La Sacra Famiglia degli Agnelli non vede l'ora di alleggerire il peso dell'automobile.
Anche per gli eredi dell'Avvocato e per Yaki Elkann è difficile star dietro ai movimenti planetari di Sergio Marpionne che rischia di perdersi nello spazio come un meteorite impazzito.
Se il manager italo-canadese dal pullover sgualcito riuscirà a chiudere il suo disegno globale la Sacra Famiglia potrà conservare un 10% e chiudersi nella cassaforte Exor, la holding lussemburghese dove sono riunite le partecipazioni dentro le banche, il turismo, le attività finanziarie e la Juventus.
A Torino c'è la consapevolezza che il disegno di Marpionne non è assolutamente facile e si teme soprattutto la barricata tedesca dove il sogno potrebbe infrangersi. I giornali sono in mano ai trombettieri che gridano al successo, ma qui è in ballo qualcosa di più di una semplice sinergia industriale.
Ieri sera Marcello De Cecco, l'economista abruzzese che insegna alla Normale di Pisa ed è considerato il miglior cervello sulla piazza, ha spiegato a Sky che si tratta di una "fusione di scuola", una vera e propria "case history" dove si devono integrare tre culture del lavoro (italiana, americana, tedesca).
Di fronte alla giornalista Sara Varetto (torinese e competente) il professor De Cecco ha esclamato: "se l'immagina i tedeschi che accettano i tagli?...è un momentaccio, adesso tireranno fuori le spade".
Poi ha spiegato che la concorrente Magna, l'azienda di componentistica che si è messa di traverso a Marpionne sta facendo semplicemente il gioco di qualche altro player dell'automobile.
Le sorprese quindi non mancheranno e basta leggere i giornali stranieri per capire che la vicenda si trascinerà per parecchi mesi. Nell'edizione tedesca del "Financial Times" si parla a chiare lettere di una truffa con promessa di matrimonio, ma anche sulla "Stampa", il quotidiano della Fiat, spunta qualche dubbio.
In un articolo che appare oggi sulle difficoltà di Marpionne in Germania si parla anche dei sindacati italiani che temono la chiusura di Pomigliano d'Arco e Termini Imerese.
E la "Stampa" scrive testualmente: "quelle fabbriche sono oggettivamente a rischio".
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