Nella puntata andata in onda ieri, 22 aprile 2008, sul network RadioDeejay (ed in video sul canale All Music) nella trasmissione "Deejay chiama Italia" condotta da Linus e Nicola Savino dalle 10:00 alle 12:00, è intervenuto come ospite Vasco Rossi, per raccontare e raccontarci l'ultimo suo capolavoro "Il mondo che vorrei".
Da "attore" consumato, il "Blasco", ha spaziato dal momento attuale del mondo che ci circonda al tempo in cui "si potevano mangiare anche le fragole", raccontando aneddoti, scene, emozioni e delusioni di una "vita spericolata".
All'inizio dell'intervista si è, come logico, parlato dello stato d'animo del nuovo album, un misto tra amarezza e rock, in cui Vasco ha voluto raccontare quello che è oggi a differenza di ieri, passando dalle ballate nostalgiche rivolte al sesso debole a pezzi che distraggono e giocano come è nella cultura del rock.
Il primo brano che si è andati ad ascoltare ed analizzare è stato "Vieni qui", in cui Vasco racconta il sentimento dell'unione che si protrae nel tempo tra l'uomo e la donna, in cui entrambi hanno la consapevolezza di avere accanto qualcuno su cui appoggiare la propria vita. Vasco lo chiama un "grido", nel momento in cui scrive "Guardami! Non potrai mai trovare un altro come me", l'interpretazione è semplice nel suo modo di scrivere; "magari migliore, ma sicuramente non come sono io". La realtà della storia tra uomo e donna, in cui, spesso, la perfezione non è mai sinonimo di unione che durerà nel tempo, ma la consapevolezza che c'è e ci sarà sempre qualcuno/a fatto a misura per ognuno di noi, nel bene e nel male.
Vasco nel raccontare il suo stato d'animo, spesso malinconico, usa il termine "eccitato" per far capire di quanto sia importante avere sempre l'energia giusta per affrontare una vita non sempre facile.
Il binomio Vasco Rosssi-Il Blasco fa capire lo stato apparente del Signor Rossi, che scinde i due personaggi dal poter mitizzare in uno solo l'icona del Rock.
Per lui Il Blasco è l'unico personaggio da mitizzare, perchè racconta, attraverso musica e parole, quello che molti giovani e non hanno voglia di sentire, il paragone è molto semplice quando tutto questo viene accostato ad un'opera, che possa essere un quadro, una canzone, una poesia, insomma un qualcosa che possa anche essere perfetta nella sua composizione a differenza delle debolezze dell'uomo Vasco Rossi, dei suoi sbagli, delle sue paure, delle sue incapacità come essere umano, come padre, come amico, mischiate ai pregi.
Insomma un quadro molto chiaro che rende Vasco un personaggio unico, capace di scindere l'icona Rock dalla vita di tutti i giorni.
E così si cade inevitabilmente sul brano "E adesso tocca a me"; Nicola Savino leggendo il primo verso capisce di quanto tutto questo si avvicini al modo di pensare di Vasco; "E adesso che sono arrivato fin qui grazie ai miei sogni, che cosa me ne faccio della realtà".
Vasco la spiega proprio così, quasi come un bambino che ha ancora voglia di sognare, di vedere le cose con occhi che un adulto tende a non riuscire più, e finchè c'è un sogno, un obiettivo, una meta tutto da spirito, eccitazione, voglia, nel momento in cui tutto viene raggiunto è come essere diventati grandi in cui tutto finisce; daltronde Peter Pan non diventa vecchio.
C'è la pausa.
Al rientro in onda, si cambia argomento, e si parla della "paraculaggine" della canzone "Colpa del whisky". Intesa come la classica sfida tra uomo e donna nella conquista. "...ma non mi ricordo più di te" è la frase "veritiera", forse l'unica, del brano in questione, in cui Vasco ammette la dimenticanza di fronte alla donna che ha di fronte, per poi mischiare le carte e dire "...ma dai scherzavo dai, ma cosa ti salta in mente, ricordo il tuo nome perfettamente". Ecco la "paraculaggine" citata in studio da Vasco, Nicola e Linus, classica dell'uomo per cercare di abbindolare la donna che ha di fronte, per arrivare all'apoteosi nella frase in cui dice "...l'amavo già da prima, prima ancora d'averti conosciuto".
Linus chiede a Vasco come mai nel suo modo di scrivere c'è sempre questa tendenza ad usare terminologie molto semplici, dirette, come nel dire "me", "te" etc.
Vasco ha ben chiaro tutto questo, e si rifà ai tempi (intesi come velocità) che questa società ci ha messo di fronte in questo ultimo quarto di secolo.
Tutto è cominciato intorno alla metà degli anni '80, con la canzone "Ogni volta", in cui Vasco ha voluto parlare nella maniera più diretta possibile di come si sentiva in quel preciso momento, una storia che aveva già cominciato a cambiare, un cambiamento rivolto alla "velocità", alla non voglia di aspettare, di ascoltare, di riflettere, di leggere, di cercare il giusto tempo per ogni cosa.
E' qui che Vasco ha capito che era giunto il momento di scrivere semplice, quasi una sorta di minimalismo della scrittura, in cui la realtà veniva ridotta al minimo essenziale, dando la possibilità di esternare, pur se in forma soggettiva, emozioni e stati esistenziali, un'esempio lampante lo si può trovare nel brano "Toffee", in cui l'ascoltatore prende il pieno diritto di "vivere" quelle parole come la propria immaginazione ha voglia di vivere.
Una sorta di ponte che si fa strada tra l'impressionismo e l'astrattismo, e che Vasco ha voluto riflettere nel proprio modo di rivolgersi a quelle generazioni, portate dalla società, a non avere più il tempo di avere tempo.
Il clima tende nuovamente ad essere leggero, e Vasco fa riferimento al suo nome di battaglia, Il Blasco, così Linus domanda come e da dove nacque.
Si torna indietro nel tempo, racconta Vasco, di quando era "molto" giovane e andava in spiaggia a Riccione, sottolinenado che lui, in spiaggia, non andava per fare il bagno ma per altro (la conclusione pare scontata), e di come una sera, in compagnia, tra cui c'era anche la sua attuale compagnia di una vita, Laura, fecero molto tardi e al rientro a casa, la compagnia femminile che faceva parte di quella nottata, e furono accolte dalla nonna di una di esse che esclamò: "Tanto lo so che siete andate con quella combriccola del Blasco Rossi".
Detto fatto, il giorno dopo in spiaggia, la frase di quella nonnina tenne banco, e da lì, racconta Vasco, nacque la storpiatura del nome di battesimo in Blasco, con annessa combriccola.
Ancora qualche aneddoto, dalla macchina "parlante", alla prima vettura avuta in regalo dal padre, una Mini Minor, al numero di concerti fatti a San Siro (12), ai luoghi prediletti in cui passare il tempo libero, la barca, e la montagna, ai figli che stanno crescendo e pian piano trovando una loro identità, ai generi musicali preferiti, a cosa ascolta, da Caparezza a Cristicchi fino a definire "geniale", nel panorama musicale italiano, la musica di Gianluca Grignani, per finire con la stima nei confronti di Mogol e delle sue parole tradotte in musica.
Di Vasco stupisce sempre una cosa, il piacere di ascoltare la sua musica; durante il programma mentre andavano in onda le sue canzoni, come un vero fan del Blasco, ha cantato qualche stralcio dei suoi brani, con l'entusiasmo di un bambino, con l'entusiasmo di chi ha avuto il piacere fino ad oggi di fare parte di quei 100 mila pronti a gridare e cantare ai suoi concerti.
Perchè la sua musica, la nostra musica, la musica del Blasco, non morirà mai, spaccata esattamente in due, aggressiva, "violenta" ed eccitante, ma al contempo malinconica, dolce, a tratti tenera; perchè noi, immedesimati in quella spaccatura, abbiamo bisogno del "nostro" Blasco, così rock, aggressivo, esuberante e lui, Vasco Rossi, ha bisogno di ognuno noi, con la nostra nostalgia, passione ed emozione.
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