..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

giovedì 1 aprile 2010

REPORT: ARSENAL 2-2 BARCELONA


Ricordo a fatica un primo tempo giocato in maniera perfetta come è riuscito a fare il Barcellona ieri sera. Per ventitre minuti l'Arsenal non ha visto il pallone, giocato solamente dagli uomini in maglietta gialla: un dominio imbarazzante. Il solo Manuel Almunia, trasformato da brutto anatroccolo a principe, teneva in piedi i gunners, terminando il primo tempo con un clean sheet che trasudava di eroico. Dell'Arsenal ricordo un'occasione creata da Samir Nasri (uno dei migliori dei rossi di Londra), e un palo di Niklas Bendtner colpito quando l'azione era già stata fermata per fuorigioco, per il resto solo Barca, e quel fischio dell'arbitro che mandava tutti a prendere un the caldo, me compreso.
Ad inizio secondo tempo Ibrahimovic, con l'aiuto di Almunia, portava i blaugrana in vantaggio, con un lob che scavalcava il numero uno spagnolo e si infilava in rete. Quello che non era successo nei primi quarantacinque minuti si concretizzava in soli venticinque secondi. Dagli spalti dell'Emirates Stadium, però, si alzava in cielo un grido: Arsenal.
E l'Arsenal ha cominciato a crederci, questa volta per davvero. Cross dalla sinistra di un fantastico Clichy, e colpo di testa a botta sicura del danese numero 26, miracolo di Valdes che d'istinto respingeva la sfera. Ora l'Arsenal c'era, ed il Barcellona cominciava a fare meno paura. Ma era ancora lo svedese, lasciato colpevolmente libero, a bucare la difesa, entrare in area di rigore e realizzare il gol del 2-0 spagnolo. Un silenzio assordante calava all'interno dello stadio.
Ma proprio in quell'istante è iniziata un'altra partita. Quando sostengo che il calcio inglese, la mentalità del calcio inglese, fa la differenza nei confronti del resto del football europeo, questa è data dalla voglia di non mollare mai, di credere sempre che tutto è possibile, per rispetto nei confronti dei propri tifosi, anche quando le cose non vanno come si vorrebbe, per orgoglio nei confronti dell'avversario. E questo copione, l'Arsenal, l'ha interpretato come meglio non poteva.
Ad Arséne Wenger è bastato inserire un apriscatole come Theo Walcott, per cambiare l'inerzia della gara e dare una scossa a cesc e compagni. E proprio il giovane talento inglese, con un incursione perfetta, ha sfruttato l'assist di Bendtner per accorciare le distanze e fare esplodere di gioia l'Emirates.
A questo punto tutto era possibile. Sia un possibile terzo gol degli spagnoli, sia una rimonta inglese che sarebbe divenuta leggendaria.
Proprio quest'ultima, e grazie al cuore di un immenso capitano, si stava per concretizzare. Minuto ottancinque di gioco, cross dalla destra di Walcott, sponda di Bendtner per Cesc, contatto di Puyol (espulso) e calcio di rigore: l'Emirates era una bolgia.
Sul dischetto si presentava come sempre il numero 4, calcio di collo piede destro e pallone in fondo al sacco: l'Arsenal era rientrato in Champions League, e dalla porta principale.
Oggi è giovedi, e tutto è finito. Fabregas, uscito dal campo infortunato, ha dichiarato che è stata la più bella partita della sua carriera; Wenger ha dichiarato che l'Arsenal è stato fortunato nella prima parte di gara, ma che nell'ultima mezz'ora i suoi uomini sono stati fantastici nel credere che niente era perso. Io dichiaro che se c'erano ancora dieci minuti, l'epica rimonta non sarebbe stata utopia.
Tra sette giorni, a Barcellona, il replay. Tra sette giorni, a Barcellona, scopriremo chi è la più forte. Perché se è vero che i campioni d'Europa sono stati superiori nella prima ora di gioco, è altrettanto vero che, ai migliori, l'Arsenal ha rimontato due gol, creato problemi e rischiato di batterli, e questo non è poco.
Al Camp Nou mancherà Fabregas, diffidato e ammonito, come mancheranno Puyol e Piqué, anch'essi squalificati. Se il Barca vorrà ancora essere la migliore dovrà battere l'Arsenal, perché i Gunners al Camp Nou, e c'è da scommeterci, proseguiranno da dove hanno terminato: completare un recupero da leggenda.

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