..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

domenica 21 aprile 2013

UN POPOLO CHE HA IL DOVERE DI UNIRSI

In momenti come questi serve lucidità, capacità di lasciarsi scivolare addosso gli attacchi che giungono da ogni dove, soprattutto da quella parte d'Italia connivente con quanto accaduto nella tre giorni di votazioni appena passata. Rimarcare come golpistica la scelta di Napolitano è un dovere per gli schietti, quali noi siamo, evidenziarne gli orrori un passaggio fondamentale. Girarsi dall'altra parte è mestiere di molti, e le letture di questa domenica mattina sono lì a testimoniarlo. I passi a ritroso oggi servono più che mai. Per cinquanta giorni ci siamo assorbiti il teatro del rinnovamento, uomini e donne di destra e sinistra a ripetere quotidianamente la necessità di offrire un cambiamento, l'urgenza di dare una svolta, il diktat della responsabilità. Tutto questo s'è frantumato miserabilmente al via dell'elezione del Capo dello Stato: prima Marini, poi Prodi, per chiudere con Napolitano; c'avessero detto che non volevano cambiare niente almeno avrebbero evitato l'ipocrisia, ma un quadrato non potrà mai essere tondo. A distanza di diciotto mesi, e con un'elezione in bacheca, ci ritroviamo con lo stesso Governo e identico Capo dello Stato.
Dall'autunno del 2011 ad oggi è scesa in campo una dittatura. Il decadimento del governo Berlusconi avrebbe dovuto indurre il Capo dello Stato a portare gli italiani al voto, facendo scegliere al popolo il proprio futuro, invece è stato imposto l'ammasso di professori, cogliendo con una fava due piccioni: un presidente del consiglio scelto dall'Europa, il salvataggio di un partito. In questo lasso di tempo non s'è fatto niente, anzi, dei danni, che è peggio di niente. Ecco perché sostengo fortemente che c'è bisogno di lucidità, ecco perché è giunto il momento che i cittadini italiani riempano le piazze come quando l'Italia calcistica si riunisce per vedere i mondiali. In questi diciotto mesi, e con il vergognoso applauso giunto all'interno del Parlamento dopo l'elezione di Napolitano, è venuta a galla la peggio delle verità: davanti ai nostri occhi ci fanno credere di odiarsi mentre quando sono mischiati tra di loro si fanno l'occhiolino. E' lampante, chiaro come una bella giornata di sole. Si sono trascinati per sessanta giorni per riuscire a fare quello che hanno sempre fatto, uno di fianco all'altro, addirittura abbracciati. E se ci abbracciassimo noi? Se diventassimo come sostiene a gran voce Grillo una comunità? Io dico che ce la possiamo fare, ce la dobbiamo fare. C'è un passaggio da comprendere, da capire. Loro si uniscono, noi ci dividiamo. La loro forza è la nostra debolezza, la nostra cecità la loro guida. Spinoza diceva che chi detiene il potere ha sempre bisogno che le persone siano affette da tristezza. Ieri davanti a Montecitorio c'erano le bandiere di Rifondazione Comunista, gli attivisti del Partito Democratico, i sostenitori del Movimento 5 Stelle, i simpatizzanti di Fratelli d'Italia, i ragazzi di Casa Pound. Tutti uniti nel denunciare il malessere che si sta vivendo. Uniti, finalmente. Siamo un popolo che ha il dovere di unirsi, di portare avanti un sogno comune, ognuno con il proprio credo, tutti con il medesimo fine. Questo virus ci deve contagiare, al più presto, senza distinzione di colori. Dobbiamo trasformare la tristezza in voglia di comunità. Dobbiamo compattarci per diventare una sola voce, dobbiamo unirci per riprenderci il futuro, il nostro futuro.