Bene non l'ha presa, e di questo a prescindere dalla crisi l'avevamo compreso al termine del primo giro di consultazioni. L'aver visto usare il luogo istituzionale per definizione per scopi prettamente personali e propagandistici è stata, agli occhi di Mattarella in primis, l'unica vera e reale ferita ad una democrazia che negli ultimi sedici mesi ha subito l'imbarbarimento da parte dei molti protagonisti (se non tutti) dell'attuale politica italiana.
Nella giornata di ieri, nel secondo e conclusivo giro di consultazioni, due degli attori protagonisti di una pellicola surreale e grottesca hanno perseverato sulla linea intrapresa la settimana scorsa calpestando la storia, la democrazia, la Costituzione.
Da una parte la leader di Fratelli d'Italia ha invocato la chiamata delle piazze nel giorno dell'eventuale giuramento di un governo a trazione Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, un insulto istituzionale che ha creato una querelle con uno dei giornalisti presenti nella sala delle conferenze e l'imbarazzo, a partire da Giovanni Grasso, di tutti i presenti.
Dall'altra le dichiarazioni propagandistiche in pieno stile comizio elettorale da parte del numero uno del Carroccio, reo di aver messo in discussione dal podio del Quirinale le scelte e le decisioni dello stesso Capo dello Stato, parlando esplicitamente di manovre oscure e ferite alla democrazia e inoltrandosi in slogan dal tenore becero che ha purtroppo accompagnato la recente storia della politica italiana: "spettacolo indecoroso", "patto delle poltrone", "giochi di palazzo".
Ennesime offese quirinalizie, istituzionali e democratiche di cui avremmo decisamente e nuovamente voluto fare a meno.
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