Ci ha voluto far credere che la crisi di governo emersa nell'agosto politico più caldo degli ultimi lustri era figlia degli innumerevoli "no" fatti pervenire nei palazzi governativi dagli alleati di governo.
Ci ha voluto far credere che la crisi di governo emersa nell'agosto politico più caldo degli ultimi lustri era figlia della voglia, del desiderio (anche legittimo) di andare ad incassare all'interno delle urne l'enorme consenso popolare attribuitogli da sondaggi e elezioni europee.
Ci ha voluto far credere che la crisi di governo emersa nell'agosto politico più caldo degli ultimi lustri era figlia di un gioco di palazzo iniziato ancor prima delle europee e messo in piedi dall'Avvocato del Popolo, al secolo Giuseppe Conte.
Ci ha voluto far credere tutto questo, trasmettendocelo una volta dal Papeete Beach e un'altra dalle piazze della penisola, omettendo la telefonata a Nicola Zingaretti per cercare, in accordo con quel Partito Democratico tanto osteggiato, di staccare la spina dal governo giallo-verde e andare il prima possibile al voto; rifiutata dallo stesso Zingaretti.
Ci ha voluto far credere tutto questo, trasmettendocelo una volta dal Papeete Beach e un'altra dalle piazze della penisola, omettendo che, una volta vistosi escluso da quel governo che dominava a mani basse, ha fatto pervenire a Luigi Di Maio l'offerta di poter occupare in una ri-edizione dell'esecutivo giallo-verde la poltrona di Palazzo Chigi; rifiutata dallo stesso Di Maio: "a me interessa il bene del Paese non quello personale".
Pietro Nenni, quello che "il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro", una volta esternò: "In politica ci sono sempre due categorie di persone: quelli che la fanno e quelli che ne approfittano".
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