E c’è persino chi ha la faccia tosta di indignarsi! Magari sono gli stessi che si chiedono perché il campionato italiano sia diventato il malfamato quartiere di periferia del calcio europeo.
La spiegazione non è poi così difficile da dare, e mi rendo conto che queste righe non hanno nulla di originale: basta prendere a riferimento quello che da quattro anni a questa parte accade intorno alla seconda squadra di Milano.
La partita di sabato scorso dei suddetti contro il Siena è solo l’ultimo esempio di quanto falso e falsato sia l’ex campionato più bello del mondo.
A beneficio di quanti leggono fuori dal sito di pubblicazione, ricordo e specifico che l’autore del presente articolo è juventino, rancoroso e nostalgico della Triade.
Partita di sabato sera a San Siro dicevamo. Risultato finale 4-3 per i padroni di casa, forse padroni anche di qualcosa d’altro. Sì, della fortuna…
Ormai non passa giornata di campionato in cui non sono costretto a farmi una domanda con riferimento ad errori in buona fede (finora indimostrata e solo presunta) a favore della squadra del ricco petroliere scemo (definizione di Beppe Grillo): “Ma se una cosa così fosse capitata a favore della Juve, cosa sarebbe successo?”.
Oltre a constatare che la domanda me la posso porre anche più volte per ogni singola partita degli indossatori di scudetti altrui, devo anche realizzare della superfluità di quegli interrogativi. La risposta sta nel (mal)trattamento del recente passato juventino.
Tutte le vittorie juventine le si è volute forzatamente offuscare con l’alone del sospetto se non di infamanti certezze. Lì la buona fede dell’errore arbitrale, a volte creato di sana pianta per esigenze di audience, subiva una popolare inversione dell’onere della prova.
Quando vi era una errore a favore dei bianconeri, questo immediatamente diventava nei salotti televisivi la prova provata della non limpidezza delle vittorie della Signora.
Oggi allora? Che dobbiamo pensare oggi, o meglio dei quattro anni a questa parte?
I più malèfici (e nerazzurri) potrebbero ribattermi: “Se te ne lamenti adesso, a maggior ragione devi ammettere che alcune delle vittorie della tua Juve (se non tutte) si prestano al sospetto”.
No, non me ne lamento! Non mi dolgo per uno o pochi errori che voglio e devo concedere alla buona fede. Perché se è vero che gli errori nel calcio ci sono sempre stati e sempre ci saranno, questi in quanto tali sono pochi e distribuiti tra tutti i contendenti.
Se l’errore deve essere considerato come l’anomalia, e perciò stesso qualcosa che sta fuori dalla “norma”, un’eccezione che obtorto collo si accetta insieme al normale svolgersi delle cose, allo stesso tempo ci si deve interrogare quando l’errore diviene una componente “normale”, sempre a favore e sempre dello stesso genus (arbitrale), dei risultati di una squadra.
Alzi la mano chi è in grado di riprodurre non quattro, ma anche un solo campionato juventino con un tasso di “errori a favore”, paragonabile a quello che negli ultimi anni, con costanza e provvidenzialità, ha favorito l’attuale capolista della serie A.
Alzi poi la mano chi vuole affermare che tutta la benevolenza e collaborazione mediatica che la stampa italiana continua a fornire (ora per presentare quali limpide, oneste e regolari le vittorie nerazzurre, ora per occultare, giustificare o minimizzare gli errori in buona fede a vantaggio degli indossatori), è avvicinabile al trattamento riservato ai torinesi negli ultimi quindici anni.
Sono sfoghi da tifoso? È il “rosicamento” di chi non vince? Nient’affatto!
Chiedo scusa per la presunzione: è solo l’esercizio di autonomia intellettuale di fronte a quanto accaduto dal 2006 (e nei dodici anni precedenti) ad oggi.
Nell’estate di quattro anni fa ci raccontarono che la Juve in Italia vinceva perché Moggi controllava arbitri giornalisti, dimentichi del fatto che quella squadra primeggiava anche in Europa (autorevolissimi riconoscimenti giungono tuttora).
Oggi gli arbitri sbagliano con una costanza mai vista e sempre a favore non delle grandi, ma di una sola di esse e la stampa si affanna per girare e nascondere le frittate. Quella grande(?) che in Europa continua a frequentare le periferie…
Dalle aule del processo Ambrosino e altri ventitré, cosiddetto Processo calciopoli, in corso di svolgimento a Napoli, uno degli avvocati difensori eccepirebbe: “Questi per sospetti molto meno solidi sono stati rinviati a giudizio eh!”.
Quelli invece con tutta la stampa dalla loro e con gli (innumerevoli) errori arbitrali (in buona fede?) a favore, «vincono “sensa ruvvare”».
Fortuna vuole che siamo in Italia (dove tutt’al più esistono le cupole), e non altrove, altrimenti potremmo sospettare dell’esistenza di un regime.
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