E' Natale, periodo dell'anno in cui un po' tutti ci sentiamo più buoni, e vogliamo offrire ai nostri lettori un argomento dalle modalità più leggere nel racconto, ma che allo stesso tempo offra un'analisi profonda nel contenuto.
Abbiamo parlato nei giorni scorsi della vicenda Blagojevich, addentrandoci nello specifico delle intercettazioni telefoniche citate nel procedimento, e di cio che sostiene l'ex procuratore federale Michael D. Monico, il quale precisa che pensare semplicemente a qualcosa non costituisce reato.
Nello "sfogliare" le pagine web, ci si imbatte spesso in articoli la cui tematica è inerente le intercettazioni, e alle modalità che queste ultime investono i personaggi, più o meno illustri, inseriti in uno spaventoso meccanismo di triturazione che fornisce subito ai fanatici della giustizia-lampo i bersagli sui quali esercitare la propria indignazione.
Il particolare lo estrapoliamo dalle pagine de "Il Giornale", a firma di Salvatore Scarpino, dal titolo: "Intercettazioni, un rito tribale".
Scarpino tratta l'argomento, a prescindere dai nomi interessati, con il proposito di portare il lettore ad un'analisi sulle caratteristiche del gioco barbaro delle intercettazioni: "si parte dalla condanna mediaticamente garantita dei personaggi tirati in ballo, l’accertamento seguirà e anche se i fatti e le inchieste daranno ragione a chi è esposto alla gogna, la condanna resterà".
Uno scenario giustizialista che nel tempo ha stravolto non solo la vita di chi è stato coinvolto direttamente, ma anche quella di famigliari ed amici che hanno vissuto a fianco dell'accusato.
Scarpino vuole anche evidenziare di come il numero delle "vittime" da intercattazione è cresciuto, negli ultimi anni, a dismisura, portando ad esempio quelle immolate anche per conversazioni penalmente irrilevanti, ma anche il numero crescente dei perfetti estranei ai fatti che, tuttavia, vengono travolti da illazioni, distorsioni di nomi e circostanze, errori di trascrizione e slanci non disinteressati degli addetti all’informazione.
La conclusione di Scarpino è quanto mai veritiera e, purtroppo, drammatica: "Andiamo a tentoni nel buio dei sospetti generalizzati e pertanto ingiusti, condizionati da pesanti accenti regionali (gli intercettati non fanno corsi di dizione), da approssimazioni e premonizioni interessate".
Le vicende che hanno interessato la Giustizia in questo ultimo periodo storico sono sotto gli occhi di molti: la debolezza e l'inadeguatezza del sistema giuridico italiano ha calpestato, e fatto giudicare dall'opinione pubblica con valutazioni frettolose, in modo irreversibile cittadini che non potranno mai essere risarciti del loro diritto.
Senza contare la fuga delle notizie che, come ha scritto a suo tempo un amico, non fuggono, ma sono diffuse dalle procure, e la ragione per cui i magistrati non “trovano” mai il responsabile sta nel fatto che è un loro collega.
Ecco perchè poi viene meno anche la deontologia giornalistica, la quale dovrebbe non diffondere informazioni giudiziarie, o perlomeno dovrebbe esserne fortemente limitata. Pubblicando invece le carte di un’inchiesta giudiziaria, come a tonnellate se ne sono stampate in Italia, non si fa altro che agire da velinari delle procure, eludendo di fatto il compito guida di un qualunque mezzo di informazione: informare il cittadino.
Con l'augurio che tutti voi possiate passare tra parenti ed amici un felice periodo di festività, ci auguriamo anche che l'arte di decifrare i nastri, in futuro, non abbia la stessa validità scientifica (come cita Scarpino) del mestiere di quegli àuguri che intuivano i voleri del fato dal volo degli uccelli, come invece, purtroppo, accade oggi.
di Cirdan
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