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venerdì 2 gennaio 2009

CRISI ECONOMICA E POLITICA, IN MEZZO LA QUESTIONE DEL GAS

Mosca: "L’Ucraina ammette apertamente di rubare il gas e non ne prova alcuna vergogna". Lo ha dichiarato il portavoce di Gazprom Sergei Kuprianov aggiungendo che il colosso russo aumenterà le forniture garantite attraverso la Bielorussia.
Kiev: "Noi non rubiamo il gas. Noi preleviamo del gas per necessità tecniche, con lo scopo di far transitare le esportazioni russe". Lo ha dichiarato il numero uno di Naftogaz, Oleg Dubina, che dal canto suo aveva dichiarato che la compagnia ucraina aveva ridotto di 21 mln di metri cubi al giorno il transito di gas russo verso l'Europa per ''ragioni tecniche''.
Questa crisi che scorre lungo i gasdotti dall'Asia centrale all'Europa e che si aggroviglia tra le stanze del potere di Kiev, le strategie del Cremlino e le manovre degli intermediari è troppo complessa per lasciare spazio a certezze e verità.
In una nota della compagnia russa, che assicura di fare il possibile perché le quantità di gas destinate all'Europa arrivino intatte a destinazione, si legge: "Il servizio ai consumatori europei non sarà alterato".
Gazprom, come precauzione per i prossimi giorni, ha assicurato un volume di gas inviato all'Europa attraverso il territorio ucraino da 300 a 326 milioni di metri cubi al giorno: per compensare i 21 milioni di metri cubi "stornati" dagli ucraini.
Da Kiev replicano che "un Paese che aspira a entrare nella Ue e nella Nato non ha interesse a creare attriti con i vicini".
Aspettando che si mettano daccordo, c'è in ballo la negoziazione dei listini del nuovo anno. Kiev vorrebbe aspettare, per vedere sei i prezzi del gas rifletteranno il calo del petrolio; Gazprom, dopo aver visto respingere la richiesta di 250 dollari per mille metri cubi, l'ha raddoppiata: "Dovranno pagarne 418".
Un confronto tra Russia e Ucraina che si appresta, aggravato dalla crisi economica, a diventare spinoso e soprattutto legato a questioni politiche.
Da una parte la già difficile situazione economica russa potrebbe provocare, da parte governativa, un ritorno di fiamma verso il controllo pubblico con l’estromissione degli oligarchi dalla scena, dall'altra, Mosca, dopo la Rivoluzione arancione del 2006, sembra avere ancora nel mirino il presidente Yushchenko, e sarebbe lieta di vedere al suo posto il primo ministro Yulia Tymoshenko, ultimamente più in linea con il Cremlino.
di Cirdan

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