C'è sempre una tendenza quando si fa della propaganda: risultare belli, bravi e soprattutto buoni, e mai brutti e cattivi, altrimenti si rischia inevitabilmente di fare, con se stessi, un triello, come quelli sceneggiati da Sergio Leone.
L’editoriale dell’ex senatore repubblicano dell’Oregon Bob Packwood sul New York Times di domenica 10 maggio, ha messo in evidenza i limiti al prelievo fiscale negli Stati Uniti, in relazione al modello sociale che Obama intende perseguire.
Facciamo un piccolo passo indietro per capirci meglio.
Barack Obama ha presentato il piano di bilancio del governo federale degli Stati Uniti, dove è contenuto "un impegno storico per la riforma della sanità". Dalla finanziaria per l’anno fiscale 2010 emerge un quadro a tinte fosche: il deficit degli Stati Uniti infatti si dovrebbe attestare nel 2009 a 1.750 miliardi di dollari, il più alto dai tempi della Seconda guerra mondiale. E Obama, parlando di un bilancio corposo ma anche "onesto" ("In passato altri bilanci per anni non hanno detto la verità") ha annunciato che intende dimezzare il deficit entro la fine del suo primo mandato, nel gennaio 2013 e che sono stati già identificati risparmi per circa duemila miliardi di dollari.
L'inquilino della Casa Bianca ha rivolto all'America un invito alle "rinunce" per uscire dalla crisi, in vista di "scelte difficili": "Dovremo rinunciare a cose che ci piacciono ma che non ci possiamo permettere", ha detto il presidente spiegando inoltre che anche a livello di governo "sarà necessario tagliare cose che non ci servono per pagare quelle che servono", ovvero una grande riforma della sanità, per estendere a tutti l'assistenza pubblica, "anche tassando i più ricchi".
Più in particolare per finanziare la nuova manovra che riguarda la sanità (la spesa prevista è di 634 miliardi di dollari) il presidente ha proposto il primo aumento delle tasse da 16 anni per le famiglie ad alto reddito (quanti guadagnano più di un quarto di milione di dollari all'anno) e una drastica revisione dei pagamenti alle assicurazioni private collegate a Medicare, la mutua per gli anziani.
Il piano di bilancio prevede di risparmiare svariati miliardi di dollari non rinnovando gli sgravi fiscali concessi all'amministrazione Bush ai già ricchi. Saranno interessati da questo provvedimento tutti gli americani che guadagnano oltre 250.000 dollari o 250.000 per le coppie sposate. Per i contribuenti oltre questa soglia, l'incidenza fiscale passerà rispettivamente dal 33% e dal 35% al 36% e al 39,6%.
Quanto al deficit, Obama ha spiegato che "soltanto in questi ultimi 30 giorni" la sua amministrazione ha identificato "riduzioni pari a 2.000 miliardi, che ci aiuteranno - ha detto il presidente americano - a diminuire della metà il deficit entro la fine del mio mandato".
Il presidente ha citato in particolare risparmi per 20 milioni con tagli nell'agricoltura, 200 milioni tagliando i fondi per le miniere abbandonate e riduzione per svariati programmi nella pubblica istruzione. Senza dare maggiore dettagli, Obama ha parlato di risparmi per quasi 50 miliardi riducendo sussidi eccessivi e sgravi fiscali.
Lo stesso Oscar Giannino (attraverso il Chicago Blog), equiparando le considerazioni di Packwood al nostro Paese, traduce che non può bastare non alzare le tasse, ma si deve mantenere le pomesse di abbassarle.
L'America, come daltronde il resto del globo, è radicalmente cambiata rispetto a cinquant'anni fa, e come sottolinea Packwood, allora le spese per la sicurezza sociale, le pensioni e l'assistenza sanitaria furono una parte relativamente piccola del totale del bilancio federale, basti pensare che Medicare e Medicaid non esistevano prima del 1960.
In propaganda elettorale si può anche rischiare un triello: tra se stessi, l'elettorato e lo Stato, ma per qualche dollaro in più potrebbe scoppiare una "guerra", che racconterà ai posteri di cosa c'era una volta in America.
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