Il mistero del dossier Como tiene viva l’attesa per gli sviluppi della vicenda Telecom, quasi quanto quella per la sentenza sul deferimento Menarini-Ceravolo che slitta a lunedì, dopo Italia-Nuova Zelanda, o per la vigilanza Juve annunciata da Andrea Agnelli anche ieri. E ieri è stato il primo giorno d’udienza per la distruzione sancita per legge dei dossier che hanno violato la privacy degli spiati: ebbene, però, le opposizioni in aula alla distruzione di file sono state massicce. Anche l’arbitro De Santis, attenzionato in «modo molto approfondito» ( Cipriani dixit) da Tavaroli dopo l’incontro a tre con Facchetti e Moratti, di cui il presidente nerazzurro non ebbe memoria nell’interrogatorio da Borrelli in Figc il 3 ottobre 2006, s’è opposto col suo avvocato Irma Conti alla distruzione del dossier Ladroni: sarà la pietra d’angolo per la richiesta di danni dell’ex arbitro. Una richiesta danni, quella di De Santis...
(ma anche Moggi si sta muovendo) che potrebbe non coinvolgere solo Tronchetti in quanto tale, se è vero quello che scrive il giudice Panasiti, riferendolo al braccio destro di Tronchetti, Ghioni nella sentenza dei patteggiamenti di Telecom, Pirelli e Tavaroli: «Tutte le aziende alle quali era interessato, come azionariato, il signor Tronchetti, nel senso che aveva una partecipazione, le consideravamo aziende di Gruppo; tra queste consideravamo anche l’Inter un’azienda di Gruppo». «Ne conseguiva che anche l’Inter, in quanto azienda del Gruppo, veniva tutelata e gestita, esattamente, come se fosse Telecom Italia, e, quindi, con una programmazione anche di attività di incursione su varie aree di queste aziende», scrive la gup Panasiti. Ma torniamo ai dossier, dei quali prima o poi dovrà rioccuparsi anche Palazzi: mentre del dossier Ladroni 1 e 2 si sa praticamente tutto, compreso il fatto che non sia emerso nulla di che dalle indagini di Cipriani e che lo stesso Moratti lo abbia confermato, si sa meno del contenuto del dossier Como. Un vaso di Pandora dal quale esce di tutto: il dossier Como è uno dei tantissimi raccolti dalla security di Tavaroli, ma ha una particolarità rispetto ai pedinamenti e agli accertamenti patrimoniali invasivi effettuati su conti bancari, accertamenti fiscali, visure catastali o d’azienda. “Como” è una bella collezione di numeri telefonici appartenenti a Juventus (l’utenza di Moggi), Figc ( Bergamo, Pairetto), Gea (Moggi junior, Zavaglia), De Santis. A dire il vero da una prima scorsa di alcuni fascicoletti si evidenzia che De Santis la benedetta/maledetta telefonata diretta con Moggi - che non esiste negli atti di Calciopoli - non l’avrebbe fatta neanche nel 2002-2003. Di sicuro, però, ad ogni chiamata attenzionata dall’equipe dell’uomo-Telecom Adamo Bove, suicidatosi nel 2006 a Napoli, c’era approfondita analisi dell’interlocutore. Nome, cognome, indirizzo e persino il codice fiscale.
In questi giorni i legali continueranno a mettere il naso nei faldoni, scoprendo magari che chi interrogava i database telefonici poteva trovare anche qualche telefonata tra Moggi e operatori di mercato italiani e stranieri? La prossima udienza per la distruzione dei file è fissata per il 21 luglio. Un’ultima domanda della gup resterà irrisolta, fino a quando non sarà sentito al processo di Napoli, Tavaroli: perché il dossieraggio su De Santis e gli altri - a differenza dei pedinamenti per Vieri e i giocatori - non è stato fatturato all’Inter? Risponde Cipriani: «Fu Tavaroli a darmi questa indicazione. Per quanto riguarda la fattura dell’Inter ricordo di averla consegnata a mani direttamente a lui».
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