..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 7 novembre 2008

AMERICAN DREAM


“Yes, we can”. Sì, anche noi possiamo puntare ad avere un’università migliore, che si basi sul merito e non sui baronati e i titoli di studio (e le cattedre) per diritto divino. Il Consiglio dei ministri ha approvato le linee guida sull’Università e un decreto legge (“non una riforma”, come precisato dal ministro Gelmini) che contengono un passaggio fondamentale: l’investimento di 135 milioni in borse di studio da destinare ai “ragazzi meritevoli e capaci” per un totale di 180mila studenti. Altro che Veltroni, è il governo Berlusconi che si ispira agli Stati Uniti, quella nazione dove anche la figlia di un operaio (la nuova first lady) può laurearsi ad Harvard. Come? Con la borsa di studio. “È la prima volta – ha specificato la Gelmini - che il Paese riesce a coprire tutte le necessità e a garantire tutti gli aventi diritto. In genere venivano esclusi circa 40 mila ragazzi, per la prima volta 180 mila ragazzi riceveranno questa borsa di studio”. E’ questo il nostro sogno americano, inseguire il modello vincente – in campo universitario – targato Usa. La parola d’ordine, sbandierata da più parti, era stata “meritocrazia” e così il governo ha attuato “una serie di misure urgenti su diritto allo studio, valorizzazione del merito, ricambio generazionale dentro l’università e riqualificazione della spesa”. Il provvedimento punta, inoltre, all’assunzione di due o tre ricercatori per ogni docente in pensione e introduce “penalizzazioni per le università non virtuose”. Il ministro esclude invece il blocco dei concorsi già banditi nelle università, anche se “ abbiamo introdotto un cambiamento nei meccanismi di composizione delle commissioni esaminatrici, introducendo il sorteggio. Le commissioni saranno composte da un membro interno e da altri eletti per garantire una maggiore trasparenza”. Da apprezzare la buona volontà, ma temiamo tutto ciò non basti.
Modificata anche la tanto contestata legge 133, con una deroga al blocco del turn-over: la misura è stata adottata per favorire il ricambio generazionale. Il blocco del turn over inizialmente previsto al 20% passa al 50% con un vincolo di spesa: il 60% delle risorse dovrà essere usato per assumere giovani ricercatori rovesciando l’attuale piramide. E’ una scelta vincente quella di destinare “500 milioni di euro agli atenei più virtuosi sulla base del merito, della qualità scientifica della ricerca, in maniera meritocratica”. Questo significa, secondo la Gelmini “spendere meglio le risorse e puntare sulla qualità”, perché “non è corretto trattare tutte le università allo stesso modo, quelle virtuose e quelle no”. E chi ha i conti in rosso – altra novità importante – non potrà “indire nuovi concorsi per nuove assunzioni di professori o di personale in genere”. E pensare che nella mattinata di ieri, alcuni rettori di atenei meridionali, avevano dato vita ad un “cartello” di Università del Sud per dire di no ai tagli e chiedere pari condizioni col Nord. Siate virtuosi e vi sarà dato, questa – in parole povere – la risposta del governo: l’assistenzialismo, forse, è finito. Certo, come conferma il ministro dell’Istruzione, i tagli rimangono ma “abbiamo davanti un anno per cominciare un percorso di riforma che possa rendere quel taglio meno doloroso”. La strada da seguire è quella della “razionalizzazione dei corsi, dell’eliminazione di quelli con un solo studente e della diminuzione delle sedi decentrate: in questo modo si avranno quei risparmi che renderanno quel taglio meno doloroso”.
Per far ciò la Gelmini ha lanciato un “appello” agli atenei, anche se la ministra è consapevole che “chi difende lo status quo può non condividere questo provvedimento che punta a introdurre la meritocrazia nella ricerca. Si tratta di iniziative francamente difficilmente criticabili”. Parole indirizzate soprattutto all’opposizione con un invito “a chi vuole dare un contributo, perché c’è tutto il tempo necessario per una riforma condivisa. Non vogliamo tornare alla concertazione, ma vogliamo un confronto che è assunzione di responsabilità”. Non si va avanti a testa bassa, dunque, perché “nel decreto – conclude la Gelmini - vanno solo le misure non differibili”, ma “intendiamo aprire un dialogo con il mondo universitario e nel Parlamento”. Nonostante questo, a Roma oggi sono previsti tre cortei di protesta. E’ chiaro che ai ragazzi che scendono in piazza - che probabilmente difettano di talento e voglia - non interessa sapere che se vali, puoi studiare gratis: meglio protestare. E magari inneggiare ad Obama, ignorando che la riforma (chiamatela come volete, ma di questo si tratta) è decisamente “American style”. Oppure, per essere politicamente alla moda, molto “obamiana”.
di Francesco Blasilli
da L'Opinione della Libertà

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