..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 2 gennaio 2009

GIOCATTOLI & PASSIONE

In una speciale intervista apparsa sulle colonne di Tuttosport, Andrea Agnelli, figlio di Umberto e nipote di Giovanni, ha parlato, per la prima volta, di Juventus: ricordi, sogni, esperienze dirette. Raccontando la sua passione e il suo amore per i colori bianconeri.
Premettendo che l'impegno prioritario del giovane Andrea è orientato sui due grandi progetti che sta portando avanti da anni, come la holding finanziaria Lamse e il Royal Park golf club, che a maggio ospiterà l’O­pen d’Italia, il cui consigliere federale sarà proprio il nipote dell'Avvocato, l'intervista ha fin da subito toccato i nervi più scoperti e dolorosi del passato recente dell'ambiente juventino.
"Un secondo padre" è l'espressione con cui ricorda Antonio Giraudo, "un intenditore sopraffino di calcio" l'elogio nei confronti di Luciano Moggi, ed inevitabilmente il pensiero è volato a Calciopoli: "C’è stata una giustizia sporti­va sommaria, perché dettata da tempi ristretti. In due settima­ne di discussione all’Olimpico non si è avuta nemmeno la pos­sibilità di leggere tutti gli in­cartamenti, la compilazione dei calendari incombeva... Ma c’è anche la giustizia ordinaria, che ha tempi più lunghi, e solo alla conclusione di questi pro­cedimenti si potrà capire cosa è stata davvero Calciopoli. Il mio invito è alla pazienza. Rimane comunque una considerazione di carattere sportivo da svilup­pare".


Schietta e precisa la posizione di Andrea Agnelli su Calciopoli. I tempi, l'iter giudiziario, la concomitanza della nuova stagione non potevano garantire un giusto processo, come poi effettivamente non è stato, divenuto inevitabilmente sommario.
Andrea Agnelli ha proseguito sulla considerazione di carattere sportivo: "La Juventus non ha giocato e vinto solo in Italia. Ha giocato e vinto anche all’estero, nella no­stra bacheca sono finite la Champions League, la Coppa Uefa, la Supercoppa europea. Siamo diventati campioni del mondo a Tokyo nel 1996 e sia­mo andati tante volte in finale di Champions. Aggiungo anche tre Palloni d’Oro: Zidane, Ned­ved, Cannavaro. E, chiudo, nel­la finale del Mondiale di Ger­mania in campo c’era una mon­tagna di bianconeri. Quindi...".
Dopo l'analisi di come la "sua" Juventus abbia conseguito vittorie di squadra, consentendo anche enormi soddisfazioni professionali dei propri elementi, il figlio di Umberto ha voluto puntualizzare di come, ad ogni vittoria, sia il campo a determinare chi in realtà è il più forte e/o il meglio organizzato, stuzzicando Massimo Moratti: "A Massimo voglio bene, però il fatto di ricordare sempre la stessa storia significa un po’ pa­tirla. A mio avviso non esistono scudetti puliti o sporchi, esisto­no gli scudetti e basta".
Chiarissima la posizione del giovane Agnelli: squadra che vince non ha bisogno di aiuti.
E su questo filo Andrea Agnelli ha spiegato di come, suo padre in primis che consegnò la Juventus a un management composito e non solo di estrazione calcistica, la filosofia di una società possa perseguire la parola d’ordine conti in ordi­ne e vittorie, avendo sempre una grande squa­dra come è stata la sua Juventus, oppure quello di puntare sui giovani da affermare, copiando l’idea di Ajax e Arsenal. Tutto questo, naturalmente, dipeso da pianificazioni e pro­spettive.
Al termine della lettura dell'intervista ci è apparsa chiara soprattutto una cosa: per Andrea Agnelli la Juventus è sempre stata sinonimo di passione & amore. Nell'inequivocabile frase "puoi tradire tutti, ma non la tua squadra del cuore" esiste la differenza tra chi ha vissuto, e vive, la Juventus con il cuore e con chi guarda la più gloriosa società calcistica italiana come fosse semplicemente un giocattolo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non per niente si chiama Agnelli...
Ciao!!!