Massimo Moratti invoca il rispetto per la sua squadra e per Balotelli, promuovendo la civiltà di un Paese che non deve cadere in espressioni razziste. Peccato che sia lui a non rispettare il buon senso, cacciandosi in un vicolo cieco, dove trascina con sé i fatti raccontati dalla storia. Lo scandalo non è che il patron dell'Inter esprima, a distanza di ore, che se fosse stato presente all'Olimpico di Torino avrebbe ritirato la squadra, è il come, in altre circostanze, siano stati altri a dover giocare nello stadio del presidente di Via Durini.
La storia. Il 6 ottobre 2007, in occasione della partita di campionato Inter-Napoli, furono esposti dai tifosi neroazzurri alcuni striscioni che recavano scritto: ”Napoli fogna d'Italia”, “Ciao colerosi” e “Partenopei tubercolosi” .
L’allora Giudice sportivo sanzionò con un’ammenda di €30.000 la società neroazzurra, con l'obbligo di disputare una gara con il secondo anello della Curva Nord inibito agli spettatori. Allora il giudice sportivo non adottò provvedimenti più severi in quanto, ”valutata la particolare gravità del fatto per la provocatoria aggressività che connota le espressioni adottate “, considerò, per converso, ”la riferibilità in via esclusiva di tali comportamenti discriminatori ad un circoscritto e delimitato settore dello stadio, nonché l'assenza di specifici precedenti a carico della società oggettivamente responsabile “.Nella gara presa in esame, non solo ci furono striscioni degni della più becera ignoranza nazional popolare, ma ogni qual volta che il giocatore uruguaiano del Napoli Marcelo Zalayeta si impossesò della sfera, gli furono rivolti i "buu" razzisti, accompagnati da canti di questo tenore: “Vesuvio lavali col fuoco “.Ma la società degli indossatori di scudetti altrui ebbe addirittura il coraggio di presentare ricorso contro la squalifica del settore incriminato, salvo vedersela respingere in data 24 ottobre 2007.
Questa miserabile storia potrebbe essere una pagina solo grottesca del nostro amato calcio, se, invece, non ci fosse la dimostrazione di quanto si sia smarrito il senso della giustizia nel nostro Paese. Il Giudice sportivo Gianpaolo Tosel, dopo la gara di campionato Juventus-Inter, disputata sabato scorso all'Olimpico di Torino, ha ritenuto opportuno squalificare il campo della società bianconera perché durante la gara, si legge nella motivazione del giudice, “in molteplici occasioni sostenitori della società ospitante (la Juventus, ndr), in vari settori dello stadio intonavano cori costituenti espressione di discriminazione razziale nei confronti di un calciatore della squadra avversaria “.Oltre a sottolineare la gravità del fatto e la sua reiterazione, il Giudice sportivo prende atto anche dell'assenza di “qualsiasi manifestazione dissociativa da parte di altri sostenitori ovvero di interventi dissuasivi da parte della società “.
Abbiamo recentemente scritto di come, in assenza di programmazione, e con lo strascico di Calciopoli, si sia giunti ad assistere a teatrini vergognosi che solo questo nuovo calcio può offrire. Lo sdegno, oggi, non serve a nulla, e le parole forti sono spesso la spia di pensieri deboli.Si continua a disonorare la legge, offendendo lo Sport, e chiamando “razzismo” il degrado culturale di un'intera nazione, assicurando un duraturo rispetto delle regole, sentenziando una pena diversa a seconda di chi la vìola.
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