..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

martedì 12 ottobre 2010

DE VULGARIS ELOQUENTIA

Avrei voluto battezzare questo articolo con un termine della lingua napoletana, ma poi in omaggio al pubblico dei lettori ho dirottato la scelta altrove. Vorreste sapere a quale "napoletanismo" avevo pensato? Lo scriverò alla fine.
Invero il titolo che ho scelto, de vulgaris eloquentia appunto, non nasconde alcuna pretesa di emulare "padre Dante". Come fece il "ghibellin fuggiasco" mi soffermerò solo sull'eloquenza di un paio di personaggi dei giorni nostri.
Nell'udienza del 01/10/2010 del processo calciopoli, ad un certo punto, dopo un uso volgare dell'ufficio da parte dei pubblici ministeri, si è aperta una piccola disputa sull'uso della letteratura nelle aule di tribunale. A chi reclamava di muoversi nel solco di quella che è la letteratura giuridica, qualcuno ha replicato: «... lasci la letteratura a casa!». Il tutto è arrivato al culmine di un'udienza in cui i pm sono andati più volte sopra le righe. Tanto che uno dei legali presenti (Bonatti), seppur non impegnato nell'interrogatorio, ha sentito il dovere di alzarsi per “chiedere alla Procura della Repubblica di usare minor veemenza”.

Usare la letteratura non è un obbligo, farsela piacere neanche. È indubbio tuttavia che non sia così intollerante che se ne faccia uso. A voler forzare un principio giuridico, potremmo dire che esiste un “obbligo di pati”, cioè la si deve sopportare e tollerare. Piaccia o non piaccia.
Usare l'educazione invece è un dovere, a maggior ragione se si riveste un ruolo o un ufficio pubblico. E anche sul dovere di non macchiare l'immagine della categoria a cui si appartiene c'è una vasta letteratura.
Ascoltando l'ultima udienza del processo a Moggi (e altri ventiquattro) ho provato lo stesso fastidio che penso abbia provato l'avvocato Bonatti, e che lo ha fatto sentire in obbligo di chiedere al Narducci furioso di riappropriarsi di toni più urbani. Lo stesso fastidio che ha costretto l'avvocato Trofino, che poche volte ho sentito diventare animoso, a ricordare al pm allergico alla letteratura giuridica il modo di rapportarsi non solo con le difese avversarie, ma addirittura con i testimoni: urlando appunto.
Ma che il pm Narducci sia andato in escandescenze non mi ha sorpreso più di tanto. Neanche ne avrei scritto. Quello che in una certa misura stupisce è il contagio di cui è stato affetto anche l'altro pm, Stefano Capuano, che per la prima volta ho sentito esagitarsi al pari del collega. Oltretutto i due pm si infiammavano ad ogni minima occasione, tanto che ad un certo punto l'avvocato Trofino non ha potuto esimersi dall'esprimere il dubbio che le opposizioni dell'ufficio di procura fossero pretestuose.
I due pm hanno palesato un nervosismo davvero insolito. Certo alla luce delle emergenze processuali non possiamo dire che sia ingiustificato, ma tradirlo in modo così plateale potrebbe essere indice rivelatore di una loro amara consapevolezza.
Si dice che chi urla ha poco da dire, nessuna ragione da far valere e per questo si rifugia nella sola sopraffazione verbale dell'interlocutore. Se invece di ricorrere all'ars oratoria, all'abilità dialettica o alla letteratura giuridica si preferisce il tono da “vaiassa” (eccolo il napoletanismo), allora vuol dire che gli argomenti sono davvero esauriti.

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