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lunedì 11 agosto 2008

IL GIOCO DEL PETROLIO

IL GRANDE GIOCO DEL PETROLIO ALLE PORTE DELL’ASIA
Anna Zafesova per La Stampa
Le bombe russe che piovono sulla Georgia in queste ore minacciano di distruggere non solo il fragile equilibrio geopolitico sulle rovine dell’ex’Urss, ma di sconvolgere anche quel nuovo Grande Gioco energetico che ormai da anni viene condotto nel Caucaso e in Asia. Ieri i caccia bombardieri russi avrebbero colpito l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc), mancandolo
La notizia è stata data ieri dal primo ministro georgiano Lado Gurgenidze, ma il condizionale per ora resta d’obbligo, considerata la scarsissima attendibilità delle contraddittorie informazioni che giungono dal Caucaso. Ma che si si fosse trattato di un attacco deliberato alle infrastrutture del Btc, di un bombardamento «casuale» o addirittura di un falso allarme, resta il fatto che a rischio, in queste ore, c’è anche la partita energetica globale, nella quale la Georgia non era solo una pedina.
Completamente sprovvista di risorse energetiche proprie, tanto da rimanere per anni al buio e al freddo a causa del razionamento, la repubblica caucasica però è in una posizione geografica che la rende strategica: un lembo di terra tra il mar Caspio e il mar Nero, l’unico transito possibile per il petrolio asiatico verso l’Europa che non passi dalla Russia, unica falla in quello che altrimenti Mosca - tra produzione propria e «gestione» logistica delle risorse altrui - potrebbe considerare un monopolio sulle risorse.
E proprio in questo «corridoio», nonostante l’opposizione della Russia, si è infilato il Btc, inaugurato dopo mille polemiche due anni fa, e gestito da un consorzio internazionale dove il socio leader e la British Petroleum, e tra gli altri ci sono la Total, la ConocoPhilips e l’Eni (con il 5%), ma nemmeno un russo. Lungo oltre 1.770 chilometri, ha capacità di un milione di barili al giorno, circa l’1% della produzione mondiale: un’arteria chiave per pompare petrolio azero verso la Turchia e il Mediterraneo.
E anche una via di fuga potenziale per gli altri partner di Mosca, come il Kazakhstan che oggi pompa il suo greggio attraverso le varie pipeline russe, più a nord, ma che non esclude di potersi affrancare dal monopolio del Cremlino, insieme ad altri protagonisti di un’area che contiene le maggiori riserve petrolifere dopo il Golfo Persico e la Russia.
Si capisce perché il Btc, ancora nella fase progettuale, apparve nel film di 007 «Il mondo non basta», nel quale una cattivissima e affascinante Sophie Marceau complottava per ottenere il potere assoluto attraverso il suo oleodotto. Le alternative russe, come il Baku-Novorossijsk che disgraziatamente passava in territorio ceceno - e a Mosca, negli anni ‘90 come adesso resta popolare la teoria che il separatismo di Grozny venne fomentato da «forze esterne» (leggi gli americani) che tifavano per il Btc - o l’oleodotto del Caspio (Ktk) che trasporta il greggio dalla kazaka Tenghiz attraverso i territori più a nord, che offrono una maggiore sicurezza essendo etnicamente russi, non hanno potuto battere la concorrenza.
L’oleodotto georgiano, infatti, ha il grande pregio di sfociare non nel mar Nero, bacino chiuso dal quale poi il petrolio deve uscire principalmente via nave, attraverso il Bosforo, ma nel porto turco di Ceyhan, sul Mediterraneo, a due passi dai consumatori finali europei. Non è un caso che il ministro georgiano per l’Economia, Ekaterina Sharashidze, ha voluto ieri attirare l’attenzione del mondo ricordando che con le sue bombe la Russia «ha preso di mira anche obiettivi di proprietà internazionale».
Un grande gioco al quale partecipano un po’ tutti, inclusi anche i separatisti curdi del Pkk che qualche giorni fa avevano già bloccato l’oleodotto Btc nella sua parte turca, facendolo esplodere. Considerato l’enorme rischio politico di quella regione incandescente, per la maggior parte del tragitto le tubature erano state interrate, anche a costo di aumentare le spese. Ma ora che sopra i 249 chilometri della pipeline - che in alcuni punti si avvicina al territorio dell’Ossezia del Sud di soli 55 km - volano caccia bombardieri, una bomba, caduta più o meno «per caso», potrebbe esplodere nelle borse petrolifere di mezzo mondo.
BOMBE RUSSE SULLA GEORGIA - TBILISI SI RITIRA DALL'OSSEZIA
La Stampa - La Georgia ha annunciato il ritiro delle sue forze armate dalla regione separatista dell’Ossezia del Sud. Le truppe sono tornate nelle posizioni occupate lo scorso 6 agosto, prima dello scoppio delle ostilità lungo il confine tra Georgia e Ossezia del sud. Un portavoce ha motivato il ritiro georgiano con la necessità di proteggere i civili da una «catastrofe umanitaria».
Intanto altri 10.000 soldati russi sono penetrati oggi in territorio georgiano. Stando a quanto annunciato dal governo di Tbilisi in una nota, 6.000 soldati sono arrivati nella regione separatista filo-russa dell’Ossezia del sud, mentre i restanti 4.000 sono arrivati a bordo di navi di guerra nell’altra regione separatista georgiana dell’Abkhazia.E se la guerra separa, lo sport unisce. È il messaggio che Natalia Paderina e Nino Slukvadze hanno voluto lanciare da Pechino. La prima russa, la seconda georgiana: rispettivamente medaglia d’argento e di bronzo nel tiro a segno, specialità «pistola da 20 metri femminile», ai Giochi olimpici cinesi.Le immagini del loro lungo abbraccio sul podio, mostrate anche da Eurosport, cominciano a fare il giro del mondo. Le due atlete, evidentemente commosse, prima si sono strette la mano, poi si sono lasciate andare a un lungo abbraccio. Un gesto di distensione, mentre continuano le ostilità tra i loro paesi.
La Russia, comunque, continua ad accusare Tbilisi di «azioni barbare» e denuncia un massacro in Ossezia. I georgiani negano, e rilanciano accusando la Russia di avere fatto almeno 20 vittime nella città georgiana di Gori, a ridosso del confine con la repubblica separatista. Nella ridda di accuse incrociate e incrociate smentite, la situazione è precipitata verso una guerra dagli esiti imprevedibili e comunque già tragici. «Costringeremo i georgiani ad accettare la pace», ha dichiarato il presidente russo Dmitri Medvedev, mentre il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha lasciato intendere che tutto è possibile: «Non abbiamo mandato gli aerei a Tbilisi, ma nessun obiettivo è sicuro», ha ammonito durante un briefing telefonico con i corrispondenti stranieri.
Ieri sera il premier Vladimir Putin è arrivato da Pechino in Ossezia del Nord, repubblica che fa parte della Federazione russa, «per discutere misure di assistenza all’Ossezia del Sud, in connessione con i gli eventi in corso». Il parlamento georgiano ha votato all’unanimità la proclamazione dello stato di guerra richiesta per decreto dal presidente Mikheil Saakasvhili.
L’annuncio del ritiro giunge dopo tre giorni di combattimenti seguiti al tentativo georgiano di prendere il controllo della repubblica separatista filorussa dell’Ossezia del sud. La mossa di Tbilisi ha provocato però una massiccia risposta militare russa, con attacchi anche sul territorio georgiano, e l’apertura di un nuovo fronte da parte dei separatisti dell’Abkhazia, altra repubblica georgiana filorussa.
Ieri la Georgia aveva offerto un cessate il fuoco alla Russia che aveva però chiesto prima un ritiro completo delle truppe georgiane sulla posizioni precedenti all’inizio delle ostilità. Il convoglio militare è stato visto muoversi attraverso il villaggio di Ergneti, in Georgia, pochi chilometri più a sud della capitale dell’Ossezia del sud Tskhinvali. Oggi il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha visitato la zona.
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