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mercoledì 15 ottobre 2008

SCALATE OSTILI

L’ALLARME DEL PRESIDENTE DELLA CONSOB LAMBERTO CARDIA
Le società italiane sono esposte a scalate ostili
di Alessandra Mieli


Il mercato italiano è meno esposto di altri alle conseguenze della crisi. Ma le società quotate corrono il rischio di scalate ostili. Pesa la legislazione più restrittiva rispetto ad altri Paesi Ue che, di fatto, ne limita le difese. Il presidente della Consob, Lamberto Cardia, ha lanciato l’allrame nella sua audizione di fronte alla Commissione finanze del Senato sulle peculiarità di un sistema finora solo marginalmente investito dalla tempesta che sta attraversando il mondo finanziario internazionale. E, alla luce di questa analisi, ha chiesto più poteri, in un contesto che non ha nulla di ordinario. Intanto, però ha promosso gli interventi finora messi in campo da Ue e Governo, che “dovrebbero favorire il ritorno a condizioni di equilibrio” e senza i quali le conseguenze “sarebbero state più gravi”. Soprattutto, ha assicurato che “i risparmiatori non hanno nulla da temere”. L’attenzione di Cardia si è quindi rivolta soprattutto alla tutela delle società quotate, perché “suscitano nuove preoccupazioni le conseguenze che la situazione del mercato può avere sulla loro esposizione a tentativi di acquisizioni ostili”. Questo perché sono “elevate le limitazioni attualmente imposte dalla normativa nazionale, più restrittive di molti altri Paesi europei, alle capacità di difesa delle società”. Limitazioni, ha puntualizzato Cardia, “legittime e giustificate in contesti ordinari di mercato diversi da quello attuale”. Non solo. La Consob vorrebbe una maggiore libertà d’azione nel suo monitoraggio quotidiano dei movimenti che avvengono nel capitale delle quotate.
Nelle circostanze attuali, “potrebbe essere opportuno valutare iniziative di carattere legislativo per consentire all’Autorità di vigilanza, in presenza di motivi di particolare rilevanza e per periodi predeterminati, di richiedere a chiunque informazioni, da rendere anche conoscibili al mercato, sull’azionariato delle società quotate al di sotto del limite di partecipazione stabilito per legge al 2%”. Nel mirino della Consob, intanto, restano soprattutto le vendite allo scoperto. L’Autorità potrebbe sanzionare chi, nonostante il divieto imposto, ha continuato ad operare in questo senso. “Una volta acquisiti gli esiti completi delle richieste di cooperazione internazionale e degli accertamenti in corso, se riscontrati inadempimenti o violazioni di norme, potrebbero essere adottati ulteriori provvedimenti”, ha annunciato Cardia, riferendo che l’Autorità ha inviato 11 richieste di cooperazione internazionale in relazione all’attività allo scoperto sulle azioni. Peraltro, il presidente della Consob ha chiarito che le indagini dell’Autorità “consentono di affermare che gli intermediari più attivi dal lato delle vendite sul mercato azionario italiano sono esteri o di matrice estera”.
E anche gli ordini di vendita più consistenti ricevuti da intermediari italiani “sembrano provenire dall’estero”. I riferimenti sono stati subiti evidenti e chiariti: “potrebbero essere adottati ulteriori provvedimenti” nei confronti delle società che hanno venduto titoli allo scoperto di Unicredit nelle settimane scorse ha spiegato Cardia ricordando il provvedimento già adottato nei confronti di Sim Credit Agricole Chevreux, con il quale è stato imposto “di non consentire a due soggetti esteri (Bloomberg Tradebook Bermuda e Gfi Securities Paris Branch) l’accesso alle negoziazioni di titoli bancari e assicurativi negoziati sul mercato italiano”. L’attività della Consob non riguarda comunque solo la banca di Piazza Cordusio. La commissione, ha spiegato Cardia, ha infatti “inviato 11 richieste di cooperazione internazionale in relazione all’operatività allo scoperto sulle azioni di quattro emittenti finanziari italiani (Mps, Bpm, Unicredit e Unipol). La cooperazione è stata attivata con le autorità di 4 Stati membri (Francia, Germania, Regno Unito e Svezia) e di un Paese non appartenente all’Ue (Bermuda)”. Le indagini hanno riguardato “l’operatività di 11 intermediari: 5 del Regno Unito, 1 tedesco, 3 francesi, 1 svedese e 1 con sede alle Bermuda. Di questi, 9 sono membri remoti del mercato azionario italiano”.
L'OPINIONE DELLE LIBERTA'

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