Ringrazio i media, che ci offrono la possibilità di suggerirgli di cosa, loro e quelli come loro, devono vergognarsi. Non si cruccino, non serve che siano loro a riconoscere l’aborto giuridico di calciopoli, e dei “calciopolisti”. Quelli “internazionali”, che applaudirono il vincere senza rubare, con la persecuzione di Iuliano, che tanto piaceva a Moratti, e quelli nostrani, che giudicarono e occultarono. Aveva ragione Biagi, a scrivere che, ancora oggi, era temerario raccontare di una vicenda che ne stava nascondendo altre. Fu, del resto, tutto talmente veloce che si applaudì alla celerità, senza valutare i diritti. Gli onesti esultarono, accusarono, insultarono.
Dissero: non hanno rispettato le regole. Autobiografico, come sempre.
Non importa, la storia è lì, i fatti e la loro viltà incancellabili. Ma i media, come il sistema ed i suoi protagonisti, non devono vergognarsi (solo) per quel che hanno fatto durante i giorni di Calciopoli, ma per quello che hanno costruito attorno alla vicenda.Paparesta fu l’arbitro di Reggina-Juventus, la partita delle chiavi dello spogliatoio, quella che i quotidiani titolarono: Moggi: “Ho chiuso Paparesta negli spogliatoi”.
Non si mosse un fiato, non si lesse in quella frase la palese millanteria di Luciano Moggi, ma la verità. Di questo, devono vergognarsi. Anche perché, nonostante il Paparesta rilasciò una dichiarazione ufficiale in data 7 giugno 2006, davanti all’Ufficio Indagini della FIGC, nella quale dichiarò testualmente: “…sono stato negli spogliatoi dopo la partita circa un’ora… non ho avuto alcuna percezione di essere stato chiuso… Ho appreso questo fatto dai giornali” , saccenti e giustizialisti hanno cavalcato l’onda della menzogna. Secondo copione, del resto.La forza, la ricchezza, la viltà e l’immoralità dei media italiani hanno raccontato tante belle storielle da reality televisivo, tralasciando gli aspetti ufficiali , ma affidandosi alle leggende metropolitane. Essendo eguali a queste ultime, sono ora disposti a stupirsi, magari facendo anche i garantisti, purché si garantisca loro la permanenza nel privilegio e la copertura della bugia. Di questo dovrebbero vergognarsi, di sé medesimi e dell’aver fomentato un intero movimento a prendere parte alla cancellazione sportiva del più grande patrimonio calcistico italiano, raccontando leggende metropolitane.
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