Cos'avrà di tanto speciale? Un pezzo d'Italia a lui poco friendly, continua a interrogarsi sull'immenso successo di Vasco Rossi, che ad ogni tornata di disco raddoppia i concerti in ogni stadio, con esauriti a raffica: il fenomeno non ha precedenti conosciuti, e viene studiato dal musicbusiness internazionale. Il Vate di Zocca non se ne cale. Barricato al quinto piano di un albergo del centro, frotte di ragazzi in strada che lo aspettano giorno e notte, attende in ritiro le ultime due serate di stasera e domani, che al Delle Alpi chiuderanno il tour di «Il mondo che vorrei». E rompe il silenzio solo con questa chiacchierata.
Caro Vasco, cosa risponde a chi non capisce il suo successo?
«Nessuno mi dice niente, in faccia. Non capiscono loro, non capisco neanch'io, anche se mi godo quest'affetto. La canzone è una forma d'arte che va al cuore, ricordo bene cosa provavo da ragazzo, quando compravo Battisti o De Gregori. Sono 30 anni che scrivo canzoni che divertono o commuovono: i parrucconi benpensanti ci vogliono vedere messaggi, mentre sono grida di preoccupazione rabbia o gioia».
Lei riesce dal palco ad avvertire l'umore generale delle masse?
«Il concerto è sempre un momento di gioia e divertimento, dunque colgo solo lati positivi. I giovani hanno potenza, energia, immaginazione, sono più predisposti di noi ad affrontar le sfide: ogni generazione si adatta al mondo che cambia. Non sono pessimista ma questa è una civiltà al tramonto. I tempi si son fatti veloci, in 5-10 anni cambia tutto. Si vive alla giornata, c'è mancanza di valori, tutto è vero e niente è vero».
Sente la responsabilità del suo ruolo?
«La sento e me la prendo tutta. Sono orgoglioso e fiero, le mie canzoni danno gioia. Gli artisti non condizionano, semmai raccontano il mondo. Sono piuttosto i media, giornali e tv, a influenzare».
Fiorello vuole una legge per non far ripetere i programmi tv.
«La tv è un mezzo importante, andrebbe gestito non dico da filosofi come potrebbe proporre Platone, ma da uomini di senno. Ma da una parte aiuta pure a perdere tempo, è la risposta occidentale alla filosofia Zen che dice che bisogna estraniarsi per riposarsi. La tv non dice mai le cose come stanno, per sapere la verità bisogna leggere libri e romanzi».
Lei è un accanito lettore
«Molti in verità dicono: "chissà se sa leggere". Mi piace la scrittura forte del sudafricano Coetze, mi è piaciuto "L'ombra del vento" di Ruiz Zafon. Leggo saggistica, psicologia e filosofia, grazie alla quale quale son riuscito a trovare il succo dei concerti. La citazione di Spinoza ha suscitato sconcerto, ma i ragazzi hanno capito: la musica è importante perché porta gioia; loro si sentono tristi perché è la tv che li rende tali, mentre la vita è bella perché ci sono l'amore, il sesso, l'arte».
Alcuni criticano i pezzi giovanilisti nell'ultimo cd.
«Questa è la mia parte più giocosa. Il rock parla di gite in macchina con la decapotabile, del rapporto uomo-donna. Peccato che mai nessuno dei candidati alla politica parli mai dei propri istinti sessuali: di Mussolini si sanno le storie ma non gli istinti, di Berlusconi si sa qualcosa in più.. "Dimmelo te" invece, anche se è rock, è su di uno che non ce la fa più, che ha la testa che gli lavora contro...».
Depressione. Lei ne sa qualcosa?
«Ho sempre avuto il mal di vivere, e sempre l'ho combattuto buttandomi dietro le cose, le cause, e anche buttandomi via».
Da lunedì, finito il tour, sarà un uomo libero.
«I concerti mi riempiono, ma anche mi svuotano. Le vacanze sono come un lavoro. Quest'estate per un mese non ho messo giù i piedi dalla barca se non per la corsa mattutina. Gli incontri mi danno agitazione, preferisco il telefono».
A differenza di molti, lei pratica l'arte dello scomparire.
«Non vivo la tv come un bar dove andare a passare un po' di tempo, in balìa del conduttore di turno che soddisfa le proprie curiosità. Non sento la necessità di spiegare chi sono, preferisco che ascoltino le canzoni».
E il nostro Bel Paese?
«Uh, che problemi enormi. Accumulati nel tempo, che nessuno in questo sistema politico vuole o può risolvere. La giustizia che non funziona, l'impoverimento, l'amministrazione farraginosa. E poi, la situazione politica: il maggior proprietario di tv è capo del Governo, se il potere si basa sul consenso, la democrazia è viziata. Ma a suo tempo l'attuale minoranza non fece la legge...».
Già, e la minoranza? Come vede il Pd?
«Non mi occupo di politica, perché è una cosa seria e non va chiacchierata al bar. Dico solo che son d'accordo con Moretti: ma non solo non c'è più opinione pubblica, c'è anche il fatto che la gente non è più in grado di giudicare criticamente i comportamenti. Si accetta tutto, nel Pubblico. Anche le cose che non si accettano in privato».
Mariella Venegoni per "La Stampa"
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