..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 5 febbraio 2010

NON C'E' PACE SENZA BENESSERE

Silvio Berlusconi ha rotto con energia e sincerità il clima buonista che da un anno circonda con critiche l’operazione “Piombo Fuso” con cui l’esercito israeliano nel gennaio del 2009 colpì tutte le basi di Hamas che da anni lanciavano razzi –e facevano morti tra i civili- verso Ashkelon e altre città israeliane, dichiarando che fu “giusta”. Ha fatto di più, ha detto con chiarezza che l’Italia si è opposta in sede Onu al rapporto Goldstone –che criticava duramente l’esercito di Gerusalemme- “perché Israele dispiegò una giusta reazione ai missili di Hamas”. In questa definizione “giusta reazione” vi è tutta la distanza che separa chi, come Berlusconi e il suo governo, ritiene che sia indispensabile una risposta ferma al terrorismo –e quei razzi di Hamas questo erano- mentre l’ipocrita definizione di “reazione spropositata”, che fu di D’Alema e di altri governi europei, non solo isola pericolosamente l’unica democrazia del Medio Oriente, ma sottintende anche una disposizione a colloquiare con i terroristi, anche quando rifiutano ogni dialogo (che Israele tentò per mesi, prima di lanciare Piombo Fuso). Tutto questo –è una caratteristica tipica del premier- mantenendo alta la pietà nei confronti delle vittime palestinesi, così che poche ore dopo, lo stesso Berlusconi a Ramallah, dopo il colloquio con Abu Mazen ha voluto continuare così il suo ragionamento: “Come è stato giusto piangere le vittime della Shoah così è giusto manifestare dolore per quanto che è successo a Gaza”. Rabbiosa, ovviamente, la reazione di Hamas, che per bocca di Salah al Bardawil ha dichiarato che “l’estremismo di Berlusconi su Gaza e Piombo Fuso, è più grave di quello della leadership israeliana e giova al terrorismo di stato esercitato dall'occupante sionista”. Ovviamente, l’avallo da parte del premier italiano all’operazione più discussa dell’esercito israeliano, non è stata molto gradito da Abu Mazen (il suo consigliere Nemer Hammad ha ribadito che “quella di Gaza fu un’aggressione”), ma questo non ha influito sull’andamento del vertice italo-palestinese perché Berlusconi, definito da Netanyhau “il leader europeo più amico di Israele”, ha anche difeso con forza in questi giorni con i leader israeliani e alla Knesset la richiesta –che è di Abu Mazen- di un congelamento degli insediamenti israeliani in Cisgiordania per permettere l’apertura di un nuovo round negoziale. Sta qui la grande innovazione della politica estera italiana operata da Berlusconi, rispetto al passato (che vedeva Roma spesso equivocamente “equidistante”) e rispetto a quella di molti paesi europei: solidarietà totale con Israele, riconoscimento della dolorosa necessità di una risposta anche armata al terrorismo, quando ogni strada negoziale sia preclusa, ma anche fermissimo richiamo a Israele perché sappia fare rinunce, con rafforzamento evidente delle posizioni negoziali della parte palestinese. Berlusconi, poi, è uno dei pochi leader mondiali che insiste da anni per incentivare i palestinesi ad un accordo, proponendo un piano Marshall che convogli in Palestina centinaia di miliardi e che “possa favorire lo sviluppo e il progresso economico della Terra Santa e possa offrire un’ulteriore spinta per far ripartire i negoziati, perché non c’è pace senza benessere”.
Nel corso del vertice, Berlusconi ha anche incitato Abu Mazen a sottrarsi all’altalena di dichiarazioni sulle elezioni palestinesi da tenersi da qui a breve (che il presidente dell’Anp ha indetto, e poi sconvocato), seguendo un percorso più coraggioso e proficuo: “Abu Mazen raggiunga prima con gli israeliani un accordo che gli pare conveniente per il suo popolo e solo dopo lo renda pubblico per essere sottoposto al referendum dei cittadini palestinesi.”

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