Non è facile per me parlare di Gaetano.
Ricordo come fosse ieri quella sera di 20 anni fa.
Mio padre con aria dispiaciuta entra in cameretta dicendo: “Ale è mancato Gaetano” e si siede vicino a me senza aggiungere altro.
Sapeva che avrei capito subito: “Gaetano” a casa era uno di famiglia, quasi un parente che settimanalmente ci veniva a trovare e non un ex calciatore della più grande squadra italiana: la mia Juventus.
Come poteva morire una leggenda? Come si dice addio al proprio idolo sportivo? Come si può continuare ad indossare la maglia con il suo numero sapendolo in cielo?
Gaetano qui, Gaetano là, Scirea esce a testa alta con la palla al piede cercando il compagno meglio piazzato.
Praticamente ogni volta che mettevo piede in un campo di calcio tentavo l’impossibile e simulavo i suoi gesti; persino nella scelta del ruolo in campo la sua figura mi aveva condizionato e naturalmente la maglia sulle mie spalle poteva avere un’unica cifra, il “suo” 6.
Scirea entrò nella Juventus, grazie al canale privilegiato che univa la società bianconera all’Atalanta, nel 1974 in sostituzione di Capitan Billi Salvadore, divenendo presto perno di una difesa eccellente composta da lui, Cuccureddu, Spinosi, Gentile e Morgan Morini e vincendo subito il campionato primo per lui e sedicesimo per la Vecchia Signora.
Sarebbe stato il primo di 7 trionfi italiani, compreso quello storico del 20° scudetto, che ci consegnò la seconda stella, del 1982.
Gaetano fu protagonista dell’eroica doppia finale Uefa contro i baschi dell’Athletic Bilbao, vinta da una Juventus tutta italiana.
Divenne capitano della Juve dall’anno 1984/85 con il ritiro di Furino e sollevò nello stesso anno la Coppa Campioni vinta contro il Liverpool nella tragica notte dell’Heysel.
Partecipò a 3 spedizioni mondiali (1978-82-86) trionfando nella rassegna spagnola del 1982, l’indimenticabile estate mundial di Paolo Rossi.
In breve, il suo incredibile palmarès riporta 7 Campionati italiani, 2 Coppe Italia, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa Intercontinentale (in finale contro l’Argentinos Juniors), 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Uefa, 1 Supercoppa Uefa ed 1 Campionato del Mondo.
Credo però che il primato di cui andava più orgoglioso Gaetano fossero le 552 presenze con la maglia della Juventus senza nemmeno un’espulsione, eccezionale testimonianza della tempra morale dell’uomo ancor prima che del calciatore.
Dopo il suo ritiro – avvenuto a 35 anni, nella stagione 87/88 – entrò nello staff tecnico della Juventus come secondo di Dino Zoff e suo osservatore.
Fu proprio durante un viaggio per monitorare il prossimo avversario che la Juve avrebbe affrontato nel primo turno della coppa Uefa 89/90, il Gornik Zabrze, che il Capitano andò incontro al suo fato in un maledetto incidente durante il viaggio di ritorno a Cracovia.
Si spegneva così, a soli 36 anni, il più grande calciatore (a giudizio di chi scrive, che considera inscindibile l’uomo dal professionista) che abbia mai indossato la casacca della squadra bianconera.
Gaetano dimostrava l’eleganza del gesto tecnico, la pacatezza dei modi, l’umiltà dei veri campioni: doti rarissime in un mondo che esalta l’apparire anziché l’essere.
Tecnicamente ineccepibile, aveva piedi da centrocampista, tempismo da difensore e cervello da regista avanzato; mai lo si vedeva lanciarsi in rincorse forsennate o in recuperi affannosi in scivolata. Il suo senso della posizione gli consentiva di essere nel posto giusto al momento giusto anche nelle situazioni più intricate.
A chi come me era un ragazzino sembrava un gigante pur raggiungendo a fatica i 180 cm.
Dino Zoff di lui recentemente ha detto: “Mi mancano infinitamente i suoi silenzi”, parole che pronunciate da un uomo notoriamente poco ciarliero rivelano molto.
Enzo Bearzot, il miglior commissario tecnico che l’Italia abbia avuto, teneramente ricordava: “Se mai c'è stato uno per cui bisognava ritirare la maglia, era Gaetano Scirea, grandissimo calciatore e grandissima persona “.
Ancora oggi, uno dei regali che conservo più gelosamente è una vecchia maglia di lana della Juventus, sponsorizzata Ariston, con il numero 6 sulle spalle.
Non traspira, scalda moltissimo e punge, oltre ad essere tremendamente aderente, ma non la cederei per nulla.
Non l’ho mai conosciuto di persona, non sapeva quali sentimenti mi ispirava, non immaginava quale vuoto avrebbe lasciato andandosene, ma spero consideri da lassù queste mie modeste righe una testimonianza di quanto di buono ha regalato a molti bianconeri.
Dopo di lui, nessun altro fuoriclasse juventino ha saputo toccare così profondamente la mia anima: probabilmente l’adolescenza ha impresso molto in profondità questi ricordi rendendoli incancellabili.
Dedicato a Gai.
Mi manchi tanto Capitano.
Ricordo come fosse ieri quella sera di 20 anni fa.
Mio padre con aria dispiaciuta entra in cameretta dicendo: “Ale è mancato Gaetano” e si siede vicino a me senza aggiungere altro.
Sapeva che avrei capito subito: “Gaetano” a casa era uno di famiglia, quasi un parente che settimanalmente ci veniva a trovare e non un ex calciatore della più grande squadra italiana: la mia Juventus.
Come poteva morire una leggenda? Come si dice addio al proprio idolo sportivo? Come si può continuare ad indossare la maglia con il suo numero sapendolo in cielo?
Gaetano qui, Gaetano là, Scirea esce a testa alta con la palla al piede cercando il compagno meglio piazzato.
Praticamente ogni volta che mettevo piede in un campo di calcio tentavo l’impossibile e simulavo i suoi gesti; persino nella scelta del ruolo in campo la sua figura mi aveva condizionato e naturalmente la maglia sulle mie spalle poteva avere un’unica cifra, il “suo” 6.
Scirea entrò nella Juventus, grazie al canale privilegiato che univa la società bianconera all’Atalanta, nel 1974 in sostituzione di Capitan Billi Salvadore, divenendo presto perno di una difesa eccellente composta da lui, Cuccureddu, Spinosi, Gentile e Morgan Morini e vincendo subito il campionato primo per lui e sedicesimo per la Vecchia Signora.
Sarebbe stato il primo di 7 trionfi italiani, compreso quello storico del 20° scudetto, che ci consegnò la seconda stella, del 1982.
Gaetano fu protagonista dell’eroica doppia finale Uefa contro i baschi dell’Athletic Bilbao, vinta da una Juventus tutta italiana.
Divenne capitano della Juve dall’anno 1984/85 con il ritiro di Furino e sollevò nello stesso anno la Coppa Campioni vinta contro il Liverpool nella tragica notte dell’Heysel.
Partecipò a 3 spedizioni mondiali (1978-82-86) trionfando nella rassegna spagnola del 1982, l’indimenticabile estate mundial di Paolo Rossi.
In breve, il suo incredibile palmarès riporta 7 Campionati italiani, 2 Coppe Italia, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa Intercontinentale (in finale contro l’Argentinos Juniors), 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Uefa, 1 Supercoppa Uefa ed 1 Campionato del Mondo.
Credo però che il primato di cui andava più orgoglioso Gaetano fossero le 552 presenze con la maglia della Juventus senza nemmeno un’espulsione, eccezionale testimonianza della tempra morale dell’uomo ancor prima che del calciatore.
Dopo il suo ritiro – avvenuto a 35 anni, nella stagione 87/88 – entrò nello staff tecnico della Juventus come secondo di Dino Zoff e suo osservatore.
Fu proprio durante un viaggio per monitorare il prossimo avversario che la Juve avrebbe affrontato nel primo turno della coppa Uefa 89/90, il Gornik Zabrze, che il Capitano andò incontro al suo fato in un maledetto incidente durante il viaggio di ritorno a Cracovia.
Si spegneva così, a soli 36 anni, il più grande calciatore (a giudizio di chi scrive, che considera inscindibile l’uomo dal professionista) che abbia mai indossato la casacca della squadra bianconera.
Gaetano dimostrava l’eleganza del gesto tecnico, la pacatezza dei modi, l’umiltà dei veri campioni: doti rarissime in un mondo che esalta l’apparire anziché l’essere.
Tecnicamente ineccepibile, aveva piedi da centrocampista, tempismo da difensore e cervello da regista avanzato; mai lo si vedeva lanciarsi in rincorse forsennate o in recuperi affannosi in scivolata. Il suo senso della posizione gli consentiva di essere nel posto giusto al momento giusto anche nelle situazioni più intricate.
A chi come me era un ragazzino sembrava un gigante pur raggiungendo a fatica i 180 cm.
Dino Zoff di lui recentemente ha detto: “Mi mancano infinitamente i suoi silenzi”, parole che pronunciate da un uomo notoriamente poco ciarliero rivelano molto.
Enzo Bearzot, il miglior commissario tecnico che l’Italia abbia avuto, teneramente ricordava: “Se mai c'è stato uno per cui bisognava ritirare la maglia, era Gaetano Scirea, grandissimo calciatore e grandissima persona “.
Ancora oggi, uno dei regali che conservo più gelosamente è una vecchia maglia di lana della Juventus, sponsorizzata Ariston, con il numero 6 sulle spalle.
Non traspira, scalda moltissimo e punge, oltre ad essere tremendamente aderente, ma non la cederei per nulla.
Non l’ho mai conosciuto di persona, non sapeva quali sentimenti mi ispirava, non immaginava quale vuoto avrebbe lasciato andandosene, ma spero consideri da lassù queste mie modeste righe una testimonianza di quanto di buono ha regalato a molti bianconeri.
Dopo di lui, nessun altro fuoriclasse juventino ha saputo toccare così profondamente la mia anima: probabilmente l’adolescenza ha impresso molto in profondità questi ricordi rendendoli incancellabili.
Dedicato a Gai.
Mi manchi tanto Capitano.
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