..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"
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mercoledì 20 novembre 2019

Perché dobbiamo continuare a contribuire alle tragedie che colpiscono il Paese?


Se in Italia piove, un fenomeno naturale che in un anno accade mediamente da un minimo di 60 giorni a un massimo di 120, le tragicità si materializzano e si moltiplicano, e scusate il giro di parole, come se piovesse. Tra allerte meteo, rischi idrogeologici ed emergenze varie oltre la metà delle regioni italiane (come accaduto in questo ultimo periodo) vengono interessate da una serie infinita di situazioni che coinvolgono: territorio, cittadini, corpi dello Stato e bellezze artistiche.
Accade ormai da anni, da lustri, e nonostante i mille proclami, le parole dette e tutto quel che ruota regolarmente intorno alla propaganda politica, niente viene fatto.
Passato il momento, terminata l'emergenza, tutto finisce nel dimenticatoio.
Comprese tutte quelle contribuzioni che vengono chieste, mettendo sul piatto lo strazio della tragedia, ad un popolo che in fatto di solidarietà non è secondo a nessuno.
Spontaneo viene da chiedere dove finiscono tutti i denari fatti confluire attraverso gli sms solidali, le gare di solidarietà, i bonifici fatti su conti correnti di questo e di quello.
Provocatoriamente viene da chiedere perché il popolo italiano deve contribuire alla tragedia di turno dopo aver versato regolarmente quelle tasse che dovrebbero servire ogni anno al mantenimento e alla salvaguardia del Paese intero.
A Venezia, giusto per prendere ad esempio l'ultima emergenza, giacciono sott'acqua oltre cinque miliardi di euro sborsati dai contribuenti, quelli che sarebbero dovuti servire a realizzare il Mose e a impedire alle maree di invadere e allagare la più bella città del mondo.
In Liguria, passato uno dei week-end più piovosi di sempre, è iniziata la conta dei danni nelle provincie di Genova, Savona e Imperia, e dopo il crollo del viadotto è iniziata l'ennesima analisi sui piloni, come se il Morandi non avesse insegnato nulla.
Perché allora il Mose non funziona? Perché i ponti crollano? Perché il contribuente deve mettere nuovamente mano nelle proprie tasche? Perché ogni volta ci si deve ritrovare ad affrontare un'emergenza? Ma soprattutto: perché le mangiatoie della solidarietà che sfruttano le coscienze, che circuiscono chi ogni anno paga di tasca propria perché tragedie come quella di Venezia o i crolli in Liguria non accadano, dovrebbero continuare ad essere foraggiate?

sabato 16 novembre 2019

Sghei e autonomie


Una struttura corrosa e corrotta, una storia di sprechi, marchette, mazzette e retate, una narrazione balzata alle cronache grazie a una Venezia finita per l'ennesima volta sott'acqua. Un fatto di costume all'italiana che dopo trent'anni di annunci a vanvera, promesse mancate e miliardi buttati si ritrova ad avere a che fare con un complesso di strutture metalliche ormai arrugginito, immerso nel fondale antistante La Serenissima e che con molta probabilità risulterà, se e quando sarà completato, inefficace ancor prima di essere inaugurato. Un romanzo scritto a quattro mani da un governo di centrodestra e da una Regione a trazione leghista che oggi, a nome di Zaia, Brunetta, Brugnaro, Salvini, Berlusconi e altre facce della stessa medaglia domandano a canali unificati: "Dov'è il Mose?"  
E se le mazzette e l'intervento della magistratura sono state identificate come difficoltà burocratiche da colui che tagliò il nastro inaugurale dei lavori, giustificando così il non ancora completamento dell'opera. E se il leader della Lega, gambali incalzati e foto di rito in mezzo ad una Piazza San Marco allagata, dichiara a cielo aperto che il suo partito, i suoi uomini sono usciti da indagini, inchieste e sentenze con l'aurea degli immacolati. Perdonateci ma a noi rimane un dubbio, una perplessità, una domanda: perché tutta questa mobilitazione politica (di destra) per quanto accaduto in Laguna? Perché, dopo che la Lega di Zaia ha votato in Consiglio Regionale contro i cambiamenti climatici (bocciati o respinti gli emendamenti che chiedevano finanziamenti per le fonti rinnovabili) e due minuti dopo Venezia è finita sott'acqua, l'intero centrodestra ha iniziato ha reclamare sghei e autonomie? 
Al lavaggio del cervello dei media, e dei politici, sorrido. A quelli che dopo il dramma veneto si sono improvvisamente sentiti veneziani (per qualche giorno) chiederei la motivazione. Certo di trovare una grande percentuale di ignoranza, superficialità, ma sopratutto ipocrisia. Lo sport nazionale in questo paese di miserabili è quello di sbattersene del prossimo di cui condividiamo il quotidiano. In questo siamo eccellenza. Ma eccelliamo a indossare felpe e tute per un prossimo che nemmeno conosciamo. Non costa nulla, ed è un ottimo modo per mettere a dormire la propria coscienza, oltre a incamerare gratuitamente consensi. Il legittimare un sistema che da anni sfrutta il dramma dei cittadini riempirà ancora una volta la mangiatoia del malaffare. La strategia dell'emergenza è vecchia di mezzo secolo, un ottimo modo per ottenere il consenso del popolino e mettere in atto le azioni più nefaste che essere politico possa concepire. Come gabbiani sulla spazzatura. 
Pochi mesi e il Veneto si recherà alle urne, accompagnato dalla propaganda di chi, per l'ennesima volta, sfrutterà il momento per chiedere l'autonomia, metterà al centro le colpe (degli altri), i ritardi (degli altri), i no (degli altri). Domanderà, come fatto in settimana, perché il Mose non funziona. Ma soprattutto reclamerà, implorerà, solleciterà e chiederà i sghei.