..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

sabato 9 agosto 2008

SIFAR


10 agosto 1974
Il SIFAR, su ordine del Governo, avrebbe bruciato nell'inceneritore di Fiumicino alcuni fascicoli personali su aderenti alla P2. I fascicoli riguardavano 52 alti ufficiali dei carabinieri, 50 dell'esercito, 37 della Guardia della Finanza, 29 della marina, 11 questori, 5 prefetti, 70 imprenditori, 10 presidenti di banca, 3 ministri in carica, 2 ex ministri, il segretario di un partito di governo, 38 deputati, 14 magistrati.
Fascicoli SIFAR
I cosiddetti Fascicoli SIFAR erano una vastissima raccolta di dossier (schede informative poliziesche) su politici, militari (tutti gli ufficiali superiori), ecclesiastici (Papa compreso), uomini di cultura, sindacalisti e giornalisti ordinati dal Generale Giovanni De Lorenzo nel corso del suo settennato (1955-1962) alla guida del SIFAR.
La stesura di tali fascicoli si rivelò di grande utilità (dal punto di vista del De Lorenzo) in occasione del Piano Solo, quando attraverso un controllo incrociato degli stessi fu possibile desumere una lista di soggetti di potenziale "pericolosità" e da allontanare (gli "enucleandi").
In realtà, e secondo una lunga e consolidata tradizione tutta italiana nel settore, i dossier servivano a studiare le inclinazioni e gli interessi (al fine di poterne prevedere le mosse o gli intenti) di quelle personalità ritenute capaci di potenziale influenza sui destini e sulla quotidianità dello Stato.
La circostanza che di ciascuno degli individui analizzati venissero riportati qualità e difetti faceva parte dell'ordinaria indagine tipicamente esperita da servizi segreti; i difetti, infatti, potendo costituire oggetto di ricatto, esponevano gli interessati al rischio di condizionamenti esterni delle loro scelte, pericolo gravissimo negli ambiti della politica e delle istituzioni. La nota spiccata affezione del presidente Saragat per gli alcoolici, ad esempio, avrebbe potuto essere strumentalmente usata da potenze straniere al fine di ricattarlo, imponendogli scelte politiche con la minaccia di esporlo al pubblico ridicolo e terminarne così la carriera per discredito.
Si sostenne però che le informazioni raccolte nei fascicoli Sifar fossero a disposizione del Servizio per scopi ricattatori casalinghi.
Da un numero iniziale di 2.000 fascicoli, si passò a 17.000 nel 1960, fino ad arrivare a 117.000 nel 1962 (stimati in 157.000 dalla Commissione Beolchini).
Una volta scoperta l'esistenza di tali dossier, se ne stabilì l'illegittimità e si decise di distruggerli (sebbene vi sia chi sostenga che in realtà non fossero stati distrutti o che fossero stati copiati prima della distruzione). A tale compito fu preposto il Sottosegretario alla Difesa Giulio Andreotti. Parallelamente si scoprì che anche il più piccolo ma non meno potente SDS, il Servizio di Sicurezza del ministero dell'interno (allora diretto dal prefetto Federico Umberto D'Amato, peraltro collaboratore stabile dell'OSS), aveva iniziato un analoga espansione delle sue schedature (già ricche dell'eredità dei tempi di Bocchini); anche di queste si richiese la distruzione, che fu curata da Vincenzo Parisi, in seguito capo della polizia.
Dopo la data di distruzione ufficiale dei fascicoli si sospettò che alcuni fossero stati salvati, o che ne fossero state effettuate precedentemente delle copie (per es Licio Gelli fu sospettato di avere copia di numerosi fascicoli e di averli portati in Uruguay durante la latitanza). Andreotti nel 1997, durante un'audizione alla commissione stragi, sostenne che i fascicoli erano stati tutti distrutti e che, secondo lui, le copie successive di cui si sospettava l'esistenza fossero in realtà fascicoli nuovi, prodotti radunando nuovamente le informazioni contenute negli atti dei vari uffici periferici dei servizi che erano servite per compilare i fascicoli originali e che non erano stati distrutti.

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