A ben vedere, e l’ennesima rivolta contro una sacrosanta cura che il ministro Gelmini vuole proporre per la scuola lo conferma, noi italiani siamo abilissimi a farci male da soli, siamo collettivamente penetrati da un masochismo devastante il nostro organismo civile e il suo funzionamento. Mangiamo le esche che abilissimi mestatori gettano in pasto all’opinione pubblica e, dopo averle mangiate, somigliamo a pesci che inutilmente tentano di divincolarsi dalle reti dei pescatori, ma evidentemente senza successo. Siamo stati abilissimi infatti a devastare il nostro territorio con abusivismi grandi e piccoli, le nostre città soffocano ogni giorno di più per assenza di chiare visioni di sviluppo cosiddetto compatibile con la qualità della vita, le nostre amministrazioni pubbliche, finalmente entrate nel mirino dell’ottimo Brunetta, hanno dato per decenni ottima prova della loro incapacità e menefreghismo a servire i cittadini (altro che civil servant!); siamo stati abilissimi a distruggere l’Alitalia per mano di “abilissimi” manager e altrettanto “bravi” lavoratori; da poco tempo siamo riusciti (forse) a togliere le pulci dai nostri vagoni ferroviari; abbiamo per anni ostacolato la produzione di energia tramite il nucleare tanto da renderci schiavi di paesi terzi che profittano della nostra debolezza energetica (ma di questo parleremo in altra sede); siamo tutti molto “verdi” ma abbiamo intere regioni devastate dalla mondezza o dai rifiuti tossici; abbiamo il più importante patrimonio artistico del mondo, ma da sempre lo trascuriamo sotto varie forme salvo sputtanarlo con progetti di parchi tematici (per fortuna limitatamente a Roma) degni di Asterix e Obelix di Ouderziana memoria.
Infine, ma solo perché mi sono stancato di riassumere noti elenchi di nefandezze, dopo avere distrutto ciò che di buono (fosse anche molto poco) aveva la nostra scuola, inebetiti dalle false libertà e innovazioni promesse dagli abili sessantottini fabbricanti di esche, non solo non siamo riusciti a darci piani scolastici degni di tale nome, ma riusciamo a produrre il minor numero di laureati soprattutto nelle materie scientifiche e segnatamente in ingegneria, siamo inseriti tra le peggiori scuole secondarie d’Europa, abbiamo un elevatissimo numero di abbandoni scolastici, i nostri ragazzi e ragazze hanno persino difficoltà d’espressione nella lingua madre. Ma noi cosa facciamo? Una protesta e uno sciopero con relativo corteo a ogni tentativo di miglioramento della scuola da parte dei ministri che si sono succeduti negli ultimi quattro decenni, nessuno escluso, così da ridurre la nostra scuola allo stato preagonico, un simil Alitalia insomma. Promozione garantita e per tutti, niente voto di condotta, niente voti ma solo arzigogolati giudizi; e ciò già sin dalle elementari. Maestri e insegnanti minacciati dai genitori quando i loro pargoli vengono rimbrottati per la loro condotta in classe o per il loro scarso profitto, facilities di tutti i tipi agli studenti purché prendano il famigerato “pezzo di carta”.Il problema è tutto qui ministro Gelmini, è insito al valore legale del “pezzo di carta”. Si va a scuola non per imparare, ma perché “senza il pezzo di carta” non si conquista la famosa scrivania ma neanche il posto di “operatore ecologico”.
Insomma agli spazzini invece di fare un esame attitudinale sulle loro capacità e energie fisiche, si richiede di fare di conto (se non è masochismo questo…). Il “pezzo di carta” è il viatico per il futuro, che di questi tempi di globalizzazione e di concorrenza non si sa bene quale possa essere per il poveraccio che lo ha in tasca essendo completamente ignorante. Una laurea in scienza delle comunicazioni ormai non si nega a nessuno (come i famosi sigari e croci di cavaliere) perché è un “pezzo di carta” che consente un impiego in qualsiasi struttura, naturalmente pubblica o similare. Poco importa la conoscenza, la raccomandazione farà il resto: basta avere il “pezzo di carta”. I nostri ragazzi e ragazze accettano di sostenere estenuanti prove di merito (condite anche da forti e trancianti giudizi) pur di essere ammessi a un futuro di spettacolo (vedasi ad esempio la trasmissione Amici) ma non accettano che i medesimi giudizi vengano dati dagli insegnanti che vengono scambiati per burocrati che devono semplicemente avallare l’iscrizione scolastica con promozione assicurata. Sic rebus stantibus (locuzione presessantottina), l’unica riforma vera e sostanziale per la nostra scuola (in particolare secondaria e universitaria) consiste nel togliere il valore legale al titolo di studio che costituirebbe condizione necessaria ma non sufficiente per ogni tipologia di lavoro.
Tolto infatti il valore legale al “pezzo di carta”, che acquisterà così “valore sostanziale” che è quel che occorre, fannulloni e figli di papà smetteranno di intasare e di imbrattare le aule scolastiche o assentandosi da esse o mettendosi finalmente a studiare assoggettandosi poi ai giudizi secchi e trancianti degli insegnanti e dei datori di lavoro(tipo Maria De Filippi insomma). Nel secondo caso vedremo finalmente premiato il merito, nel primo caso (in virtù del dimezzamento delle università o dei licei) i contribuenti sapranno che i soldi delle loro tasse saranno meglio spesi di quanto non lo siano ora. Licei e università faranno quindi gare di qualità per sfornare i migliori studenti perché solo in questo modo avranno ragione di vita (e quindi di impiego e stipendio per i docenti), la società italiana potrà contare su un numero maggiore di cervelli ma anche su futuri artigiani e operai in tutti coloro che avranno liberata la scuola dove vengono oggi costretti a vivere loro malgrado, per scegliere altre e meritorie e nobili e appaganti professioni. Se riusciremo a scrollarci di dosso luoghi comuni e frasi fatte, bagaglio e spazzatura di una anticultura ormai nuda come il famoso re, se riusciremo ad anticipare il futuro anche con scelte coraggiose, potremo ancora rimediare ai danni che quaranta anni di post sessantotto hanno determinato in questo intrappolato Paese.
di Giuseppe Blasi
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