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"Questa decisione dimostra che viviamo in uno Stato di diritto"
Ho voluto aprire così, con le parole di papà Peppino, la conclusione della complessa vicenda di Eluana Englaro.
Inammissibile è stato ritenuto dalla Cassazione il ricorso presentato dalla procura di Milano contro la sentenza che permetteva di interrompere l'alimentazione e l'idratazione ad Eluana Englaro. Il decreto della Corte d'Appello di Milano, che aveva autorizzato la sospensione dell'alimentazione che tiene in vita Eluana, è stato confermato, su richiesta del procuratore generale, dalla Cassazione a sezioni unite, con la firma dell’attuale primo presidente Vincenzo Carbone.
Da oggi, dopo questa decisione, si apriranno le porte all’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione forzata anche per "Maria", "Francesco", "Roberto" e per tutte quelle altre persone che si trovano e si troveranno in futuro in condizioni analoghe.
Credo che la disperazione meriti comprensione e rispetto, e che le parole espresse dal signor Englaro, mentre in Italia si aspettava con ansia la decisione della Corte, vadano ascoltate non solo da chi ha messo fine ad un vuoto legislativo che contraddistingue il nostro Paese in materia di testamento biologico, ma anche da chi, oggi, con sdegno, reputa "irragionevole" e "violenta" la decisione di interrompere una vita, interrotta dal destino 17 anni fà.
Non voglio criticare chi non è daccordo con questa sentenza, che di fatto ha scavalcato il Parlamento, ma ai moralisti improvvisati e agganciati all'etica si.
Ho letto di "orrore", di "omicidio di Stato", di "scelta di eutanasia", c'è chi si è addirittura appellato a papà Peppino chiedendogli di non eseguire la "sentenza", come se fosse il boia che porta al patibolo una condannata a morte. Peppino Englaro ha solo chiesto di lasciare morire sua figlia in pace.
Non voglio fare demagogia o populismo, ma proviamo noi a metterci nei panni di Peppino, proviamo noi a vivere diciassette anni fianco a fianco con una figlia che ti guarda ma non ti vede, che ti sente ma non ti ascolta e che forse vorrebbe piangere ma non sa più nemmeno ridere.
Peppino sà di avere perso, e con lui Eluana, non c'è l'hanno fatta nemmeno stavolta, perchè sfido chiunque a dire cosa non avrebbero dato insieme per continuare a vivere. Capito? Vivere!
Uno scienziato come Silvio Garattini ha salutato favorevolmente la sentenza della Cassazione, auspicando che adesso il Parlamento trovi la forza per fare questa legge, lasciandosi alle spalle una situazione paradossale, che è stata resa possibile grazie al colpevole vuoto, lasciato da tutte le legislature, in cui si trovano i malati in stato vegetativo o allo stadio terminale di una malattia.
Mi ha colpito molto l'editoriale odierno di Mario Giordano, non tanto per la conclusione, che non condivido, quanto per la sofferenza che lo ha attraversato in quei cinquanta giorni in cui si è interrogato di fronte al coma del padre, trovandolo impossibile da reggere. Mio padre si è spento prima, gli è "fortunatamente" bastata una notte, dopo aver combattuto per 20 giorni contro un ictus e come Giordano, in cuor mio, sono stato tentato più volte di chiedere ai medici di interrompere l'agonia. Ma abbiamo perso, tutti, perchè quando una vita non ha più la dignità di nutrirsi da sola, una macchina non è e non può essere l'alternativa alla dignità.
Oggi Peppino ha perso, e con lui la figlia, ma hanno vinto i diritti del malato che per una volta, e speriamo non l'ultima, sono stati tutelati. Ecco perchè sposo la conclusione di Dimitri Buffa da L'Opinione delle Libertà: "Oggi, come ha ottimisticamente dichiarato Peppino Englaro, l’Italia ritorna a essere uno stato di diritto. E non etico. Forse".
di Cirdan
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