Si è abolito un grado di giudizio, l’iter sarebbe dovuto iniziare con la Disciplinare ma Guido Rossi ha arbitrariamente deciso di eliminare questo passaggio; invece di svolgersi a Torino, il processo ha avuto luogo a Roma, presso le sedi dello Stadio Olimpico: in barba all'art.37 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva.
Lo stesso articolo, al comma 6, prevedeva che" il dibattimento si svolge in contraddittorio tra la Procura federale e le parti, che possono stare in giudizio con il ministero e l’assistenza di un difensore. Al termine del dibattimento il rappresentante della Procura federale formula le proprie richieste. La difesa ed i soggetti deferiti hanno il diritto di intervenire per ultimi": la requisitoria pronunciata dal procuratore Palazzi ebbe luogo prima ancora dell’inizio del dibattimento. Una chiara violazione dell'articolo sopraccitato.
Sono stati negati i diritti alla difesa: i tempi processuali si sarebbero dovuti quantomeno raddoppiare, considerando che tra società e persone fisiche si superavano le trenta unità come numero dei deferiti, invece si sono ridotti; agli accussati non è stato permesso di portare testimoni in aula; dalle 100.000 intercettazioni a disposizione, ne sono state usate poco più di 200 a carico della Juventus, negando l'utilizzo, delle restanti 99.800 intercettazioni che avrebbero potuto portare delle prove a discolpa, della riproduzione di questo materiale istruttorio; negate anche le possibili prove filmate, misteriosamente concesse invece ad Arezzo e Reggina, nel secondo filone dell'inchiesta.
Borelli, in sede di indagine, ha usato il termine “illecito ambientale” e “illecito strutturato”.
Un reato che non esiste, non contemplato nel vecchio Codice di Giustizia sportiva. Lo ribadisce in queste ore la dichiarazione di Piero Sandulli: "…l’illecito associativo non esisteva, era una falla nel sistema giuridico, è stato da noi introdotto".
Un reato inventato, né più né meno, durante il processo che in molti definirono "l'era del calcio pulito sta nascendo".
Nello specifico di ogni vicenda, in questo spazio, ne abbiamo scritto anche troppo, analizzando per filo e per segno ogni passaggio di quel processo, l'ex giudice Corrado de Biase, il 3 novembre del 2006, dichiarò a ReteTv37 : "il procedimento di questa estate ha partorito un autentico aborto giuridico. Quando parlo di “aborto giuridico” mi prendo la piena responsabilità di ciò che dico. - e ha aggiunto - L'illecito ambientale non è un reato contemplato da nessun codice, a meno che non si parli di inquinamento atmosferico...» ".
Vogliamo ancora una volta chiedere due cose: con quale criterio la difesa, nel nome dell'Avv. Zaccone, chiese, il 5 luglio del 2006, che "la pena accettabile sarebbe quella richiesta per gli altri club, ovvero la serie B con la penalizzazione"?
L'ammissione di una colpa ancora prima che venga provato un solo illecito, fa parte, nella richiesta dei legali, di una vicenda che definire grottesca è un eufemismo.
E ancora: con quale criterio la difesa, dopo aver presentato il ricorso in appello alla sentenza della Caf, lo ha ritirato quando, viste anche le conferme di oggi, c'erano tutte le premesse per invertire quella sentenza? Corrado De Biase (capo dell'ufficio indagini all'epoca dello scandalo scommesse del 1980): "Non posso sapere perchè la proprietà della Juventus si sia mossa in un certo modo, ma mi sento di dire, al 99%, che la vicenda è stata abilmente pilotata dai vertici della squadra torinese, a cominciare dalla richiesta di Zaccone, che ha lasciato tutti di stucco. Zaccone non è unincompetente, come molti credono, ma è stato solo un attore di questa vicenda. Il punto che mi fa pensare che Zaccone abbia agito su input della proprietà è un altro, e cioè il modo in cui si sono mossi i vertici dirigenziali della Juventus, con quel finto ricorso al TAR.
Come, mi chiedo, tu allontani i dirigenti, praticamente dichiarandoti colpevole, poi assisti inerte ed impassibile ad uno scempio mediatico e giudiziario ai danni della tua squadra e poi minacci di ricorrere al TAR? E' il concetto di chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti, se ci pensate bene. Prima ti fai massacrare senza muovere un dito, ti fai disassegnare il titolo, fai stilare i calendari per i campionati e le coppe europee e poi minacci di andare al TAR, strombazzando il tutto sui giornali? Sa tanto di mossa politica per placare l'ira dei tifosi, mi pare. Se Zaccone, che è uomo di valore ed esperienza, avesse avuto il mandato di evitare il disastro si sarebbe mosso in maniera diversa, nel senso che avrebbe fatto notare queste "anomalie" nel tempo intercorso tra la fine del dibattimento e l'annuncio dei verdetti. Quello, infatti, era il momento buono per minacciare di ricorrere al TAR, quando le sentenze non erano ancora state scritte, ma andava fatto in camera caritatis, chiedendo un incontro con Ruperto, Sandulli e Palazzi, e non di fronte ai giornalisti della Gazzetta. Vi prego di notare che non sto discettando di alta strategia dell'arte forense, ma dei principi basici, dell'ABC della professione, di cose che si insegnano ai ragazzi che vengono in studio a fare praticantato: se tu, avvocato difensore, ritieni di avere delle armi da giocare, chiedi un incontro con il giudice e il PM, nel periodo che intercorre tra il processo ed il verdetto, e gli fai notare che, se il responso sarà giudicato troppo severo, le userai. E qua di armi ce ne erano in quantità industriale. Poi, di fronte al fatto compiuto, chi si prende la responsabilità di fermare una macchina che macina miliardi di euro, tanto da essere la sesta industria del paese?"
Piero Sandulli nel luglio del 2006, dopo averlo scritto nella sentenza, ha ribadito: "Non ci sono illeciti, era tutto regolare, quel campionato non è stato falsato, l’unico dubbio riguarda la partita Lecce-Parma".
Che ognuno oggi si sappia prendere le proprie responsabilità; spogliarsi una volta è stato umiliante, ripeterlo sarebbe penoso.
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