..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 23 settembre 2011

TROFEI DI CARTONE

Michel Platini ne ha sempre (e solo) parlato, di Fair Play finanziario e delle regole che tutte le società calcistiche europee dovrebbero rispettare per mantenere un risultato che possa garantire equità tra coloro che partecipano alle competizioni continentali. Sempre dall'Uefa, e dalla voce del Segretario Generale, Gianni Infantino, la società che si è meglio adoperata per far quadrare i bilanci in linea con le nuove normative economiche è stata l'Arsenal: "Arsenal boss Arsene Wenger's meticulous and sensible approach to spending has helped the north Londoners strengthen their finances over the last 10 years, as some of their rivals' own position has weakened", e ancora oggi, secondo i dati raccolti ed elaborati da Sporteconomy, è sempre la società londinese a mantenere il primato europeo in fatto di Fair Play finanziario con ben 112 milioni di euro di utile netto di esercizio. Ma la differenza tra costi e ricavi nella gestione ordinaria corrente è positiva per tutti? I margini di discussione stanno a zero: no. Nel panorama internazionale, e soprattutto tra le società definite "top team", non ne si trova una in linea con tali normative. In Inghilterra, ed in testa a chi non risponderebbe ai requisiti necessari c'è il Manchester City dello sceicco Mansour bin Zayed; il segno meno è di quelli che difficilmente potrebbe essere giustificato agli uomini dell'Uefa: 249 milioni di euro. Una premessa per capire meglio.
Ci sono delle date, fissate, in cui le società calcistiche dovranno rientrare dai grossi indebitamenti creati. Nel triennio 2011/12, 2012/13, 2013/14, la perdita di bilancio da parte delle società non dovrà superare i 45 milioni di euro. Nella seconda fase, e cioè il triennio 2014/15, 2015/16, 2016/17, la perdita di bilancio consentita sarà fissata nel valore massimo di 30 milioni di euro, mentre la stagione 2017/2018 chiuderà il progetto di Platini diventato operativo lo scorso 27 maggio 2010, chiedendo alle società di portare in pareggio il bilancio. Ecco perché, oltre al City, lo United di Malcolm Glazer, l'Inter di Moratti, il Milan della famiglia Berlusconi, il Barcellona dei "noi siamo bravi, belli e buoni, il Chelsea di Roman Abramovich, rimarrebbero fuori dai giochi senza alcuna possibilità di clemenza. Ma nonostante questo, e dopo l'ultima finestra mercato, le società interessate a rientrare dai debiti hanno fatto spallucce ai voleri dell'Uefa, continuando ad acquistare campioni a suon di milioni di euro. Vedi il caso del Manchester City, che ha aumentato di gran lunga il valore di bilancio relativo alle voci salari, stipendi di calciatori e allenatori, portandolo sopra la soglia media europea del monte-ricavi aziendale (60/65%); tanto per fare un esempio "sano", la Bundesliga si attesta sotto il 50%. Questo stile gestionale, che ha interessato i "top team" europei, ha prodotto in tutta Europa 1,2 miliardi di euro di indebitamenti di medio e lungo periodo. Poi ci sono coloro che si sono mossi con una politica finanziaria atta a recuperare il disavanzo: Olympique Lione, Paris Saint Germain, Shakhtar Donetsk, Schalke 04, Atletico Madrid e Juventus. Guardando tra i nostri confini, la società della famiglia Agnelli ha i conti sostanzialmente in ordine, con un disavanzo minimo di 4.7 milioni di euro. Chi invece, come già accennato, Sporteconomy segnala come il più virtuoso in materia di bilancio e di programmazione è l'Arsenal, con ben 112 milioni di euro di utile netto di esercizio, mentre la seconda piazza, un po' a sorpresa, la guadagna il Real Madrid (+45 milioni di euro), a testimonianza che la forza commerciale del marketing (questo sconosciuto in ambito calcistico) permette ogni anno acquisti "galattici" che promettono spettacolo e tanti quattrini che rientrano nelle casse. A seguire troviamo il Tottenham, il Napoli di Aurelio De Laurentiis, vero imprenditore e capace di costruire una squadra ultra competitiva con le sole forze della società, il Bayern Monaco e l'Udinese. La società dei Pozzo, infatti, applica da anni la logica dell'Arsenal, investendo sui giovani e ottenendo plus-valenze che generano quattrini utili per mantenere sempre in ordine i conti; non a caso, sia Pozzo che De Laurentiis hanno in programma, come fatto quest'anno dalla Juventus, la costruzione dello stadio di proprietà, che, giusto per precisare, non rientra nelle spese negative delle società, così come il settore giovanile e i progetti sociali. Il rovescio della medaglia, quello che sostanzialmente riguarda il presente e l'attuale forza delle squadre, non corrisponde a detti criteri, anzi, falsifica, in campo, un progetto nato solo dopo che i buoi hanno abbandonato la stalla. In soldoni: le vittorie sul campo di determinate società non giustificano quanto auspicato dall'Uefa. Il progetto di Michel Platini è giusto, ma andava fatto prima, e non facendo creare buchi di bilancio che hanno falsato, in patria come in Europa, le vittorie sul campo delle squadre. Ma non solo. La geo-politica del pallone sta creando un gap tra squadre di pari blasone che da qui a sette anni non sarà più colmabile. Quindi, che valore potrà avere una vittoria di Champions paragonandola con i debiti che la società vincitrice si porta dietro? E ancora, perché non vengono messi dei paletti in fase di finestra di mercato per le società che ad oggi non rientrerebbero nei parametri voluti dall'Uefa? Gli esempi sono lampanti. Questa estate, a Manchester (sponda City e United) come a Barcellona, sono stati fatti investimenti ingenti in fatto di cartellino calciatori e relativi stipendi, basti pensare a Fabregas, Nasri, Young, Aguero, ma nessuno, Uefa in primis, ha battuto ciglio, come se tutto fosse consentito, come se tali società avessero i conti talmente in ordine da potersi permettere gli acquisti dei sopraccitati. Ecco dove le parole di Michel Platini tali rimangono, ecco dove, a discapito dello spettacolo e soprattutto dello sport, non si consente una concorrenza reale tra i diversi club, e non a caso alla fase finale delle competizioni accedono sempre gli stessi nomi, senza un reale ricambio, annullando ogni possibilità di crescita per le società di medie dimensioni. Le lacune del progetto Uefa, falle che rischiano di divenire crateri grazie alle solite alchimie di bilancio, sono già sotto gli occhi di tutti. Ci si troverà a guardare giochi di prestigio sul tema dei cosiddetti costi virtuosi, quelli cioè relativi a investimenti su vivai, infrastrutture e stadi. Nei prossimi anni, con il supporto di consulenti ad hoc, i grandi club diventeranno a sorpresa virtuosi spostando una serie di costi proprio su questa area, senza contare che i debiti collegati alla gestione ordinaria sono sicuramente un problema, ma lo sono ancor di più quelli di medio-lungo periodo che in alcuni casi sono di grandi dimensioni. Lì, stranamente, nessuno dice nulla, anche perché non a caso sono spesso contratti con il sistema bancario domestico/internazionale. Tra sette anni avremo risposte più precise, nel frattempo vinceranno sempre gli stessi, trofei di cartone che resteranno tali come i debiti creati.

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