Adesso hanno fatto pace.
Vittorio Feltri aveva scritto - nell'editoriale pubblicato sulle pagine di Libero - : "novantanove italiani su cento - stima ottimista - non hanno capito un accidenti dei motivi alla base della rissa fra le Procure di Salerno e di Catanzaro".
Oggi ci ritroviamo a dover capire - e la stima ottimistica rischia di aumentare - il perchè del ritiro contestuale dei reciproci provvedimenti di sequestro di fascicoli di inchieste scottanti da parte delle procure sopraccitate.
Si sono presi a mazzate per giorni e adesso ci fanno capire che alla fine è stato uno scherzo, tutti in cortile a giocare come se nulla fosse accaduto.
La tregua è stata imposta dal Csm - Carlo Panella aveva titolato: "Il pesce puzza dalla testa. E la testa è il Csm" - a dimostrazione di come la giustizia italiana puzzi, e viva nella totale impossibilità di autoriformarsi.
Che ci sia bisogno di una riforma - tra le cose stimabili - appare evidente. Ma se da una parte c'è la politica - di destra - che sembra averne intrapreso la strada, perchè dietro alla "guerra" che si è consumata c'è il fallimento dell'intero sistema, dall'altra c'è chi sostiene che essa non va presa a pretesto per invocare alcuna riforma dell’ordinamento giudiziario che diminuisca l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
Proviamo a chiarire. L'imposizione alla tregua da parte del Csm è solo uno specchietto per le allodole, la velocità con cui l'organo di governo autonomo della magistratura ordinaria è intervenuto è figlia dell'intervento del Capo dello Stato, atto giustificato senza il quale, ha esplicitamente affermato, la vicenda, gravida di implicazioni istituzionali, avrebbe potuto determinare una lesione al bene supremo della funzionalità della giurisdizione.
E allora quei novantanove italiani su cento che non hanno capito cosa sia successo si domandano cosa bisognerebbe fare, e soprattutto come.
Si potrebbero radere al suolo le resistenze corporative, cancellare le deviazioni politiche, ma proviamo a guardarla dal lato democratico. Come scrive l'amico Giacalone la politica si pone una questione di metodo: riforme profonde ed istituzionali si fanno assieme all’opposizione od a "colpi di maggioranza"? La sola domanda dimostra l’assenza di cultura istituzionale e senso dello Stato. Le democrazie funzionano decidendo a maggioranza, chi non lo accetta è semplicemente antidemocratico. Funzionano nei parlamenti, dove le minoranze hanno ruoli importanti e prerogative garantite. Il guaio nostro è che le opposizioni si rivolgono alla piazza, ieri come oggi, ed interpretano la convergenza riformista come un “cedimento” al governo. Ecco perché quella domanda, così sciocca, la pongono prevalentemenete quelli che stanno all’opposizione.
Il problema di fondo prolifera all'interno della casta, quella dei magistrati, che con il Paese e i cittadini ha oramai perso i contatti, e a metterci mano si rischierebbe di trovarci, tutti, a ridosso della prossima futura crisi planetaria. Ci si impiegherebbe una vita, e i motivi non sono difficili da comprendere.
E' notizia di oggi che il governo è pronto a mettere in atto la riforma di un sistema pieno di crepe come quello della giustizia, anche a costo di modificare la Costituzione. Lo ha ribadito anche oggi proprio prima di entrare alla riunione di Bruxelles sul clima Silvio Berlusconi: "Gli italiani sanno – ha detto il Premier - che è assolutamente indispensabile la riforma della giustizia civile e penale per garantire loro un processo giusto che oggi non c'è".
Per il ministro della Giustizia Angelino Alfano la riforma si farà in tre fasi: processo civile, processo penale e la modifica del Consiglio Superiore della Magistratura, la riforma che ha suscitato maggiori polemiche. "Sul piano tecnico - spiega Alfano - si può anche chiamare ‘separazione delle carriere’, ma il principio è quello della parità, tra accusa e difesa e della terzietà del giudice. E' un principio giusto e sacrosanto".
Per il Pd, invece, il confronto è possibile a patto che non si tocchi la Costituzione, dichiarazione alla quale non ha fatto mancare una pronta replica il presidente del Consiglio: "Non si può immaginare di intendere il dialogo con un "sì" formale e un "no" sostanziale. Non si può essere disponibili al confronto solo a patto che non si tocchi la Costituzione, perché in sostanza questo significherebbe rinunciare al programma sulla giustizia con cui abbiamo vinto le elezioni. -il Premier ha inoltre aggiunto - La Costituzione si può cambiare e poi l'ultima parola spetta ai cittadini. Ci sono due votazioni con 6 mesi di tempo l'una dall'altra poi a decidere se la riforma sarà giusta saranno i cittadini. Questa è la democrazia".
Il Pd si è limitato a dire che il comportamento del presidente del Consiglio sulla possibilità della modifica della Costituzione solo con la maggioranza "è irresponsabile".
E allora ha ragione Panella quando sostiene che questa opposizione non concorderà con l'esecutivo una dura riforma moralizzatrice della magistratura, perchè intrisa di quella cultura del sospetto e del doppio Stato; e ancor di più ha ragione Giacalone quando dice che le democrazie funzionano decidendo a maggioranza, e mai come adesso è il momento di decider, perchè se non si riesce a cambiare la giustizia quando si è sotto processo, quando le procure ti tengono nel mirino, ci si può riuscire quando sotto attacco è l’opposizione, che è parimenti inaccettabile.
Alfano ha assicurato che "oggi c'è la consapevolezza da più parti che è giunto il momento di intervenire, noi intendiamo fare sul serio e questa volta ce la faremo".
Se tutto questo si farà quei novantanove cittadini su cento avranno capito, perchè avrà vinto il senso dello Stato, quello smarrito dal mondo della giustizia italiana, e non solo.
di Cirdan
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