
D’altronde nessun altro cantante delle ultime generazioni è stato capace come lei di crescere con i propri fan mettendo in piazza i dubbi, le angosce e gli entusiasmi tipici di chi fa i conti con il successo dopo averli fatti con la gavetta e con i sogni cantando sul palchetto di un pianobar di provincia. E sarà per questo che anche sull’enorme palcoscenico c’è il tocco quasi domestico di chi comunque su queste assi vivrà per quasi un anno visto che le date sono programmate in tutto il mondo, Australia compresa. Il microfono è color tiffany, il suo preferito, lo stesso della copertina dell’album e lo stesso che fa capolino tra gli strumenti della band di otto elementi diretta dal chitarrista Paolo Carta, uno che parla poco ma riesce a tenere sempre il controllo della situazione con una semplice occhiata. Insomma, oltre due ore di musica a cui la Pausini ha lavorato per mesi, provando e riprovando (anche con difficoltà tecniche) per trovare la miscela perfetta di armonia e passione.
«Questa sera la dedico a me» dice lei, prima di tornare in camerino e prepararsi. Quattro cambi d’abito, molte allusioni sexy, tutti firmati Emporio Armani. E tutti in linea con le canzoni. Naturalmente il colore principale è il nero, il total black come dicono gli stilisti, ma ci sono lampi di colore come la fascia dorata sotto il top dei primi brani o l’abito verde mare che accompagna il pezzo più inconsueto di tutto il concerto, Sorella terra, quello dedicato senza troppa retorica allo sfascio ambientale sotto gli occhi di tutti. «Magari senza volerlo, tutti facciamo danni alla natura» spiega di corsa e poi se ne va in camerino. Pochi minuti dopo, il concerto inizia con il video di un pugile che si prepara all’incontro, fascia i pugni, tende i muscoli. «In realtà il pugile sono io» aveva chiosato sorridendo lei che, a furia di menar canzoni sul ring del pop, è diventata l’italiana più famosa che c’è.
da "il Giornale"
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