..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

sabato 6 dicembre 2008

FUORI CONTROLLO

Intervista a Giuseppe Chiaravalloti, Vicepresidente del Garante per la protezione dei dati personali
a cura di di Gianluca Perricone
Il dottor Giuseppe Chiaravalloti è componente del Garante per la protezione dei dati personali dal marzo del 2005 e, dal maggio dello stesso anno, ne è anche Vicepresidente.
Il dottor Chiaravalloti ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda e per questo lo ringraziamo.
Si dice in giro che stia aumentando il numero di coloro che, prima di iniziare una conversazione telefonica, porgono un saluto al potenziale “maresciallo in ascolto” …
«E’ esattamente così! Ed è la conseguenza ovvia e naturale dell’uso smodato che si è fatto in Italia del ricorso da parte dell’Autorità Giudiziaria allo strumento dell’intercettazione. I dati statistici, relativi al numero delle utenze intercettate per ragioni di giustizia e all’entità della relativa spesa affrontata dall’Amministrazione giudiziaria, depongono per una macroscopica sproporzione tra quanto in questo settore accade in Italia e quanto invece accade negli altri paesi occidentali (nei quali pure si fa ricorso, e spesso con successo, a questo strumento investigativo)».
Nel dicembre del 2007 l’allora ministro della Giustizia Mastella sosteneva che quella delle intercettazioni pubblicate e della privacy violata “è una emergenza civile che bisogna affrontare, prima che il clima si imbarbarisca sempre più”. Cosa è cambiato in quasi un anno?
«Nulla, forse, di concreto ed attuale (attendiamo la pubblicazione dei dati che ci consenta di valutare se ci sia stato da parte degli inquirenti un tal certo “self control” che abbia consentito un’apprezzabile diminuzione del numero delle intercettazioni disposte ed effettuate e quindi della spesa relativa). Sembra però che qualcosa stia cambiando nella sensibilità e nella capacità di percezione dell’opinione pubblica più avvertita, circa i pericoli, i danni e le iniquità cui può portare l’abuso di questo strumento processuale che - pur utilissimo in certi casi - si rivela spesso sproporzionato».
Sembra che il sottile filo che separa l’esigenza investigativa e la tutela della privacy si stia sempre più assottigliando: è solo una nostra impressione?
«No. Si tratta purtroppo di un dato obbiettivo, ed è conseguenza dell’uso selvaggio – e spesso del tutto illegittimo – della pubblicazione delle intercettazioni effettuate nell’ambito del processo penale; che, mentre per un verso ha consentito di soddisfare la vanità di oscuri inquirenti di provincia di sproporzionate ambizioni, di cronisti in cerca di quella gloria che non erano riusciti a procurarsi con l’attività professionale più seria, per altro verso ha contribuito ad affievolire nei cittadini (specie quelli più incolti o comunque interessati alla denigrazione di certi personaggi) la percezione del valore della “privacy”e della dignità e dell’onore delle persone prima della accertamento sicuro delle loro adombrate malefatte».
Dal punto di vista del Garante per la protezione dei dati personali, è in un certo senso più grave il fatto che il testo di una intercettazione “esca” all’esterno o che un giornale – una volta entratone in possesso – ne pubblichi il contenuto?
«Si tratta di due comportamenti entrambi certamente deplorevoli. Il primo in modo assoluto: la violazione del segreto di ufficio proprio da parte di coloro cui ne era affidata la custodia, compromette in maniera grave non solo gli interessi protetti dal segreto medesimo ma la stessa credibilità dell’istituzione cui la tutela del segreto era affidata, contribuisce cioè a far venir meno la fiducia ed il rispetto nei confronti dell’apparato giustizia del Paese. Ma anche la pubblicazione del testo dell’intercettazione – quando, si intende, la pubblicazione sia vietata dalla legge – realizza una condotta illecita ed incivile e degrada la nobile funzione della stampa – strumento di democrazia e di libertà – al rango di maldicenza quasi sempre orientata a lucrare meschini ed illegittimi interessi personali. L’auspicio è che entrambe le Istituzioni, prima ancora dell’intervento esterno di normative rigorose (comunque opportuno) sappiano trovare in se stesse la dimensione morale e l’orgoglio di un self control che le riconduca nell’alveo di un sistema di convivenza autenticamente civile. Un’ultima osservazione mi pare di dover fare, per dissipare un equivoco che spesso affiora nella polemica sulle intercettazioni.Mi pare che spesso si operi – e ritengo del tutto dolosamente – una certa confusione fra uso delle intercettazioni quale strumento di indagine all’interno del processo penale, e pubblicazione attraverso i media delle intercettazioni stesse. Quando si auspica un qualche limite al malvezzo della pubblicazione selvaggia, si alzano voci roboanti a lamentare che si vuol strozzare l’opera della giustizia. Niente di più falso: le limitazioni che si invocano riguardano soltanto la propalazione mediatica di voci e notizie su soggetti che talora (magari anche a malgrado dell’apparenza) sono assolutamente innocenti od estranei rispetto ai fatti disdicevoli loro attribuiti. E’ chiaro che in questo caso non auspica alcuna limitazione dei poteri del giudice all’interno del processo: il giudice intercetti pure quando vuole, nei limiti consentiti dalla legge. Quello che è intollerabile è che di queste intercettazioni, prima ancora che resti verificata la verità dei fatti e delle situazioni cui esse si riferiscono, si faccia clamore sui giornali, col rischio di produrre danni incalcolabili, che probabilmente non potranno mai più essere risarciti, come esperienze recenti hanno purtroppo clamorosamente dimostrato».

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