapere dove andare e perché; è bastato fermarmi a prendere fiato, a riposare un attimo e considerare direzioni nuove e sconosciute, destinazioni inaspettate, fantastiche, promettenti nel loro mistero, invitanti nelle loro opportunità. 
E' bastato incontrare qualcuno, gli incroci sono luoghi squisitamente deputati agli incontri, un ignoto viaggiatore che si è fermato a prendere fiato insieme a me, a scambiare un saluto, compartire la curiosità, trovarci simpatici, annusarci nell'intimo, per ripartire assieme per una destinazione inimmaginata. 
E poi forse dividerci al prossimo incrocio. 
Oppure no, rimanendo ancora sulla strada e proseguendo insieme il cammino, sapendo che l'orizzonte visibile non è mai l'ultimo orizzonte.

Frangibili

Lo siamo nel momento in cui nasciamo. Perché ospiti di un mondo che non conosciamo. 
Lo siamo nel momento in cui ce ne andiamo. Perché restii a lasciare un mondo che troppo bene abbiamo imparato a conoscere. 
Ed in mezzo, in quell'eterno che si ricongiunge nel breve battito delle ciglia, lo siamo per l'enorme fatica che facciamo nel vivere un'esistenza dove il gran darsi per essere semplicemente, profondamente se stessi, si scontra con l'incubo di dover sempre presentare come un piccolo ideale universale, un superuomo da mane a sera, il sottouomo zoppicante che ci hanno dato.

domenica 17 maggio 2020

Volare

L'ho sempre avuto, l'istinto di volare, di spiccare il volo verso territori inesplorati, attraversando mondi in cui solo la mia immaginazione ha avuto la capacità di portarmi. 
Volare senza freni, senza confini, volare perché la natura, la mia, quello richiedeva e ancora oggi richiede. 
Volare senza scendere a compromessi, saltando le fermate, spingendo forte, e ancora più forte perché l'emozione sprigionata non poteva accontentarsi di una meta "normale". 
Volare la dove tutto si trasforma, muta, evolve, prende forma. 
Volare per sensazioni, generate da un semplice battito d'ali che ha però nell'inerzia la forza di catapultarti fuori dalla realtà. 
Una realtà che è solo la raffigurazione di ciò che non vorremmo essere e che invece siamo. 
Volare attraverso la lettura, la scrittura, l'arte, la musica, quest'ultima inebriante bevanda che affluisce come un fiume in piena. 
Travolgente, incontenibile, violenta, impetuosa, vorticosa, irresistibile, trascinante, prepotente. 
Volare, sempre e comunque. 
Perché alla fine è l'unico motivo per cui vale davvero la pena vivere.

La semplicità

I baci rubati in un pomeriggio di tarda primavera erano d'un gusto spontaneo e sfarzoso, da cartolina patinata a colori: i morbidi morsi su labbra carnose, i sospiri rilasciati per dare ossigeno al cuore, le lingue aggrovigliate. 
Docce di feromoni, orge e cannibalismo finale che metaforicamente tracciano il divaricamento delle foglie delle agavi, che una volta nella loro vita centenaria spingono al cielo, grazie alla sovrabbondanza dei loro umori, un fiore dal gambo lunghissimo. 
Simbolo di erezione che si muove sul percorso a volte impervio dei pensieri, e che trova il suo fine nella semplicità di una guancia appoggiata sul petto.

Tempesta perfetta

Non è un'eventualità. E' un'evidenza. La passione generata dalla chimica esploderà, non serve certo un indovino. 
Basta ascoltare il battito. Basta sentire l'odore. Basta guardare dentro a quel sorriso capace di tracciare il cammino, di determinare lo scandire del tempo. 
Non è un'illusione. E' come un virus, che dal virus è arrivato. 
Movimento, trepidazione. E' una tempesta perfetta.

venerdì 15 maggio 2020

Hai saputo raccontare la musica


C'è chi la musica ha saputo scriverla, imprimendo su fogli di carta note e pause che hanno scandito i momenti della storia. 
C'è chi la musica ha saputo suonarla, regalando emozioni senza tempo. 
Tu invece hai avuto il dono di saperla raccontare, dopo averla scritta e suonata, facendoci innamorare della "Patetica di Ciaikovskij", della "Quinta" e della "Settima" di Ludwig van Beethoven. 
Rimarrai per sempre. 
Grazie alla musica, tua compagna e musa. 
Grazie a una storia che domani ci ricorderà di un uomo che la musica l'ha saputa raccontare. 
Ciao Maestro...

mercoledì 13 maggio 2020

Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | L'altipiano di Borneoflower


Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | Giorno di missione 55 
Attraverso veicoli di fortuna stiamo costantemente perlustrando i campi limitrofi allo spazio assegnatoci. 
Con il passare dei giorni la fiducia e la confidenza nei confronti dell'entità penetrata all'interno dell'Avamposto 403 ha raggiunto il massimo livello disponibile. C'è sintonia. 
A seguito dell'impatto avvenuto 9 lune addietro si sono aperte in successione fasi di nuova conoscenza e vita. La penetrazione all'interno di un territorio sconosciuto ha dato esito estremamente positivo. 
L'aver lasciato sul campo le tute e le cinture di sicurezza comporterà una perdita in termini di equipaggiamento, ma una conquista sotto l'aspetto meramente scientifico e diagnostico. 
Con Andromeda alle nostre spalle navighiamo guidati dai fari illuminati a giorno dall'altipiano di Borneoflower. 
Anelli di luce hanno trovato posto nello spazio/tempo creato dal buco nero che ci ha accompagnato nei primi 42 giorni di navigazione. 
Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | Giorno di missione 55... il viaggio continua.

martedì 12 maggio 2020

Nessuno

Nessuno si dovrebbe mai permettere di slacciarti le scarpe, lasciando ai lacci il compito di farti cadere a terra. Nessuno. 
Nessuno si dovrebbe mai permettere di costringerti a un amplesso. Nessuno si dovrebbe mai permettere di togliere il segno al libro che stavi leggendo. Nessuno si dovrebbe mai permettere di impedirti di cantare, di suonare, di donare arte alla tua stessa esistenza. Nessuno. 
Nessuno si dovrebbe mai permettere di chiudere la porta dalla quale vuoi uscire, privarti di un contatto, di un desiderio. Nessuno. 
Nessuno si dovrebbe mai permettere di lavarti la faccia, di ripulirti l'anima, di nascondere le forme. 
Nessuno deve toccare la libertà. Perché la libertà è sacra, atea e sacra. 

Luce

Come se il ritrovarsi a pochi centimetri dalla felicità mettesse una paura fottuta. Come se la voglia di mettersi a ballare imponesse la ricerca dei passi perduti nella notte più buia. Come se in mancanza del libretto delle istruzioni ci si trovasse a dover fare i conti con una realtà di cui non si conosce la genesi. 
E allora luce sia. Dentro a quella gabbia, dentro a quel tunnel, all'interno di un'intera esistenza.
Luce.

Nel mio mondo ideale / 7

Nel mio mondo ideale, mangio un filetto di salmone cucinatomi da Antonino Cannavacciuolo dopo averlo comprato in un pomeriggio di metà maggio alla Coop. In offerta.

Il cammino

Torni a casa e così, per incanto, ti ritrovi in Oregon, a Portland, sulla costa nord-ovest degli Stati Uniti, a pochi metri dall'Oceano Pacifico. 
E in pochi ascolti, tra un riff di basso, una 6 corde distorta e un Hammond che ripercorre la storia di quella fetta di terra che ha regalato a intere generazioni sogni, speranze e l'idea di una rivoluzione che avrebbe dovuto cambiare il destino del mondo, dell'umanità, ritrovi il cammino. 
Senti sulla pelle lo scorrere del tempo, la voglia di partire e di non guardare più dallo specchietto retrovisore. 
Percepisci colori che fanno parte del tuo passato, del tuo presente e soprattutto del tuo futuro. 
E allora ti lasci cadere, sicuro che tutto questo ti reggerà.

A un anno di distanza


Potevate istruirvi


Abbiamo letto e sentito di tutto, a proposito e nei riguardi di quella ragazza, di quella donna di 24 anni che ancora testardamente crede nell'umanità, nell'idea che valga la pena, contro ogni evidenza, lottare per quello in cui si crede. 
Apostrofata, derisa, tacciata: per il suo essersi venduta come una puttana ad altra cultura, ad altra religione; per il suo sorriso che secondo alcuni ha voluto sfidare il perbenismo di quelli posizionati dalla parte giusta della storia; per il suo indossare un abito che ha prodotto conati di vomito a quell'occidente sempre in cerca e in caccia di un nemico da combattere. 
Per il suo non essersi minimamente scusata per "quanto ci è costata". 
E non in termini di dolore, di ansia, di speranza. Venalmente. 
Perché il costo di una vita umana, pagato per ragioni umanitarie che non confliggono con gli interessi nazionali, è stato vergognosamente delirato sui social dai conigli da tastiera, fomentati da un'informazione e da una politica di destra tornata prepotentemente ai fasti di un tempo, quando le bastonate e le leggi cancellarono la democrazia. Quando l'ignoranza ebbe la meglio sulla bellezza. 
Ecco, se oggi siete arrivati a pensare, a dire che con quei soldi del riscatto si sarebbero potute fare tante cose, rinfacciandoli a chi è stata riportata alla libertà, viene altresì spontaneo dirvi che si, con quei soldi avreste potuto istruirvi, evitando a tutti noi di vergognarci per voi.

L'ostaggio


lunedì 11 maggio 2020

Vetri appannati

Vetri appannati, fuori qualche goccia di pioggia. Sono condizioni che ne veicolano un terza: il desiderio. Una notte, il buio, fari che bucano l'intimità. Una parte di me ci ritorna ogni giorno. Perché si tratta di un momento che in quel momento ha significato una svolta. Sliding doors. 
Il coraggio c'è, eccome. Soprattutto per difenderci. Poi, ovviamente, per tenere viva una fiamma accesa in tempi non sospetti e custodita tra le tenebre per dare luce a due distinti percorsi di vita, incrociatisi per destino, per affinità, per volontà. 
Una tentazione fortissima nel guardare all'oggi, soprattutto, se il passato e il futuro contengono rimorsi e rimpianti grevi.
Cosa c'è di noi in tutto questo è una questione che riguarda noi stessi, misurabile da una voglia che resiste, che rilancia e ricorda a causa, credo, di quel modo di respirare, nostro soltanto, cosa significa immergersi in un abbraccio, in una carezza, in un sospiro capace di raccontare più di qualunque altra parola. 
Penso che tutto questo valga, significhi, abbia un valore che superi il giudizio di giusto o sbagliato. Le cicatrici qui non si vedono, non si formano, non ci sono. La ragione è molto semplice e comprensibile. Qui c'è l'anima, luogo segreto dove risiede la ragione profonda di una scelta che, con il tempo, ha prevalso. 
In questo caso certamente. Ciò che ostenta la differenza tra un'evasione e una passione. 
Per questo, tornare ogni giorno a quella notte, in quel buio, comporta gioie. Sarà per sempre qualche goccia di pioggia, segretissima appunto. Il cui suono, in una qualunque stagione che verrà a presentarsi, andrà rinchiuso nella mente. Con la speranza che lì resti, almeno sino a quando altri vetri non torneranno ad appannarsi.

La libertà


Possiamo girarci intorno quanto vogliamo. La verità è che quello che non le perdonano, e non le perdoneranno MAI, è di essere una donna e una persona libera. 
Non le perdonano di essere partita, due anni fa, per andare ad aiutare bambini che muoiono ancora per una banale diarrea, invece di sfogare le sue “smanie di altruismo” alla Caritas sotto casa. Non le perdonano di avere 24 anni e credere ancora testardamente nell’umanità, nell’idea che valga la pena, contro ogni evidenza, lottare per quello in cui credi. 
Non le perdonano quel sorriso grande così all’aeroporto sbattuto in faccia alla miseria degli odiatori, perché, nella loro idea, dovrebbe essere provata, contrita, quasi scusarsi per “quello che c’è costata”. 
Non le perdonano di stare bene, di non pesare 30 chili, di non avere il volto scavato o tumefatto per le botte prese, perché una donna rapita deve almeno portare addosso i segni del martirio, altrimenti significa che è tutta una “messinscena”. 
Non le perdonano, infine, di essere scesa dall’aereo con la veste islamica, semplicemente perché non corrispondeva alla favoletta dell’italiana ingenua e avventata rapita dai “tagliagole islamici” sopravvissuta grazie alla propria fede. E così hanno deciso per lei che le hanno fatto il lavaggio del cervello, che è vittima della “sindrome di Stoccolma”, che, poverina, è sotto choc, non sa quel che fa, dice o prega. 
In fondo, se ci pensate, i campioni della “libertà” e della “superiorità” della nostra cultura e della nostra “razza” (quasi sempre maschi, bianchi e ultracattolici) non hanno fatto con Silvia nulla di diverso di quello che, ogni singolo giorno, applicano a ogni singola donna di ogni singola età: decidere per lei cosa deve pensare, come vestire, dove poter andare, che lavoro può o non può fare, che tipo d’uomo sposare, persino quale dio pregare. 
E, invece, all’improvviso, arriva questa ragazza milanese di 24 anni e, in un colpo solo, col sorriso più bello mai visto, rovescia secoli di perbenismo, pensiero unico e patriarcato tossico con la sua plateale, sfacciata ambiguità scaraventata contro le loro certezze assolute. 
Non c’è traccia di verità assoluta in Silvia. Non c’è il giusto o lo sbagliato, i buoni e i cattivi. C’è solo una ragazza di 24 anni che è sopravvissuta a una prova estrema con una forza e una tenacia che pochi di noi avrebbero anche solo sognato di possedere, e che se ne strafrega di quello che voi aspettiate che faccia o che dica. E ve lo urla con il gesto più empio e irriverente di tutti in questo Paese ipocrita e bigotto: indossare una lunga Jilbab che le copre quasi per intero il corpo. E, per farvelo capire ancora meglio, per un attimo si toglie pure la mascherina e se la ride allegranente dei vostri giudizi e dei vostri pregiudizi, dei vostri insulti e delle vostre etichette. 
Che ne sia o meno consapevole, non c’è gesto più autenticamente, orgogliosamente e profondamente laico e femminista di quello che ha appena compiuto Silvia Romano nei confronti di un’intera società di cui tutti quanti noi - volenti o nolenti - siamo permeati. 
Uno schiaffo in faccia che sveglia, fa male e brucia. Ne avevamo un disperato bisogno. Bentornata Silvia, piccola grande donna libera. Vai ovunque la vita ti porterà, ma non smarrire mai, per nessuna ragione al mondo, questa libertà.

di Lorenzo Tosa

sabato 9 maggio 2020

La vignetta di Vauro


La bellezza


Il mio mondo (reale)

È perché ho versato lacrime su di me, che sono fiorito. 
È perché ho abbracciato le persone incontrate, che sono cresciuto. 
È perché ho buttato l'odio dentro a un bidone, che ho amato. 
È perché ho ascoltato il cuore, che ho sognato. 
È perché ti ho incontrata, che oggi il mio mondo è cambiato.

Cuore

Io quel cuore te lo voglio portare in un posto dal quale non vorrai mai più tornare indietro...

venerdì 8 maggio 2020

Il tempo e Noi

Ci ritroviamo al suo interno dal primo momento in cui veniamo alla luce, e ci accompagna, puntuale e inesorabile, sino al momento dell'ultimo saluto, a quando lasceremo ad altri e poi ad altri ancora il suo scorrere. 
Evanescente ed ineludibile passa nel momento in cui lo menzioniamo, per non tornare mai più e senza fermarsi mai. 
Il tempo fa esattamente l'opposto di ciò che vogliamo: lento e annoiato quando rimaniamo in attesa, quando l'evento prossimo è posizionato, veloce e senza un freno nel mentre assaporiamo il desiderio, quando godiamo l'attimo. 
Infatti non veniamo mossi da eventi avvenuti nel passato ma attratti da eventi che devono ancora accadere. 
La lentezza interiore rimane quindi l'unica arma a disposizione per non perderne l'essenza, l'unica in grado di farci stupire, di farci meravigliare, di ri-conoscere ogni volta il mondo che ci circonda e farlo nuovo. 
Il sentire muovere dentro lo scandire di ogni attimo vissuto intensamente la variabile che determina la voglia di fermarlo, di bloccarlo, di transare la materia: da liquido a solido. Come fermare quegli istanti, appunto, nel tempo. 
Quando la sospensione temporanea ti porta a comprendere quanto importante sia lo stare insieme, ecco che l'assenza successiva produce un buco, una mancanza, un intervallo impossibile da colmare. E se da un lato c'è la consapevolezza che il futuro lo riempirà nuovamente, dall'altro la forzatura del distacco rende fragili, dentro. 
E allora non rimane che aggrapparsi a Noi, unica entità in grado di fermare lo scandire del tempo.

giovedì 7 maggio 2020

Nel mio mondo ideale / 6

Nel mio mondo ideale, aspetto Walt Whitman, che fermo da qualche parte, in un posto o nell'altro, insisterà a trovarmi. Io rimango in attesa.

mercoledì 6 maggio 2020

Nel mio mondo ideale / 5

Nel mio mondo ideale, mangio cioccolato fondente con Nina Simone dopo aver bevuto un caffè nero bollente. Sto al settimo (piano) e restiamo qui, ascoltando "I put a spell on you".

Il nulla

L'istituzione (formale nello specifico) del "hai ragione tu" è una specie di antivirus nel campo sentimentale. Può significare: "non posso proseguire per ragioni di rispetto (il mio)", oppure "preferisco risolverla così per non urtare la sensibilità (altrui)". Con tutte le sfumature intermedie.
Ci si avvale, insomma, di quella facoltà di "non rispondere" (per non danneggiarci, o danneggiare) che è anche riconosciuta nel diritto processuale. La trasparenza a ogni costo ha messo spesso fuori gioco i cultori dell'evanescenza, portandoli a giocare la partita più difficile, in un campo a loro ostile per concezione e filosofia. Ma quando la costrizione mette con le spalle al muro, chiedendo alla schiettezza di recitare un altro ruolo, è inevitabile concludere qualsivoglia discussione alzando il muro del "hai ragione tu". La sua funzionalità, come antivirus nel campo sentimentale, sopperisce quel dilungare di frasi e discorsi che nel loro dire una cosa o il suo contrario alla fine equivalgono a dire il nulla.

martedì 5 maggio 2020

...e la gente

...e la gente rimase a casa ad osservare quasi incredula il tic-toc dell'orologio, scansione di un tempo che si era dimenticato. ...e la gente conobbe la tolleranza, esercizio di cui si era perso il significato ma che d'improvviso,come un lampo, s'impadronì della quotidianità. ...e la gente cercò nella lettura, nell'arte, nel gioco e soprattutto nella noia quella parte di noi sostituita con la caoticità dell'essere. ...noia che s'impadronì di noi, alienandoci.

Gemelle inseparabili

Un rapporto vero è tale se ciascuna delle parti ha di fronte la trasparenza altrui. A scanso d’equivoci, per quanti credono che tergiversare o nascondersi sia la sola condotta da adottare: il mondo parallelo costruito è il solo in cui la mattina quando ti svegli pensi che in un angolo di mondo ci sia un'anima che come te non riesce a fare a meno di pensare, di pensarti. Il resto conta poco. Zero. 
Quando un momento passato a ridere fa osservare il piacere di viversi, accompagnato da un continuo crescere di emozioni, trasportato dalla passione, si può affermare che la strada intrapresa sia buona e giusta. Questo non perché sia l'inizio, momento per natura e condizioni idilliaco, ma per affinità elettive che vanno oltre il mero rapporto. 
Le conferme sono due: la prima, più rilevante, e che la "botta" continua ad essere forte, fortissima, e questo, nonostante le più che ottimali premesse, non era scontato; la seconda, non meno rilevante, è il momento del distacco: forzato, non voluto. Già proiettato al domani. 
A questo si deve aggiungere un fatto assai importante: il non lasciarsi completamente andare, il non sfiorare le volontà altrui è sinonimo di profondo interesse. E non perché non lo si voglia, anzi, in altro contesto l'ardore spazzerebbe via città e civiltà. Un ossimoro che si traduce nello spogliarsi di ogni velo nel mentre la rinuncia la fa da padrona. Tutto ciò fa apprezzare la persona, il desiderio sia in astratto che effettuale. 
Perdere la testa è anche questo, ricordandosi che la vita va vissuta nella sua interezza. Sia per l'amore che per la felicità, visto che le due sono gemelle inseparabili.

lunedì 4 maggio 2020

Nel mio mondo ideale / 4

Nel mio mondo ideale, vorrei entrare in una birreria con Rino Gaetano nel mentre il Jukebox canta Baglioni e chi siede al bancone rompe i coglioni. E di fuori il cielo è sempre più blu.

Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | searching for a better place...15 ore all'impatto


Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | Giorno di missione 46 
L'ultima segnalazione giunta dal campo magnetico intorno ad Andromeda conferma la decisione di esplorare nuovamente l'ignoto. 
Il modulo orbitale cambierà rotta nelle prossime ore, dirigendosi senza sosta fino a un luogo inesplorato, sconosciuto, che per la seconda volta ci tradurrà insieme all'entità. 
Piani mobili su corpi fluidi faranno da area di contatto. 
Il controllo di tenuta del modulo orbitale sarà fondamentale. 
La discesa senza freni nel vuoto sarà protetta! 
Lo spazio/tempo continua a essere fattore principale. 
Tutte le nostre tute si sono "riempite" entro i tempi richiesti, passando il controllo di tenuta. 
Allacciare le cinture di sicurezza sarà ancora una volta indispensabile. 
Sarching for a better place ...15 ore all'impatto!!! 
Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | Giorno di missione 46... il viaggio continua.

sabato 2 maggio 2020

Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | bastioni di Orione


Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | Giorno di missione 44 
A due notti dall'incontro ravvicinato l'euforia oppioide è ancora in circolo. 
Il contatto avvenuto in località sconosciuta ha determinato l'evolversi dell'orgasmo sensoriale. 
Fotogrammi di particelle sparsi nell'area di contaminazione hanno occupato lo spazio tempo inondando ogni superficie. 
All'interno del modulo orbitale l'aria è tornata respirabile, rimettendo in circolo tutte le funzioni vitali. 
L'Avamposto 403 è divenuto scalo obbligato di impulsi e battiti. 
L'odore ha ormai raggiunto livelli di astinenza. 
Non se ne può più fare a meno. 
Ai piedi delle tre torri di Andromeda tutto è mutato, tutto è cambiato e la breccia venutasi a creare ha ormai assunto proporzioni bibliche. 
Si attende di conoscere la prossima destinazione. 
Esplorazione che inevitabilmente regolerà nuovi flussi lunari, che porterà a conoscenza di mondi da contaminare. 
La burrasca è ancora tumultuosa ma il porto di approdo ultimo ha consentito di salvaguardare il presente. 
Si continua a navigare senza meta precisa, al buio, verso l'ignoto, inconsapevoli delle conseguenze. 
Trasportati e in balia dei raggi gamma ci si lascia andare come incendiati dalle fiamme al largo dei bastioni di Orione. 
Diario di Bordo | Avamposto 403 | Spazio 2071 | Giorno di missione 44... il viaggio continua.

venerdì 1 maggio 2020

Nel mio mondo ideale / 3

Nel mio mondo ideale, De André mi recita una poesia di Alda Merini nel mentre un canto di cicale accompagna questo primo maggio dove lo spadroneggiare dei potenti è stato sostituito dalla pandemia. Tra le nuvole.