..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 3 novembre 2008

IL PERCORSO A OSTACOLI DELLA NUOVA ALITALIA


Ci risiamo. Più che un tentativo di salvare la malconcia compagnia di bandiera nazionale, questo sembra il gioco dell’oca dove ogni tanto si ritorna alla casella di partenza. E così, a più di un mese di distanza dalla firma degli accordi tra la Compagnia aerea italiana e le numerose sigle sindacali di categoria, si ricomincia da capo. E, sempre, si leggono comunicati perentori e ultimatum che tocca poi a Gianni Letta nelle vesti di super mediatore (ruolo che interpreta ogni volta con grande maestria) trasformare in tregue (più o meno precarie) stemperandoli fino ad annacquarli come in una preparazione omeopatica. C’era tempo anche questa volta fino a mezzanotte per sciogliere l’ennesimo grumo e, mentre scriviamo, ignoriamo quale sia stato l’esito finale. Ma pur auspicando una positiva risoluzione della vertenza, non possiamo ignorare di aver più volte considerato possibile anche l’ipotesi di un fallimento. Questa volta l’intesa ha inciampato non sul piano presentato da Cai ma su alcune questioni di principio poste dai rappresentanti di hostess e piloti. In particolare la cosiddetta chiamata nominale. Cai avrebbe preteso di poter essere l’unico arbitro nella scelta del personale che sarebbe entrato in organico nella nuova Alitalia e, per i sindacati delle due categorie, era una condizione inaccettabile. Una discrezionalità inconcepibile per Fabio Berti presidente dell’Anpac , leader dei piloti che gli italiani (e le italiane) hanno memorizzato per la bella presenza davanti alle telecamere. Berti ha accusato senza giri di parole Cai (Rocco Sabelli e Roberto Colaninno) di aver ciurlato nel manico e inserito furbescamente negli accordi “elementi peggiorativi” che non erano presenti all’atto della firma il 23 settembre settembre scorso.
Ma per Colaninno non c’è alternativa: o mangiare La minestra, o saltare la finestra. Pur avendo trasformato Cai da srl a società per azioni e deliberato un aumento del capitale sociale fino a 1,1 miliardi di euro, varato lo statuto e nominato il consiglio di amministrazione, il patròn di Piaggio di continuare a trattare ad libitum non ha avuto più voglia. Perentoriamente ieri, sentito il Cda, ha affermato che Cai non avrebbe più presentato l’offerta per Alitalia. Allo stato dell’arte, nel caso Cai non ci abbia ripensato entro la mezzanotte, Alitalia dovrebbe comunque poter continuare a volare fino a fine novembre. Le risorse finanziarie, ha detto infatti il commissario straordinario Augusto Fantozzi pochi giorni fa, sono sufficienti fino a quella data. Però senza l’offerta vincolante di Cai “verrebbe meno anche la licenza provvisoria di volo, che era stata concessa sulla base di un piano credibile in tempi ragionevoli” come era stato appunto giudicato quello della cordata guidata da Colaninno, ha dichiarato il presidente dell’ Enac Vito Riggio. L’ Enac è già pronta a convocare il commissario straordinario Augusto Fantozzi, lunedì o martedì al massimo, per chiedergli un piano finanziario alternativo. Comunque nel giro di una settimana o due gli aerei sarebbero messi a terra. Intanto i gestori aeroportuali stanno battendo cassa chiedendo il pagamento dei crediti, minacciando in caso contrario di “bloccare gli aerei”: per lunedì è già in programma un incontro all’ Enac tra il presidente Vito Riggio e Fantozzi che dovrebbe fornire intanto un acconto ai gestori.
di Alessandra Mieli
da L'Opinione delle Libertà

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Incredibile , non ho parole . Forse è meglio dopo tutto che la compagnia fallisse .... forse i piloti e gli assistenti di volo non hanno piu voglia di lavorare .

Unknown ha detto...

Il salvataggio metterebbe oltretutto sulle spalle di noi contribuenti un disastro provacato da una cattiva politica, gestione e management.
E non basta, perché oltre ai debiti si pagano anche gli esuberi, tirando fuori i talleri per mantenerli sette anni in cassa integrazione. E non è ancora sufficiente, perché poi dovremo anche pagare la loro pensione, per un’altra trentina d’anni.