..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 21 maggio 2010

CRONISTI E GOSSIPPARI

C'è chi ha dichiarato che quella legge è un insulto all'intelligenza, chi scrive di "bavaglio" e "giro di vite" alla libertà di stampa, e chi sostiene che queste nuove disposizioni che si vanno delineando sono solo sabbia negli ingranaggi delle indagini.
Il disegno di legge "delle intercettazioni" in discussione al Senato sta animando tutte le parti interessate.
"Se si deve fare una legge del genere è meglio abolire lo strumento delle intercettazioni". Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm boccia il provvedimento in discussione al Senato e in un'intervista alla Stampa aggiunge: "Queste nuove disposizioni che si vanno delineando sono solo sabbia negli ingranaggi delle indagini". "Da un lato - spiega Cascini parlando del ddl sulle intercettazioni - si vuole ridurre l'utilizzo delle intercettazioni sia ambientali che telefoniche, dall'altro si vuol vietare che fatti di rilevanza pubblica, emersi proprio grazie alle intercettazioni durante le indagini, possano finire pubblicati dalla stampa anche dopo che sia venuto meno il segreto istruttorio". Il segretario dell'Anm non nega la necessità di un provvedimento che tuteli la privacy ma "ciò che si sta realizzando in queste settimane è il bavaglio all'informazione e l'impossibilità da parte della magistratura di proseguire nelle indagini con lo strumento delle intercettazioni". Quindi Cascini sottolinea che l'Anm ha "un interesse generale che è quello di segnalare le criticità cui si va incontro", parere condiviso anche dalle forze dell'ordine: "Posso assicurare che il mio pensiero accomuna anche le forze di polizia giudiziaria che collaborano con noi, anzi loro di noi nella valutazione dell'operato sono legati a una logica di risultato".
Il sindacato dei giornalisti (Fnsi) a nome del segretario Franco Siddi, rende noto che in nessun Paese avanzato viene "considerato un crimine" l'informazione che dà conto di come procedono le inchieste giudiziarie. "Ci sono ancora due fasi anzi quattro (passaggio in aula e esame alla camera) prima che il provvedimento diventi definitivo. Per questo continueremo la nostra battaglia. Nel caso la norma venisse approvata - ha annunciato Siddi - siamo pronti, arriveremo alla Corte di Strasburgo. Facciamo di tutto - ha proseguito Siddi - per contrastarne l'approvazione. Speriamo in un sussulto. Approvare questa legge - conclude - significa impoverire la democrazia, mortificando la libertà di tutti".
Lancia un appello anche il presidente dell’Ansa Giulio Anselmi. A suo giudizio la situazione della libertà di stampa in Italia "sta peggiorando" negli ultimi tempi e questo é motivo di "vero allarme" per la categoria: tuttavia, nel "grosso dell'opinione pubblica c'é scarsissimo interesse perché i giornalisti sono considerati troppo legati al potere, troppo subalterni e comunque poco credibili".
Anselmi l’ha affermato a Berlino durante una lezione sul tema “Informazione e potere” alla libera università della capitale tedesca. Il recente rapporto di Freedom House sullo stato di democrazia nei media, ha ricordato Anselmi, "colloca l'Italia alla pari dell'India, e dietro al Cile".
Allora mi viene da chiedere: questa contestazione su quali basi nasce?
Le intercettazioni, da cui può dipendere anche la nostra sicurezza, dovrebbero essere uno strumento d’indagine, mai una prova. Dovrebbe gestirle la polizia giudiziaria, non la magistratura.
Non dovrebbero mai entrare nelle carte del processo, quindi mai, dico mai, diventare pubbliche.
E’ semplice: se dico al telefono di avere nascosto la refurtiva in un tale posto chi mi ascolta va e controlla, se trova quel che cerca ha la prova per arrestarmi e condannarmi, senza far cenno all’intercettazione, se non lo trova vuol dire che stavo straparlando, mi stavo vantando, o stavo prendendo in giro, che non sono reati.
In Gran Bretagna il magistrato chiede il permesso di intercettare a un’autorità politica (il ministro dell’Interno) e l’ascolta per orientarsi, per capir meglio il contesto in cui è maturato il reato. Poi deve andarsi a cercare i riscontri con l’indagine vera e propria. Bush ha reso le intercettazioni più facili, ma nessuno in America si permette di passarle alla stampa, e nessuno della stampa si permette di pubblicarle.
Filippo Facci, firma per Libero questo pensiero: "Sono favorevole alla legge sulle intercettazioni per la stessa ragione, ritengo, per cui quasi tutti i miei colleghi sono contrari: perché è una legge che rischia di funzionare, e la mia categoria l'ha capito. Così come è architettata, e mi riferisco soltanto ai divieti di pubblicazione, quella manna giornalistica e unica al mondo che è la cronaca giudiziaria all'italiana rischia davvero di non cadere più: ovvio che direttori e cronisti non ne siano contenti, visto che il pubblicare certe intercettazioni resta uno dei pochi espedienti residuali per far impennare le vendite. Le proteste corporative, non solo dei giornalisti, nascono più da questo che da aneliti di libertà.
Torno a ripetere che mi sto riferendo solo alla pubblicazione delle intercettazioni, non ai limiti imposti circa il loro utilizzo: su questo preferisco aspettare la versione finale della legge, dopodiché vedremo. Mi limito a osservare, su questo, che è abbastanza vero che le intercettazioni spesso rappresentano una comoda scorciatoia usata da una magistratura che ormai disdegna le indagini tradizionali, un po' come i pentiti: ma è una verità parziale e ingenerosa."
In soldoni: le intercettazioni sono solo un mezzo di ricerca della prova che deve trovare conferma in un dibattimento, il famigerato processo, perciò il renderle pubbliche prima del tempo tende a violare alcune libertà costituzionali. Può anche essere che senza intercettazioni (meglio: senza la loro pubblicazione) non avremmo avuto tutta una serie di informazioni e indiscrezioni che invece si sono riversate sui giornali degli ultimi anni: ma la loro rilevanza, in termini strettamente giudiziari, si è rivelata quasi sempre scarsa, al dunque.
Calciopoli vi dice qualcosa?
I nostri media, diversamente da quanto accade all'estero, tendono a concentrarsi sulle indagini e poi si dimenticano o quasi del processo, vero fulcro del rito accusatorio. Questa nuova legge, tempi della giustizia permettendo, potrebbe cominciare a invertire una cultura giornalistica sballata. Ci accoderemmo finalmente a paesi ritenuti più civili del nostro perché a contare sarebbe essenzialmente il processo, le sue risultanze, le prove, le sentenze.
Davide Giacalone, recentemente intervistato da questa Redazione, ha dichiarato: "In Italia non manca la libertà di stampa, manca la dignità di chi parla e scrive".
Dovesse passare questa legge si potrà ancora raccontare ciò che conta, ma senza poter piegare un verbale o una carta a tesi proprie o arbitrarie.
Più degli indagati conteranno i condannati, e i cronisti (pochi), prenderanno il posto dei gossippari (troppi e inutili). Ditemi se è poco.

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