Con Gaza insanguinata, quante possibilità vi sono di un accordo tra Siria e Gerusalemme sul Golan?
E quante che Abu Mazen possa credibilmente prolungare il proprio mandato presidenziale che scade il 9 gennaio, in quanto leader de facto di tutti i palestinesi?
Infine, quante possibilità ha ora Barack Obama di giocare carte nuove, di imporre una logica di svolta in Medio Oriente?
Le ovvie risposte negative a queste domande, spiegano perché Hamas abbia voluto imporre a Israele, quasi con pignoleria, l’obbligo di questa risposta ai suoi attacchi iniziati 45 giorni fa.
Dal 6 novembre sorso a oggi, sono infatti più di 500 i razzi delle Brigate Ezzedin al Kassem tirati da Gaza contro le città israeliane di Ashkelon e Sderot. Pioggia di morte iniziata dopo che il 5 novembre scorso, un’azione dell’esercito israeliano aveva bloccato la costruzione di un tunnel che doveva servire a replicare l’azione in cui nel 2006 era stato rapito il caporale Shalit (5 i miliziani di Hamas uccisi). Da allora, Hamas non si è limitata a sparare razzi: innanzitutto ha fatto saltare l’accordo di pacificazione con al Fatah di Abu Mazen – mediato dall’Egitto - che doveva porre fine alla guerra civile palestinese. Poi, ha vanificato tutti i tentativi di Israele di evitare una risposta armata, prolungando la tregua siglata il 19 giugno scorso.
Nonostante l’annuncio di Khaleed Meshal della fine definitiva della tregua, Israele ha atteso ancora, ma i 200 razzi caduti dal 19 dicembre a ieri sulle due città non hanno lasciato altro spazio se non ad una risposta inflessibile.
Risposta che tutto il mondo sapeva inevitabile e che nessuno – per prima l’imbelle comunità europea guidata da Sarkozy - ha fatto nulla per evitare, offrendo a Israele una alternativa all’essere bersaglio della violenza di Hamas.
Risposta condivisa invece dalla Casa Bianca, che si è limitata a chiedere che "si evitino vittime civili", non criticando quella "sproporzione" nell’uso della forza che viene rimproverata a Israele da governi europei senza vergogna per la propria cinica impotenza.
Vittime civili, peraltro, scientificamente volute proprio da Hamas che – anche dopo il preavviso del raid da parte di Israele - ha usato come sempre donne e bambini come scudi umani a vile protezione dei propri leader, come Ahmed Jaabari, capo delle Brigate al Kassem, ucciso nel raid, assieme al capo della polizia di Gaza.
Nel complesso, è facile vedere come quanto succede oggi a Gaza, sia perfettamente inserito nel disegno strategico delineato nei suoi deliranti auguri di Natale da Ahmed Ahmadinejad che Channel Four ha voluto far giungere al pubblico inglese. Hamas, come Hezbollah, come l’Iran degli ayatollah (incluso il riformista Khatami, caldo sponsor di Hamas), come la Siria, rivendicano la "missione" di "eliminare Israele dalla faccia della terra".
Per farlo, devono convincere la umma musulmana che le armi sono l’unico mezzo e che i governi arabi che propugnano i vari "piani Fahad" sono imbelli traditori. Oggi a Gaza, domani in Libano.
di Carlo Panella
di Carlo Panella
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