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Insomma Napolitano aveva vantato con Sarkozy le meraviglie della legge Gozzini, che peraltro hanno tirato fuori dalla galera quasi tutti i terroristi che negli anni ’70 e ‘80 hanno insanguinato l’Italia. Ma a Sarkozy, o a Carla, chissà, questo non deve essere bastato, perché, come i personaggi immaginari dei fumetti di Lauzier, rivoluzionari che vogliono tutto e subito, l’ondata di “degno” e la manifestazioni della suddetta gauche caviar a favore della Petrella, come a suo tempo a favore di Cesare Battisti, sono continuate. Finché un bel giorno, spiega Napolitano a Berardi, il figlio di Rosario, uno dei capi dell’antiterrorismo a Torino, ucciso dalle Br dieci giorni prima dell’azione di via Fani e del rapimento di Moro, “con una lettera della metà di ottobre il presidente Sarkozy mi informava di avere deciso diversamente, disponendo il ritiro del decreto di estradizione, in considerazione del progressivo deterioramento della salute della signora Petrella e del rischio di morte in caso di estradizione. La decisione veniva assunta sulla base di una riserva nazionale frapposta dalla Francia alla Convenzione sulle estradizioni del dicembre 1957”. Napolitano chiude la lettera con un passo molto amaro, che rischia di provocare quanto meno dei fraintendimenti con il presidente Sarkozy: “Come ella sa, l’Italia dedica dal maggio 2008 una giornata nazionale , voluta dal Parlamento, alla memoria delle vittime e alla solidarietà con le loro famiglie. Alle vittime e alle loro famiglie era dedicato il libro che avevo inviato al presidente Sarkozy a ricordo della tremenda prova subita dai parenti, chiamati, nelle bellissime parole di Mario Calabresi (il figlio del commissario Luigi ucciso nel 1972, ndr) alla sfida più alta, quella di ”far crescere i figli liberi da rancore e dall’odio“ e di guardare avanti nel ”rispetto della memoria“, rispetto che purtroppo spesso è mancato”. Naturalmente chiunque a questo punto potrebbe ipotizzare che il riferimento alluda proprio al voltafaccia di Sarkozy sull’estradizione della Petrella.
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