Il 4 gennaio del 1968, Jimi Hendrix, in tournée in Scandinavia, danneggia la sua camera d'albergo e viene arrestato a Stoccolma, e solo tre mesi dopo, esattamente il 4 aprile, a Menphis, viene assassinato Martin Luther King.
Sorte che toccherà sempre nello stesso anno a Robert Kennedy, fratello di John, il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti assassinato il 5 giugno a Los Angeles.
Un anno a dir poco drammatico per i sogni e le speranze di milioni di persone che avevano trovato in quegl'uomini le loro guide.
Ma sempre nello stesso anno, nel febbraio del 1968, su un progetto del batterista e cantante Chris Curtis e per iniziativa dei suoi manager John Coletta e Tony Edwards, prese vita una band chiamata Roundabout.
Band basata sull'idea, di Curtis, di una sorta di "supergruppo" in cui i musicisti, assoldati di volta in volta a seconda delle necessità, ruotassero attorno a lui e al suo strumento.
La band, oltre allo stesso Curtis alla batteria e alla voce, comprendeva l'organista Jon Lord, proveniente dai The Flower Pot Men and their Garden, e il chitarrista Ritchie Blackmore, che aveva accompagnato il cantante italiano Riki Maiocchi nei The Trip.
Come bassista, Lord propose il suo vecchio amico Nick Simper, che aveva suonato con lui nei The Flower Pot Men.
Ma l'uso di LSD e le continue assenze di Curtis lo tagliarono ben presto fuori dal suo stesso progetto, per cui il gruppo si mise alla ricerca di un nuovo cantante e di un nuovo batterista.
Nel marzo del 1968 Lord, Blackmore e Simper assoldarono il cantante Rod Evans e il batterista Ian Paice, che avevano già suonato assieme in un gruppo chiamato "The Maze" (attivo fra il 1965 e il 1966, e che aveva anche soggiornato per qualche mese in Italia incidendo il 45 giri Aria del sud/Non fatemi odiare per la Polydor).
Dopo una breve tournée in Danimarca e Svezia, nell'aprile del '68 il gruppo si lasciò definitivamente alle spalle il progetto di Curtis e scelse di chiamarsi "Deep Purple", nome suggerito da Blackmore pensando all'omonima canzone di Nino Tempo e April Stevens.
When the Rock played propone in questo appuntamento il quarto lavoro in studio dei Deep Purple, "Deep Purple In Rock", pubblicato per la prima volta nel giungno del 1970 e registrato tra l'agosto del 1969 e il maggio del 1970, alla IBC, De Lane Lea & Abbey Road Studios.
Molte le particolarità del quarto LP dei Deep Purple. Dalla famosissima copertina con le facce dei componenti del gruppo scolpite nel famoso Monte Rushmore, ai significati letterali del titolo dell'opera, fino alla considerazione che fu data e ancora oggi rimane, del valore del disco, considerato, al pari di "Led Zeppelin II" dei Led Zeppelin e "Paranoid" dei Black Sabbath, una delle prime escuzioni Heavy Metal di tutti i tempi.
Come molti lavori usciti in quel periodo, anche Deep Purple In Rock tratta tematiche sociali importanti come la guerra, la droga e le condizioni esistenziali di quegli anni.
Track 1 | Speed King
Il cambio deciso e razionale dei Deep Purple coincise proprio con la pubblicazione di "Deep Purple In Rock", dove il gruppo si propose in chiave decisamente più "pesante", intraprendendo la strada che poco tempo prima avevano tracciato i Led Zeppelin. Non fu un caso che lo stesso Blackmore dichiarò: "Da quel momento decidemmo che quella era la musica che volevamo suonare anche noi". Ed ecco che Speed King apre l'album con un inizio a dir poco travolgente, a punto da spingere le emittenti di alcni Paesi ad eliminare l'intro facendo partire il brano direttamente dal cantato. Cambi di ritmo e gli splendidi riff di chiatarra di Blackmore fanno di questo brano d'apertura un'autentica spinta per procedere all'ascolto, oltre a proporre un suono talmente particolare e fino a quel momento mai sentito. Jon Lord (musicista di formazione classica, diplomato al conservatorio e tastierista del gruppo) ebbe la geniale idea di collegare il suo Hammond a un amplificatore per chitarra elettrica: il Marshall 1959 SLP di Ritchie. Il suono risultò una vera ed autentica alternativa a quello che avrebbe potuto fornire un'altra chitarra elettrica, al tempo ricercata dalla Band, e caratterizzò per sempre il sound tipico dei Deep Purple. Lo stesso Lord dichiarò: "Amplificai il mio organo invece che col Leslie, col Marshall di Ritchie, ed è così che svegliai la bestia; solo due anni dopo riuscii a domarla al massimo delle sue potenzialità".
Speed King è un inno agli inizi del classico rock-and-roll, con chiari e frequenti riferimenti a canzoni eseguite da Little Richard: da "Good Golly Miss Molly" a "Tutti-Frutti" fino a "Lucille".
Track 2 | Bloodsucker
Anche in Bloodsucker il rock duro dei Deep Purple esce in tutta la sua potenza, e gli scambi di session tra Blackmoore e Lord fanno di questa seconda track un'ulteriore rampa di lancio per la voce stridula e potente di Ian Gillian, com dimostra verso il finale.
La versione Mark VII (con Steve Morse alla chitarra) ri-registrata nel 1998, cambiò il titolo con la rivisitazione di "Bludsucker".
Track 3 | Child in Time
E' senza ombra di dubbio la traccia più rappresentativa dell'intero lavoro, considerata dai più come una delle icone che meglio identificano il genere della Band.
Per una serie infinita di ragioni può essere considerata un'insieme di brani all'interno dello stesso brano, dove ogni strumento, voce compresa, vive in un'altalenarsi di emozioni e cambi repetini di ritmo, griffando ancor di più ciò che venne proposto agli inizi degli anni '70. L'inizio dell'organo di Jon Lord si sviluppa sulla melodia cantata in modo sempre più acuto ed aggressivo da Ian Gillan, all'interno di un testo che tratta in maniera esplicita l'opposizione alla guerra: "Line that’s drawn between, good and bad, see the blind man, shooting at the world".
Il continuo crescendo compone l'intera struttura del brano, dove la voce di Gillan si esibisce nel suo massimo splendore.
Tra le parti cantate c'è l'assolo di quasi due minuti di Blackmore, uno dei suoi indubbiamente più riusciti.
Dal suo arresto in poi le atmosfere si fanno decisamente più drammatiche, grazie ad un suono decisamente più cupo ed una ritmica che perde di intensità, assumendo in tutto e per tutto le assonanze del Doom Metal.
Ian Gillan racconta sul suo sito: "It was 1969 and the band was rehearsing at a Community Centre in West London; it was either Southall or Hanwell. Jon Lord was dicking around (or 'extemporising on a theme' as it's known in the trade) with a tune from the new album by 'It's a Beautiful Day', it was 'Bombay Calling'. I started singing and the words came easily because we were all aware of the nuclear threat which hovered over us at this time which was probably when the 'cold war' was at it's hottest. Through the medium of Radio Free Europe this song and many others reached the ears and hearts of like minded people behind the 'Iron Curtain' and as I found out many years later, it was of a great comfort to them when they understood that there were some peace loving friends out there somewhere."
Track 4 | Flight of the Rat
Tre accordi principali che fanno di Flight of the Rat un brano decisamente Hard Rock. Ennesima variazione del tema Rock che si amava sperimentare all'epoca, dove la distorsione della chitarra riusciva a muoversi su tempi diversi e a lasciare inalterata la potenza sonora. A differenza dei primi due brani d'apertura, in questo brano si possono sentire distintamente le session si Lord e Blackmore, dove non esiste più il botta e risposta ma ognuno sviluppa il proprio assolo in maniera totalmente indipensdente. Particolarità di questo brano è il non essere mai stato suonato nelle esibizioni dal vivo.
Cinematograficamente il pezzo è stato inserito nel film cult "The Damned United".
Track 5 | Into the Fire
Diverse le cose da dire su questa Into The Fire. La prima riguarda il messaggio lanciato, contro la droga, e non è né il primo né l'ultimo che troveremo in questo periodo. Lo stesso Ian Gillian dichiarerà: "What a strange and innocent, but incredibly powerful anti-drug song". Un pezzo di denuncia che è riuscito, forse proprio per la sua stranezza ed innocenza, a passare nelle Radio mettendo in evidenza alla società il problema sugli effetti dell'eroina: "See the mess your makin' can't you see your fakin', gonna make it hard for you, you're gonna - into the fire".
Musicalmente il pezzo si avvicina di più alle assonaze Hard Rock, iniziato con un riff e due accordi principali. Particolarità della chitarra di Blackmore è che in questo caso ha voluto disporre di un assolo più graduale e insolitamente lento.
Track 6 | Living Wreck
"You said you were a virgin, full of promise and mystery, but I know that you, would bring me down". Altro brano tendenzialmente Hard Rock, anche se personalmente preferisco etichettarlo, per le melodie, verso il Rock puro che si faceva in quel periodo. Il racconto, come da testo sopraccitato, è del classico amore che si trascina verso un futuro incerto ma soprattutto senza vivere quelle aspettative tanto cercate. Anche in questo caso le ritmiche tendono ad avere un crescendo, fino all'esplosione finale dell'assolo quasi Psychedelic Rock di Lord con il suo organo, a ricordare, comunque, il precedente lavoro: "Deep Purple".
Track 7 | Hard 'Lovin Man
Con Hard Lovin' Man si chiude la quarta produzione targata Deep Purple. Una chiusura degna assolutamente di nota, con il meraviglioso basso di Glover che apre la sezione ritmica e, come piace citare agli inglesi la "Blackmore's guitar is folded in, then Paice and Lord join in before the vocals start". Un brano coinvolgente che per 7 minuti e 11 secondi ci fa sentire tutto il talento dei componenti della band.
Conclusione e crediti
Deep Purple in Rock è stato senza ombra di dubbio l'album che ha consacrato in Europa i Deep Purple, raggiungendo il quarto posto nella classifica UK e rimanendo nelle Top per diversi mesi. A seguito dell'enorme successo ottenuto, la Band dovette affrontare vari tour mondiali.
L'album fu preceduto da due singoli: il primo singolo, uscito nel 1969, "Hallelujah" non convinse per niente la critica e i fans, mentre il secondo, "Black Night", andò molto meglio, al pnto da raggiungere la seconda posizione nella classifica inglese.
Nel 2005 l'album ha vinto il premio classico "Rock Of Honour Award", targa consegnata a Ian Gillan, Ian Paice e Jon Lord.
A differenza dei precedenti lavori, in chiave più psichedelica, In Rock approdò a una forma di Hard Rock molto più "pesante", e fu uno dei primi esempi di Heavy Metal insieme ai primi lavori dei Black Sabbath e dei Led Zeppelin. A innescare il cambiamento, come riconoscono i membri della band, fu proprio l'avvento sulla scena musicale di fine anni sessanta della formazione britannica dei Led Zeppelin. L'ascolto dei primi due dischi pubblicati dai colleghi rappresentò per Lord e compagni una sorta di illuminazione.
Released: 3 June 1970
Recorded: August 1969 - May 1970
IBC, De Lane Lea & Abbey Road Studios
Genre: Hard Rock, Heavy Metal
Length:
- 43:30 (Original LP)
- 78:27 (1995 CD edition)
Label:
- Harvest (UK)
- Warner Bros. (US)
Producer: Deep Purple
Band
Deep Purple
Ritchie Blackmore – guitar
Ian Gillan – lead vocals
Roger Glover – bass
Jon Lord – keyboards, organ
Ian Paice – drums, percussion
Additional
Andy Knight - engineer IBC Studios (tracks 1, 3, 5 and 6)
Martin Birch - engineer De Lane Lea (tracks 4 and 7)
Phil McDonald - engineer Abbey Road Studios (track 2)
Peter Mew - Original album remastering
Roger Glover - Oversaw the mixing of the extra tracks
Tom Bender and Jason Butera - Additional studio work
Chart positions
1970 UK Albums Chart: 4
1970 German Albums Chart: 1
1970 Norwegian Record Charts: 5
1971 Australian Kent Music Report Albums Chart: 1
Accolades
Kerrang!(UK):"100 Greatest Heavy Metal Albums Of All Time"
Guitarist(UK):"Top 50 Most Influential Guitar Albums Of All Time Ever"
Q (UK): "50 Best Albums Of The '70's"
Kerrang! (UK): "100 Best British Rock Albums Ever"
Classic Rock (UK): "100 Greatest British Rock Album Ever"
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