L'hanno preso (continuano a farlo) per un pazzo, per uno sfascia-Stato, per un demagogo, per un'improponibile alternativa alla politica vigente, per un clown. Perché fuori dai tempi (i loro), fuori dal sistema (il loro), fuori dalle regole economiche (le loro) che garantirebbero nel medio periodo, grazie a stabilità e credibilità dei governi, l'uscita dalla recessione.
Discettare, soprattutto in Italia, può essere fazioso, l'opinabilità, invece, giunge puntuale da molti luoghi europei, e non solo.
In breve tempo la Grecia ha ceduto alle parole anti-austerità di Alexis Tsipras. La Francia ha visto una sinistra cacciar via Nicolas Sarkozy dalla sua carica. Un segnale forte giunge anche dalla Gran Bretagna, che nel piccolo di Eastleigh (sud dell'Inghilterra), l'Ukip, ha conquistato un'esplosivo secondo posto, scalzando i conservatori di Cameron ed insidiando i liberal-democratici, quest'ultimi con un calo dei consensi di 12 punti percentuale. Ma la reale dimensione del Partito di Nigel Farage è stata la crescita di consensi nell'ultimo triennio, passando dal 4% al 28%.
Se poi aggiungiamo che anche la Spagna è alle prese con una situazione economica complicata non viene difficile sostenere, e di conseguenza immaginare, che nel breve periodo il vecchio continente potrebbe subire un'evoluzione (o rivoluzione) elettorale.
Dall'altra parte dell'oceano sono stati i Tea Party e Occupy Wall Street a dare le prime avvisaglie.
Insomma, volente o nolente, giusto o sbagliato, prendetelo come vi pare, c'è un'importante parte del mondo a cui non vanno più bene determinate regole, quelle che oggettivamente hanno creato enormi problematiche economiche e ampliato la forbice delle classi sociali. Un'abbondante percentuale di persone stanche verificabile attraverso una semplicissima formula: il loro voto elettorale.
Il Guardian, fonte da cui ho raccolto buona parte di questi dati, non ha dubbi: "The most spectacular victor is Beppe Grillo, a rollicking satirist but with a clear message: that austerity, the euro and corruption are jointly to blame for Italy's continuing ills. Italian politics will establish a new equilibrium. If lucky it will be outside the euro and on the way to recovery; if not it will be in lifetime bondage to eurozone bankers. Either way Italy will remember the heady moment of February 2013, and so should we.".