..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 10 novembre 2008

LA LEGGEREZZA



L'elezione di Barack Obama rimarrà nella storia. In quella americana, dove per la prima volta un presidente nero si insedierà, nel prossimo mese di gennaio, alla Casa Bianca, ma anche in ogni angolo del pianeta, dove si sono susseguite feste, tributi, ovazioni e manifestazioni in onore del democratico nativo di Honolulu.
In Francia si sono addirittura superati creando un vero e proprio manifesto per le uguaglianze: "Manifeste pour l'égalité réelle. Oui, nous pouvons!".
Manifesto per una vera uguaglianza. Sì che possiamo! Riprendendo addirittura quel "Yes, we can" tanto celebrato da Obama durante la campagna elettorale.
Una vera e propria illuminazione sociale per riportare all'attenzione di tutti i cittadini francesi quello che è accaduto lo scorso 4 novembre negli Stati Uniti.
Dunque un richiamo all'impegno nelle politiche educative, in quelle pubbliche, incentivando lo Stato, i datori di lavoro per attuare strategie volte a promuovere la diversità, basata sui risultati, fino a limitare i mandati elettorali per forzare il rinnovo del mondo politico.
Un'iniziativa senz'altro lodevole e ricca di buoni propositi alla quale, comunque, non era necessaria l'elezione di un presidente nero negli Stati Uniti per promuoverla, sarebbero bastati dei buoni principi di democrazia che, nello stato della libertà, della legalità e dell'eguaglianza, dovrebbero essere all'ordine del giorno. Ma tant'è.
A tale manifesto, pur condividendone le linee generali del testo, non apporrà la propria firma Carla Bruni-Sarkozy. La première dame di Francia, dato il suo ruolo di moglie del presidente, ha dichiarato di non ritenere più opportuno firmare petizioni, rimanendo comunque desiderosa all'impegno sull’uguaglianza, aiutando le élites a cambiare.
Non solo bella, non solo famosa, ma anche impegnata nel sociale, distaccandosi apertamente dalle diversità. Talmente distaccata che ha dichiarato: "Mais souvent, je suis très heureuse d'être devenue française!", rilasciata in un'intervista a Le Journal du Dimanche.
Dunque la signora Bruni-Sarkozy si è professata felice di non essere più italiana, nel febbraio scorso ha ottenuto la cittadinanza francese, per le dichiarazioni rilasciate la settimana scorsa dal premier Silvio Berlusconi sul neo presidente statunitense Barack Obama: "Giovane, bello e abbronzato".
Una netta presa di posizione sulla "leggerezza" del premier nell'affrontare un argomento socialmente importante come il colore della pelle.
L'abbiamo dunque persa per sempre, l'italianità della signora Carla Bruni-Sarkozy, non solo come cittadina ma anche anagraficamente, visto il suo ripudio nel sentirsi rappresentata nel mondo, come italiana, da un premier burlone.
Chissà cosa avrà pensato Sabina Rossa, figlia di Guido, sindacalista ucciso dalle BR nel 1979, Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio Bachelet, Andrea Casalegno, figlio di Carlo Casalegno, Roberto della Rocca, dell’Associazione Italiana vittime del terrorismo e Paolo Bolognesi dell’Unione vittime delle stragi.
La storia è questa: nei mesi di giugno-luglio 2008 si è scatenata una indegna campagna di “compassione” per l'ex brigatista rossa Marina Petrella, detenuta in Francia e della quale si è chiesta l’estradizione in Italia. In tale occasione si è scatenata una polemica per reclamare “il rispetto del diritto di asilo per i rifugiati".
Se è vero che la Petrella , anni 54, è malata perché soffre di “depressione e tendenze suicide", secondo una perizia medica resa nota dalla figlia Elisa, si può anche invocare per lei, come sostiene Carla Bruni moglie del presidente francese Nicolas Sarkozy, che l’alternativa al carcere possa essere l’ospedale per curare la donna malata?
Premettiamo che se Marina Petrella è veramente malata è giusto curarla. Quanto alla veridicità della sua malattia e alla compatibilità con la prigione, non tocca a Carla Bruni deciderlo nè tanto meno alla sorella, semmai ad una Commissione medica, al Giudice e agli organi competenti italiani, ai quali spetta il compito di verificarne il caso e prendere le dovute decisioni umanitarie.
L'appartenenza all'uguaglianza tanto invocata in questi giorni dalla "première dame" non trova riscontri, qui siamo agli antipodi: per la signora Bruni-Sarkozy i terroristi sono eroi romantici, martiri perseguiti e meritevoli di compassione e pietà, quest'ultime, mai avute dagli stessi nei confronti di Aldo Moro, della sua scorta e delle innumerevoli vittime del terrorismo, compreso l'agente di polizia ucciso, il magistrato sequestrato, i vari tentativi di ulteriori sequestri, omicidi, rapine a mano armata e attentati vari, per i quali la Petrella è stata condannata all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Roma in data 6 marzo 1992.
Quella visita all'ospedale Saint Anne di madame Bruni, inviata in missione dal marito, é raccontata da "Liberation", con sdegno e paradosso, sottolineando il favoreggiamento, e implicitamente il perdono, di chi uccise decine di persone (come non pensare alla Mambro: 6 ergastoli ed è libera come l’aria ma con l’obbligo di firma) in nome di perverse utopie politiche oppure a seguito di strumentalizzazioni ben orchestrate, come avvenne nel nostro Paese.
La giornalista Marcelle Padovani sorrise al solo pensiero di giustificare la mancata estradizione della Petrella per motivi umanitari, visto che la Francia ha sempre trattato col pugno di ferro i terroristi dei suoi anni di piombo.
Silvio Berlusconi, con "leggerezza", avrà anche usato un modo di dire poco congruo, sia per il luogo in cui si trovava sia nei confronti della persona a cui è stata diretta quella "carineria", così definita dallo stesso premier, ma la "leggerezza" con cui la signora Carla Bruni-Sarkozy si è permessa di intromettersi in una storia che ha macchiato di sangue, vittime e pianti l'Italia degli anni '70, ci rende, a noi italiani, felici di sapere che non appartiene più a questo Paese.
di Cirdan

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