..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 22 giugno 2009

IL POPOLO HA FAME?

Sono giorni che non riesco a trovare differenze tra i settimanali che si occupano di gossip e cronaca rosa e i quotidiani che dovrebbero trattare la politica.
Faccio una proposta: da domani tutti, ma proprio tutti, occupatevi della politica, della situazione in Abruzzo, del futuro delle nuove generazioni.
Faccio un passo indietro. Sono nato e cresciuto in un periodo storico “sbagliato”, dove la cultura, l’informazione e la politica sono state sostituite dalla televisione e dall’apparire ad ogni costo. Una generazione che ha fatto fatica a leggere un libro che sia stato uno, ad occuparsi del sociale, a concentrarsi sulla vita politica del Paese, ma esperta e scaltra nel trovare soluzioni per proiettarsi al centro di un teleschermo o in “terza” su di un quotidiano.
Colpe e colpevoli non li ricerco, mi bastano i fatti. Oggi, però, ci troviamo davanti il mondo che ci fu proposto, con tanto di colpe e colpevoli. Nei giorni precedenti alla vigilia elettorale abbiamo avuto inviti a cene e serate, che hanno occupato il posto dei programmi da proporre: tutti presenti e con il vestito migliore. Si legge, in questi giorni, che il Premier dovrebbe rispondere all’opinione pubblica, altri, giustamente, replicano: quale opinione pubblica, quella che dopo una simpatica campagna scelse Barabba? In serata si concluderà il referendum elettorale, ma l’Italia sta dimostrando di non saperne dell’esistenza. Gran parte del Paese conosce abitudini, vizi e virtù della Sig.ra D’Addario, e vacilla quando gli si chiede se il Senato ha sede a Palazzo Madama o a Montecitorio. Ora la domanda è fin troppo banale, ma mi chiedo: dov’è la politica? Da chi è stata rapita? Chi ha voluta venderla per una foto o una registrazione?
In questi giorni, nel mio piccolo, ho letto due interventi degni di nota. Il primo è a firma di Davide Giacalone, che nel suo “Il ricatto”, mette a nudo una realtà con una domanda: “…Vi pare possibile che si monti uno scandalo colossale sulla stupidata di una festa di compleanno?…“.
Il secondo, e non meno importante, è l’analisi di Gennaro Malgieri, che affronta la mancanza di politica su argomenti come la crisi finanziaria, sugli arsenali nucleari che si stanno costruendo tra Teheran e Pyongyang, sul destino delle giovani generazioni.
Anche in questo caso, l’autore, non difende nessuno: né chi continua a delegittimare Berlusconi, né lo stesso Premier, “invitato” a gestire meglio certe situazioni.
Ma sullo sfondo, come conclude Malgieri, resta la sfiducia, innegabile, nei confronti di una classe politica incapace di pensarsi al di fuori di un’ordalia perenne che sembra trovare la propria legittimazione avvoltolandosi nel fango impastato dai soliti noti.
La chiusura è amara: “… e pensare che questa doveva essere la Legislatura costituente che tutti, a destra come a sinistra, avevano promesso agli italiani …”.
Forse a questo punto diventa ragionevole la proposta di Vittorio Sgarbi, secondo il quale sarebbe arrivato il momento di convocare, da parte del Presidente del Consiglio, una conferenza stampa, nella quale il Premier dichiari la sua passione per la “gnocca”, elemento imprescindibile e curativo, risolvendo con quattro semplici parole il dilagare di tanta inutilità, per riportare in primo piano la politica.
Il luogo comune "Il popolo ha fame? Allora dategli le brioches!", che fu affibbiato a Maria Antonietta, lo ritrovo oggi, nella miseria dei fatti e nell’umiliazione del parlarne, come se una mondana registratrice avesse avuto il compito di saziare il popolo. C’è chi guarda a tutto questo con preoccupazione, osservando quel che succede, valutando la ciccia che è rimasta da sbranare, che non sa ne di politica, né di etica pubblica, ma che potrebbe riprodurre le stagioni dei saccheggi.
La "povera" Maria Antonietta non pensava si potesse avere fame, supponeva un errore nell’approvvigionamento giornaliero. La nostra classe dirigente non suppone la politica serva ad altro che al galleggiamento di sé medesimi. La rivoluzione francese fu borghese, perché la Francia era in crescita. La nostra sarà un’involuzione plebea, con la borghesia incattivita. Insomma, senza politica seria i popoli decadono.

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