Lo Stato si è squagliato come neve al sole. E' diventato una sorta di «8 settembre permanente».
La Cassazione ribadisce che l'interruzione di pubblico servizio è reato, perché «è sufficiente che l'entità del turbamento della regolarità dell'ufficio o l'interruzione del medesimo... siano stati idonei ad alterare il tempestivo, ordinato ed efficiente sviluppo del servizio, anche in termini di limitata durata temporale»; ma, poi, afferma che non è causa sufficiente a giustificare l'impossibilità dell'avvocato difensore a presenziare all'udienza. Ai diritti del cittadino non è riconosciuta dignità pari a quelli di chi occupa, blocca il traffico, eccetera.
Poiché sottostante alla giurisprudenza c'è «una certa idea» del Contratto sociale, qualcuno, e da sinistra – Antonio Polito, amico mio, fallo almeno tu sul Riformista – dovrebbe spiegare al Partito democratico che non diventerà una sinistra riformista fino a quando non accetterà il principio che la democrazia rappresentativa non è un'assemblea aperta, in seduta permanente fra rappresentanti e rappresentati. La democrazia rappresentativa si fonda sul principio della delega. Il popolo detiene il potere di governare, ma non governa direttamente; governano i suoi rappresentanti, cui il popolo – con le elezioni – ne ha delegato l'esercizio.
Non passa, invece, occasione che il Pd – di fronte a un provvedimento sgradito – non invochi «l'apertura di un dialogo» fra governo (i rappresentanti del popolo) e società civile (il popolo). Ora, non ci piove che sia buona prassi, e persino nell'interesse di ogni governo democratico, consultare, oltre all'opposizione parlamentare, i soggetti sociali interessati quando deve prendere decisioni che li riguardino. Ma un conto è che accada «prima»; un'altra è invocare che accada «dopo» che la decisione sia diventata legge dello Stato. In questo secondo caso siamo alla negazione della democrazia rappresentativa. Ciò non esclude che opposizione parlamentare e soggetti sociali interessati abbiano diritto di manifestare, anche dopo che la decisione sia stata presa. Ma, qui, si gioca su un altro terreno: quello dei diritti (di libertà) costituzionali; non su quello delle procedure di formazione delle decisioni, cioè del funzionamento della democrazia.
La sinistra post-comunista queste cose le sa. Ma o non riesce ancora a metabolizzarle – per un riflesso antidemocratico – o le fa comodo fingere di ignorarle e usare la piazza per supplire alla propria condizione di minoranza parlamentare, perpetuando una vocazione assemblearistica ancora presente nel Paese. Che si tratti di cattivo funzionamento del metabolismo democratico o di finzione strumentale, il Pd finisce, così, con legittimare le minoranze che tentano di imporre con la violenza la propria volontà. Violenza che si concreta in un reato: nell'interruzione di un pubblico servizio; dal blocco di un treno, a danno di cittadini estranei alla questione, all'occupazione di un'università, contro studenti che vorrebbero continuare a seguire le lezioni.
di Piero Ostellino
Nessun commento:
Posta un commento