I baci rubati in un pomeriggio di tarda primavera erano d'un gusto spontaneo e sfarzoso, da cartolina patinata a colori: i morbidi morsi su labbra carnose, i sospiri rilasciati per dare ossigeno al cuore, le lingue aggrovigliate.
Docce di feromoni, orge e cannibalismo finale che metaforicamente tracciano il divaricamento delle foglie delle agavi, che una volta nella loro vita centenaria spingono al cielo, grazie alla sovrabbondanza dei loro umori, un fiore dal gambo lunghissimo.
Simbolo di erezione che si muove sul percorso a volte impervio dei pensieri, e che trova il suo fine nella semplicità di una guancia appoggiata sul petto.
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