In questi giorni le televisioni nazionali, e diversi quotidiani, hanno affermato che il momento a dir poco stabile dello spread è dipeso dalla nuova elezione del Capo dello Stato, dal ritorno ad una certa compattezza del governo italiano. C'è chi ha titolato "Effetto Giorgio". Facciamo i seri? Lo spread è andato a scendere per tutto il periodo post elettorale, il grafico lo testimonia, e proprio nella giornata di ieri in tutta l'area euro il segno positivo ha contagiato Spagna, Francia, Irlanda e appunto Italia.
In pratica, contrario a tutte le teorie che fin qui c'hanno raccontato, il differenziale fra i tassi d’interesse nostri e quelli tedeschi non ha subito influenza alcuna dai problemi di casa nostra. Se l'informazione fosse seria sposterebbe l'attenzione sui Titoli di Stato che offrono i migliori rendimenti, come quelli tedeschi, all'1,2%, e soprattutto italiani, al 4,5%. Questa condizione ha offerto la possibilità di un'operazione monetaria al Sol Levante, che nell'arco di diciotto mesi ha pianificato la riduzione dell'inflazione del 2% e la svalutazione dello yen, in modo da rendere la moneta ai livelli di euro e dollaro e dare il via ad una forte esportazione. Per fare questo la Bank of Japan sta raddoppiando la base monetaria del Paese, abbassandone di conseguenza il valore, e immettendo liquidità negli asset di paesi redditizzi, come il nostro.
A questo ci si aggiunge la grande liquidità messa nel mercato da parte delle altre banche centrali come la Bce, ed il gioco è fatto. In Europa le politiche finanziarie vanno a gonfie vele, mentre l'economia reale e il lavoro sono inchiodati dalle politiche interne e dai voleri della Ue.